Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24140 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24140 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 29585-2022 proposto da
ISTITUTO RAGIONE_SOCIALE (INPS), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, in virtù di procura conferita in calce al ricorso per cassazione, dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, in R OMA, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentata e difesa, in forza di procura rilasciata in calce al controricorso, dall’avvocata NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio del difensore, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 190 del 2022 della CORTE D’APPELLO DI PERUGIA, depositata il 15 giugno 2022 (R.G.N. 69/2021).
R.G.N. 29585/2022
COGNOME
Rep.
C.C. 12/6/2025
giurisdizione Pensione spettante ai lavoratori dello spettacolo. Determinazione della ‘quota B’. Massimale.
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 12 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Con sentenza n. 190 del 2022, depositata il 15 giugno 2022, la Corte d’appello di Perugia ha accolto in parte il gravame dell’INPS e , in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Terni, ha dichiarato inammissibile la domanda della signora NOME COGNOME «con riguardo alla richiesta di condanna dell’I.N.P.S. al pagamento delle differenze sui ratei dei supplementi di pensione di cui al ricorso maturati in epoca anteriore al 30 luglio 2015» (pagina 16 della sentenza d’appello).
La Corte territoriale ha confermato, nel resto, la pronuncia del Tribunale di Terni, che aveva accolto la domanda della signora NOME COGNOME titolare di pensione a carico della gestione ex RAGIONE_SOCIALE, e aveva rideterminato i quattro supplementi di pensione spettanti alla ricorrente, il primo con decorrenza dall’ottobre 1999, il secondo con decorrenza dall’ottobre 2001, il terzo con decorrenza dal luglio 2007, il quarto con decorrenza dal luglio 2016.
Tali supplementi, formati da contribuzione posteriore al 1992 e dunque assoggettati alla disciplina di calcolo della ‘quota B’, relativa alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal primo gennaio 1993 (art. 13 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503), sono stati commisurati alla retribuzione effettivamente percepita, senza tener conto del ‘massimale pensionabile’ di cui all’art. 12, settimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1420.
A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha evidenziato che il ‘massimale pensionabile’ opera soltanto per il calcolo della ‘quota A’, concernente le anzianità contributive acquisite entro il 31 dicembre 1992, e cessa di trovare applicazione nella determinazione della ‘quota B’, assoggettata a lla disciplina dettata dal decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 182 . Tale normativa (in particolare, l’art. 4, comma 8) non reca alcun rinvio alle previsioni in tema di ‘tetto’ e,
nel richiamare l’art. 12 del d.lgs. n. 503 del 1992, richiama soltanto la disciplina delle aliquote di rendimento. Né la Corte costituzionale, con la sentenza n. 202 del 2008, ha chiarito l’àmbito applicativo della disciplina sul ‘tetto’.
-Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Perugia ricorre l’INPS, sulla base di un motivo, illustrato da memoria in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio .
-La signora NOME COGNOME replica con controricorso.
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con l’unico motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), l’Istituto denuncia la violazione dell’art. 12 del d.P.R. n. 1420 del 1971 e dell’art. 4 del d.lgs. n. 182 del 1997, e lamenta che la Corte di merito abbia ritenuto inapplicabile il ‘massimale pensionabile’ nella determinazione della ‘quota B’ del trattamento previdenziale erogato ai lavoratori dello spettacolo, senza considerare che la disciplina dettata dal d.lgs. n. 182 del 1997 si integra con quella contenuta nell’art. 12 del d.P.R. n. 1420 del 1971, inequivocabile nel definire una retribuzione pensionabile connotata dal ‘massimale’.
Né argomenti di segno contrario si potrebbero evincere dall’art. 4, comma 8, del d.lgs. n. 182 del 1997, che si prefiggerebbe di definire le aliquote di rendimento delle diverse fasce di retribuzione pensionabile, senza abrogare il limite del massimale vigente per le fasce indicate. Peraltro, la previsione dell’art. 4 del d.lgs. n. 182 del 1997, nel richiamare l’art. 12 del d.lgs. n. 503 del 1992, richiamerebbe anche il comma 2, che lascia inalterati i limiti massimi di retribuzione pensionabile previsti dai rispettivi ordinamenti.
-Le censure colgono nel segno.
3. -Nel presente giudizio si controverte sulla determinazione dei supplementi di pensione, formati da contribuzione posteriore al 1992 e dunque riconducibili alla disciplina della ‘ quota B ‘ , corrispondente agli anni di anzianità contributiva che decorrono dal primo gennaio 1993. La questione devoluta dal ricorrente investe l ‘ applicazione, anche alla ‘ quota B ‘ , del limite alla retribuzione giornaliera pensionabile, sancito dal l’art. 12, settimo comma, del d.P.R. n. 1420 del 1971.
4. -Questa Corte ha oramai consolidato il seguente principio di diritto , richiamato dall’Istituto a supporto delle censure : «Nella determinazione della ‘ quota B ‘ della pensione, relativa alle anzianità maturate successivamente al 31 dicembre 1992 dai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo in data anteriore al 31 dicembre 1995, non si prendono in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dal l’art. 12, settimo comma, del d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1420, così come da ultimo modificato dal l’art. 1, comma 10, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 182. Tale limite non è stato abrogato per incompatibilità dall’art. 4, comma 8, del medesimo d.lgs. n. 182 del 1997» (Cass., sez. lav., 9 dicembre 2022, n. 36056, punto 24 delle Ragioni della decisione ).
Si deve ritenere, in difetto di un’abrogazione espressa e di un rapporto d’incompatibilità tra la disciplina previgente e quella posteriore, «che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina, collocandosi in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, in ordine all ‘ entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l ‘ INPS» (Cass., sez. lav., 18 ottobre 2024, n. 27065, n. 27016 e n. 27015).
5. -Non depone in senso contrario la disciplina dell’art. 4, comma 8, del d.lgs. n. 182 del 1997, che si ripromette unicamente
d’individuare le aliquote di rendimento applicabili alle diverse fasce di retribuzione, senza rimuovere il limite del ‘massimale’.
Il richiamo all’art. 12 del d.lgs. n. 503 del 1992, in difetto di indicazioni di segno diverso, non può che essere riferito all’intero contenuto precettivo della norma, che fa salvi i limiti massimi di retribuzione pensionabile previsti dai singoli ordinamenti. Limiti che sono indissolubilmente connessi con la disciplina delle aliquote di rendimento e ne definiscono la portata.
Né si palesa decisivo il rilievo in ordine all’inapplicabilità delle aliquote corrispondenti alle più elevate fasce di retribuzione (pagina 15 della sentenza impugnata), che deriverebbe da tale interpretazione del dato normativo.
La disciplina delle aliquote, dettata dal d.lgs. n. 503 del 1992, ha valenza generale e recede dinanzi alla lex specialis vigente per i lavoratori dello spettacolo, con l’imposizione di un massimale (pagina 9 del ricorso per cassazione).
6. -Alla fissazione di un massimale imponibile non può che fare riscontro, come evidenzia l’Istituto nel ricorso, un massimale pensionabile, anche per garantire quella sostenibilità del sistema previdenziale che rappresenta il cardine dei princìpi e dei criteri direttivi sanciti dalla legge 8 agosto 1995, n. 335 (art. 2, comma 22).
7. -Si possono trarre elementi di conferma, ad adiuvandum , anche dalle enunciazioni di principio del giudice delle leggi (sentenza n. 202 del 2008).
Anche nella vicenda sottoposta allo scrutinio di costituzionalità, veniva in rilievo una pensione liquidata in una ‘quota A’ e in una ‘quota B’ (punto 1 del Ritenuto in fatto ) e la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le censure incentrate sull’art. 38 Cost. e non fondate quelle concernenti la violazione dell’art. 3 Cost., senza reputare erroneo il presupposto ermeneutico del rimettente, relativo
all’applicabilità della disciplina del ‘massimale’ anche alla liquidazione della ‘quota B’.
Dalla pronuncia citata si possono desumere, inoltre, rilevanti considerazioni d’indole sistematica.
Nel disattendere i dubbi di legittimità costituzionale di tale disciplina, prospettati sotto il profilo dell ‘arbitraria disparità di trattamento rispetto agli assicurati presso l ‘ INPS riguardo al rapporto tra retribuzione pensionabile e retribuzione soggetta a prelievo contributivo, la pronuncia menzionata ha così argomentato: «non è possibile lamentare il semplice dato della diversità esistente tra retribuzione soggetta a prelievo contributivo e retribuzione pensionabile senza tenere presente l ‘ intero sistema previdenziale in cui detta previsione si inserisce» (punto 3 del Considerato in diritto ). Sistema previdenziale che contempla, come si è rilevato, condizioni di favore per gl’iscritti, controbilanciate dal permanere del massimale di cui si discute.
8. -A tali conclusioni, ribadite anche di recente (Cass., sez. lav., 28 aprile 2025, n. 11200 e n. 11197; da ultimo, Cass., sez. lav., 12 luglio 2025, n. 19181, n. 19180, n. 19178 e n. 19177, e 29 giugno 2025, n. 17464 e n. 17462), questa Corte è giunta sulla scorta dell’interpretazione letterale e sistematica della normativa e dell’analisi della sua evoluzione diacronica, verificando la compatibilità con la Costituzione e vagliando in molteplici occasioni gli argomenti di segno contrario formulati nella sentenza impugnata e nel controricorso.
9. -Quanto alla violazione dell’art. 76 Cost., che il controricorso adombra (pagine 19-24), questa Corte ha ritenuto manifestamente infondati i dubbi di costituzionalità avanzati a tale riguardo, puntualizzando che « l’art. 2, comma 22 lett. d ), legge n. 335/1995 indica la via di un’armonizzazione che salvaguardi comunque le normative speciali motivate da effettive e rilevanti peculiarità professionali e lavorative presenti nei settori interessati, quale è il
complesso normativo previdenziale relativo ai lavoratori dello spettacolo; dunque, nessuna violazione della legge delega, con consequenziale violazione dell’art. 76 Cost., si manifesta nei contenuti del decreto legislativo n. 182/1997 e nel mantenimento del massimale indicato nell’art. 12, settimo comma, del d.P.R. n. 1420/1971» (Cass., sez. lav., 9 agosto 2023, n. 24245).
-Nell’odierno giudizio, la controricorrente non ha addotto argomenti che inducano a rimeditare l’orientamento costante, che anche l’Istituto richiama, nella memoria illustrativa depositata in prossimità dell’adunanza camerale.
-La sentenza d’appello non si è attenuta ai princìpi indicati, nell’affermare che la ‘quota B’ non è più assoggettata al tetto di cui all’art. 12, settimo comma, del d.P.R. n. 1420 del 1971.
-Dai rilievi svolti discendono l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata.
-La causa è rinviata alla Corte d’appello di Perugia, che, in diversa composizione, riesaminerà la controversia, uniformandosi ai princìpi di diritto ribaditi nella presente ordinanza e pronunciando, infine, sulle spese dell’odierno giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata; rinvia la causa, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione