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Massimale pensionabile spettacolo: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31824/2024, ha stabilito che il massimale pensionabile previsto per i lavoratori dello spettacolo si applica anche alla cosiddetta “quota B” della pensione, relativa ai contributi versati dopo il 1992. La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’ente previdenziale, annullando la decisione della Corte d’Appello che aveva invece escluso tale limite. La sentenza sottolinea la perdurante vigenza della norma sul massimale pensionabile spettacolo, ritenendola non tacitamente abrogata dalle riforme successive e necessaria per garantire l’equilibrio delle gestioni previdenziali.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Massimale Pensionabile Spettacolo: la Cassazione fa Chiarezza sulla Quota B

Con una recente e significativa ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale per i lavoratori del settore dello spettacolo, stabilendo un principio fondamentale sul calcolo delle loro pensioni. La controversia riguardava l’applicazione del massimale pensionabile spettacolo alla cosiddetta “quota B” della pensione, ossia quella maturata con i contributi versati dopo il 1992. La Suprema Corte ha ribaltato la decisione dei giudici di merito, confermando la piena vigenza del limite storico alla retribuzione giornaliera pensionabile.

I Fatti del Caso

Un lavoratore del settore dello spettacolo, titolare di una pensione di anzianità a carico della gestione ex ENPALS dal 2015, aveva avviato una causa contro l’ente previdenziale. A suo avviso, l’ente aveva erroneamente applicato un vecchio limite massimo alla retribuzione per calcolare la “quota B” della sua pensione, riducendone l’importo. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione al lavoratore, condannando l’ente a ricalcolare la pensione senza applicare tale tetto e a versare le differenze accumulate.

L’ente previdenziale, non condividendo questa interpretazione, ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nel considerare tacitamente abrogata la disciplina del massimale pensionabile.

Il nodo della questione: il massimale pensionabile spettacolo e la Quota B

Il cuore della disputa legale risiedeva nell’interpretazione dell’evoluzione normativa del sistema pensionistico dei lavoratori dello spettacolo. La pensione per questi lavoratori è divisa in due quote:
Quota A: calcolata sui contributi versati fino al 31 dicembre 1992.
Quota B: calcolata sui contributi versati dal 1° gennaio 1993 in poi.

Una norma del 1971 (art. 12 del D.P.R. n. 1420) aveva introdotto un limite massimo alla retribuzione giornaliera utilizzabile per il calcolo della pensione. La domanda era: questo limite, o “massimale pensionabile”, è ancora valido anche per la Quota B, nonostante le numerose riforme pensionistiche successive, come quella introdotta dal D.Lgs. n. 182 del 1997?
Secondo il pensionato e i giudici di merito, le nuove norme erano incompatibili con il vecchio limite, determinandone un’abrogazione tacita. Per l’ente previdenziale, invece, il limite non era mai stato espressamente cancellato e rimaneva pienamente operativo.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto pienamente la tesi dell’ente previdenziale, fornendo una serie di argomentazioni dettagliate.

In primo luogo, i giudici hanno affermato che il massimale previsto dal D.P.R. n. 1420 del 1971 non è mai stato oggetto di un’abrogazione espressa. Nemmeno le riforme successive, inclusa la legge n. 335 del 1995 e il D.Lgs. n. 182 del 1997, hanno introdotto disposizioni incompatibili tali da giustificare un’abrogazione tacita.

La Corte ha sottolineato che il legislatore ha sempre agito con l’obiettivo di contenere la spesa pubblica e risanare le gestioni previdenziali. L’eliminazione del massimale solo per la Quota B avrebbe creato una disparità irragionevole e un sistema disarmonico, in contrasto con le finalità di equilibrio finanziario perseguite dalle riforme.

Inoltre, la specialità del regime previdenziale dei lavoratori dello spettacolo, che presenta elementi di favore (come l’accesso anticipato alla pensione), deve essere bilanciata da elementi di contenimento, come appunto il massimale. Rimuovere questo limite significherebbe alterare l’equilibrio complessivo del sistema, voluto dal legislatore.

Infine, la Corte ha chiarito che il sistema pensionistico non si basa su una logica puramente corrispettiva (tanto verso, tanto ricevo), ma su un principio di solidarietà e di sostenibilità generale. Il mantenimento del massimale pensionabile risponde a questa esigenza fondamentale, garantendo la tenuta del sistema nel lungo periodo.

Le Conclusioni

La Cassazione ha concluso accogliendo il ricorso dell’ente previdenziale e cassando la sentenza della Corte d’Appello. Ha enunciato il seguente principio di diritto: nella determinazione della “quota B” della pensione per i lavoratori dello spettacolo, le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dal D.P.R. n. 1420 del 1971 non devono essere considerate per la parte eccedente. Tale limite non è stato abrogato e resta pienamente efficace. La causa è stata quindi rinviata alla Corte d’Appello, che dovrà riesaminare il caso attenendosi a questo principio.

Il limite massimo di retribuzione (massimale pensionabile) si applica anche alla “quota B” della pensione dei lavoratori dello spettacolo?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che il limite alla retribuzione giornaliera pensionabile, stabilito dal D.P.R. n. 1420 del 1971, si applica anche per il calcolo della “quota B” della pensione, relativa ai contributi versati dopo il 31 dicembre 1992.

Le riforme pensionistiche successive hanno cancellato questo limite?
No. Secondo la Suprema Corte, né la legge n. 335 del 1995 né il D.Lgs. n. 182 del 1997 hanno abrogato, né espressamente né tacitamente, il massimale pensionabile, in quanto le nuove disposizioni non sono state ritenute incompatibili con la sua sopravvivenza.

Perché la Corte di Cassazione ha deciso di mantenere questo limite?
La decisione si fonda sulla necessità di garantire la sostenibilità e l’equilibrio finanziario del sistema previdenziale. La Corte ha ritenuto che l’eliminazione del limite creerebbe irragionevoli disparità e sarebbe in contrasto con la politica di contenimento della spesa pubblica che ha ispirato le riforme pensionistiche.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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