Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13213 Anno 2024
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Civile Ord. Sez. L Num. 13213 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 1694-2018 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3684/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/07/2017 R.G.N. 5313/2014; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/02/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME AVV_NOTAIO.
RILEVATO
che, con sentenza del 10 luglio 2017, la Corte di Appello di Roma confermava la decisione resa dal Tribunale di Roma e rigettava la domanda proposta NOME COGNOME nei confronti
R.G.N. 1694/2018
COGNOME.
Rep.
Ud. 22/02/2024
CC
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del RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto l’accertamento dell’illegittimità dei provvedimenti di annullamento delle missioni svolte dalla COGNOME in El Salvador in successivi periodi disposti dalla RAGIONE_SOCIALE del predetto RAGIONE_SOCIALE e della conseguente richiesta di restituzione dei compensi/retribuzione/rimborsi spese percepiti per tali incarichi;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, in relazione alla formula testuale di cui all’art. 17 l. n. 49/1987 che fa riferimento all’invio in missione, dover ricorrere, ai fini della fruizione del trattamento economico previsto dall’art. 15 del decreto interministeriale n. 863/1988 per il personale non di ruolo ma a contratto quale esperto privato impiegato nelle c.d. missioni brevi di durata inferiore a quattro mesi, il requisito della residenza in luogo diverso da quello di svolgimento della missione breve, requisito nella specie non sussistente ed, anzi, artatamente taciuto avendo la COGNOME dichiarato, in luogo della residenza, il domicilio posto a Città del Guatemala e, pertanto, legittima, per il difetto di un requisito necessario per l’attribuzione dell’incarico, la dichiarata decadenza dai benefici fruiti per la missione e non dovuto, per l’inapplicabilità, trattandosi di lavoro autonomo, dell’art. 2126 c.c., il compenso per l’attività svolta;
che per la cassazione di tale decisione ricorre la COGNOME, affidando l’impugnazione a sei motivi, cui resiste, con controricorso, il RAGIONE_SOCIALE;
che la ricorrente ha poi depositato memoria;
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, la ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 17 e 27, l. n. 49/1987, 37 e 38 d.P.R. n. 177/1988 anche in relazione agli artt. 3, 6, 11, 14 e 15 Decreto interministeriale n. 863/1988 e successive modifiche, imputa alla Corte territoriale di aver
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erroneamente interpretato le invocate disposizioni laddove giunge a ritenere implicitamente desumibile dal loro tenore il requisito della residenza in luogo diverso da quello della missione breve;
che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 10, 11, 12 delle preleggi, 97 Cost. e 1362 e ss. c.c., la ricorrente ribadisce in sostanza la censura di cui al motivo che precede, con specifico riferimento al difetto di una previsione espressa che sancisca il requisito della residenza in un Paese diverso da quello di espletamento della missione;
che, con il terzo motivo, rubricato con riferimento al vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, la ricorrente imputa alla Corte territoriale la mancata considerazione della circostanza per cui il requisito della residenza in un Paese diverso da quello di espletamento della missione è stato previsto con riguardo alle missioni brevi soltanto con la delibera del RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE n. 168/2010, art. 3, non applicabile nella specie ratione temporis ;
che, nel quarto motivo, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio è prospettato in relazione alla mancata considerazione da parte della Corte territoriale circa quanto dedotto e non contestato in ordine all’invalsa prassi del frazionamento delle missioni lunghe destinate a protrarsi oltre i quattro mesi ostativa alla riconducibilità dei periodi risultanti da tale frazionamento all’istituto delle ‘missioni brevi’;
che con il quinto motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 75, d.P.R. n. 445/2000 anche in combinato disposto con l’art. 37 d.P.R. n. 177/1988, lamentando a carico della Corte territoriale l’interpretazione ‘in malam partem’, della dichiarazione resa dalla ricorrente in ordine al proprio domicilio, ritenendola artificiosamente effettuata per tacere in ordine alla propria residenza, di cui,
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invece, nella parte dichiarativa dei moduli compilati ai fini dell’incarico non si faceva richiesta, interpretazione tale da legittimare, ai sensi dell’art. 75 d.P.R. n. 445/2000, i provvedimenti di annullamento dei benefici fruiti;
che, con il sesto motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE art. 2126 e 2041 c.c. nonché del principio iura novit curia di cui all’art. 113 c.p.c., imputando alla Corte territoriale, da un lato, l’adesione ad una interpretazione restrittiva della norma di cui all’art. 2126 c.c. quando la tendenza espansiva del diritto del lavoro implicherebbe il riconoscimento del compenso per l’attività lavorativa prestata anche in favore dei lavoratori autonomi e, dall’altro, la mancata riqualificazione della domanda come azione di arricchimento senza causa;
che i primi quattro motivi, i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, si rivelano infondati alla luce dell’orientamento accolto da questa Corte (cfr., da ultimo, Cass. n. 20865/2022 e Cass. n. 7517/202), secondo cui, a prescindere dalla ricorrenza di una disposizione espressa che sancisca il requisito della residenza in un Paese diverso da quello di espletamento della missione breve, la disciplina relativa di cui agli artt. 17 e 27 l. n. 49/1987, tanto per la sua formulazione letterale quanto per le componenti del trattamento economico previsto (indennità di servizio all’estero e rimborso delle spese di viaggio e trasporto RAGIONE_SOCIALE effetti), va interpretata in termini tali da presupporre tale requisito, così che la previsione esplicita successiva ai fatti di causa di quel requisito resta irrilevante in quanto già insita nell’originaria disposizione mentre la mera affermazione di una prassi del RAGIONE_SOCIALE di ricorso alle missioni brevi al fine di frazionare il conferimento effettivo di missioni lunghe sollecita apprezzamenti di merito preclusi in sede di legittimità;
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che il quinto motivo si rivela inammissibile non cogliendo l’effettiva ratio decidendi sottesa alla pronunzia della Corte territoriale per cui la legittimità dell’annullamento dei benefici conseguenti all’espletamento della missione discende, non dalla decadenza prevista dall’art. 75 d.P.R. n. 445/2000, bensì dalla nullità dei contratti conclusi, per difetto di un requisito essenziale;
che, di contro, infondato risulta il sesto motivo, dovendosi dare continuità all’orientamento accolto da questa Corte (cfr. Cass. n. 24187/2011) per cui il disposto dell’art. 2126 c.c. non trova applicazione nei rapporti di lavoro autonomo, sia pure aventi le caratteristiche della parasubordinazione, trattandosi di norma a carattere eccezionale riferita al solo lavoro subordinato e dovendosi escludere la riqualificazione della domanda ex art. 2126 c.c. in una domanda di arricchimento senza causa per essere questa una domanda nuova basata su presupposti di fatto diversi, non allegati in causa;
che pertanto il ricorso deve essere rigettato;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 5.00,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis , dello stesso articolo 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22.2.2024.