Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30420 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 30420 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/11/2025
Oggetto
IMPIEGO
PUBBLICO
MEDICI
INCARICATI
ISTITUTI
PENITENZIARI
R.G.N. 19917/2021
COGNOME.
Rep.
Ud. 18/06/2025
CC
ORDINANZA
sul ricorso 19917-2021 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 58/2021 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 14/01/2021 R.G.N. 479/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/06/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE accoglieva parzialmente l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo con il quale era stato ingiunto alla RAGIONE_SOCIALE ( d’ora in poi RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE) il pagamento in favore del dottor NOME COGNOME della somma lorda di euro 28.075,06, sul presupposto che il predetto COGNOME, originariamente destinatario di incarico di sostituzione provvisoria presso il presidio sanitario della casa circondariale di RAGIONE_SOCIALE ex art. 50 l. n. 740/1970, aveva di fatto svolto per oltre 10 anni l’incarico di ‘medico incaricato’ del presidio sanitario intramurario dell’istituto penitenziario, con conseguente suo diritto al conseguimento del più favorevole trattamento retributivo correlato alla definitività dell’incarico suddetto.
Il Tribunale non riconosceva il diritto del creditore opposto alla percezione dei compensi fissi mensili per il medico incaricato ex artt. 38 e segg. L.740/1970, ma esclusivamente alla percezione dei compensi giornalieri previsti per il medico incaricato provvisorio ex art. 50 per le giornate di effettiva prestazione, indicate nei cartellini ed attestazioni di presenza, procedendo così alla revoca del decreto ingiuntivo opposto e rideterminando la somma dovuta al creditore ingiungente in euro 14.973,37 a titolo di compensi per il periodo dall’ottobre 2016 al settembre 2017.
La Corte di Appello di L’Aquila confermava la sentenza di primo grado, rilevando che alla funzione di medico incaricato può accedersi esclusivamente mediante pubblico concorso per titoli bandito di volta in volta per ricoprire i posti vacanti in ogni singolo istituto. Solo ai medici che accedono all’incarico tramite una procedura pubblica è, quindi, riconosciuto il trattamento retributivo previsto dalla legge.
Ad avviso della Corte distrettuale, non può trovare applicazione alla fattispecie in esame il disposto di cui all’articolo 2126 cod. civ., atteso che le prestazioni dei medici incaricati della sostituzione provvisoria presso RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
non danno luogo a un rapporto di lavoro subordinato tra detti medici e l’amministrazione penitenziaria, ma costituiscono prestazioni d’opera libero professionale coordinata e continuativa di carattere personale inquadrabili tra i rapporti di cui all’art. 409, n. 3, c.p.c. cui non si applica l’articolo 2126 cod. civ..
Proponeva ricorso per Cassazione NOME COGNOME con due motivi illustrati da memoria, cui resisteva con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via preliminare, va affermata la tardività del controricorso, atteso che lo stesso risulta notificato in data 22/09/2021 e, quindi, oltre il termine prescritto dall’art. 370 c.p.c. nella originaria formula ratione temporis applicabile. Ed invero, il ricorso introduttivo è stato notificato in data 13/7/2021 e quindi il termine ultimo per la notifica del controricorso è scaduto nei quaranta giorni successivi ossia in data 22/08/2021.
Ciò premesso, con il primo motivo di ricorso si deduce la
violazione o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE articoli 50 e 38 della legge n. 740/1970 in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3 c.p.c.. La Corte di appello avrebbe erroneamente escluso il riconoscimento della qualifica di medico incaricato, sebbene l’odierno ricorrente avesse svolto la funzione in sostituzione per oltre 10 anni ovvero dal 22 Aprile 2005 sino al 1° Febbraio 2018. Pertanto, la nomina a mezzo di convenzione non sarebbe stata finalizzata a sopperire ad una esigenza eccezionale e provvisoria per il caso di assenza temporanea del medico incaricato, ma avrebbe assicurato lo svolgimento della funzione per un periodo di oltre 10 anni; peraltro, la Corte distrettuale non ha tenuto conto della delibera del direttore generale assunta in data 25 luglio 2008 n. 882, con la quale la RAGIONE_SOCIALE ha istituito,
nell’ambito del RAGIONE_SOCIALE, l’RAGIONE_SOCIALE e, nell’ambito della Casa Circondariale di RAGIONE_SOCIALE, il RAGIONE_SOCIALE con annessa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE specifica per la tutela della salute delle detenute donne ed un servizio RAGIONE_SOCIALE specifico per la tutela della salute dei minori. In tale occasione, la RAGIONE_SOCIALE ha nominato il dottor NOME COGNOME, quale responsabile del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e delle annesse RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, per cui l’odierno ricorrente, a far data dalla suddetta delibera, non ha svolto funzioni di medico incaricato provvisorio, ma ha assunto il ruolo di medico incaricato di cui agli articoli 1 e 38 della legge n. 740/1970.
Con il secondo motivo ci si duole della violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 52 D.Lgs. n. 165/2001 in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3 c.p.c..
Ad avviso del ricorrente lo svolgimento di fatto di mansioni proprie di una qualifica, anche non immediatamente superiore a quella di inquadramento formale, comporta in ogni caso, pur in assenza di un atto formale, il diritto alla retribuzione propria di detta qualifica in forza del disposto dell’articolo 52, comma 5 del decreto legislativo n. 165 del 30 Marzo 2001.
I due motivi possono essere trattati congiuntamente, stante la loro connessione logico giuridica.
4.1 I motivi – in disparte i profili di eccepita inammissibilità, laddove argomentano in punto di fatto sulle concrete caratteristiche del rapporto di lavoro in esame, sollecitando un sindacato non consentito nella presente sede di legittimità sono infondati, in quanto la Corte territoriale non è incorsa nella dedotta violazione di legge.
In punto di fatto, è pacifico che l’odierno ricorrente ha svolto le funzioni di medico provvisorio (sia pure per un periodo addirittura decennale), incaricato ai sensi dell’art. 50 della legge n. 740 del 1970, in difetto della procedura di reclutamento concorsuale, prescritta per il medico incaricato ai sensi de ll’art. 1 della medesima legge.
4.2 In diritto, come già ripetutamente affermato da questa Corte (fra molte, Cass. Sez. L, 24/04/2017, n. 10189), le prestazioni rese dal medico incaricato presso gli RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE non integrano un rapporto di pubblico impiego e sono disciplinate direttamente dalla legge n. 740 del 1970. In particolare, giova qui richiamare la peculiare disciplina di questa figura, siccome puntualmente tratteggiata nel richiamato precedente di questa Corte.
Ai sensi dell’art. 1 della legge n. 740 del 1970, i medici chirurghi, non appartenenti al personale civile di ruolo dell’Amministrazione RAGIONE_SOCIALE, i quali prestano la loro opera presso gli RAGIONE_SOCIALE o servizi dell’amministrazione stessa, sono qualificati medici incaricati; ai sensi dell’art. 2 della medesima legge, le prestazioni professionali rese in conseguenza del conferimento dell’incarico sono disciplinate dalle norme della legge stessa, e ai medici incaricati non sono applicabili le norme relative alla incompatibilità e al cumulo di impieghi né alcuna altra norma concernente gli impiegati civili dello Stato.
La previsione contenuta nell’art. 2 della legge rinviene la propria ratio nella particolare penosità del servizio prestato dai sanitari addetti agli RAGIONE_SOCIALE penitenziari, la quale, però, non giustifica che all’effettivo godimento di questo beneficio (svol gimento di altro incarico, incompatibile per altri) si riconoscano benefici aggiuntivi, in ordine a specifici aspetti economici, condizioni e
limiti di godimento di singole indennità (cfr., Cass., n.9046 del 2006, richiamata da Cass. n. 10189 del 2017 cit.).
L’interpretazione seguita da questa Corte è stata richiamata dalla Corte costituzionale, quale espressione di un orientamento consolidato sulla natura autonoma del rapporto di lavoro dei medici di guardia presso gli RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE (punto 7 del Considerato in diritto della sentenza n. 76 del 2015 della Corte cost.). Con tale pronuncia il giudice di legittimità delle leggi, nel richiamare i propri precedenti in materia, ha chiarito di aver già «fugato ogni dubbio di legittimità costituzionale della normativa, che differenzia il trattamento dei medici incaricati, chiamati a prestare servizio presso gli RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE, rispetto al trattamento RAGIONE_SOCIALE altri impiegati civili dello Stato (sentenza n. 577 del 1989). Si tratta, inv ero, di ‘un rapporto regolato dal legislatore in modo specifico ed autonomo’, con una scelta che ‘non può essere ritenuta irragionevole, date le caratteristiche particolari del rapporto stesso’ (punto 2. del Considerato in diritto). Tra le caratteristiche, che rendono irriducibile la particolarità di tale rapporto di lavoro, questa Corte annovera la facoltà dei medici incaricati di ‘esercitare liberamente la professione ed assumere altri impieghi o incarichi’». Analoghe considerazioni sono state espresse dalla Corte cost. anche nella successiva sentenza n. 121 del 2017, nella quale, ancora richiamando un proprio precedente (n. 149 del 2010), ha confermato che le prestazioni rese dai c.d. ‘medici incaricati’ nell’ambito RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE «non ineriscono ad un rapporto di lavoro subordinato, ma sono inquadrabili nella prestazione d’opera professionale, in regime di parasubordinazione».
E’ stata, dunque, esclusa la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato già in ragione della stessa disciplina
normativa, come di recente ribadito da questa Corte anche a Sezioni Unite (Cass. Sez. U, 20/03/2019, n. 7929). Infatti, è stato sottolineato come le norme di cui alla legge n. 740 del 1970 siano norme speciali, che rispondono alla natura peculiare del rapporto d’incarico, non assimilabile a quello di pubblico impiego, e che sono volte a escludere l’applicazione al medico penitenziario dell’intera disciplina dettata per gli impiegati civili dello Stato. E’ stato, quindi, ribadito che il rapporto d’incarico in questione è di tipo autonomo, giacché le modalità concrete del suo svolgimento in particolare, l’organizzazione del lavoro secondo il modulo dei turni, l’obbligo di attenersi alle d irettive impartite dal direttore del carcere e dal dirigente sanitario- non integrano indici della subordinazione, ma sono espressione del necessario coordinamento, che caratterizza il rapporto, con l’attività dell’amministrazione e con la complessa realtà del carcere.
Ne consegue che va esclusa la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato, per essere applicabile unicamente la disciplina speciale prevista dalla legge n. 740 del 1970.
Nella specie, occorre pure evidenziare che, come precisato so pra, l’odierno ricorrente non era stato incaricato in esito a rituale procedura concorsuale, prevista dall’art. 4 della legge, bensì in virtù di incarico provvisorio e per chiamata diretta, ai sensi dell’art. 50, che stabilisce: «Nelle ipotesi di assenza o impedimento del medico, del farmacista o del veterinario incaricati previste nei precedenti articoli 19, 22, 23, 27, 31, 32, 33, 34, 35, 36 e 46 il direttore dell’istituto, qualora risulti impossibile assicurare il funzionamento dei relativi servizi, provvede immediatamente alla sostituzione del sanitario assente o impedito con altro sanitario iscritto al rispettivo ordine professionale, dandone comunicazione al Ministero.». Per tali
prestazioni, il comma 2, del medesimo art. 50 prevede un compenso ridotto rispetto a quello previsto per il medico incaricato ai sensi dell’art. 1 («Al sanitario incaricato di sostituire, in via provvisoria, il titolare, ai sensi del precedente comma spetta un compenso giornaliero di importo pari ad un trentesimo della misura iniziale del compenso mensile di cui al precedente articolo 38 e delle indennità di cui al precedente articolo 39 previste per il sanitario incaricato che si trovi in analoga situazione di sede e di famiglia; il detto sanitario non ha diritto ad alcun trattamento previdenziale o assicurativo.»). Nel sistema della legge, la necessità di sostituire provvisoriamente l’incaricato per assicurare il servizio, giustifica la chiamata diretta e la previsione di un compenso diverso e ridotto, rispetto a colui che abbia assunto l’incarico a seguito di regolare concorso. Né, avuto riguardo alle chiare disposizioni normative, può assumere rilievo la circostanza che, lungi dall’essere di fatto provvisorio, il rapporto è proseguito per anni (oltre un decennio). Infatti, esclusa la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato, va di conseguenza esclusa l’applicabilità anche dell’art. 2126 cod. civ., siccome invocato nel motivo. Analogamente, va esclusa l’applicazione dell’art. 2116 cod. civ., che non trova applicazione rispetto ad un rapporto di lavoro autonomo, caratterizzato, ad onta della prosecuzione di fatto, dalla provvisorietà, e che, come sopra chiarito, trova la sua esclusiva disciplina nella legge n. 740 del 1970.
4.3 Da ciò consegue anche il rigetto del secondo motivo in ordine alla applicabilità dell’art. 52 attesa la natura autonoma del rapporto di lavoro e la inapplicabilità dell’art. 2126 c.c..
4.4 Riguardo alla censura della sentenza impugnata per aver ritenuto non esperibile l’azione di arricchimento senza causa si
sostiene che la stessa affermata impossibilità per la RAGIONE_SOCIALE di adeguare il compenso comprovava la necessità e fondatezza della domanda subordinata ex art. 2041 cod. civ..
Va al riguardo rammentato che (Ordinanza n. 3473 del 11/02/2025) qualora una domanda, o una questione giuridica implicante un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della domanda o questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa.
Orbene, è da rilevarsi la novità della questione sollevata solo in cassazione non rinvenendosi l’esame della stessa nella sentenza impugnata e non avendo il ricorrente allegato l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, indicato in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto.
4.5 In ordine alla richiesta di rivalutazione dei conteggi contenuta nel secondo motivo se ne rileva la sua inammissibilità per difetto di autosufficienza e per inammissibile sindacabilità di apprezzamenti di fatto. Peraltro, la questione è incongruente rispet to alla eccepita violazione dell’art. 52 del D.Lgs. n. 165/2001.
In conclusione, il ricorso va respinto. Nulla sulle spese, attesa la tardiva costituzione del controricorrente.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, il giorno 18 giugno 2025.
La Presidente NOME COGNOME