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Minimale contributivo: obbligo anche con assenze?

Un’azienda ha contestato una richiesta di pagamento dell’INPS per contributi non versati a favore di dipendenti assenti. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che l’obbligo di versare il minimale contributivo sussiste anche per le assenze non giustificate dalla legge o dal contratto collettivo, ma basate su un semplice accordo tra le parti. La Corte ha ribadito l’autonomia dell’obbligazione contributiva rispetto a quella retributiva.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Minimale contributivo: obbligo di versamento anche in caso di assenze non giustificate

L’obbligo di versamento del minimale contributivo rappresenta un pilastro del nostro sistema previdenziale, garantendo una base di tutela per i lavoratori. Ma cosa accade quando un dipendente si assenta dal lavoro per cause non previste dal contratto collettivo? Un’ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo punto, confermando un orientamento ormai consolidato: l’obbligazione contributiva non viene meno. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni pratiche per datori di lavoro e dipendenti.

I fatti del caso

Una società del settore arredamento si è opposta a un avviso di addebito emesso dall’INPS. L’ente previdenziale richiedeva il pagamento di contributi omessi per alcuni dipendenti che si erano assentati dal servizio. La particolarità della situazione risiedeva nel fatto che le cause di tali assenze non erano contemplate dal contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) applicabile e, inoltre, l’azienda non aveva informato tempestivamente l’INPS. Sia il tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto l’opposizione dell’azienda, la quale ha quindi deciso di presentare ricorso in Cassazione.

La regola del minimale contributivo e le assenze

Il cuore della questione ruota attorno al principio del cosiddetto minimale contributivo, sancito dall’art. 1 del D.L. n. 338/1989. Questa norma stabilisce che la retribuzione da prendere come base per il calcolo dei contributi non può essere inferiore a un importo minimo, determinato dai contratti collettivi. Questo principio rende l’obbligazione contributiva autonoma rispetto a quella retributiva: anche se il lavoratore, per qualsiasi motivo, percepisce una retribuzione inferiore al minimo (o non la percepisce affatto), i contributi devono comunque essere calcolati e versati su quella soglia minima virtuale.

L’azienda ricorrente sosteneva che le assenze, pur non previste dal CCNL, avrebbero dovuto esonerarla dal pagamento, ma la Corte Suprema ha fornito un’interpretazione rigorosa della norma.

La decisione della Corte di Cassazione sul minimale contributivo

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda, chiarendo in modo definitivo la portata del principio del minimale contributivo. I giudici hanno spiegato che la regola si applica non solo alla retribuzione, ma anche all’orario di lavoro da considerare come base di calcolo. Questo orario è quello previsto dal contratto collettivo o, se superiore, dal contratto individuale.

Di conseguenza, la contribuzione rimane dovuta anche in caso di assenze o sospensioni della prestazione lavorativa che non trovano una giustificazione specifica nella legge (come malattia, infortunio, congedi parentali) o nel contratto collettivo. Un semplice accordo tra datore di lavoro e dipendente per un periodo di assenza non è sufficiente a sospendere l’obbligo contributivo.

le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che l’obbligazione contributiva è svincolata dalle vicende del rapporto di lavoro che non siano legalmente o contrattualmente rilevanti ai fini dell’esonero. L’azienda ricorrente non ha neppure allegato che le causali delle assenze fossero previste dal CCNL come ragioni legittime. Pertanto, la pretesa di non versare i contributi si è rivelata infondata. L’errore della Corte d’Appello nel citare una normativa specifica per il settore edile non ha modificato la sostanza della decisione, che poggiava comunque su un principio corretto. Il secondo motivo di ricorso, relativo all’obbligo di comunicazione all’INPS, è stato considerato assorbito e non esaminato.

le conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza. Per i datori di lavoro, il messaggio è chiaro: non è possibile accordarsi con un dipendente per un’assenza non retribuita e, di conseguenza, omettere il versamento dei contributi previdenziali. L’obbligo di versare il minimale contributivo può essere sospeso solo nei casi espressamente previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva. In assenza di tali giustificazioni, i contributi sono sempre dovuti, a prescindere dall’effettiva prestazione lavorativa e dalla retribuzione corrisposta. Le aziende devono quindi gestire con la massima attenzione le assenze dei propri dipendenti, verificando sempre la loro conformità alle normative per evitare spiacevoli contenziosi con l’INPS.

Un datore di lavoro deve pagare i contributi per un dipendente assente?
Sì, l’obbligo di versare i contributi calcolati sul minimale contributivo persiste a meno che l’assenza non sia dovuta a cause specificamente previste dalla legge (es. malattia, maternità) o dal contratto collettivo nazionale applicato.

Un accordo tra datore di lavoro e dipendente per un’assenza non retribuita esonera dal versamento dei contributi?
No. Secondo la sentenza, un accordo privato tra le parti che preveda un’assenza non giustificata da legge o contratto collettivo non è sufficiente per sospendere l’obbligo di versamento del minimale contributivo.

Cosa deve dimostrare l’azienda per essere esonerata dal pagamento dei contributi durante un’assenza del lavoratore?
L’azienda deve dimostrare che la causa dell’assenza rientra in una delle casistiche che, secondo la legge o il contratto collettivo di riferimento, costituiscono una legittima ragione di sospensione del rapporto di lavoro e, di conseguenza, dell’obbligazione contributiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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