Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12064 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 12064 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3600/2021 R.G. proposto da : NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME e, nella qualità di eredi di NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME, NOME COGNOME tutti elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOMEricorrenti- contro
COGNOME in persona del legale rappresentante pro tempore, con diritto di ricevere le notificazioni presso la PEC dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANZARO n. 790/2020 pubblicata il 29/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Catanzaro, con la sentenza n. 790/2020 pubblicata il 29/10/2020, ha rigettato il gravame proposto da NOME COGNOME e altri litisconsorti nella controversia con il comune di Catanzaro.
La controversia ha per oggetto il diritto alla percezione del maturato economico annuo, come previsto dall’art.17 del contratto collettivo decentrato del 31/12/1996, da parte di dirigenti appartenenti alla seconda qualifica dirigenziale (già) prevista dall’art.2 d.P.R.347/1983. Diritto declinato nella duplice prospettiva: a) della pretesa fatta valere dal comune di Catanzaro nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME di restituzione del maturato economico annuo indebitamente corrisposto (ricorso r.g.n. 2287/2006, poi riassunto con il ricorso r.g.n. 820/2016); b) della pretesa fatta valere da NOME COGNOME, NOME COGNOME e dagli eredi di NOME COGNOME nei confronti del comune di Catanzaro di pagamento del maturato economico annuo (ricorsi r.g.nn. 40/2012, 41/2012 e 2433/2012).
Riuniti tutti i procedimenti a quello iscritto al r.g.n. 40/2012, il Tribunale di Catanzaro accertava la nullità dall’art.17 del C.C.D. del 31/12/1996, accoglieva le domande restitutorie proposte dal comune di Catanzaro e rigettava le domande di pagamento proposte dai dirigenti.
La corte territoriale ─ con riferimento alla materia ancora viva in cassazione ─ ha ritenuto pacifico che alla data del 01/12/1995 il personale dirigenziale del comune di Catanzaro non fosse inquadrato nella seconda categoria dirigenziale, e che pertanto non sussistesse il presupposto per il riconoscimento del maturato economico annuo come previsto dalla contrattazione collettiva di comparto. Ha inoltre ritenuto che l’art.17 del C.C.D. fosse in contrasto con la norma imperativa dettata dall’art.45 comma 4 d.lgs. 29/1993, avuto riguardo ai limiti ed agli oggetti riservati alla contrattazione decentrata dalla contrattazione collettiva. Ha infine confermato la inapplicabilità dell’art.2126 cod. civ. alla ritenzione delle somme erogate dal comune a titolo di maturato economico.
Per la cassazione della sentenza ricorrono l’avv. COGNOME e gli altri litisconsorti indicati in epigrafe, con ricorso affidato a quattro motivi. Il comune di Catanzaro resiste con controricorso. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell’art.35 del CCNL dirigenti, comparto regioni autonomie locali, 1994/1997, con riferimento all’art.360 comma primo n.3 cod. proc. civ. Sostengono che la delibera n.923/196 del Consiglio comunale, per mezzo della quale era stata stabilita quale qualifica dirigenziale unica per i posti dalla dotazione organica dallo 01/01/1996 quella apicale ex art.2 d.P.R. 347/1983, debba essere interpretato come riconoscimento della posizione giuridica ex tunc , al fine di poter consentire l’attribuzione del maturato economico dal 17/05/1996.
Il motivo è infondato. Come correttamente ritenuto dalla corte territoriale, a seguito della soppressione della doppia qualifica dirigenziale da parte del d.lgs.29/1993, e per quanto oggetto di causa della soppressione (ex) seconda qualifica dirigenziale prevista dall’art.2 del d.P.R. 347/1983 (recezione, in parte qua,
dell’accordo del 29 aprile 1983 per il personale dipendente dagli enti locali), il CCNL del personale dirigenziale per il comparto regioni enti locali del 10/04/1996 dettava all’art.34 comma 2 e 3 le nuove disposizioni con riferimento allo stipendio tabellare dei dirigenti già di seconda fascia dirigenziale, avente decorrenza dallo 01/01/1995.
Al fine di perequare il nuovo trattamento economico a quello già goduto dai dirigenti di seconda fascia, l’art.35 del CCNL de quo dettava una norma transitoria, di seguito riportata: «1. Il trattamento economico stipendiale dei dirigenti della ex seconda qualifica dirigenziale, derivante dall’applicazione dell’art. 34, comma 2, a decorrere dal 1° dicembre 1995 è così determinato:
stipendio tabellare nella misura stabilita all’art. 34, comma 3; b) maturato economico annuo, pensionabile e non riassorbibile di lire 7.858.000, utile ai fini della 13^ mensilità, pari al maggior importo, rispetto allo stipendio tabellare di cui alla lett. a), del trattamento economico in godimento al 1^ dicembre 1995 ottenuto dalla sommatoria delle seguenti voci (…)».
Il maturato economico annuo, quale integrazione perequativa del nuovo stipendio tabellare, viene espressamente riconosciuto solo a coloro che al 01/01/1995 stessero già godendo lo stipendio tabellare di dirigente di seconda fascia previsto dall’art.2 d.P.R. n.347/1983.
Contrariamente a quanto dedotto dai ricorrenti la disposizione contrattuale non prevede che i soggetti interessati fossero titolari della qualifica di dirigente di seconda fascia al 01/01/1995; ma che effettivamente godessero del relativo trattamento economico. Né la disposizione può essere interpretata in altro modo; trattandosi di una disposizione perequativa del trattamento economico, è evidente che il fatto costitutivo del diritto alla perequazione non possa che essere costituito dall’effettivo godimento del maggior trattamento economico derivante dall’inquadramento nella (ex)
seconda fascia dirigenziale. Diversamente opinando non vi sarebbe nulla da perequare.
La corte territoriale, dopo aver accertato in fatto che i ricorrenti al 01/01/1995 non godevano il trattamento economico dei dirigenti di seconda fascia, ha fatto corretta applicazione della disposizione contrattuale.
Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell’art.45 d.lgs. 29/1993 e dell’art.1418 cod. civ., nonché falsa applicazione degli artt.8 comma 2 e 7 comma 4 del CCNL dirigenti, comparto regioni-autonomie locali, 994/1997, con riferimento all’art.360 comma primo n.3 cod. proc. civ. Deducono che l’art.45 d.lgs. 29/1993 non ha natura di norma imperativa, che la sua violazione non potrebbe comunque comportare alcuna nullità e che nella fattispecie concreta non vi è stata alcuna violazione dei limiti stabiliti dal CCNL.
Il motivo è infondato. L’art.45 comma 4 d.lgs. 29/1993, nel testo pro tempore applicabile, prevedeva che: «La contrattazione collettiva decentrata è finalizzata al contemperamento tra le esigenze organizzative, la tutela dei dipendenti e l’interesse degli utenti. Essa si svolge sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali».
Il modo e il tempo impiegati dal legislatore nel secondo periodo sono univocamente interpretabili nel senso che la contrattazione collettiva decentrata svolta al di fuori delle materie e dei limiti stabiliti dalla contrattazione collettiva sia inefficace, perché nella gerarchia delle fonti che concorrono a disciplinare il rapporto di lavoro la prima trova il proprio fondamento, e anche i suoi limiti, nella seconda.
Tanto premesso, la materia del trattamento economico dei dirigenti, ed ancor meno quella della perequazione del miglior trattamento già goduto dai dirigenti di seconda fascia per mezzo del riconoscimento del maturato economico annuo, non rientra tra
quelle per le quali l’art.8 comma 1 del CCNL oggetto di causa consente lo svolgimento della contrattazione decentrata. Le medesime considerazioni valgono per l’art.7 comma 4 del CCNL, che ribadisce: «La contrattazione decentrata deve riferirsi solo agli istituti contrattuali rimessi a tale livello».
Inoltre è proprio l’art.8 comma 2 del CCNL invocato dai ricorrenti a prevedere che: «I contratti decentrati non possono comportare, né direttamente né indirettamente anche a carico di esercizi successivi, oneri aggiuntivi rispetto a quelli previsti dal presente contratto, salvo per quanto riguarda le eventuali risorse di cui all’art. 38, e conservano la loro efficacia sino alla stipulazione dei successivi contratti».
La Corte territoriale ha fatto dunque corretta interpretazione e applicazione delle norme di diritto e della contrattazione collettiva che i ricorrenti assumono violati. Il C.C.D. del 1996 ha inteso disciplinare una materia riservata alla contrattazione collettiva, e dunque è improduttivo di effetti.
Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano la mancata applicazione dell’art.2126 cod. civ., con riferimento all’art.360 comma primo n.3 cod. proc. civ. Deducono che il maturato economico annuo ha natura di retribuzione fondamentale, e non di retribuzione accessoria, e dunque la sua ripetizione sarebbe interdetta dall’art.2126 cod. civ.
14. Il motivo è infondato.
L’art.2126 cod. civ. viene in considerazione nel caso di nullità o annullamento del contratto di lavoro con prestazione di fatto dell’attività lavorativa. Nel caso in esame la controversia ha per oggetto la mancanza del titolo per la percezione del maturato annuo economico, e non la più radicale nullità o annullabilità del contratto di lavoro dirigenziale. Ed ancora, non viene dedotta in giudizio la pretesa (positiva) al pagamento della retribuzione per la prestazione di fatto di attività lavorativa con violazione di legge, ma
la pretesa (negativa) di poter ritenere quanto indebitamente percepito, ossia la fattispecie della condicio indebiti sine causa, disciplinata dagli artt.2033 e segg. cod. civ. e non dall’art.2196 cod. civ. Il motivo è dunque infondato.
15. Con il quarto motivo i ricorrenti lamentano la «omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio», con riferimento all’art.360 comma primo n.5 cod. proc. civ. Deducono l’erroneità della statuizione di condanna al pagamento di interessi e rivalutazione monetaria, nonostante la buona fede dei percipienti.
16. Il motivo è fondato.
Per quanto concerne l’eccezione di novità della questione, sollevata nel controricorso, si intende dare continuità al costante orientamento di questa Corte laddove si ritiene ammissibile la questione di diritto che non abbia formato oggetto del thema decidendum del giudizio di secondo grado, purché essa non postuli indagini ed accertamenti in fatto non compiuti dal giudice del merito ed esorbitanti dai limiti funzionali del giudizio di legittimità (Cass. Sez. II 24/01/2019 n.2038).
17. La questione, malamente proposta sotto il parametro dell’art.360 comma primo n.5 cod. proc. civ., si risolve nella denuncia di violazione da parte della corte territoriale dell’art. 22 comma 33 della legge n. 724/1994, nella parte in cui ha introdotto per i crediti di lavoro il divieto di cumulo fra interessi e rivalutazione monetaria, divieto venuto meno, per effetto della sentenza della Corte cost. n. 459 del 2000, per i soli crediti di lavoro dei dipendenti privati.
18. La corte territoriale, nel confermare in parte qua la sentenza del giudice di prime cure, ha condannato NOME COGNOME e altri alla restituzione delle somme indebitamente percepite ‘oltre interessi e rivalutazione’. La statuizione è in contrasto con l’art.
22 comma 33 legge n. 724/1994, come interpretato da questa Corte (cfr. Cass. 11/03/2022 n. 8036).
19. Tanto basta per l’accoglimento del quarto motivo di ricorso, con la cassazione della sentenza impugnata.
Con riguardo alSussistono i presupposti per la decisione della causa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto. Per questi motivi: le domande originariamente proposte da NOME COGNOME devono essere rigettate; NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, in qualità di erede di NOME COGNOME, NOME COGNOME in qualità di erede di NOME COGNOME, NOME COGNOME in qualità di erede di NOME COGNOME, devono essere condannati alla restituzione delle somme indebitamente ed effettivamente ricevute dal Comune di Catanzaro a titolo di maturato economico annuo previsto dall’art.17 del contratto collettivo decentrato del 31/12/1996, oltre alla minor somma tra interessi e rivalutazione monetaria, dalla data di effettiva percezione delle somme a quella della restituzione.
20. L’esito complessivo del giudizio impone la compensazione delle spese per i due gradi di merito. I ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 9.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
P.Q.M.
La Corte rigetta i primi tre motivi di ricorso; accoglie il quarto, cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e, decidendo la causa nel merito: rigetta le domande originariamente proposte da NOME COGNOME; condanna NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, in qualità di erede di NOME COGNOME, NOME COGNOME in qualità di erede di NOME
COGNOME, NOME COGNOME in qualità di erede di NOME COGNOME, alla restituzione delle somme indebitamente ed effettivamente ricevute dal Comune di Catanzaro a titolo di maturato economico annuo previsto dall’art.17 del contratto collettivo decentrato del 31/12/1996, oltre alla minor somma tra interessi e rivalutazione monetaria, dalla data di effettiva percezione delle somme a quella della restituzione.
Compensa le spese dei due gradi di merito. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 9.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro