LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Medico reperibile: rifiuto chiamata e sanzione

La Corte di Cassazione conferma la sanzione disciplinare (sospensione di tre giorni) a un medico reperibile che si era rifiutato di recarsi in ospedale, ritenendo la chiamata non urgente. La Corte ha stabilito che il medico non può sindacare la legittimità della richiesta di intervento, dovendo prima prestare servizio per garantire la continuità assistenziale e solo successivamente contestare l’ordine ricevuto. Il rifiuto è contrario a buona fede e interrompe un servizio di interesse pubblico.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Medico reperibile: è legittimo rifiutare una chiamata se non è un’emergenza?

La figura del medico reperibile è cruciale per garantire la continuità dell’assistenza sanitaria. Ma cosa succede quando un professionista in pronta disponibilità riceve una chiamata che non ritiene essere una vera emergenza? Può rifiutarsi di intervenire? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito una risposta chiara e netta, confermando una sanzione disciplinare inflitta a un medico e stabilendo principi fondamentali sui doveri del lavoratore in questo specifico servizio.

Il caso: il rifiuto e la sanzione disciplinare

Un dirigente medico di un’azienda ospedaliera, in turno di pronta disponibilità, riceveva una chiamata per recarsi in ospedale. Ritenendo che la richiesta non fosse per un’emergenza, ma per un ordinario giro di visite, il medico si rifiutava di intervenire. Per questa condotta, l’azienda ospedaliera gli irrogava una sanzione disciplinare consistente nella sospensione dal servizio e dalla retribuzione per tre giorni.

Il medico impugnava la sanzione, sostenendo che il servizio di reperibilità fosse destinato esclusivamente a far fronte a situazioni di emergenza e non ad attività ordinarie. Tuttavia, sia il Tribunale che la Corte d’Appello respingevano il suo ricorso, affermando che il medico chiamato non ha la facoltà di giudicare la legittimità o l’urgenza della richiesta. La questione è giunta infine dinanzi alla Corte di Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del medico, confermando la legittimità della sanzione disciplinare. I giudici hanno stabilito che il rifiuto di adempiere a una disposizione di servizio da parte del lavoratore è giustificato solo in casi eccezionali e deve essere conforme a buona fede. Nel caso del medico reperibile, il rifiuto di recarsi in ospedale costituisce un’interruzione del servizio di assistenza, che risponde a un prevalente interesse pubblico e non può essere procrastinato.

Le motivazioni: i doveri del medico reperibile

L’ordinanza della Cassazione si fonda su alcuni pilastri giuridici che definiscono i confini del dovere di obbedienza e diligenza del prestatore di lavoro, specialmente in un contesto delicato come quello sanitario.

Il principio di buona fede e la continuità assistenziale

Il punto centrale della motivazione è che il medico reperibile non può rifiutare la prestazione e sindacare le ragioni della chiamata. Il suo dovere primario è garantire la continuità assistenziale nell’arco delle 24 ore. Un rifiuto, basato su una valutazione personale dell’urgenza, sarebbe contrario al principio di buona fede che deve governare il rapporto di lavoro. L’interesse alla salute pubblica e alla continuità delle cure prevale sulla valutazione soggettiva del singolo professionista.

L’insindacabilità dell’ordine di servizio

La Corte ha chiarito che il lavoratore non può eccepire l’illegittimità di un ordine di servizio, a meno che non si tratti di una richiesta palesemente criminosa o contraria ai doveri fondamentali di fedeltà e diligenza. Nel caso specifico, anche se la chiamata avesse comportato un costo maggiore per l’azienda rispetto al servizio ordinario, questo non legittimava il rifiuto. Il medico avrebbe dovuto prima eseguire la prestazione richiesta e, solo in un secondo momento, contestare l’ordine nelle sedi opportune (sindacali o giudiziarie).

Irrilevanza delle procedure interne e degli accordi pregressi

Il medico aveva tentato di giustificare il suo comportamento citando l’assenza di un piano emergenziale annuale dettagliato e precedenti comunicazioni interne che limitavano l’uso della reperibilità. La Cassazione ha ritenuto tali argomenti irrilevanti. Ciò che contava era la chiamata diretta ricevuta da un superiore gerarchico, che costituiva un ordine di servizio a cui il medico era tenuto a obbedire. La questione della corretta applicazione delle procedure interne non poteva essere usata come scudo per sottrarsi a un dovere immediato.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale nel diritto del lavoro, in particolare nel settore sanitario: il dovere di eseguire la prestazione richiesta, specialmente quando sono in gioco interessi pubblici come la salute. Le implicazioni pratiche sono chiare:

1. Priorità alla prestazione: Il medico reperibile deve sempre rispondere alla chiamata e recarsi sul posto di lavoro. La valutazione sulla natura e l’urgenza dell’intervento spetta all’azienda ospedaliera.
2. Contestazione successiva: Qualsiasi obiezione sulla legittimità della chiamata o sull’organizzazione del servizio deve essere sollevata dopo aver eseguito l’ordine, attraverso i canali formali.
3. Responsabilità disciplinare: Il rifiuto ingiustificato espone il professionista a sanzioni disciplinari, poiché costituisce un’inadempienza contrattuale e una violazione dei doveri di diligenza e obbedienza.

Un medico reperibile può rifiutarsi di andare in ospedale se ritiene che la chiamata non sia un’emergenza?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il medico in servizio di pronta disponibilità non può rifiutare la chiamata né sindacare le ragioni della stessa. Deve prima recarsi in ospedale per garantire la continuità del servizio e solo successivamente può contestare l’ordine ricevuto.

Cosa deve fare un medico reperibile se riceve una chiamata che considera illegittima?
Deve comunque eseguire la prestazione richiesta. Il rifiuto di adempiere a una disposizione di servizio è legittimo solo se contrario a buona fede o se la condotta richiesta è criminosa. Eventuali contestazioni sulla legittimità della chiamata possono essere sollevate in sede sindacale o giudiziale dopo aver eseguito la prestazione.

La sanzione disciplinare di tre giorni di sospensione è stata considerata proporzionata?
Sì. La Corte ha ritenuto che la sanzione non fosse eccessiva, in quanto la sospensione di tre giorni rappresentava la misura minima prevista dal codice disciplinare per comportamenti omissivi che compromettono l’operatività e la continuità dell’assistenza al paziente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati