Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31086 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31086 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 12272-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2076/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 27/10/2020 R.G.N. 3574/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
10/07/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 12272/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 10/07/2024
CC
RITENUTO CHE:
Il lavoratore in epigrafe ha domandato il ricalcolo del trattamento di quiescenza spettante, senza applicare alla “quota B” della pensione il limite massimo alla retribuzione giornaliera pensionabile, stabilito, per i lavoratori dello spettacolo, dall’art. 12, settimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1420. La domanda è stata accolta dalla corte territoriale, con conseguente accertamento dell’ obbligo dell’INPS di corrispondere le differenze derivanti dal ricalcolo. La c orte ha invece escluso la fondatezza dell’eccepita decadenza, rilevato che la domanda amministrativa di supplementi di pensione ricadeva in epoca antecedente al 6 luglio 2011, data di entrata in vigore della novella prevista dall’art. 38, comma 1, lett. d), d.l. n. 98/2011 (conv. con l. n. 111/2011), scrutinato dalla Corte costituzionale).
Avverso tale sentenza ricorre l’INPS per due motivi, cui resiste il pensionato con controricorso.
Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di ricorso l’INPS denuncia violazione dell’art. 47, d.P.R. n. 639 del 1970, per come modificato dall’art. 38, comma 1, lett. d), d.l. n. 98/2011 (conv. con l. n. 111/2011), per avere la Corte di merito ritenuto immune dalla decadenza l’azione giudiziaria con la quale l’attuale intimato ha rivendicato il ricalcolo dei supplementi di pensione.
Con il secondo motivo di ricorso (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), l’INPS denuncia violazione dell’art. 12 del d.P.R. n. 1420 del 1971 e degli artt. 3 e 4 del d.lgs. n. 182 del 1997.
La corte di merito avrebbe errato nel prospettare l’abrogazione tacita della disciplina del “massimale pensionabile”, a dispetto della compatibilità tra tale disciplina e quella posteriore, riguardante la “quota B” della pensione.
Il primo motivo di ricorso è fondato, nei limiti di cui appresso. Invero, è sufficiente, sul punto, ricordare -con Cass. Sez. Lav., ordinanza n. 17348 del 2023 ed altre successive conformi- che questa Corte, nell’interpretare la portata della previsione di cui all’art. 47, d.P.R. n. 639 del 1970, per come modificato dall’art. 38, comma 1, lett. d), dal. n. 98/2011 (conv. con l. n. 111/2011), ha definitivamente chiarito che la decadenza triennale si applica anche alle pretese di ricalcolo delle prestazioni pensionistiche, sebbene si applichi solo alle differenze sui ratei maturati precedenti il triennio dalla domanda giudiziale, coerentemente con la previsione dell’art. 6, d.l. n. 103/1991 (conv. con l. n. 166/1991), atteso che, dovendo il diritto a pensione considerarsi come diritto fondamentale, irrinunciabile, imprescrittibile e non sottoponibile a decadenza (cfr., tra le numerose, Corte cost. nn. 71 del 2010, 345 del 1999, 246 del 1992 e 203 del 1985), una diversa interpretazione, che applicasse la decadenza all’intera pretesa di rideterminazione, travolgendo anche i ratei infratriennali e soprattutto futuri, sarebbe incompatibile con l’art. 38 Cost. tutte le volte in cui la misura della prestazione riconosciuta o pagata non salvaguardasse il nucleo essenziale della prestazione (così Cass. n. 17430 del 2021 e nn.123 e 38015 del 2022, in applicazione dei principi e delle ragioni enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 15352 del 2015).
Anche il secondo motivo di ricorso è fondato.
Questa Corte ha già affermato in numerose controversie del tutto analoghe alla presente (a partire da Cass. Sez. Lav., Sez. L – , Sentenza n. 36056 del 09/12/2022, Rv. 666198 – 01) e Sez. L – , Ordinanza n. 24245 del 09/08/2023, Rv. 668764 – 01, nonche’ or dinanze n. 17348 del 2023 e n. 27503 del 2023 e numerose altre conformi) che, in tema di pensioni di anzianità in favore dei lavoratori dello spettacolo, nella determinazione della “quota B” della pensione, relativa alle anzianità maturate successivamente al 31 dicembre 1992 dai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo in data anteriore al 31 dicembre 1995, non si prendono in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dall’art. 12, comma 7, del d.P.R. n. 1420 del 1971, così come da ultimo modificato dall’art. 1, comma 10, del d.lgs. n. 182 del 1997; tale limite, infatti, non è stato abrogato né espressamente dai successivi interventi legislativi, né per incompatibilità dall’art. 4, comma 8, del medesimo d.lgs., dovendosi ritenere che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina, in quanto si colloca in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, in ordine all’entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l’INPS.
La corte territoriale, nel ritenere oramai superato, per la “quota B” della pensione, il limite alla retribuzione giornaliera pensionabile di cui al D.P.R. n. 1420 del 1971, art. 12, comma 7, è incorsa nell’errore di diritto denunciato dal ricorrente. La sentenza impugnata, che non si è attenuta al principio su esteso, va cassata e la causa va rimessa alla medesima corte
d’appello in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione.
Così deciso oggi in Roma, nella camera di consiglio del 10 luglio