Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9530 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 9530 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8537-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4042/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 31/10/2022 R.G.N. 3420/2019;
Oggetto
Previdenza lavoratori spettacolo
R.G.N.8537/2023
COGNOME
Rep.
Ud.30/01/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 31.10.2022, la Corte d’appello di Roma ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda di NOME COGNOME volta alla riliquidazione della pensione e del successivo supplemento maturati a carico della g estione ex ENPALS senza l’applicazione del massimale pensionabile di cui all’art. 12, comma 7°, d.P.R. n. 1420/1971; che avverso tale pronuncia l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura, successivamente illustrati con memoria;
che NOME COGNOME ha resistito con controricorso; che, chiamata la causa all’adunanza camerale del 30.1.2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (articolo 380bis .1, comma 2°, c.p.c.);
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo di censura, l’INPS denuncia violazione dell’art. 12, d.P.R. n. 1420/1971, e dell’art. 4, d.lgs. n. 182/1997, per avere la Corte di merito ritenuto che nel calcolo della quota di pensione già a carico dell’ENPALS corrispondente alle anzianità maturate dopo il 31.12.1992 (c.d. ‘quota B’) non dovesse trovare applicazione il limite massimo della retribuzione pensionabile previsto dall’art. 12, comma 7°, d.P.R. n. 1420/1971;
che, con il secondo motivo, l’INPS lamenta violazione dell’art. 434 c.p.c. per avere la Corte territoriale ritenuto che l’appello non avesse censurato adeguatamente il capo della sentenza di prime cure con cui il Tribunale aveva reputato estinte per intervenuta decadenza le sole differenze dovute sul
supplemento e non anche quelle dovute sulla ‘quota A’ e sulla ‘quota B’ di pensione;
che va preliminarmente disatteso il rilievo di parte controricorrente secondo cui, non avendo l’INPS impugnato la sentenza di prime cure nella parte in cui ha affermato che l’ente avrebbe errato (anche) nella parte in cui ha conteggiato il numero di contributi giornalieri di competenza delle quote di pensione per cui è causa, la statuizione di primo grado sarebbe passata in parte qua in giudicato, avendo l’INPS espressamente impugnato tanto l’affermazione della sentenza secondo cui il massimale pensionabile di cui all’art. 12, d.P.R. n. 1420/1971, non opererebbe per la quota B della pensione dei lavoratori dello spettacolo quanto (come si vedrà esaminando il secondo motivo) la condanna alla corresponsione delle differenze su entrambe le quote di pensione con decorrenza dal luglio 2011 ed essendo consolidato il principio secondo cui, formandosi il giudicato solo su di una statuizione che ricolleghi ad un fatto, qualificato da una norma, un determinato effetto giuridico, l’impugnazione motivata anche in ordine ad uno solo degli elementi della sequenza vale a riaprire la cognizione sull’intera statuizione, sebbene ciascuno di essi possa essere oggetto di singolo motivo di gravame (così, tra le più recenti, Cass. nn. 24783 del 2018, 10769 del 2019, 28565 del 2022);
che, ciò premesso, il primo motivo è fondato, essendosi chiarito che nella determinazione della ‘quota B’ della pensione, relativa alle anzianità maturate successivamente al 31.12.1992 dai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo in data anteriore al 31.12.1995, non deve essere presa in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, la parte eccedente delle retribuzioni giornaliere che risulti superiore al limite fissato dall’art. 12, comma 7°,
d.P.R. n. 1420/1971, così come da ultimo modificato dall’art. 1, comma 10, d.lgs. n. 182/1997, non essendo stato tale limite abrogato espressamente dai successivi interventi legislativi, né essendo incompatibile con l’art. 4, comma 8, d.lgs. n. 182/1997, cit., dovendo piuttosto ritenersi che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina, collocandosi in un sistema ampiamente favore vole per gli iscritti, in ordine all’entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l’INPS (così, tra le numerose, Cass. nn. 36056, 37043 e 38016 del 2022, 870, 1775, 18216 e 24555 del 2023);
che i dubbi di legittimità costituzionale paventati da parte controricorrente nei confronti dell’anzidetta ricostruzione sono già stati negativamente scrutinati da Cass. nn. 18201 del 2023 e 29608 del 2024, alle cui argomentazioni non può che farsi rinvio;
che del pari fondato è il secondo motivo, emergendo per tabulas che il ricorso in appello proposto dall’INPS aveva specificamente censurato l’assunto del giudice di prime cure secondo cui la decadenza di cui all’art. 38, d.l. n. 98/2011 (conv. con l. n. 111/2011) avrebbe dovuto applicarsi solo alle prestazioni aventi decorrenza successiva alla data di entrata in vigore della norma e la consequenziale condanna dell’ente alla corresponsione delle differenze sulla ‘quota A’ e sulla ‘quota B’ della pensione a decorrere dal mese di luglio 2011;
che il ricorso, conclusivamente, va accolto e, cassata la sentenza impugnata, la causa va rinviata alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione;
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione,