Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24136 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24136 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 28504-2022 proposto da
ISTITUTO RAGIONE_SOCIALE (INPS), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, in virtù di procura conferita in calce al ricorso per cassazione, dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, in ROMA, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso, in forza di procura rilasciata in calce al controricorso, dall’avvocata NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio del difensore, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 2530 del 2022 della CORTE D’APPELLO DI ROMA , depositata il 6 giugno 2022 (R.G.N. 2258/2020). Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 12 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
R.G.N. 28504/2022
COGNOME
Rep.
C.C. 12/6/2025
giurisdizione Pensione spettante ai lavoratori dello spettacolo. Determinazione della ‘quota B’. Massimale.
FATTI DI CAUSA
1. -Con sentenza n. 2530 del 2022, depositata il 6 giugno 2022, la Corte d’appello di Roma ha respinto il gravame dell’INPS e ha confermato la pronuncia del Tribunale della medesima sede, che aveva accolto la domanda del signor NOME COGNOME titolare di pensione a carico della gestione ex ENPALS con decorrenza dal luglio 2016, liquidata in due quote (‘quota A’ e ‘quota B’) in conformità all’art. 13 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503. L a ‘quota B’, relativa alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal primo gennaio 1993, è stata così rideterminata sulla base della retribuzione effettivamente percepita, senza tener conto del ‘massimale pensionabile’ di cui all’art. 12, settimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1420.
A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha evidenziato che il ‘massimale pensionabile’ opera soltanto per il calcolo della ‘quota A’, concernente le anzianità contributive acquisite entro il 31 dicembre 1992, e cessa di trovare applicazione nella determinazione della ‘quota B’, assoggettata a una disciplina nuova e autosufficiente, racchiusa nel decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 182. L’eliminazione del ‘massimale’ assolverebbe a una funzione ‘compensativa’ del meno favorevole regime introdo tto per il calcolo della ‘quota B’.
-Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma ricorre l’INPS, sulla base di un motivo, illustrato da memoria in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio .
-Il signor NOME COGNOME replica con controricorso.
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con l’unico motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), l’Istituto denuncia la violazione dell’art. 12 del d.P.R. n. 1420 del 1971 e dell’art. 4 del d.lgs. n. 182 del 1997, e lamenta che la Corte di merito abbia ritenuto inapplicabile il ‘massimale pensionabile’ nella determinazione della ‘quota B’ del trattamento previdenziale erogato ai lavoratori dello spettacolo, senza considerare che la disciplina dettata dal d.lgs. n. 182 del 1997 si integra con quella contenuta nell’art. 12 del d.P.R. n. 1420 del 1971, inequivocabile nel definire una retribuzione pensionabile connotata dal ‘massimale’.
Le previsioni dell’art. 1, comma 11, del d.lgs. n. 182 del 1997, richiamate dalla Corte di merito, riguarderebbero le sole pensioni calcolate integralmente secondo il sistema contributivo.
Né argomenti di segno contrario si potrebbero evincere dall’art. 4, comma 8, del d.lgs. n. 182 del 1997, che si prefiggerebbe di definire le aliquote di rendimento delle diverse fasce di retribuzione pensionabile, senza abrogare il limite del massimale vigente per le fasce indicate. Peraltro, la previsione dell’art. 4 del d.lgs. n. 182 del 1997, nel richiamare l’art. 12 del d.lgs. n. 503 del 1992, richiamerebbe anche il comma 2, che lascia inalterati i limiti massimi di retribuzione pensionabile previsti dai rispettivi ordinamenti.
Nel sistema ENPALS, le quote eccedenti il massimale non rileverebbero in alcun modo nel calcolo della pensione, laddove, nel sistema dell’assicurazione generale obbligatoria, tutta la retribuzione, pur se eccedente il massimale, concorrerebbe a formare la base di calcolo del trattamento. Al massimale imponibile, previsto nel regime ENPALS, non potrebbe che fare riscontro anche un massimale pensionabile, al fine di salvaguardare la sostenibilità del sistema. La soppressione di un massimale pensionabile, soprattutto a fronte del permanere di un massimale imponibile, avrebbe richiesto una disposizione espressa.
Infine, l’interpretazione propugnata dalla Corte di merito confliggerebbe con i princìpi e i criteri direttivi della legge di delega (art. 2, comma 22, lettera a , della legge 8 agosto 1995, n. 335), che ribadirebbe la necessità di garantire le esigenze di equilibrio delle gestioni previdenziali e di commisurare le prestazioni pensionistiche agli oneri contributivi sostenuti.
2. -Occorre, in linea preliminare, sgombrare il campo dall’eccezione d’inammissibilità formulata nel controricorso (pagine 18 e 19), sul presupposto che il ricorrente non abbia specificamente censurato le statuizioni della sentenza d’appello, incentrate sull’inapplicabilità delle previsioni di cui all’art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 503 del 1992 e di per sé idonee a sorreggere la decisione impugnata.
Come questa Corte ha evidenziato nel reputare infondate eccezioni di analogo tenore (Cass., sez. lav., 1° marzo 2025, n. 5395; da ultimo, Cass., sez. lav., 29 giugno 2025, n. 17467), il ricorso dell ‘ INPS «contesta in radice il percorso argomentativo dei giudici d ‘ appello, in tutti i passaggi in cui si dipana, e il giudicato non si forma sulle singole asserzioni della sentenza, ma sull ‘ unità minima di decisione che ricolleghi a un fatto, qualificato da una norma, un determinato effetto (Cass., sez. lav., 7 novembre 2022, n. 32683). L ‘ unità minima di decisione, nel caso di specie, investe l ‘ attribuzione del trattamento previdenziale senza l ‘ applicazione del limite retributivo e, in ragione delle specifiche censure formulate dall ‘ INPS sia in appello che in questa sede, la materia è ancora controversa in tutti i profili che la contraddistinguono» (fra le molte, Cass., sez. lav., 16 giugno 2023, n. 17278, punto 2.2. delle Ragioni della decisione ; nello stesso senso, Cass., sez. lav., 31 dicembre 2024, n. 35136, punto 4.1. del Rilevato ).
3. -Le censure, pertanto, possono essere scrutinate nel merito e si rivelano fondate.
4. -Nel presente giudizio si controverte sulla determinazione della ‘ quota B ‘ della pensione spettante ai lavoratori dello spettacolo e
corrispondente agli anni di anzianità contributiva che decorrono dal primo gennaio 1993. La questione devoluta dal ricorrente investe l ‘ applicazione, anche alla ‘ quota B ‘ , del limite alla retribuzione giornaliera pensionabile, sancito dal l’art. 12, settimo comma, del d.P.R. n. 1420 del 1971.
Come ha puntualizzato l’Istituto (pagine 11, 12, 13 e 14 del ricorso), al caso di specie non si attagliano le disposizioni dell’art. 1, comma 11, del d.lgs. n. 182 del 1997, applicabili alle pensioni liquidate «in esclusiva applicazione del sistema contributivo» (cfr., in particolare, pagina 13 del ricorso).
5. -Questa Corte ha oramai consolidato il seguente principio di diritto: «Nella determinazione della ‘ quota B ‘ della pensione, relativa alle anzianità maturate successivamente al 31 dicembre 1992 dai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo in data anteriore al 31 dicembre 1995, non si prendono in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dal l’art. 12, settimo comma, del d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1420, così come da ultimo modificato dal l’art. 1, comma 10, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 182. Tale limite non è stato abrogato per incompatibilità dall’art. 4, comma 8, del medesimo d.lgs. n. 182 del 1997» (Cass., sez. lav., 9 dicembre 2022, n. 36056, punto 24 delle Ragioni della decisione ).
Si deve ritenere, in difetto di un’abrogazione espressa e di un rapporto d’incompatibilità tra la disciplina previgente e quella posteriore, «che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina, collocandosi in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, in ordine all ‘ entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della
generalità dei lavoratori assicurati presso l ‘ INPS» (Cass., sez. lav., 18 ottobre 2024, n. 27065, n. 27016 e n. 27015).
Non depone in senso contrario la disciplina dell’art. 4, comma 8, del d.lgs. n. 182 del 1997, che si ripromette unicamente d’individuare le aliquote di rendimento applicabili alle diverse fasce di retribuzione, senza rimuovere il limite del ‘massimale’.
Il richiamo all’art. 12 del d.lgs. n. 503 del 1992, in difetto di indicazioni di segno diverso, non può che essere inteso all’intero contenuto precettivo della norma, che fa salvi i limiti massimi di retribuzione pensionabile previsti dai singoli ordinamenti.
6. -In tal senso militano anche le indicazioni del giudice delle leggi (sentenza n. 202 del 2008, richiamata dal ricorrente a supporto delle censure).
Anche nella vicenda sottoposta allo scrutinio di costituzionalità, veniva in rilievo una pensione liquidata in una ‘quota A’ e in una ‘quota B’ (punto 1 del Ritenuto in fatto ) e la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le censure incentrate sull’art. 38 Cost. e non fondate quelle concernenti la violazione dell’art. 3 Cost., senza reputare erroneo il presupposto ermeneutico del rimettente, relativo all’applicabilità della disciplina del ‘massimale’ anche alla liquidazione della ‘quota B’.
Nel disattendere i dubbi di legittimità costituzionale di tale disciplina, prospettati sotto il profilo dell ‘arbitraria disparità di trattamento rispetto agli assicurati presso l ‘ INPS riguardo al rapporto tra retribuzione pensionabile e retribuzione soggetta a prelievo contributivo, la pronuncia menzionata ha così argomentato: «non è possibile lamentare il semplice dato della diversità esistente tra retribuzione soggetta a prelievo contributivo e retribuzione pensionabile senza tenere presente l ‘ intero sistema previdenziale in cui detta previsione si inserisce» (punto 3 del Considerato in diritto ).
Sistema previdenziale che contempla, come si è rilevato, condizioni di favore per gl’iscritti.
7. -Alla fissazione di un massimale imponibile non può che fare riscontro, come evidenzia l’Istituto nel ricorso, un massimale pensionabile, anche per garantire quella sostenibilità del sistema previdenziale che rappresenta il cardine dei princìpi e dei criteri direttivi sanciti dalla legge n. 335 del 1995 (art. 2, comma 22, lettera a ).
Quanto al rilievo che l’eliminazione del ‘massimale’ varrebbe a controbilanciare un regime meno favorevole (pagina 6 della sentenza d’appello), è sprovvisto di solidi elementi di conferma sul versante testuale e sistematico (Cass., sez. lav., 1° marzo 2025, n. 5416, punto 7 delle Ragioni della decisione ).
8. -A tali conclusioni, ribadite anche di recente (Cass., sez. lav., 28 aprile 2025, n. 11200 e n. 11197; da ultimo, Cass., sez. lav., 12 luglio 2025, n. 19181, n. 19180, n. 19178 e n. 19177, e 29 giugno 2025, n. 17464 e n. 17462), questa Corte è giunta sulla scorta dell’interpretazione letterale e sistematica della normativa e dell’analisi della sua evoluzione diacronica, verificando la compatibilità con la Costituzione e vagliando in molteplici occasioni gli argomenti di segno contrario formulati nella sentenza impugnata e nel controricorso.
9. -Quanto alla violazione dell’art. 76 Cost., questa Corte ha puntualizzato che « l’art. 2, comma 22 lett. d ), legge n. 335/1995 indica la via di un’armonizzazione che salvaguardi comunque le normative speciali motivate da effettive e rilevanti peculiarità professionali e lavorative presenti nei settori interessati, quale è il complesso normativo previdenziale relativo ai lavoratori dello spettacolo; dunque, nessuna violazione della legge delega, con consequenziale violazione dell’art. 76 Cost., si manifest a nei contenuti del decreto legislativo n. 182/1997 e nel mantenimento del massimale indicato nell’art. 12, settimo comma, del d.P.R. n. 1420/1971» (Cass., sez. lav., 9 agosto 2023, n. 24245).
-Nell’odierno giudizio, il controricorrente non ha addotto argomenti che inducano a rimeditare l’orientamento costante, che anche l’Istituto richiama, nella memoria illustrativa depositata in prossimità dell’adunanza camerale.
-La sentenza d’appello non si è attenuta ai princìpi indicati, nell’affermare che la ‘quota B’ non è più assoggettata al tetto di cui all’art. 12, settimo comma, del d.P.R. n. 1420 del 1971.
-Dai rilievi svolti discendono l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata.
-La causa è rinviata alla Corte d’appello di Roma, che, in