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Medici convenzionati: no a parità di trattamento

Un medico veterinario, assunto da un’Azienda Sanitaria con contratti di collaborazione a progetto per coprire esigenze strutturali, ha richiesto lo stesso trattamento economico dei medici convenzionati. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, stabilendo che l’utilizzo illegittimo di contratti a termine da parte della Pubblica Amministrazione non comporta l’applicazione automatica di un diverso accordo collettivo, come quello per i medici convenzionati. Quest’ultimo richiede infatti una procedura formale di stipula della convenzione, assente nel caso di specie. La tutela del lavoratore è limitata al risarcimento del danno o all’azione di ingiustificato arricchimento, non all’equiparazione economica.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Medici Convenzionati: No all’Equiparazione per i Collaboratori a Progetto

Un’importante ordinanza della Corte di Cassazione stabilisce un principio fondamentale nel pubblico impiego: l’utilizzo di contratti di collaborazione per coprire esigenze strutturali non dà diritto al trattamento economico previsto per i medici convenzionati. Questa decisione chiarisce i confini tra la natura di fatto di un rapporto di lavoro e i requisiti formali necessari per l’applicazione degli accordi collettivi nella Pubblica Amministrazione.

I Fatti di Causa: Un Veterinario contro l’Azienda Sanitaria

Il caso ha origine dalla vicenda di un medico veterinario che, a partire dal 2002, aveva lavorato per un’Azienda Sanitaria Provinciale (ASP) sulla base di una serie di contratti di diritto privato a tempo determinato. Questi contratti erano stati stipulati per l’attuazione di specifici progetti, come la sorveglianza sulla BSE e la profilassi di altre malattie animali.

Nonostante i rinnovi e la continuità del rapporto, il professionista ha sostenuto che il suo lavoro non era legato a esigenze temporanee, ma serviva a coprire carenze strutturali e permanenti dell’organico dell’ASP. Per questo motivo, ha citato in giudizio l’ente, chiedendo il riconoscimento del trattamento economico e normativo spettante ai medici convenzionati, come previsto dall’Accordo Collettivo Nazionale (ACN) di categoria, per il periodo dal 2004 al 2010.

Inizialmente il Tribunale aveva respinto la domanda, ritenendo legittimi i contratti a progetto. La Corte d’Appello, invece, ha ribaltato la decisione, riqualificando il rapporto come parasubordinato e riconoscendo al medico le differenze retributive richieste, assimilando la sua posizione a quella dei medici convenzionati.

L’Analisi della Cassazione sul Rapporto dei Medici Convenzionati

L’Azienda Sanitaria ha presentato ricorso in Cassazione, che ha accolto le sue ragioni, ribaltando nuovamente l’esito del giudizio. La Suprema Corte ha distinto nettamente due piani: l’accertamento della natura del rapporto di lavoro e le conseguenze giuridiche ed economiche derivanti da tale accertamento nel contesto del pubblico impiego.

La Differenza tra Forma e Sostanza

La Corte ha confermato la valutazione della Corte d’Appello sulla natura del rapporto: il medico non era stato impiegato per progetti straordinari e temporanei, ma per colmare “carenze strutturali della dotazione interna”. Il suo lavoro era, di fatto, continuativo e coordinato, rientrando nello schema della parasubordinazione.

Tuttavia, secondo la Cassazione, da questa riqualificazione non può derivare l’applicazione automatica dell’Accordo Collettivo dei medici convenzionati.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della decisione risiede nel principio di legalità e formalismo che governa l’azione della Pubblica Amministrazione. La Corte ha spiegato che il rapporto di convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale non può sorgere di fatto, ma richiede una procedura formale e la stipula di un apposito atto scritto. In assenza di una convenzione formalmente stipulata, un collaboratore non può pretendere il trattamento economico previsto da un accordo collettivo che non lo riguarda.

I giudici hanno chiarito che la normativa transitoria dell’ACN 2005, invocata dal medico e applicata dalla Corte d’Appello, si riferisce esclusivamente a rapporti già formalizzati come convenzionali a tempo determinato, e non può essere estesa a contratti di collaborazione nati sotto un’altra tipologia.

L’utilizzo illegittimo di contratti atipici da parte di una P.A. non può essere sanato applicando retroattivamente un regime contrattuale diverso e più favorevole. La tutela per il lavoratore, in questi casi, è limitata ad altre azioni, come la richiesta di risarcimento del danno per l’abusiva reiterazione di contratti a termine o, in assenza di altre tutele, l’azione generale di arricchimento senza causa (art. 2041 c.c.).

Le Conclusioni

L’ordinanza stabilisce un punto fermo: nei rapporti con la Pubblica Amministrazione, la forma contrattuale e il rispetto delle procedure sono essenziali. Un rapporto di lavoro, anche se nei fatti assimilabile a quello dei medici convenzionati, non può beneficiare del relativo trattamento economico se non è stato formalizzato secondo le regole. La decisione sottolinea la rigidità del sistema del pubblico impiego, dove il pagamento di retribuzioni deve sempre trovare fondamento in un contratto validamente stipulato. Per i professionisti che si trovano in situazioni analoghe, la strada per ottenere un giusto compenso non passa per l’equiparazione a categorie diverse, ma per le azioni risarcitorie previste dall’ordinamento.

Un contratto di collaborazione con una P.A. può essere equiparato a un rapporto da medici convenzionati se copre esigenze stabili?
No. Secondo la Corte di Cassazione, anche se il rapporto di lavoro di fatto copre esigenze stabili e strutturali, non può essere automaticamente equiparato a quello dei medici convenzionati. L’applicazione dell’Accordo Collettivo Nazionale richiede la stipula formale di una convenzione, che è un atto scritto e segue una procedura specifica.

Quali tutele ha un collaboratore se la Pubblica Amministrazione utilizza in modo illegittimo i contratti a termine?
Il collaboratore non può ottenere l’applicazione di un contratto collettivo diverso da quello stipulato. La sua tutela è limitata alla possibilità di chiedere il risarcimento del danno per l’abuso dei contratti a termine o, in subordine, di agire con l’azione di ingiustificato arricchimento (art. 2041 c.c.), se ne ricorrono i presupposti.

La norma transitoria dell’ACN Medici Veterinari del 2005 si applica anche ai professionisti non formalmente convenzionati?
No. La Corte ha chiarito che la norma transitoria n. 4 dell’ACN 2005, che adegua i trattamenti economici, si applica solo ai rapporti convenzionali a tempo determinato già formalmente instaurati come tali alla data di pubblicazione dell’accordo. Non può essere estesa per analogia a contratti di collaborazione o a progetto, anche se di fatto parasubordinati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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