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Medico incaricato: no a rapporto subordinato pluriennale

Un medico ha lavorato per oltre un decennio come “medico incaricato” provvisorio in un istituto penitenziario, chiedendo il riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, stabilendo che la figura del medico incaricato è disciplinata da un regime speciale di lavoro autonomo (Legge n. 740/1970) e che la lunga durata dell’incarico non è sufficiente a trasformarne la natura giuridica in subordinata.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Medico incaricato: la lunga durata non trasforma il lavoro autonomo in subordinato

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha affrontato il caso di un medico incaricato che ha operato per oltre un decennio in un istituto penitenziario con un incarico provvisorio. La questione centrale era stabilire se un rapporto di lavoro così prolungato potesse essere equiparato a un rapporto di lavoro subordinato, con tutte le tutele economiche e previdenziali che ne derivano. La risposta della Corte è stata negativa, ribadendo la natura autonoma di questa specifica figura professionale.

I fatti del caso: un incarico provvisorio durato oltre vent’anni

Un medico ha prestato servizio dal 1991 al 2013 presso una casa circondariale in qualità di medico provvisorio, ai sensi della Legge n. 740 del 1970. Ritenendo che la stabilità e la continuità del rapporto lo rendessero di fatto un lavoratore subordinato, ha citato in giudizio il Ministero della Giustizia e l’Azienda Sanitaria Provinciale per ottenere il riconoscimento delle differenze retributive, dei contributi previdenziali e del trattamento di fine rapporto, equiparando la sua posizione a quella di un medico assunto a tempo indeterminato.

Mentre in primo grado la sua domanda era stata parzialmente accolta, la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione, negando la natura subordinata del rapporto. Il medico ha quindi proposto ricorso in Cassazione per far valere le proprie ragioni.

La decisione della Cassazione sul medico incaricato

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del medico, confermando la sentenza d’appello. I giudici hanno stabilito che il rapporto di lavoro del medico incaricato presso gli istituti di pena non integra un rapporto di pubblico impiego, ma è una forma speciale di lavoro autonomo, disciplinata in modo esclusivo dalla Legge n. 740 del 1970. Di conseguenza, non sono applicabili le norme a tutela del lavoro subordinato, come l’art. 2126 del codice civile, neanche in presenza di una prestazione lavorativa protrattasi per molti anni.

Le motivazioni: l’autonomia del rapporto secondo la Legge 740/1970

La Corte ha basato la propria decisione su una consolidata interpretazione giurisprudenziale, sia propria che della Corte Costituzionale. La Legge n. 740/1970 delinea un rapporto “specifico ed autonomo”, caratterizzato da elementi che lo differenziano nettamente dal pubblico impiego.

La specialità della disciplina per il medico incaricato

I giudici hanno sottolineato come la legge speciale preveda per i medici incaricati una disciplina particolare. Ad esempio, a differenza degli impiegati civili dello Stato, essi non sono soggetti a vincoli di incompatibilità e possono liberamente esercitare la professione e assumere altri incarichi. Questo elemento rafforza la natura autonoma del rapporto, anche se questo comporta un necessario coordinamento con l’amministrazione penitenziaria (es. organizzazione in turni), che non va confuso con la subordinazione gerarchica.

L’irrilevanza della lunga durata del rapporto provvisorio

Un punto cruciale della sentenza riguarda l’incarico “provvisorio” svolto dal ricorrente. Tale incarico, previsto dall’art. 50 della legge, serve a sostituire temporaneamente il titolare assente o impedito. La norma prevede una chiamata diretta, un compenso giornaliero ridotto e l’esclusione di trattamenti previdenziali e assicurativi. La Corte ha chiarito che la circostanza che l’incarico, di fatto, sia durato per oltre un decennio non ne altera la natura giuridica. La provvisorietà e l’autonomia del rapporto, definite dalla legge, non vengono meno a causa della sua prosecuzione nel tempo.

Le conclusioni: implicazioni della sentenza

La pronuncia conferma un principio fondamentale: la qualificazione giuridica di un rapporto di lavoro non dipende dalla sua durata, ma dalla disciplina normativa che lo regola. Per la figura del medico incaricato negli istituti di pena, la Legge n. 740/1970 stabilisce un regime di autonomia professionale che non può essere convertito in subordinazione sulla base della mera continuità della prestazione. Questa sentenza chiarisce definitivamente che le tutele tipiche del lavoro subordinato, comprese quelle previdenziali previste dall’art. 2116 c.c. e quelle relative al lavoro di fatto ex art. 2126 c.c., non si estendono a questa particolare categoria professionale, la cui disciplina resta confinata alle previsioni della legge speciale.

Un medico incaricato che lavora in un carcere per molti anni ha diritto a essere riconosciuto come lavoratore subordinato?
No. Secondo la Cassazione, il rapporto del medico incaricato è di natura autonoma e professionale, disciplinato esclusivamente dalla Legge speciale n. 740/1970. La lunga durata non ne modifica la natura giuridica.

Al medico incaricato in via provvisoria si applicano le tutele previste dall’art. 2126 del codice civile (lavoro di fatto)?
No. L’art. 2126 c.c. si applica solo ai rapporti di lavoro subordinato. Poiché il rapporto del medico incaricato è qualificato come autonomo dalla legge, tale norma non è applicabile.

Qual è la differenza di trattamento tra un medico incaricato tramite concorso e uno ‘provvisorio’?
Il medico incaricato ‘provvisorio’, nominato per sostituzione temporanea tramite chiamata diretta ai sensi dell’art. 50 della L. 740/1970, riceve un compenso giornaliero ridotto e, secondo la legge, non ha diritto a trattamenti previdenziali o assicurativi, a differenza del medico incaricato a seguito di regolare concorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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