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Mobilità docenti: preferenze battono punteggio secondo la Cassazione

Una docente, assunta da GAE, aveva ottenuto ragione in appello lamentando un trattamento deteriore nella procedura di mobilità docenti 2016/2017 rispetto a colleghi con meno punti. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, accogliendo il ricorso del Ministero. Ha stabilito che, per quella specifica procedura, l’assegnazione delle sedi non si basava su una graduatoria unica di punteggio, ma sull’ordine delle preferenze espresse dai candidati all’interno di fasi distinte, legittimando la procedura differenziata prevista dalla normativa e dalla contrattazione collettiva.

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Pubblicato il 21 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Mobilità Docenti: la Cassazione conferma la prevalenza delle preferenze sul punteggio

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha messo un punto fermo su una questione cruciale riguardante la mobilità docenti per l’anno scolastico 2016/2017, un periodo caratterizzato da una complessa procedura straordinaria di assunzioni e trasferimenti. La Suprema Corte ha stabilito che, in quel contesto specifico, l’assegnazione delle cattedre doveva seguire l’ordine delle preferenze espresse dai candidati e non una graduatoria unica basata sul punteggio. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le importanti conclusioni dei giudici.

I Fatti del Caso

Una docente, assunta a tempo indeterminato nell’anno scolastico 2015/2016 dalle Graduatorie ad Esaurimento (GAE), partecipava alla procedura di mobilità nazionale per l’anno successivo. A seguito dell’assegnazione della sede, la lavoratrice lamentava di aver subito un trattamento deteriore, vedendosi scavalcata da altri docenti con un punteggio inferiore al suo.

La Corte d’Appello di Campobasso aveva dato ragione alla docente, ritenendo illegittima la procedura seguita dall’amministrazione scolastica. Contro questa decisione, il Ministero dell’Istruzione ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo la piena legittimità del proprio operato, in quanto conforme alla normativa speciale introdotta dalla legge n. 107 del 2015 (la cosiddetta “Buona Scuola”) e dal relativo Contratto Collettivo Nazionale Integrativo (CCNI).

La questione della mobilità docenti e il ricorso in Cassazione

Il cuore del problema risiedeva nell’interpretazione delle regole che governavano la straordinaria procedura di mobilità del 2016/2017. Secondo il Ministero, tale procedura non era un semplice trasferimento, ma una fattispecie speciale che prevedeva fasi e criteri differenziati a seconda del canale di reclutamento dei docenti (GAE o graduatorie di merito del concorso 2012).

L’amministrazione sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel non considerare che l’assegnazione delle sedi non doveva avvenire sulla base di un’unica graduatoria nazionale basata sul punteggio, ma seguendo un meccanismo più complesso basato sulle preferenze territoriali espresse da ciascun docente all’interno di fasi procedurali distinte.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Ministero, ritenendolo fondato. I giudici hanno chiarito che il ricorso era ammissibile perché non mirava a ottenere una diversa interpretazione del CCNI, ma a denunciare la violazione di norme di legge da parte della Corte territoriale.

Nel merito, la Suprema Corte ha affermato un principio di diritto cruciale, già espresso in precedenti pronunce. Nelle procedure di mobilità docenti di fascia C per l’anno 2016/2017, l’assegnazione delle cattedre avveniva in base alle preferenze espresse dai candidati, senza che ciò costituisse una violazione del criterio meritocratico sancito dall’art. 97 della Costituzione. Quest’ultimo, infatti, si applica principalmente alla fase di reclutamento (il concorso pubblico), mentre la mobilità è una fase successiva, legata all’organizzazione del servizio.

La Corte ha spiegato che il sistema non prevedeva una graduatoria unitaria per ogni ambito territoriale. Al contrario, venivano elaborate distinte graduatorie sulla base dell’ordine di preferenza espresso da ciascun richiedente. La circostanza che un docente con punteggio più basso abbia ottenuto una sede prima della ricorrente è, di per sé, irrilevante. Ciò che conta è verificare se entrambi avessero indicato quell’ambito territoriale nella stessa posizione nella loro lista di preferenze. Inoltre, la Corte ha ribadito la legittimità della differenziazione tra docenti provenienti da concorso e quelli provenienti da GAE, una scelta discrezionale del legislatore e delle parti sociali, non sindacabile se non manifestamente irragionevole.

Le conclusioni

Con questa ordinanza, la Cassazione ha annullato la sentenza della Corte d’Appello, rinviando la causa per un nuovo esame che dovrà attenersi ai principi stabiliti. La decisione rafforza la legittimità delle procedure di mobilità complesse, dove criteri organizzativi, come l’ordine delle preferenze espresse, possono prevalere sul mero punteggio. Viene così confermato che le regole stabilite dalla contrattazione collettiva, in attuazione di una specifica normativa di legge, devono essere applicate, anche quando generano sistemi di assegnazione differenziati e per fasi, purché non violino principi costituzionali o norme imperative.

Nella procedura di mobilità docenti del 2016/2017, il punteggio era l’unico criterio per l’assegnazione della sede?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’assegnazione delle cattedre avveniva sulla base delle preferenze territoriali espresse dai candidati. Il punteggio serviva a stilare la graduatoria all’interno di ciascuna preferenza, ma non esisteva una graduatoria unica basata solo sul punteggio.

È legittimo differenziare i docenti in base al canale di reclutamento (GAE o concorso) nelle procedure di mobilità?
Sì. Secondo la Corte, la scelta di creare fasi e percorsi diversi per i docenti provenienti da canali di reclutamento differenti (come GAE e concorsi a cattedra) rientra nella discrezionalità del legislatore e della contrattazione collettiva e non è di per sé illegittima, a meno che non risulti manifestamente irragionevole.

Cosa significa che la Cassazione ha “cassato con rinvio” la sentenza d’appello?
Significa che la Corte di Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’Appello perché errata in diritto. Il caso non è però concluso: viene rimandato alla stessa Corte d’Appello (in diversa composizione) che dovrà decidere nuovamente la controversia, ma questa volta dovrà obbligatoriamente seguire i principi giuridici indicati dalla Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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