Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 29840 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 29840 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 19209-2020 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente principale –
contro
RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
ricorrente incidentale – avverso la sentenza n. 966/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 14/01/2020 R.G.N. 395/2018;
Oggetto contributi
R.G.N.19209/NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 09/10/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/10/2025 dal AVV_NOTAIO.
Rilevato che
Con sentenza del 14.01.2020 n. 966, la Corte d’appello di Bologna accoglieva parzialmente il gravame proposto dall’RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Bologna che aveva accolto integralmente l’opposizione della società RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (in seguito, per brevità, la RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE) al verbale ispettivo del 17.5.2013, per omissioni contributive, per l’importo complessivo di € 321.007,00.
La Corte d’appello accoglieva parzialmente il gravame dell’RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in punto di fondatezza della pretesa creditoria in riferimento alla sola riqualificazione di due contratti a progetto, rigettandolo per il resto.
Avverso tale sentenza, l’RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo, mentre RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso e ricorso incidentale, sulla base di un motivo, cui ha resistito l’RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE con controricorso , illustrato da memoria.
Il Collegio ha riserva to il deposito dell’ ordinanza nel termine di sessanta giorni dall’adozione della presente decisione in camera di consiglio.
Considerato che
Con il ricorso l’RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE de nuncia, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 12 della legge n. 153/69 che sostituisce gli artt. 1 e 2 del DL n. 692/45, recepito negli artt. 27 e 28 T.U., approvato con DPR n. 797/55, a propria volta modificato dall’art. 1 comma 4 del d.l. n. 44/85 conv. con modificazioni nella legge n. 155/85, dall’art. 1 comma 1 della legge n. 876/86, dall’art. 4 comma 2 bis del d.l. n. 173/88 conv. con modificazioni nella legge n. 291/88, dall’art. 2 comma 15
della legge n. 335/95 ed infine sostituito dall’art. 6 comma 1 del d.lgs. n. 314/97, dall’art. 1 del d.l. n. 338/89 conv. con modificazioni nella legge n. 389/89, dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., perché la Corte di appello aveva omesso di valutare che siccome la retribuzione erogata ai lavoratori era d’importo inferiore a quella corrispondente alle ore di lavoro contrattualmente previste (cioè, al cd. minimale contributivo), sulle somme non erogate ai lavoratori (posto che non vi era stato esercizio di attività lavorativa, ma in assenza di cause di esenzione dal versamento della contribuzione, previste dalla legge o dal CCNL) la società non aveva versato la contribuzione che doveva, invece, essere inclusa, sulla base del principio del cd. minimale contributivo. Pertanto, secondo la disciplina applicabile, di cui all’art. 1 comma 1 del d.l. n. 338/89 convertito con modificazioni nella legge n. 338/89, la Corte del merito avrebbe dovuto accertare se tutte le somme dovute ai lavoratori sulla base del contratto individuale di lavoro fossero state assoggettate a contribuzione, considerato che era stato accertato dall’RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE che vi era stato un versamento di contributi in misura inferiore al cd. minimale.
Con il ricorso incidentale, dal canto suo, la società censura l’erroneità della qualificazione dei rapporti di lavoro intercorsi con i signori COGNOME e COGNOME per violazione degli artt. 61 e 69 del d.lgs. n. 276/03.
Il ricorso principale è fondato.
In tema di retribuzione imponibile posta a base di calcolo dei contributi previdenziali (cd. minimale contributivo), l’art. 1 L. 388/89 ne individua la commisurazione alle retribuzioni stabilite dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, nel senso che essa non può essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito da leggi,
regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo.
Questa Corte ha già affermato che “l’importo della retribuzione da assumere come base di calcolo dei contributi previdenziali non può essere inferiore all’importo di quella che ai lavoratori di un determinato settore sarebbe dovuta in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative su base nazionale (c.d. “minimale contributivo”), secondo il riferimento ad essi fatto – con esclusiva incidenza sul rapporto previdenziale – dall’art. 1 D.L. 9 ottobre 1989 n. 338 (convertito in legge 7 dicembre 1989 n. 389), senza le limitazioni derivanti dall’applicazione dei criteri di cui all’art. 36 Costituzione (c.d. “minimo retributivo costituzionale”), che sono rilevanti solo quando a detti contratti si ricorre -con incidenza sul distinto rapporto di lavoro- ai fini della determinazione della giusta retribuzione” (in questi termini, Cass. S.U. n.11199/2002, a cui hanno fatto seguito numerose altre pronunce, ex multis, Cass. nn. 2758/2006, 16/2012, 19284/17).
Nell’operare un distinguo tra individuazione del contratto collettivo applicabile nei rapporti fra datore e lavoratore, sotto il profilo economico-retributivo, e contratto collettivo posto a base degli obblighi previdenziali, rilevante nel rapporto fra datore ed INPS, si pone un necessario raffronto con la disposizione contenuta al primo comma dell’art. 2070 c.c. che fornisce il criterio per individuare il settore specifico dell’attività svolta dall’impresa: l’appartenenza alla categoria professionale, ai fini dell’applicazione del contratto collettivo, si determina secondo
l’attività effettivamente esercitata dall’imprenditore. Sul punto, si richiama la pronuncia resa da questa Corte con ord. n. 19759/2024 secondo la quale “la retribuzione da assumere a parametro per la determinazione dei contributi previdenziali (cd. minimale contributivo) ex art. 1 D.L. n. 338 n. 1989, conv. con modif. dalla L. n. 389 del 1989, è quella stabilita dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nel settore di attività effettivamente svolta dall’impresa ai sensi dell’art. 2070 c.c., dovendosi far riferimento ad un criterio oggettivo e predeterminato che non lasci spazio a scelte discrezionali o a processi di autodeterminazione normativa, che restano viceversa possibili solo in relazione al trattamento economico e normativo dei lavoratori nei limiti dell’art. 36 Cost.”.
Si è del pari affermato che (Cass. n. 12974/2025) l’obbligo contributivo permane nell’intero ammontare previsto dal contratto collettivo, anche in caso di assenza del lavoratore o di sospensione della prestazione lavorativa, mentre la sospensione dell’obbligo contributivo si realizza nelle sole ipotesi p reviste dalla legge o dal contratto collettivo, con riferimento a istituti quali la malattia, l’ infortunio, la maternità o la cassa integrazione. Quest’ultimo pronunciamento si inserisce nel solco di una giurisprudenza ormai consolidata, che riafferma con chiarezza l’autonomia dell’obbligazione contributiva rispetto a quella retributiva, anche alla luce della funzione pubblicistica dell’obbligazione previdenziale, intesa come presidio del sistema di protezione RAGIONE_SOCIALE e, in quanto tale, sottratta alla libera disponibilità delle parti del rapporto di lavoro.
Il principio del minimale contributivo -quale standard inderogabile -non può essere ridimensionato neppure in presenza di accordi individuali, orari multiperiodali o flessibilità
convenzionali, se questi comportano il rischio di una contribuzione inferiore a quella dovuta secondo i parametri della contrattazione collettiva nazionale. La retribuzione effettiva rileva, dunque, solo se superiore a quella prevista dal contratto collettivo (cfr. Cass. n. 16416/23). Tale posizione si ispira a ragioni di equità e sostenibilità del sistema previdenziale, garantendo che tutti i lavoratori, anche in contesti cooperativi o di impiego flessibile, maturino diritti pensionistici e assistenziali a deguati: pertanto, l’accordo sindacale non poteva porsi in contrasto con la disciplina normativa primaria (art. 1 della legge n. 389/89) ai fini della individuazione di un livello minimo garantito di retribuzione utile ai fini contributivi, derogandolo in pejus.
Il motivo di ricorso incidentale è infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘In tema di lavoro a progetto, l’art. 69, comma 1, del d.lgs. n. 276 del 2003 (“ratione temporis” applicabile, nella versione antecedente le modifiche di cui all’art. 1, comma 23, lett. f), della l. n. 92 del 2012), si interpreta nel senso che, quando un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa sia instaurato senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, non si fa luogo ad accertamenti volti a verificare se il rapporto si sia esplicato secondo i canoni dell’autonomia o della subordinazione, ma ad automatica conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione dello stesso’ (Cass. n. 17707/2020) .
Nella specie, la Corte di appello ha accertato l’assoluta genericità (i.e. assenza di specificità) dei progetti e, quindi, ha correttamente applicato il superiore principio di diritto.
In conclusione in accoglimento del ricorso principale, rigettato il ricorso incidentale, la sentenza deve essere cassata e la causa
va rinviata alla Corte d’appello di Bologna, affinché, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale.
Cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9.10.2025
Il Presidente NOME COGNOME