Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21494 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 21494 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 1144/2020 proposto da:
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e Ufficio scolastico regionale della Campania – Ambito territoriale di Caserta, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dall’Avv ocatura generale dello Stato e domiciliati in Roma, INDIRIZZO
-ricorrenti –
contro
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME e domiciliata in Roma, presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione;
-controricorrente-
nonché
NOME COGNOME
– intimata – avverso la SENTENZA della Corte d’appello di Campobasso n. 103/2019, pubblicata il 29 giugno 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Larino ha rigettato il ricorso di NOME COGNOME con il quale la lavoratrice, premesso di essere stata assunta nell’anno scolastico 2015/2016 da GAE, aveva lamentato un trattamento deteriore, in sede di mobilità territoriale per l’assegnazione dell’ambito a livello nazionale per l’A.S. 2016/2017, rispetto ai docenti assunti e provenienti dalle graduatorie di merito del concorso del 2012.
NOME COGNOME ha proposto appello che la Corte d’appello di Campobasso, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 103/2019, ha accolto.
La P.A. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo.
NOME COGNOME si è difesa con controricorso.
NOME COGNOME non ha svolto difese.
La sola controricorrente ha depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo la P.A. ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, commi 96, 98, 101 e 108 della legge n. 107 del 2015 e dell’art. 6 del CCNI dell’8 aprile 2016 in quanto la corte territoriale non avrebbe considerato che la procedura di mobilità del personale scolastico per l’anno scolastico 2016/2017, avviata con CCNI dell’8 aprile 2016, costituiva una fattispecie speciale e non era assimilabile a un comune trasferimento ex art. 2103 c.c.
Il tutto si sarebbe svolto in applicazione dell’art. 1, comma 108, della legge n. 107 del 2015, seguendo una procedura differenziata a seconda del canale di reclutamento e del periodo temporale durante il quale era stato ottenuto l’incarico a tempo indeterminato.
Nella specie, sarebbe venuta in rilievo la fase C.
Il giudice del merito non avrebbe considerato che la mobilità non sarebbe dovuta avvenire in base a un ordine derivante da una graduatoria unica tra tutti gli interessati, ma seguendo l’ordine di preferenza indicato nella domanda. Il punteggio posseduto, invece, sarebbe stato un criterio suppletivo operante all’interno di ogni singolo ambito considerato.
Preliminarmente, si osserva che il presente ricorso è ammissibile, diversamente da quanto stabilito in alcuni casi similari trattati di recente.
Infatti, vi sono dei precedenti, concernenti situazioni solo apparentemente similari, nei quali questa Sezione della Suprema Corte (Cass., n. 2476 del 2 febbraio 2025, n. 6199 dell’8 marzo 2025, n. 8051 e n. 8053 del 26 marzo 2025) ha dichiarato inammissibili i ricorsi.
Nella specie, però, rilevano altri precedenti che, invece, in ragione della diversità della questione devoluta, si sono conclusi con l’accoglimento o il rigetto del ricorso per cassazione.
Ad esempio, può menzionarsi la sentenza della Cass., Sez. L, n. 1055 del 10 gennaio 2024, in base a cui ‘In tema di trasferimento territoriale dei docenti della scuola pubblica, alla contrattazione collettiva – cui l’art. 40, co. 1, d. lgs. n. 165/2001, e gli artt. 462, co. 7 e 470, co. 1 e 2 d. lgs. n. 297/1994 demandano la regolazione in dettaglio delle modalità da seguire nell’attribuzione dei posti sono rimesse scelte di merito e tecniche attraverso le quali resta regolato l’assetto dei contrastanti interessi dei candidati partecipi del procedimento; tali scelte non sono sindacabili, se non quando esse si pongano in contrasto con norme di legge oppure realizzino ingiustificate disparità di trattamento o risultino manifestamente irragionevoli’.
Questa decisione, che si è conclusa con un rigetto del ricorso, ha superato la questione dell’ammissibilità dello stesso in quanto oggetto del contendere era la legittimità o meno della posizione che era stata attribuita dalla contrattazione collettiva per la mobilità (a domanda) 2016/2017 agli IGM 2012 assunti in fase B e C nel 2015/2016 rispetto ai docenti delle medesime fasi assunti da GAE e, quindi, non era in discussione in sede di legittimità l’interpretazione del contratto
integrativo, ma unicamente la validità dello stesso in relazione alla normativa di legge.
Allo stesso modo, l’ordinanza di questa Sezione n. 34602 del 27 dicembre 2024, occupandosi di un ricorso che concerneva il sistema della medesima mobilità, come regolato dal relativo CCNI e dalla successiva Ordinanza Ministeriale del 2016, lo ha considerato ammissibile, pur rigettandolo.
Quest’ultima pronuncia ha valutato l’impugnazione perché a essere contestata non era l’interpretazione dei citati CCNI e Ordinanza accolta dalla corte territoriale, ma la regolamentazione normativa, con riferimento a detta mobilità. del regime degli IGM 2012 assunti per reclutamento straordinario.
Siffatta ordinanza ha dato rilievo all’impianto normativo primario all’interno del quale la menzionata contrattazione integrativa e l’Ordinanza ministeriale si sono poste, occupandosi, innanzitutto, del tema della legittimità costituzionale della scelta del legislatore di differenziare i docenti assunti in fase B e C del reclutamento 2015/2016, a seconda del loro provenire da GM 2012 o da GAE. L’esame della Suprema Corte è stato condotto alla luce del disposto della legge n. 107 del 2015 e si è concluso affermando che la differenza in sede di reclutamento tra IGM 2012 e personale proveniente da GAE risale ad una scelta di discrezionalità del legislatore, come tale non sindacabile.
Inoltre, la Suprema Corte ha considerato la legittimità o meno della posizione attribuita dalla contrattazione collettiva per la mobilità (a domanda) 2016/2017 agli IGM 2012 assunti in fase B e C nel 2015/2016 rispetto ai docenti delle medesime fasi assunti da GAE, ma ciò ha fatto per escludere che ‘il complessivo sistema intercetti una violazione di norme, né vi sono ingiustificate disparità di trattamento, in quanto l’assetto differenziale è derivato dal distinguo operato tra varie categorie di docenti, in ragione delle diverse regole (e preferenze) che li hanno interessati in sede di reclutamento; neppure emergono tratti di manifesta irragionevolezza nella disciplina del complesso fenomeno che doveva essere regolato e tutto ciò esclude, altresì, che abbiano rilievo situazioni di occasionale sfavore per l’uno o l’altro docente ammesso alla mobilità. Va aggiunto, infine, per completezza, che appartiene parimenti alle scelte di merito quella, con forte connotato tecnico, di procedere per fasi e con l’inserimento in ciascuna di queste
fasi solo di talune tipologie di candidati alla mobilità’. La legittimità di tale sistema, quindi, pur se derivante anche da un CCNI e da una successiva Ordinanza Ministeriale attuativa, è stata analizzata dalla Suprema Corte non al fine di scegliere una fra le possibili interpretazioni alternative del CCNI e dell’Ordinanza, ma per verificare se una data lettura dello stesso, da parte del giudice di appello, contravvenisse ai principi costituzionali o a norme imperative di legge, realizzasse ingiustificate disparità di trattamento o risultasse manifestamente irragionevole, alla luce, però, pur sempre, di un impianto complessivo costruito dalla legge e dalla contrattazione collettiva nazionale.
Ad identiche conclusioni deve giungersi con riguardo alla sentenza della Cass., Sez. L, n. 7354 del 19 marzo 2024, la quale ha affermato il principio di diritto per il quale, nelle procedure di mobilità del personale docente di fascia C per l’anno scolastico 2016-2017, l’assegnazione delle cattedre avviene, ex art. 6 del CCNI dell’8 aprile 2016 e del relativo Allegato 1, in considerazione delle preferenze espresse dai candidati, senza che sussista alcuna violazione del criterio meritocratico di cui all’art. 97 Cost., essendosi in una fase successiva a quella del reclutamento: ne consegue che all’assegnazione non si procede seguendo una graduatoria unitaria riferita a ciascun ambito territoriale, articolata tenendo conto del punteggio conseguito da ogni insegnante, ma sulla scorta di distinte graduatorie, elaborate sulla base dell’ordine di preferenze espresso dal richiedente in relazione ai vari ambiti territoriali, strutturate al loro interno in considerazione del punteggio conseguito’.
In questa vicenda, concernente sempre la stessa mobilità, alla Suprema Corte non è stato chiesto di optare fra più possibili interpretazioni alternative del CCNI e del suo Allegato 1. Essa ha, piuttosto, chiarito che ‘l’opzione operata in sede collettiva di attribuire rilievo ai fini dell’assegnazione delle cattedre ad un criterio distinto da quello meritocratico basato sul punteggio conseguito non contravviene ai principi costituzionali che, nel subordinare l’accesso all’impiego pubblico alla procedura del concorso pubblico, pongono a fondamento quel criterio selettivo, non essendo la procedura in questione finalizzata al reclutamento del personale, per essere attinente all’attribuzione di una sede provvisoria in vista della successiva procedura di mobilità prevista dalla l. n.
107/2015, ben potendo dunque quella disciplina così interpretata, non inficiata dal contrasto con norme imperative, ben essere considerata legittima e presiedere all’espletamento della procedura secondo le stabilite modalità’.
Pure in questo caso, quindi, una specifica interpretazione della contrattazione integrativa non è stata sostituita con un’altra, ma, in quanto ritenuta non implausibile, è stata messa a confronto con i precetti costituzionali e la normativa imperativa, assunti come parametri esterni della sua legittimità.
Diversamente, nei precedenti sopramenzionati di questa Sezione Cass., n. 2476 del 2 febbraio 2025, n. 6199 dell’8 marzo 2025 e n. 8051 e n. 8053 del 26 marzo 2025, è stata proprio la richiesta al giudice della legittimità di porre a raffronto differenti possibili interpretazioni del CCNI de quo , affinché ne scegliesse una diversa da quella fatta propria dal giudice del merito, a condurre, in ragione della non corretta formulazione della censura, a condurre alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi.
D’altronde, la giurisprudenza è giunta da molti anni ad affermare che è ben possibile denunciare direttamente in cassazione il contrasto fra la contrattazione integrativa e le disposizioni di legge imperative o la contrattazione collettiva nazionale di riferimento (Cass., Sez. L , n. 21316 del 6 luglio 2022; Cass., Sez. L, n. 21236 del 20 ottobre 2015; Cass., Sez. L, n. 14530 del 26 giugno 2014).
Al contrario, con riguardo ai contratti collettivi di lavoro relativi al pubblico impiego privatizzato, la regola posta dall’art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001, che consente di denunciare direttamente in sede di legittimità la violazione o falsa applicazione dei contratti ed accordi collettivi, deve intendersi limitata ai contratti ed accordi nazionali di cui all’art. 40 del detto d.lgs., con esclusione dei contratti integrativi contemplati nello stesso articolo, in relazione ai quali il controllo di legittimità è finalizzato esclusivamente alla verifica del rispetto dei canoni legali di interpretazione e dell’assolvimento dell’obbligo di motivazione (Cass., Sez. L, n. 14449 del 9 giugno 2017).
Ne deriva che saranno inammissibili i ricorsi che censurino in via diretta l’interpretazione della contrattazione integrativa (Cass., Sez. L, n. 27062 del 3 dicembre 2013), non riportino il contenuto della normativa collettiva integrativa
della quale critichino l’illogica o contraddittoria interpretazione (Cass., Sez. L, n. 8231 dell’11 aprile 2011), non indichino in maniera specifica i criteri interpretativi di cui agli artt. 1362 ss. c.c. violati o chiedano alla Suprema Corte di sostituire all’interpretazione della corte territoriale un’altra possibile interpretazione dello stesso testo (Cass., Sez. L, n. 18214 del 3 luglio 2024).
Nella specie, il ricorso della P.A. lamenta una violazione di legge in maniera specifica, non chiedendo un’interpretazione alternativa della contrattazione integrativa, che non è contestata in quanto tale, ma prospettandone un contrasto con la normativa imperativa di riferimento.
Ne consegue, l’ammissibilità del ricorso.
Superata la questione dell’inammissibilità, ritiene questo Collegio che la censura sia fondata.
La P.A. contesta, innanzitutto, l’affermazione della corte territoriale (pagina 5 della sentenza) secondo la quale l’appello era accolto in quanto nella graduatoria dei trasferiti nell’ambito territoriale Campania vi erano dei docenti con un punteggio complessivo inferiore rispetto alla ricorrente e a lei preferiti.
In effetti, questa Suprema Corte ha affermato (e, sul punto, questo Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi dai precedenti in materia) che, nelle procedure di mobilità del personale docente di fascia C per l’anno scolastico 2016-2017, l’assegnazione delle cattedre avviene, ex art. 6 del CCNI dell’8 aprile 2016 e del relativo Allegato 1, in considerazione delle preferenze espresse dai candidati, senza che sussista alcuna violazione del criterio meritocratico di cui all’art. 97 Cost., essendosi in una fase successiva a quella del reclutamento: ne consegue che all’assegnazione non si procede seguendo una graduatoria unitaria riferita a ciascun ambito territoriale, articolata tenendo conto del punteggio conseguito da ogni insegnante, ma sulla scorta di distinte graduatorie, elaborate sulla base dell’ordine di preferenze espresso dal richiedente in relazione ai vari ambiti territoriali, strutturate al loro interno in considerazione del punteggio conseguito’ (Cass., Sez. L, n. 7354 del 19 marzo 2024 ).
Pertanto, la circostanza che nei vari ambiti indicati la ricorrente sia stata posposta ad altri docenti è, in sé, irrilevante ai fini della decisione, dovendosi accertare se la lavoratrice e gli altri interessati avessero posto detto ambito nella medesima posizione all’interno della loro graduatoria di preferenza.
Inoltre, nella sentenza impugnata il giudice del merito ha genericamente affermato l’insussistenza di una ‘preferenza per i docenti provenienti dalla graduatoria di merito del concorso del 2012 rispetto ai docenti provenienti dalle G.A.E.’, così non tenendo conto del principio di diritto, pure enunciato da questa Suprema Corte e per discostarsi dal quale non si rinvengono ragioni, per il quale ‘In tema di mobilità dei docenti di ruolo di scuola pubblica per l’anno 2016/2017 disposta ai sensi dell’art. 1, comma 108, della l. n. 107 del 2015, il contratto collettivo nazionale integrativo concernente la mobilità del personale docente, educativo ed A.T.A. per l’a.s. 2016/2017 e l’ordinanza ministeriale n. 241 del 2016 hanno previsto che gli insegnanti provenienti da graduatorie di merito 2012 assunti da fasi B e C del 2015/2016 sono ammessi, a domanda, alla fase B della mobilità 2016/2017, con riferimento alla mobilità endoprovinciale su ambito, con la conseguenza che essi sono preferiti, rispetto all’ambito richiesto, ai docenti delle medesime fasi assunzionali provenienti dalle graduatorie ad esaurimento (cd. GAE), in quanto questi ultimi sono stati inseriti nella successiva fase C della mobilità 2016/2017, da svolgersi espressamente sui posti vacanti e disponibili dopo le operazioni di cui alle fasi precedenti; al contrario, per la mobilità interprovinciale su ambito, gli insegnanti provenienti da graduatorie di merito 2012 sono postergati ai docenti provenienti da GAE assunti nelle fasi B e C del 2015/2016, poiché nella mobilità 2016/2017 i primi docenti sono stati ammessi in fase D, mentre quelli provenienti da GAE hanno partecipato alla fase C’ (Cass., Sez. L, n. 34602 del 27 dicembre 2024).
Il ricorso, quindi, deve essere accolto.
4) Il ricorso è accolto.
La sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Campobasso, la quale deciderà la causa nel merito anche in ordine alle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte,
accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Campobasso, che deciderà la causa nel merito, anche in ordine alle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile, il 4