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Medico incaricato penitenziario: no alla paga piena

La Corte di Cassazione ha stabilito che un medico operante in un istituto penitenziario con un incarico provvisorio, anche se protratto per oltre dieci anni, non ha diritto al trattamento retributivo previsto per il medico incaricato di ruolo. La nomina definitiva, e la relativa paga, richiedono inderogabilmente il superamento di un concorso pubblico, come previsto dalla legge speciale n. 740/1970. La lunga durata del servizio non può sanare la mancanza della procedura concorsuale. Di conseguenza, il rapporto di lavoro del medico incaricato penitenziario non è assimilabile al pubblico impiego e non si applicano le norme sulla retribuzione per mansioni superiori.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Medico incaricato penitenziario: 10 anni di precariato non danno diritto alla paga da titolare

Un’importante ordinanza della Corte di Cassazione affronta la delicata questione del trattamento economico del medico incaricato penitenziario. Il caso esaminato riguarda un professionista che, pur avendo lavorato per oltre un decennio come sostituto provvisorio presso un istituto di pena, si è visto negare il diritto alla retribuzione piena, tipica dell’incarico definitivo. La decisione chiarisce la natura giuridica di questo particolare rapporto di lavoro e i requisiti indispensabili per accedere allo status di titolare.

I Fatti di Causa

Un medico iniziava a lavorare presso il presidio sanitario di un carcere come sostituto provvisorio, ai sensi dell’art. 50 della Legge 740/1970. L’incarico, nato per coprire un’assenza temporanea, si protraeva di fatto per oltre dieci anni. Ritenendo di aver acquisito il diritto a un trattamento economico più favorevole, correlato alla stabilità e alla definitività del suo ruolo, il medico chiedeva e otteneva un decreto ingiuntivo contro l’Azienda Sanitaria Locale (ASL) per il pagamento delle differenze retributive.

L’ASL si opponeva e sia il Tribunale in primo grado sia la Corte d’Appello davano ragione all’ente pubblico. Secondo i giudici di merito, l’accesso alla funzione di medico incaricato titolare può avvenire solo tramite un concorso pubblico. Di conseguenza, al professionista spettavano unicamente i compensi giornalieri previsti per l’incarico provvisorio, e non il trattamento retributivo mensile fisso del titolare. Il medico decideva quindi di ricorrere in Cassazione.

La disciplina del medico incaricato penitenziario

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del medico, confermando le sentenze precedenti e fornendo una chiara interpretazione della normativa di settore. Il punto centrale della decisione risiede nella natura speciale del rapporto che lega i medici all’amministrazione penitenziaria, disciplinato dalla Legge n. 740 del 1970.

La Natura Autonoma e non Subordinata del Rapporto

I giudici hanno ribadito che le prestazioni rese dal medico incaricato penitenziario non configurano un rapporto di pubblico impiego. Si tratta, invece, di un rapporto di lavoro autonomo, inquadrabile nella cosiddetta “parasubordinazione”. Questa qualificazione, già avallata dalla Corte Costituzionale, deriva dalle caratteristiche peculiari del rapporto, che permette al medico di esercitare liberamente la professione e di assumere altri incarichi. Proprio per questa sua natura speciale, a tale figura non si applica la disciplina generale degli impiegati civili dello Stato, inclusa quella relativa al riconoscimento economico per lo svolgimento di mansioni superiori (art. 52, D.Lgs. 165/2001) o quella sull’efficacia del lavoro di fatto (art. 2126 c.c.).

Il Requisito del Concorso Pubblico

Il secondo pilastro della decisione riguarda le modalità di accesso all’incarico. La legge speciale distingue nettamente due figure:
1. Il medico incaricato (titolare): accede all’incarico a seguito di una procedura concorsuale pubblica per titoli. Gode di un trattamento economico mensile fisso.
2. Il medico incaricato provvisorio (sostituto): viene nominato per chiamata diretta in caso di assenza o impedimento del titolare. Percepisce un compenso giornaliero, ridotto rispetto a quello del titolare.

La Corte ha sottolineato che il concorso pubblico è un requisito inderogabile per ottenere l’incarico definitivo. La circostanza che il rapporto provvisorio sia durato per molti anni è irrilevante e non può sanare la mancanza della procedura concorsuale. Il sistema normativo prevede la chiamata diretta solo per far fronte a esigenze temporanee e urgenti, giustificando così un compenso diverso e inferiore.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte Suprema ha concluso che il ricorso del medico era infondato. L’errore del ricorrente è stato quello di voler applicare a un rapporto di lavoro autonomo speciale delle norme previste per il lavoro subordinato pubblico. La Legge 740/1970 costituisce una disciplina completa ed esclusiva per la figura del medico incaricato penitenziario, che prevale su altre normative generali. La lunga durata della prestazione non può trasformare un incarico provvisorio, basato sulla chiamata diretta, in un incarico definitivo, per il quale la legge impone come condizione essenziale e non superabile il superamento di un concorso pubblico. L’assenza di tale procedura impedisce il riconoscimento del trattamento economico superiore richiesto.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito: nel settore pubblico, e in particolare in contesti regolati da leggi speciali, la stabilità di un rapporto precario non si trasforma automaticamente in un rapporto a tempo indeterminato con i relativi diritti economici. Il principio del concorso pubblico come via d’accesso principale agli incarichi stabili rimane un cardine del nostro ordinamento, posto a garanzia di imparzialità e trasparenza. Per i professionisti che operano in questi settori, è fondamentale essere consapevoli che la durata del servizio, anche se decennale, non può sostituire i requisiti formali previsti dalla legge per l’accesso a un ruolo definitivo.

Un medico che lavora in un carcere come sostituto per oltre 10 anni ha diritto alla stessa paga di un medico di ruolo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la lunga durata del servizio non è sufficiente a trasformare un incarico provvisorio in uno definitivo. Per ottenere il trattamento economico del medico titolare, è indispensabile aver superato un concorso pubblico, come previsto dalla legge speciale (L. 740/1970).

Il rapporto di lavoro del medico penitenziario è considerato pubblico impiego?
No. La giurisprudenza lo qualifica come un rapporto di lavoro autonomo speciale, definito come “parasubordinazione”. Questo significa che non si applicano le norme generali previste per gli impiegati pubblici, ma la disciplina specifica contenuta nella Legge n. 740/1970.

Qual è la differenza fondamentale tra medico incaricato titolare e medico sostituto in un carcere?
La differenza principale risiede nella modalità di accesso e nella retribuzione. Il medico titolare accede al ruolo tramite un concorso pubblico per titoli e percepisce una retribuzione mensile fissa. Il medico sostituto viene nominato con chiamata diretta per far fronte a esigenze temporanee e percepisce un compenso giornaliero, di importo inferiore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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