Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8540 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L   Num. 8540  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8248-2023 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE,  in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato  in  ROMA,  INDIRIZZO,  presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso  lo  studio  dell’avvocato  NOME  COGNOME,  che  lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4058/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 31/10/2022 R.G.N. 772/2021;
Oggetto
Pensione RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE
R.G.N.NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud.30/01/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/01/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Con  sentenza  n.  4058/2022  la  Corte  d’appello  di  Roma  ha respinto in parte qua il gravame dell’RAGIONE_SOCIALE averso la pronuncia del Tribunale della medesima sede, che aveva accolto il ricorso di NOME COGNOME volto alla riliquidazione del trattamento RAGIONE_SOCIALEstico ex RAGIONE_SOCIALE senza l’applicazione alla cd quota B del massimale di cui all’art. 12, comma 7, del d.P.R. n. 1420/1971.
L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE contesta la pronuncia della Corte d’appello di Roma sulla base di un motivo, illustrato da memoria.
Resiste NOME COGNOME con controricorso.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 30 gennaio 2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
In via preliminare deve essere disattesa l’eccezione di giudicato interno sollevata dalla difesa della parte controricorrente, volta alla  dichiarazione  dell’intervenuto  passaggio  in  giudicato  del capo di sentenza con il quale il Tribunale ha accertato, in ordine alla  quota  B  della pensione  (per  cui  è  causa),  che  l’Ente  ha errato  anche  nella  parte  in  cui  ha  conteggiato  un  numero  di contributi giornalieri inferiore a quello effettivo.
Come già affermato nei precedenti resi da questa Corte in cause sovrapponibili (Cass. 31/12/2024, n.35136; Cass. n. 23988/2024), il motivo di ricorso contesta in radice le argomentazioni della Corte d’Appello in ordine all’abrogazione del «massimale pensionabile» per la «quota B». Ne consegue che  il  computo  di  tale  quota  rappresenta  un  tema  ancora controverso  e  che  nessun  giudicato  interno  può  precluderne l’esame.
Il giudicato non si forma, difatti, sulle singole affermazioni della pronuncia  gravata,  ma  sull’unità  minima  di  decisione,  che  è quella che ricollega ad un fatto, qualificato da una norma, un determinato effetto; in tal senso si è anche parlato di «unità minima suscettibile di passaggio in giudicato».
In sostanza, ove la impugnazione investa anche uno solo degli elementi della «sequenza minima» fatto/norma/effetto nessun giudicato  interno  può  dirsi  formato  (fra  le  molte,  di  recente, Cass.,  sez.  lav.,  3  ottobre  2022,  n.  28565;  idem,  ord.  n. 24249/24).
RAGIONE_SOCIALE propone un unico motivo di ricorso per violazione dell’art. 12 del d.P.R. n. 1420 del 31 dicembre 1971 e dell’art. 4 del d.lgs. n. 182 del 30 aprile 1997, in relazione all’art. 360, comma 1,  n.  3  cod.  proc.  civ.,  per  avere  la  Corte  ritenuto  che  il mas simale pensionabile di cui all’art. 12 del d.P.R. n. 1420/1971 non operi nel calcolo della quota B del trattamento dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Il motivo è fondato.
La questione giuridica dedotta riguarda la determinazione della cd  quota  B  dei  trattamenti  RAGIONE_SOCIALEstici  dei  RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE,  oggi  corrisposti  dalla  RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE istituita presso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE
(subentrato all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE): la ‘quota A’ corrisponde «all’importo relativo alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1° gennaio 1993, calcolate con riferimento alla data di decorrenza della pensione secondo la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta che a tal fine resta confermata in via transitoria, anche per quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile» (art. 13, lettera a , del d.lgs. n.503/1992), e la ‘quota B’ «all’importo del trattamento RAGIONE_SOCIALEstico relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1° gennaio 1993» (art. 13, lettera b , del citato d.lgs. n. 503/1992). Relativamente alla ‘quota B’ vi è controversia sul permanere o meno del limite alla retribuzione giornaliera pensionabile di cui all’art. 12, comma 7, del d.P.R. n.1420/1971.
Si registra sul punto un ormai consolidato orientamento di legittimità, in forza del quale è stato chiarito che nella determinazione della ‘quota B’ della pensione non deve essere presa in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, la parte delle retribuzioni giornaliere che risulti superiore al limite fissato dall’art. 12, comma 7, del d.P.R. n. 1420/1971, così come da ultimo modificato dall’art. 1, comma 10, del d.lgs. n. 182/1997, poiché tale limite non è stato abrogato espressamente dai successivi interventi legislativi, né appare incompatibile con l’art. 4, comma 8, del d.lgs. n. 182/1997, dovendo piuttosto ritenersi che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina, collocandosi in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, in ordine all’entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei RAGIONE_SOCIALE assicurati presso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (così, ex multis ,
Cass. n. 36056/2022, n.36641/2022, n.36444/2022, n.37043/2022, n.38016/2022, n.870/2023, n.1775/2023, n.18169/2023,  n.21010/2023,  n.24526/2023,  n.24555/2023, n.27494/2023, n.27503/2023).
Tale  principio  di  diritto  va  qui  ribadito,  non  essendo  state prospettate dalle controricorrenti ragioni che inducano a discostarsi dall’orientamento consolidato e resiste alle critiche ed  ai  dubbi  di  legittimità  costituzionale  formulati  da  parte controricorrente  con  riferimento  all’art.  76  Cost.,  come  già argomentato, tra le altre, in Cass. n. 18169/2023, n. 18295/2023 e n. 21010/2023.
Sostiene parte controricorrente che l’interpretazione adottata da questa Corte dell’art. 4, comma 8, del d.lgs. n.182/1997 sarebbe in contrasto con la legge delega (art.2, comma 22, lett. a) della legge n.335/1995), laddove prevede, come criterio direttivo , la ‘commisurazione delle prestazioni RAGIONE_SOCIALEstiche agli oneri contributivi sostenuti’. L’interpretazione adottata verrebbe invece a commisurare la retribuzione massima giornaliera a 315.000 lire a fronte dell’onere contributivo sostenuto sulla retribuzione massima giornaliera pari a 1.000.000 lire.
Nei citati precedenti è richiamata la pronuncia di Corte Cost. n.202/08 che, proprio riguardo al divario tra la retribuzione sottoposta a contribuzione piena (lire 1.000.000) e la retribuzione utile ai fini del calcolo della pensione (lire 315.000), ne ha escluso il contrasto con i principi di eguaglianza e di ragionevolezza, di adeguatezza e di proporzionalità della tutela previdenziale, «purché una certa proporzionalità venga assicurata e, soprattutto, non sia compromessa la realizzazione delle finalità d i cui all’art. 38 della Costituzione» (punto 2 del
Considerato in diritto). Si è poi ricordato che la Carta fondamentale non richiede una «necessaria corrispondenza tra i contributi versati e le prestazioni erogate», in quanto l’adempimento dell’obbligo contributivo trascende l’interesse del singolo soggetto protetto e non obbedisce a una logica meramente corrispettiva (C. Cost. n.173/86, punto 10 del Considerato in diritto). Dunque, la ‘commisurazione’ delle prestazioni agli oneri contributivi, di cui all’art.2, co.22 lett. a) l. n.335/95, se non letta nel la rigorosa accezione di ‘necessaria corrispondenza’ cui si riferisce parte controricorrente, è rispettata dall’interpretazione qui accolta. Si deve aggiungere che, come ricordato ancora da C. Cost. n.202/08, la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile si colloca in «un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, quanto all’entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei RAGIONE_SOCIALE assicurati presso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE; di talché non è possibile lamentare il semplice dato della diversità esistente tra retribuzione soggetta a prelievo contributivo e retribuzione pensionabile senza tenere presente l’intero sistema previdenziale in cui detta previsione si inserisce» (punto 3 del Considerato in diritto) (Cass. n. 21010/2023).
Al riguardo, come già chiarito da Cass. n. 36056/2022 e succ. conf., va ribadito che non risponde al vero che la legge delega si sia occupata di ritoccare la disciplina del massimale retributivo pensionabile in oggetto equiparandolo al massimale imponibile, poiché l’art. 2, comma 22, della legge n. 335/1995 si è limitato ad indicare al legislatore delegato la necessità di ridefinire le aliquote contributive, tenendo conto delle esigenze di equilibrio delle gestioni previdenziali, di commisurazione delle prestazioni RAGIONE_SOCIALEstiche agli oneri contributivi sostenuti ed alla
salvaguardia delle prestazioni previdenziali in rapporto con quelle assicurative. Peraltro, è lo stesso art. 2, comma 22, che, alla lett. d), indica la via di una armonizzazione che salvaguardi comunque le normative speciali motivate da effettive e rilevanti peculiarità professionali e lavorative presenti nei settori interessati, quale è certamente il complesso normativo previdenziale relativo ai RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, più favorevole, come dianzi ricordato, per entità delle prestazioni e condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei RAGIONE_SOCIALE assicurati presso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.
La questione di legittimità costituzionale risulta pertanto, manifestamente infondata.
Non essendosi la Corte territoriale attenuta all’anzidetto principio di diritto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione,