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Massa vestiario: è retribuzione o strumento di lavoro?

La Corte di Appello di Firenze, in sede di rinvio dalla Cassazione, ha stabilito che l’equivalente monetario della divisa aziendale, o massa vestiario, non costituisce retribuzione e non deve essere incluso nel calcolo del TFR. La sentenza chiarisce che la divisa, imposta per esigenze di riconoscibilità e immagine aziendale e il cui costo è interamente a carico del datore di lavoro, va qualificata come mero strumento di lavoro e non come un benefit per il dipendente, ribaltando le precedenti decisioni di merito.

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Pubblicato il 28 maggio 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Massa vestiario: non è retribuzione se è uno strumento di lavoro

La questione della massa vestiario, ovvero il valore economico della divisa aziendale, è da tempo al centro di contenziosi nel diritto del lavoro. La domanda cruciale è: questo valore deve essere considerato parte della retribuzione e, di conseguenza, incidere sul calcolo del Trattamento di Fine Rapporto (TFR)? Con una recente sentenza, la Corte di Appello di Firenze, in sede di rinvio, ha fornito un chiarimento fondamentale, stabilendo che la divisa, quando imposta nell’esclusivo interesse aziendale, è uno strumento di lavoro e non un compenso.

I fatti di causa

La vicenda trae origine dalla richiesta di un gruppo di lavoratori di un’azienda di trasporti. Essi sostenevano che il valore della divisa che erano obbligati a indossare dovesse essere incluso nella base di calcolo per le loro indennità di fine rapporto. Inizialmente, sia il Tribunale che la stessa Corte di Appello avevano dato loro ragione, qualificando la fornitura della divisa come una forma di retribuzione in natura, un vero e proprio benefit.

Il rinvio della Cassazione e la nuova valutazione sulla massa vestiario

L’azienda ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza d’appello e rinviando la causa per un nuovo esame. Il punto nodale, secondo la Cassazione, era la mancata o errata interpretazione degli accordi collettivi aziendali. Questi accordi, infatti, prevedevano che il costo della divisa fosse interamente a carico del datore di lavoro, sia al momento della fornitura che in caso di cessazione del rapporto. Questa circostanza suggeriva che la divisa rispondesse a un interesse primario dell’azienda, piuttosto che a un vantaggio economico per il lavoratore.

Le Motivazioni della Corte d’Appello

Nel nuovo giudizio (giudizio di rinvio), la Corte di Appello di Firenze ha dovuto attenersi ai principi espressi dalla Cassazione, giungendo a una conclusione opposta rispetto alla sua precedente pronuncia. La Corte ha stabilito che la massa vestiario nel caso specifico non ha natura retributiva.

Il ragionamento si fonda su alcuni pilastri decisivi:

1. Funzione dello Strumento di Lavoro: La divisa era imposta per ragioni funzionali all’organizzazione aziendale: rendere i dipendenti riconoscibili al pubblico, garantire un’immagine uniforme e decorosa dell’azienda. Queste finalità rispondono a un esclusivo interesse del datore di lavoro.

2. Obbligatorietà e Assenza di Alternativa: I lavoratori non avevano scelta. Erano obbligati a indossare quella specifica divisa, completa di accessori e distintivi, senza possibilità di utilizzare abiti personali, anche se più comodi. Questa imposizione è un onere, non un beneficio.

3. Il Risparmio di Spesa come Mera Conseguenza: I lavoratori hanno sostenuto che la fornitura della divisa comportasse un risparmio economico, non dovendo usurare i propri abiti. La Corte ha ritenuto questo vantaggio una mera conseguenza indiretta e non un interesse patrimoniale del dipendente tutelato dal contratto. Non è il fine della fornitura, ma un suo effetto collaterale, insufficiente a trasformare uno strumento di lavoro in retribuzione.

4. Distinzione dal Fringe Benefit: A differenza di un fringe benefit, che rappresenta un vantaggio aggiuntivo alla normale retribuzione (es. auto aziendale ad uso promiscuo), la divisa era strettamente funzionale all’esecuzione della prestazione lavorativa. La sua fornitura non arricchiva il patrimonio del lavoratore, ma lo dotava dello strumento necessario per adempiere ai suoi obblighi contrattuali secondo le modalità richieste dall’azienda.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza ribalta l’esito della controversia, escludendo il valore della massa vestiario dal calcolo del TFR dei lavoratori. Di conseguenza, la domanda dei dipendenti su questo specifico punto è stata respinta.

Questa decisione consolida un principio importante: per determinare la natura retributiva di un bene fornito dall’azienda, è necessario analizzare la sua causa e la sua funzione prevalente nel rapporto di lavoro. Se il bene è fornito principalmente per soddisfare un’esigenza organizzativa e di immagine del datore di lavoro, e il suo utilizzo è imposto al dipendente, esso va considerato uno strumento di lavoro. Il vantaggio economico per il lavoratore, se esiste, deve essere diretto e intenzionale per poter essere qualificato come retribuzione, e non una semplice conseguenza dell’adempimento di un obbligo lavorativo.

Il valore della divisa aziendale (“massa vestiario”) deve essere incluso nel calcolo del TFR?
No, secondo questa sentenza, il valore della divisa non deve essere incluso nel calcolo del TFR se essa rappresenta uno strumento di lavoro imposto nell’esclusivo interesse dell’azienda (es. riconoscibilità e immagine aziendale) e il cui costo è interamente sostenuto dal datore di lavoro.

Cosa distingue uno strumento di lavoro da una forma di retribuzione in natura come un fringe benefit?
Lo strumento di lavoro è un bene fornito per consentire o agevolare l’esecuzione della prestazione lavorativa nell’interesse prevalente dell’azienda. Un fringe benefit, invece, è un bene o servizio concesso al lavoratore come vantaggio aggiuntivo alla retribuzione, che ne arricchisce il patrimonio personale anche al di fuori della stretta necessità lavorativa.

Il fatto che un dipendente risparmi denaro non dovendo usare i propri vestiti rende la divisa una forma di retribuzione?
No. La Corte ha chiarito che il risparmio di spesa per il lavoratore è una mera conseguenza indiretta dell’obbligo di indossare la divisa. Non è la causa della fornitura e, pertanto, non è sufficiente a trasformare uno strumento di lavoro in un elemento retributivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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