Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24038 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24038 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 16107-2022 proposto da
ISTITUTO RAGIONE_SOCIALE (INPS), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, in virtù di procura conferita in calce al ricorso per cassazione, dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, in R OMA, INDIRIZZO -ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso, in forza di procura rilasciata in calce al controricorso, dall’avvocata NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio del difensore, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 4731 del 2021 della CORTE D’APPELLO DI ROMA , depositata il 23 dicembre 2021 (R.G.N. 2365/2018).
R.G.N. 16107/2022
COGNOME
Rep.
C.C. 12/6/2025
giurisdizione Pensione spettante ai lavoratori dello spettacolo. Determinazione della ‘quota B’. Massimale.
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 12 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Con sentenza n. 4731 del 2021, depositata il 23 dicembre 2021, la Corte d’appello di Roma ha accolto il gravame dell’INPS con esclusivo riguardo all’eccezione di decadenza, con la conseguente estinzione del diritto alle differenze maturate sui ratei risalenti a oltre tre anni prima rispetto al deposito del ricorso, e ha confermato, nel resto, la pronuncia del Tribunale della medesima sede.
È stata dunque accolta, nei limiti della citata decadenza, la domanda del signor NOME COGNOME titolare di pensione a carico della gestione ENPALS con decorrenza dall’aprile 2011, liquidata in due quote (‘quota A’ e ‘quota B’) in conformità all’art. 13 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503. L a ‘quota B’, relativa alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal primo gennaio 1993, è stata così rideterminata sulla base della retribuzione effettivamente percepita, senza tener conto del ‘massimale pensionabile’ di cui all’art. 12, settimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1420.
A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha evidenziato che il ‘massimale pensionabile’ opera soltanto per il calcolo della ‘quota A’, concernente le anzianità contributive acquisite entro il 31 dicembre 1992, e cessa di trovare applicazione nella determinazione della ‘quota B’, assoggettata a una disciplina nuova e autosufficiente, racchiusa nel decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 182.
-Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma ricorre l’INPS, sulla base di un motivo, illustrato da memoria in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio .
-Il signor NOME COGNOME replica con controricorso.
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
6. -All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con l’unico motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), l’Istituto denuncia la violazione dell’art. 12 del d.P.R. n. 1420 del 1971 e dell’art. 4 del d.lgs. n. 182 del 1997, e lamenta che la Corte di merito abbia ritenuto inapplicabile il ‘massimale pensionabile’ nella determinazione della ‘quota B’ del trattamento previdenziale erogato ai lavoratori dello spettacolo, senza considerare che la disciplina dettata dal d.lgs. n. 182 del 1997 si integra con quella contenuta nell’art. 12 del d.P.R. n. 1420 del 1971, inequivocabile nel definire una retribuzione pensionabile connotata dal ‘massimale’.
Né argomenti di segno contrario si potrebbero evincere dall’art. 4, comma 8, del d.lgs. n. 182 del 1997, che si prefiggerebbe di definire le aliquote di rendimento delle diverse fasce di retribuzione pensionabile, senza abrogare il limite del massimale vigente per le fasce indicate. Peraltro, la previsione dell’art. 4 del d.lgs. n. 182 del 1997, nel richiamare l’art. 12 del d.lgs. n. 503 del 1992, richiamerebbe anche il comma 2, che lascia inalterati i limiti massimi di retribuzione pensionabile previsti dai rispettivi ordinamenti.
Nel sistema ENPALS, le quote eccedenti il massimale non rileverebbero in alcun modo nel calcolo della pensione, laddove, nel sistema dell’assicurazione generale obbligatoria, tutta la retribuzione, pur se eccedente il massimale, concorrerebbe a formare la base di calcolo del trattamento. Al massimale imponibile, previsto nel regime ENPALS, non potrebbe che fare riscontro anche un massimale pensionabile, al fine di salvaguardare la sostenibilità del sistema. La soppressione di un massimale pensionabile, soprattutto a fronte del permanere di un massimale imponibile, avrebbe richiesto una disposizione espressa.
Infine, l’interpretazione propugnata dalla Corte di merito confliggerebbe con i princìpi e i criteri direttivi della legge di delega (legge 8 agosto 1995, n. 335), che ribadirebbe la necessità di garantire le esigenze di equilibrio delle gestioni previdenziali e di commisurare le prestazioni pensionistiche agli oneri contributivi sostenuti.
2. -Occorre, in linea preliminare, sgombrare il campo dall’eccezione d’inammissibilità formulata nel controricorso (pagine 21 e seguenti), sul presupposto che il ricorrente non abbia specificamente censurato le statuizioni della sentenza d’appello, incentrate sull’inapplicabilità delle previsioni di cui all’art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 503 del 1992 e di per sé idonee a sorreggere la decisione impugnata.
Come questa Corte ha evidenziato nel reputare infondate eccezioni di analogo tenore (Cass., sez. lav., 1° marzo 2025, n. 5395; da ultimo, Cass., sez. lav., 29 giugno 2025, n. 17467), il ricorso dell ‘ INPS «contesta in radice il percorso argomentativo dei giudici d ‘ appello, in tutti i passaggi in cui si dipana, e il giudicato non si forma sulle singole asserzioni della sentenza, ma sull ‘ unità minima di decisione che ricolleghi a un fatto, qualificato da una norma, un determinato effetto (Cass., sez. lav., 7 novembre 2022, n. 32683). L ‘ unità minima di decisione, nel caso di specie, investe l ‘ attribuzione del trattamento previdenziale senza l ‘ applicazione del limite retributivo e, in ragione delle specifiche censure formulate dall ‘ INPS sia in appello che in questa sede, la materia è ancora controversa in tutti i profili che la contraddistinguono» (fra le molte, Cass., sez. lav., 16 giugno 2023, n. 17278, punto 2.2. delle Ragioni della decisione ; nello stesso senso, Cass., sez. lav., 31 dicembre 2024, n. 35136, punto 4.1. del Rilevato ).
3. -Le censure, pertanto, possono essere scrutinate nel merito e si rivelano fondate.
-Nel presente giudizio si controverte sulla determinazione della ‘ quota B ‘ della pensione spettante ai lavoratori dello spettacolo e corrispondente agli anni di anzianità contributiva che decorrono dal
primo gennaio 1993. La questione devoluta dal ricorrente investe l ‘ applicazione, anche alla ‘ quota B ‘ , del limite alla retribuzione giornaliera pensionabile, sancito dal l’art. 12, settimo comma, del d.P.R. n. 1420 del 1971.
5. -Questa Corte ha oramai consolidato il seguente principio di diritto: «Nella determinazione della ‘ quota B ‘ della pensione, relativa alle anzianità maturate successivamente al 31 dicembre 1992 dai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo in data anteriore al 31 dicembre 1995, non si prendono in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dal l’art. 12, settimo comma, del d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1420, così come da ultimo modificato dal l’art. 1, comma 10, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 182. Tale limite non è stato abrogato per incompatibilità dall’art. 4, comma 8, del medesimo d.lgs. n. 182 del 1997» (Cass., sez. lav., 9 dicembre 2022, n. 36056, punto 24 delle Ragioni della decisione ).
Si deve ritenere, in difetto di un’abrogazione espressa e di un rapporto d’incompatibilità tra la disciplina previgente e quella posteriore, «che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina, collocandosi in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, in ordine all ‘ entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l ‘ INPS» (Cass., sez. lav., 18 ottobre 2024, n. 27065, n. 27016 e n. 27015).
In tal senso militano anche le indicazioni del giudice delle leggi (sentenza n. 202 del 2008, richiamata dal ricorrente a supporto delle censure), che ha respinto, in quanto non fondati, i dubbi di legittimità costituzionale di tale disciplina, prospettati in riferimento all’art. 3 Cost. sotto il profilo della disparità di trattamento rispetto agli assicurati
presso l ‘ INPS riguardo al rapporto tra retribuzione pensionabile e retribuzione soggetta a prelievo contributivo: «non è possibile lamentare il semplice dato della diversità esistente tra retribuzione soggetta a prelievo contributivo e retribuzione pensionabile senza tenere presente l ‘ intero sistema previdenziale in cui detta previsione si inserisce» (punto 3 del Considerato in diritto ).
Alla fissazione di un massimale imponibile non può che fare riscontro, come evidenzia l’Istituto nel ricorso, un massimale pensionabile, anche per garantire quella sostenibilità del sistema previdenziale che rappresenta il cardine dei princìpi e dei criteri direttivi sanciti dalla legge n. 335 del 1995.
6. -A tali conclusioni, ribadite anche di recente (Cass., sez. lav., 28 aprile 2025, n. 11200 e n. 11197; da ultimo, Cass., sez. lav., 12 luglio 2025, n. 19181, n. 19180, n. 19178 e n. 19177, e 29 giugno 2025, n. 17464 e n. 17462), questa Corte è giunta sulla scorta dell’interpretazione letterale e sistematica della normativa e dell’analisi della sua evoluzione diacronica, verificando la compatibilità con la Costituzione e vagliando, in molteplici occasioni, gli argomenti di segno contrario formulati nella sentenza impugnata e nel controricorso.
7. -Quanto alla violazione dell’art. 76 Cost., questa Corte ha puntualizzato che « l’art. 2, comma 22 lett. d ), legge n. 335/1995 indica la via di un’armonizzazione che salvaguardi comunque le normative speciali motivate da effettive e rilevanti peculiarità professionali e lavorative presenti nei settori interessati, quale è il complesso normativo previdenziale relativo ai lavoratori dello spettacolo; dunque, nessuna violazione della legge delega, con consequenziale violazione dell’art. 76 Cost., si manifest a nei contenuti del decreto legislativo n. 182/1997 e nel mantenimento del massimale indicato nell’art. 12, settimo comma, del d.P.R. n. 1420/1971» (Cass., sez. lav., 9 agosto 2023, n. 24245).
-Nell’odierno giudizio, il controricorrente non ha addotto argomenti che inducano a rimeditare l’orientamento costante, che anche l’Istituto richiama, nella memoria illustrativa depositata in prossimità dell’adunanza camerale.
-La sentenza d’appello non si è attenuta ai princìpi indicati, nell’affermare che la ‘quota B’ non è più assoggettata al tetto di cui all’art. 12, settimo comma, del d.P.R. n. 1420 del 1971.
-Dai rilievi svolti discendono l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata.
-La causa è rinviata alla Corte d’appello di Roma, che, in