Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22060 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 22060 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/07/2025
SENTENZA
sul ricorso 3986-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in forza di procura rilasciata in calce al ricorso, dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME con domicilio eletto presso il loro studio, in ROMA, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
ISTITUTO RAGIONE_SOCIALE (INPS), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, per procura conferita in calce al controricorso, dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME, con domicilio eletto presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, in ROMA, INDIRIZZO
R.G.N. 3986/2024
COGNOME
Rep.
P.U. 9/4/2025
7/07/2022 giurisdizione Massimale contributivo (art. 2, comma 18, legge n. 335 del 1995).
SOCIETÀ DI RAGIONE_SOCIALE -intimata – per la cassazione della sentenza n. 674 del 2023 della CORTE D’APPELLO DI MILANO, depositata il 7 agosto 2023 (R.G.N. 322/2023). Udita la relazione della causa, svolta all’udienza dal Consigliere NOME
COGNOME
Udito il Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del secondo motivo di ricorso.
Udita, per il ricorrente , l’avvocat a NOME COGNOME in sostituzione, per delega verbale, dell’avvocato NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso .
Udito, per il controricorrente, l’avvocato NOME COGNOME che ha ribadito le conclusioni del controricorso.
FATTI DI CAUSA
1. -Con sentenza n. 674 del 2023, depositata il 7 agosto 2023, la Corte d’appello di Milano ha accolto il gravame dell’INPS e, in riforma della pronuncia del Tribunale della medesima sede, ha respinto la domanda di RAGIONE_SOCIALE volta a ottenere l’accertamento dell’invalidità dei provvedimenti di diffida ad adempiere emessi dall’INPS sul presupposto che la società avesse arbitrariamente applicato il massimale di cui all’art. 2, comma 18, della legge 8 agosto 1995, n. 335, per il pagamento dei contributi concernenti il signor COGNOME titolare di anzianità contributive antecedenti al primo gennaio 1996.
A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha argomentato che l’onere della prova delle agevolazioni contributive grava su chi le invochi e che, pertanto, è onere della società dimostrare i presupposti per l’applicazione del massimale.
È ininfluente che il lavoratore abbia rilasciato, sotto la propria responsabilità, dichiarazione attestante l’insussistenza di rapporti di lavoro autonomo o subordinato, con iscrizione presso forme di assicurazione obbligatoria.
Nessun rilievo, inoltre, ha la circostanza che il lavoratore non abbia perfezionato le sessanta giornate di assicurazione necessarie per la maturazione dell’annualità contributiva nel settore dei lavoratori dello spettacolo, in quanto ha comunque svolto per 21 giorni nel 1987 e per 32 giorni nel 1988 attività di recitazione presso il Piccolo Teatro di Milano, in data dunque anteriore al gennaio 1996.
Sono dovute, infine, le sanzioni civili per il ritardo, che costituiscono conseguenza automatica, legalmente predeterminata, introdotta al fine di rafforzare l’obbligazione contributiva e di risarcire il danno arrecato all’istituto assicuratore. La società ha contestato la pretesa di pagamento dei contributi e non ha neppure formulato specifica istanza di riduzione delle sanzioni.
–RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione contro la sentenza d’appello, articolando tre motivi di censura.
-L’INPS resiste con controricorso.
-La Società di cartolarizzazione dei crediti INPS s.p.a. non ha svolto attività difensiva.
-La causa è stata fissata per la pubblica udienza del 9 aprile 2025.
-Il Pubblico Ministero, prima dell’udienza, ha depositato una memoria e ha chiesto di accogliere il secondo motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti.
-In prossimità dell’udienza, la parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
-All’udienza, il Pubblico Ministero ha esposto le conclusioni motivate, già rassegnate nella memoria, e i difensori delle parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni formulate nei rispettivi atti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la parte ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., in relazione agli artt. 1, comma 23, e 2, comma 18, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e all’art. 12, quarto comma, della legge 30 aprile 1969, n. 153.
Avrebbe errato la Corte di merito nel ricondurre il ‘massimale contributivo’ al novero delle agevolazioni contributive e nel far gravare sul datore di lavoro l’onere di provare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione del massimale in questione.
2. -Con il secondo mezzo (art. 350, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente censura la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2, comma 18, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e lamenta che la sentenza d’appello abbia erroneamente inteso il concetto di anzianità contributiva, reputando irrilevante la circostanza che il lavoratore, nella specie, non abbia raggiunto la soglia minima dell’annualità di contribuzione (60 contributi giornalieri per ciascun anno), prevista in àmbito RAGIONE_SOCIALE
3. -Con la terza critica (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente si duole, infine, della violazione e della falsa applicazione dell’art. 116, comma 8, lettera a ), comma 10, lettera a ), e comma 15, lettera a ), della legge 23 dicembre 2000, n. 388, degli artt. 1175, 1176, 1218 e 1375 cod. civ.
La sentenza d’appello meriterebbe censura anche per non aver annullato le sanzioni irrogate dall’INPS e per non aver applicato un più favorevole regime sanzionatorio nella misura degl’interessi legali, alla luce delle peculiarità del caso concreto e del comportamento delle parti.
4. -Possono essere scrutinati congiuntamente il primo e il secondo mezzo, per la connessione che li avvince.
Essi si rivelano, nel loro complesso, infondati.
4.1. -La ratio decidendi della pronuncia impugnata non s’incardina sulla qualificazione del ‘massimale contributivo’ come agevolazione e sul conseguente riparto degli oneri probatori che a tale qualificazione si correla.
4.2. -La sentenza d’appello ha il suo fulcro nell’interpretazione e nell’applicazione della peculiare disciplina dell’art. 2, comma 18, della legge n. 335 del 1995 e resiste alle critiche mosse dalla ricorrente.
4.3. -Tale disposizione così stabilisce: «A decorrere dal periodo di paga in corso alla data di entrata in vigore della presente legge rientra nella retribuzione imponibile ai sensi dell ‘ articolo 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni e integrazioni, il 50 per cento della differenza tra il costo aziendale della provvista relativa ai mutui e prestiti concessi dal datore di lavoro ai dipendenti ed il tasso agevolato, se inferiore al predetto costo, applicato ai dipendenti stessi. Per i lavoratori, privi di anzianità contributiva, che si iscrivono a far data dal 1° gennaio 1996 a forme pensionistiche obbligatorie e per coloro che esercitano l ‘ opzione per il sistema contributivo, ai sensi del comma 23 dell ‘ articolo 1, è stabilito un massimale annuo della base contributiva e pensionabile di lire 132 milioni, con effetto sui periodi contributivi e sulle quote di pensione successivi alla data di prima assunzione, ovvero successivi alla data di esercizio dell’opzione. Detta misura è annualmente rivalutata sulla base dell ‘ indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, così come calcolato dall ‘ ISTAT. Il Governo della Repubblica è delegato ad emanare, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, norme relative al trattamento fiscale e contributivo della parte di reddito eccedente l ‘ importo del tetto in vigore, ove destinata al finanziamento dei Fondi pensione di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni ed integrazioni, seguendo criteri di coerenza rispetto ai principi già previsti nel predetto decreto e successive modificazioni ed integrazioni».
La previsione in esame è stata oggetto d’interpretazione autentica con l’art. 1, comma 280, della legge 28 dicembre 2015, n. 208: « Il comma 18 dell ‘ articolo 2 della legge 8 agosto 1995, n. 335, si interpreta nel senso che i lavoratori assunti successivamente al 31 dicembre 1995 ai quali siano accreditati, a seguito di una loro domanda, contributi riferiti a periodi antecedenti al 1º gennaio 1996 non sono soggetti all ‘ applicazione del massimale annuo della base contributiva e pensionabile, di cui alla medesima disposizione, a decorrere dal mese successivo a quello di presentazione della domanda».
4.4. -La disposizione richiamata è inequivocabile nel prevedere che il massimale annuo sulla base contributiva e pensionabile si applichi ai lavoratori privi di anzianità contributiva, che si iscrivono a far data dal 1° gennaio 1996 a forme pensionistiche obbligatorie e per coloro che esercitano l’opzione per il sistema contributivo .
La previsione non richiede che l’anzianità contributiva sia contraddistinta da una peculiare durata e sia utile a rivendicare determinate prestazioni, che neppure identifica.
Come l’Istituto ha evidenziato nel controricorso (pagina 8), con argomenti che la memoria illustrativa della ricorrente non confuta, l’àmbito soggettivo della norma si correla alla mancanza di anzianità contributiva, all’insussistenza di un rapporto di lav oro «sul quale è sorto un rapporto previdenziale/contributivo con accredito di qualsivoglia tipo e numero di contribuzione; restando del tutto irrilevante quale sia l’effetto di tale tipo e numero di contribuzione sul versante della prestazione previdenziale pensionistica o non pensionistica richiesta dal lavoratore».
Non è senza significato che il legislatore non abbia aggiunto ulteriori specificazioni, tanto più necessarie in un sistema improntato a ineludibili esigenze di certezza, e che si sia limitato ad attribuire rilievo ad una qualsivoglia anzianità contributiva.
L’assetto delineato dal legislatore risponde all’obiettivo di individuare un discrimine temporale univoco per l’applicazione del nuovo regime, allo scopo di fugare a tale riguardo ogni incertezza e d’imporre parametri oggettivi , e non subordina a ulteriori requisiti l’operatività della regola così sancita .
Nessuna verifica s’impone circa l’utilità della contribuzione e un siffatto requisito avrebbe richiesto una puntuale specificazione dei criteri che presiedono a tale riscontro.
4.5. -Una conferma si trae anche dalla disposizione d’interpretazione autentica, dettata dalla legge n. 208 del 2015, che esclude l’applicazione della regola del ‘massimale’, quando , su domanda dei lavoratori assunti dopo 31 dicembre 1995, siano accreditati contributi riferiti a periodi antecedenti al 1º gennaio 1996. L’esclusione della regola del massimale, a decorrere dal mese successivo alla presentazione della domanda, discende dall’accredito di contributi, a prescindere dall’ammontare degli stessi e da lla loro concreta idoneità a determinare l’accesso a una prestazione previdenziale.
4.6. -Tali considerazioni si dimostrano decisive e privano di rilievo gli argomenti, illustrati nel ricorso e nella memoria e ripresi nel corso della discussione, circa i requisiti in concreto utili a integrare l’annualità contributiva per i lavoratori dello spettacolo.
4.7. -A fronte della presenza di anzianità contributive antecedenti al primo gennaio 1996, i contributi previdenziali non possono essere computati e versati in ossequio al massimale fissato dall’art. 2, comma 18, della legge n. 335 del 1995 e si rivela fondata, pertanto, la pretesa dell’INPS con riguardo al differenziale.
-Infondata è la terza censura, che propugna l’applicazione della regola degl’interessi legali e non delle sanzioni civili, secondo il parametro dell’omissione.
Anche di recente questa Corte ha precisato, con argomentazioni ripercorse dall’Istituto e non contraddette in modo persuasivo dalla parte ricorrente, che lo stato d’incertezza sulla sussistenza dell’obbligo contributivo, prospettato con dovizia di dettagli nel ricorso e nella memoria illustrativa, riveste rilievo nell’àmbito delle specifiche disposizioni di cui all’art. 116, commi 10 e 15, lettera a ), della legge n. 388 del 2000.
Tali previsioni, invocate dall’odierna ricorrente, «attenuano il carico sanzionatorio, ma presuppongono l’avvenuto pagamento della condizione non versata» (Cass., sez. lav., 7 giugno 2023, n. 16090, pagina 5). Circostanza, quest’ultima, valorizzata nella s entenza d’appello e posta in risalto anche nel controricorso (pagina 8) come elemento ostativo all’accoglimento delle richieste veicolate con il terzo mezzo e volte all’applicazione di un regime più mite.
-Il ricorso dev’essere, nel suo complesso, respinto.
-La novità della questione interpretativa dell’art. 2, comma 18, della legge n. 335 del 1995, che rappresenta il punto nodale dell’impugnazione, induce a compensare le spese del presente giudizio.
-L’integrale rigetto del ricorso impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo della ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del presente giudizio. Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione civile del 9 aprile 2025.
Il Consigliere estensore La Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME