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Massimale pensionabile spettacolo: la Cassazione conferma

Un pensionato del settore spettacolo aveva ottenuto il ricalcolo della sua pensione senza l’applicazione del limite massimo alla retribuzione giornaliera. L’ente previdenziale ha impugnato la decisione. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, confermando che il massimale pensionabile spettacolo è ancora in vigore e non è stato abrogato dalle normative successive. Il tetto retributivo, secondo la Corte, è un elemento essenziale che bilancia un sistema pensionistico altrimenti molto favorevole per questa categoria di lavoratori.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Pensioni Spettacolo e Massimale Retributivo: La Cassazione Fa Chiarezza

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su una questione di grande rilevanza per i lavoratori del mondo dello spettacolo: la validità del massimale pensionabile spettacolo per il calcolo della cosiddetta “quota B” della pensione. La decisione conferma un orientamento ormai consolidato, stabilendo che il tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, introdotto nel 1971, non è stato abrogato e deve essere ancora applicato.

I Fatti del Caso

Un lavoratore del settore dello spettacolo aveva richiesto all’ente previdenziale il ricalcolo del suo trattamento pensionistico. In particolare, chiedeva che la “quota B” della sua pensione, relativa ai contributi versati dopo il 31 dicembre 1992, fosse calcolata senza applicare il limite massimo alla retribuzione giornaliera pensionabile previsto da una normativa del 1971.

La Corte d’Appello aveva dato ragione al pensionato, ritenendo che la disciplina successiva, introdotta nel 1997, avesse tacitamente abrogato il vecchio limite. Di conseguenza, l’ente previdenziale era stato condannato a corrispondere le differenze derivanti dal ricalcolo più favorevole. L’ente ha quindi presentato ricorso in Cassazione per contestare tale decisione.

La Questione del Massimale Pensionabile Spettacolo

Il cuore della controversia giuridica ruotava attorno alla sopravvivenza o meno dell’art. 12, comma 7, del d.P.R. n. 1420 del 1971. Questa norma stabilisce un tetto massimo (il “massimale”) per la retribuzione giornaliera da considerare ai fini del calcolo della pensione per i lavoratori dello spettacolo.

Secondo la Corte d’Appello, le riforme successive, in particolare il d.lgs. n. 182 del 1997, avrebbero introdotto una disciplina talmente innovativa da rendere incompatibile, e quindi tacitamente abrogato, il vecchio limite retributivo. Il pensionato sosteneva questa tesi, mentre l’ente previdenziale insisteva sulla piena vigenza e compatibilità del massimale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’ente previdenziale, ribaltando la decisione di merito. I giudici hanno chiarito, richiamando una giurisprudenza ormai costante, che il massimale pensionabile spettacolo non è stato abrogato né espressamente, né per incompatibilità.

La Corte ha spiegato che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile è un elemento coessenziale e strutturale del sistema previdenziale per i lavoratori dello spettacolo. Questo sistema, nel suo complesso, è notevolmente più favorevole rispetto a quello previsto per la generalità dei lavoratori assicurati presso lo stesso ente, sia per l’entità delle prestazioni che per le condizioni di accesso alla pensione.

In questo contesto, il massimale non è una norma isolata, ma una componente che contribuisce a bilanciare il sistema, contemperando i diversi interessi in gioco, inclusi quelli di natura costituzionale legati alla sostenibilità finanziaria della previdenza. Pertanto, la Corte territoriale ha commesso un errore di diritto nel ritenere superato tale limite per il calcolo della “quota B”.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Viene confermato in via definitiva che, per i lavoratori dello spettacolo iscritti al fondo prima del 31 dicembre 1995, nel calcolo della “quota B” della pensione (relativa alle anzianità maturate dopo il 31 dicembre 1992) le retribuzioni giornaliere eccedenti il limite fissato dalla legge del 1971 non devono essere considerate.

Di conseguenza, la sentenza della Corte d’Appello è stata annullata e la causa è stata rinviata allo stesso tribunale, in diversa composizione, che dovrà riesaminare il caso attenendosi al principio di diritto enunciato dalla Cassazione. Per i pensionati del settore, ciò significa che le aspettative di un ricalcolo più vantaggioso della pensione basato sulla disapplicazione del massimale sono state respinte dalla giurisprudenza di legittimità.

Qual era la questione centrale decisa dalla Corte di Cassazione?
La questione era se il limite massimo alla retribuzione giornaliera pensionabile, previsto per i lavoratori dello spettacolo da una legge del 1971, fosse ancora valido per il calcolo della “quota B” della pensione o se dovesse considerarsi tacitamente abrogato da normative successive.

Il massimale sulla retribuzione giornaliera per i lavoratori dello spettacolo è ancora in vigore?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il limite è pienamente in vigore. Non è stato abrogato né espressamente né per incompatibilità con le leggi successive e deve essere applicato nel calcolo della porzione di pensione relativa alle anzianità maturate dopo il 31 dicembre 1992.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto che il limite non fosse stato abrogato?
Perché ha considerato il massimale un elemento coessenziale e di bilanciamento di un sistema previdenziale che, nel suo complesso, è molto più favorevole per i lavoratori dello spettacolo rispetto alla generalità dei lavoratori. La sua funzione è quella di contemperare i vari interessi, garantendo la sostenibilità del sistema.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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