Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1180 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1180 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 1175/2024 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE con sede in Riese INDIRIZZO (TV), alla INDIRIZZO in persona del presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante NOME COGNOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, dagli Avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME con cui elettivamente domicilia presso lo studio di quest’ultimo in Roma, alla INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (‘RAGIONE_SOCIALE‘), con sede in INDIRIZZO Edificio RAGIONE_SOCIALE, 15142 Arteixo (A Coruña), Spagna, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale alle liti a rogito Notar NOME COGNOME munita di Apostille ai sensi della Convenzione de l’Aia 5 ottobre 1961, sottoscritta in data 11 gennaio 2024, allegata al controricorso, dagli Avvocati NOME COGNOME (EMAIL e NOME COGNOME
(EMAIL, con i quali elettivamente domicilia presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del primo.
– controricorrente –
avverso la sentenza, n. 1173/2023, della CORTE DI APPELLO DI GENOVA, pubblicata il giorno 26/10/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 14/01/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto rigettarsi il ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. Con atto notificato il 13 aprile 2017, RAGIONE_SOCIALE (di seguito anche, breviter , Inditex) citò RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE per il prosieguo anche, semplicemente RAGIONE_SOCIALE) innanzi al Tribunale di Bologna, chiedendo l’accertamento e la declaratoria di nullità per mancanza di novità, ai sensi del combinato disposto degli artt. 25, lett. a ), e 12, comma 1, lett. d ) ed e ), c.p.i., dei seguenti marchi nazionali figurativi: ‘ Pasta Zara green ‘, n. 1.483.461, registrato per le classi 30, 35, 42 e 43; ‘ RAGIONE_SOCIALE e figura di donna ‘, n. 1.490.315, registrato per le classi 29, 30, 31, 32, 33, 35, 43; ‘ I love RAGIONE_SOCIALE ‘, n. 1.531.892, registrato per la classe 30; ‘ I love RAGIONE_SOCIALE ‘, n. 1.543.224, registrato per le classi 29, 31, 32 e 33; ‘ Pasta Zara e figura di donna ‘, n. 1.586.100, registrato per le classi 29, 30, 31, 32, 33, e 43. Il tutto con ulteriore richiesta, tra le altre, di inibitoria all’uso dei marchi contestati. Tali domande si basavano sulla titolarità in capo all’attrice dei diritti anteriori sul marchio internazionale n. 752502, avente ad oggetto il marchio figurativo Zara registrato per prodotti di abbigliamento (classe 25) e relativi servizi di vendita e promozionali (classe 35), sostanzialmente ‘replicato’ in quello europeo EUTM n. 8929952, avente ad oggetto la dicitura Zara per tutte le classi di prodotti e servizi della classificazione di Nizza.
1.1. Instauratosi il contraddittorio, si costituì la convenuta, chiedendo il rigetto delle avverse domande, perché infondate in fatto ed in diritto, altresì eccependo l’inammissibilità della domanda di inibitoria, generica e priva di allegazioni a supporto, nonché il difetto di competenza territoriale del Tribunale di Bologna a decidere della controversia in ragione della sede estera delle parti in causa.
1.2. Con ordinanza del 26 ottobre 2017, il giudice adito dichiarò la propria incompetenza territoriale in favore della Sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale di Genova, innanzi al quale, pertanto, Inditex tempestivamente riassunse il giudizio e COGNOME si costituì con comparsa di costituzione in riassunzione.
1.3. Con sentenza del 25 gennaio 2022, n. 155, il medesimo tribunale, respinta ogni diversa domanda ed eccezione, rigettò tutte le richieste dell’attrice, condannandola al pagamento delle spese di lite.
Pronunciando sul gravame promosso da RAGIONE_SOCIALE contro quella decisione, l’adita Corte di appello di Genova, con sentenza del 26 ottobre 2023, n. 1173, così, tra l’altro, dispose: « Dichiara la nullità dei marchi italiani n. NUMERO_DOCUMENTO depositato in data 22.9.2011, n. NUMERO_DOCUMENTO depositato in data 15.11.2011, n. 0001531892 depositato in data 19.6.2012, n. 0001543224 depositato in data 2.8.2012 e n. 0001586100 depositato in data 19.7.2 013 di cui è titolare l’appellata RAGIONE_SOCIALE; 2) dispone il divieto di util izzo da parte dell’appellata RAGIONE_SOCIALE dell’uso dei marchi dichiarati nulli e dispone a carico della stessa una penale ex art. 124 C.P.I. pari a € 500,00 per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione della sentenza oltre che per ogni futura violazione del comando inibitorio; ».
2.1. Per quanto qui di interesse, quella corte, descritto il contenuto dei motivi di impugnazione di RAGIONE_SOCIALE e richiamato il proprio precedente costituito dalla sentenza n. 995 del 2023, pronunciata tra le stesse parti, opinò che: i ) « In relazione al primo motivo di appello, effettivamente il Giudice di primo grado è incorso nell’errore denunciato dall’appellante, laddove ha ritenuto che l’indebito vantaggio per il titolare del marchio successivo (RAGIONE_SOCIALE debba sussistere unitamente al pregiudizio per il titolare del marchio anteriore,
mentre, secondo la Giurisprudenza citata nel richiamato precedente (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 27217 del 07/10/2021, Rv. 662721 -01), vengono delineati come distinti e alternativi, e non concorrenti, i presupposti della tutela accordata dalla legge al marchio che gode di rinomanza ». Chiarì, inoltre, richiamando la corrispondente giurisprudenza di legittimità, che « l’art. 12, lett. f), del d.lgs. n. 30/05, per escludere la novità del segno posteriore, così come l’art. 20, lett. c), per attribuire al titolare di marchio registrato che gode di rinomanza il diritto di vietare ai terzi l’uso della privativa , non richiedono -come per i marchi non rinomati – la sussistenza del requisito del rischio di confusione per il pubblico a causa dell’identità o della somiglianza tra i segni, essendo sufficiente, ai fini del diniego di registrazione o per accordare la tutela, che il contraffattore possa trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del segno anteriore ovvero che l’uso del segno senza giustificato motivo da parte del contraffattore possa recare pregiudizio al marchio di rinomanza. In particolare, il pregiudizio arrecato al carattere distintivo del marchio che gode di notorietà, indicato anche con il termine di ‘diluizione’, si manifesta quando risulta indebolita la sua idoneità ad identificare i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato, per il fatto che l’uso del segno identico o simile fa disperdere l’identità del marchio e della corrispondente presa nella mente del pubblico. Tale situazione si verificherà soprattutto qualora il marchio non sia più in grado di suscitare un’associazione immediata con i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato. Il pregiudizio arrecato alla notorietà, designato anche con il termine di ‘corrosione’, si verifica quando i prodotti o i servizi per i quali il segno identico o simile è usato dal terzo possono essere percepiti dal pubblico in modo tale che il potere di attrazione del marchio ne risulti compromesso … La nozione di ‘vantaggio in debitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio’, detto anche ‘parassitismo’, va, invece, ricollegato non al pregiudizio subìto dal marchio, quanto piuttosto al vantaggio tratto dal terzo dall’uso del segno identico o simile al marchio. Essa comprende, in particolare, il caso in cui, grazie ad un trasferimento dell’immagine del marchio o delle caratteristiche da questo proiettate sui
prodotti designati dal segno identico o simile, sussista un palese sfruttamento parassitario nella scia del marchio che gode di notorietà (sentenza nella causa C-487/07 cit., punto 41) senza che il titolare del marchio posteriore abbia dovuto operare sforzi propri in proposito e senza qualsivoglia remunerazione economica atta a compensare lo sforzo commerciale effettuato dal titolare del marchio per crearlo e mantenerne l’immagine (v. sempre sentenza nella causa C487/07 cit., punto 49). . È sufficiente che ricorra anche uno solo di questi tre tipi di violazione perché la disposizione vada applicata »; ii ) « Quanto al secondo motivo, effettivamente il Giudice di primo grado ha basato il diniego di protezione sull’esclusione del rischio di confusione, in ragione della diversità merceologica tra i rispettivi settori di riferimento. In tal modo, il Tribunale ha erroneamente omesso di considerare che la tutela rafforzata che la legge italiana – in attuazione della direttiva CE 89/104 (vedi art. 5, n. 2) – riconosce ai marchi di rinomanza comporta (oltre all’estensione di detta tutela a settori merceologici non affini) che, relativamente a tale tipologia di marchi, si può del tutto prescindere dall’accertamento di un eventuale rischio di confusione tra segni (sul punto, vedi Cass. n. 26000/2018). Anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (vedi sentenza 18/6/2009, L’Oréal e a., nella causa C-487/07, punto 36) ha osservato che, ai fini della configurabilità della fattispecie prevista dall’art. 5, n. 2, della direttiva 89/104 – di cui gli artt. 12, lett. f) , e 20.1., lett. c), del d.lgs. n. 30/2005, oggetto della presente trattazione, costituiscono attuazione – se, da un lato, occorre un certo grado di somiglianza tra il marchio e il segno, a causa del quale il pubblico interessato mette in relazione il segno posteriore e il marchio notorio, dall’altro, non è richiesto che il grado di somiglianza tra il marchio notorio e il segno utilizzato dal terzo sia tale da ingenerare, nel pubblico interessato, un rischio di confusione. È, infatti, sufficiente che il grado di somiglianza tra il marchio notorio e il segno abbia come effetto che il pubblico interessato stabilisca un nesso tra il segno e il marchio (v. anche sentenze RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, 23 ottobre 2003 , causa C408/2001, punti 29 e 31, 41) »; iii ) « Per quanto attiene al terzo motivo di appello, effettivamente il Giudice di primo grado esclude l’esistenza del nesso
(definito dalla Giurisprudenza appena citata ‘un grado di similarità tra il marchio ed il segno, a causa del quale il pubblico interessato mette o può mettere in relazione il segno ed il marchio, stabilendo un collegamento tra gli stessi, quand’anche non c onfondendoli’) tra il marchio rinomato RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e i marchi di RAGIONE_SOCIALE assumendo: a) che, per i marchi RAGIONE_SOCIALE che abbinano all’espressione ‘Pasta Zara’ l’immagine di una donna che reca il fascio di spighe, il nesso sarebbe da escludere perché ‘la diffe renziazione grafica è notevole e, unita alla intensità della differenziazione merceologica, … crea una notevole distanza tra i due marchi’. Sul punto si rimanda alle considerazioni ampiamente svolte nel citato precedente di questa Corte ; b) che, per i due marchi ‘I love pasta Zara’, è vero che ‘in essi il fatto che la parola Pasta sia assorbita in una locuzione più ampia che allontana la dicitura su confezione dalla mera presentazione del prodotto avvicina la possibilità di un uso generalizzato del marchio più ampio e in potenziale conflitto con la tutela del marchio notorio RAGIONE_SOCIALE, ma non vi sarebbe ‘in atti alcuna denuncia neppure di una possibilità concreta di tale uso’, non essendovi ‘allegazione di un ampliamento della gamma di prodotti offerti dalla convenuta’, né della ‘possibilità che la registrazione di tale marchio sia stata fatta a scopo difensivo o emulativo’. Sul punto si veda la decisione (citata nel precedente di questa Corte sopra riportato) della Corte di Giustizia, sentenza 1/4/2019, procedimento n. T655/17 che, dopo avere ribadito che le differenze tra i prodotti e i servizi coperti dai marchi in conflitto non possono di per sé escludere alcun rischio di ingiusto vantaggio derivante dall’uso del marchio richiesto, al paragrafo 41 precisa che ‘dalla giurisprudenza emerge che l’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 non ha lo scopo di impedire la registrazione di qualsiasi marchio identico ad un marchio notorio o simile. L’obiettivo di tale disposizione è, segnatamente, di consentire al titolare di un marchio anteriore nazionale o dell’Unione europea notorio di opporsi alla registrazione di marchi idonei a recare pregiudizio alla notorietà o al carattere distintivo del marchio anteriore o a trarre indebitamente vantaggio da tale notorietà o carattere distintivo. Va al riguardo precisato che il titolare del marchio anteriore non è
tenuto a dimostrare l’esistenza di una lesione effettiva e attuale del suo marchio. Esso deve tuttavia addurre elementi che permettano di concludere prima facie nel senso di un rischio futuro non ipotetico di indebito vantaggio o di pregiudizio’; da questo punto di vista, come correttamente prospettato dall’appellante, si deve rilevare che ‘il pubblico di riferimento del marchio RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e dei marchi contenenti la parola RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE oggetto di contestazione è il medesimo. Si tratta, infatti, dello stesso pubblico composto dal consumatore medio di prodotti e servizi di uso comune, tanto di generi alimentari e servizi di ristorazione come di prodotti di abbigliamento, incluso in particolare il pubblico femminile: ossia lo stesso pubblico femminile che ben può comprare pasta a marchio ‘RAGIONE_SOCIALE‘ nei supermercati, ed articoli di abbigliamento a marchio RAGIONE_SOCIALE nei negozi dell’appellante» (atto di appello pag. 24); ragion per cui, come rimarcato nel precedente di questa Corte, ‘nella specie essendo il pubb lico di riferimento il medesimo (cd. grande pubblico), vi è un rischio futuro di indebito vantaggio’, tutt’altro che meramente ipotetico ». La stessa corte, infine, dopo aver dato atto dell’assunto di COGNOME secondo cui, « Da ultimo, è stato accertato, anche per via testimoniale, che l’uso del nome Zara da parte del pastificio convenuto è collegato alla originaria effettiva provenienza della attività dalla città Dalmata. Sussistono quindi ragioni identitarie che possono essere ravvisate come ‘giusto motivo’ per l’utilizzo di tale denominazione’ (cfr. sentenza impugnata pag. 11 e 12, a cavaliere) … tale capo della sentenza non è stato impugnato dall’appellante, con conseguente formazione del giudicato sul punto (pag. 17 comparsa di costituzione in appello) », osservò, al riguardo, che « il marchio in questione riguardava solo il codice 30, limitato al settore della produzione alimentare di pasta secca (codice 30 paste alimentari) mentre i marchi successivamente registrati sono relativi anche ad altri settori merceologici. Da questo punto di vista, tali marchi rappresentano il tentativo di trarre vantaggio dall’effetto trainante del marchio rinomato RAGIONE_SOCIALE per espandere la propria attività commerciale oltre l’ambito originario. Tale considerazione è sufficiente altresì ad escludere la sussistenza del giusto motivo. A questo proposito non sussiste il giudicato eccepito da parte appellata. Sul punto, si
riporta per intero la motivazione della sentenza impugnata: ‘ Da ultimo è stato accertato, anche per via testimoniale, che l’uso del nome Zara da parte del pastificio convenuto è collegato alla originaria effettiva provenienza della attività dalla città dalmata. Sussistono quindi ragioni identitarie che possono essere ravvisate come ‘giusto motivo’ per l’utilizzo di tale denominazione se effettuato in modo non eccedente e quindi non interferente con la particolare connotazione del diritto dell’attrice’ (pag. 11 -12 sentenza impugnata). Appare infatti evidente che in tale frase non viene espresso alcun tipo di accertamento. Viene, in effetti, sol o formulata un’ipotesi in ordine alla ravvisabilità del ‘giusto motivo’ per l’utilizzo della denominazione in questione, ma solo se e in quanto ‘effettuato in modo non eccedente e quindi non interferente con la particolare connotazione del diritto dell’attrice’: ciò che è da escludere alla luce delle considerazioni sopra svolte, che hanno condotto all’accoglimento dei motivi di appello ».
Per la cassazione di questa sentenza, RAGIONE_SOCIALE ha promosso ricorso affidato a cinque motivi. Ha resistito, con controricorso, RAGIONE_SOCIALE Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I formulati motivi di ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
«(Ex art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c.). Motivazione apparente della sentenza per aver la Corte d’Appello motivato la decisione per relationem mediante rinvio alla propria decisione n. 995/2023 emessa fra le parti in data 14 giugno 2023 (pubblicata il 15 settembre 2023) in assenza dei presupposti che giustificano l’adozione di tale tecnica redazionale e rendendo in tal modo incomprensibile la ratio decidendi della sentenza impugnata ». In particolare, si ascrive alla corte distrettuale di avere motivato, in larga parte, le ragioni di accoglimento della domanda di nullità dei marchi dell’esponente per violazione dell’art. 12, lett. e ), c.p.i., mediante il rinvio a quanto già statuito con la propria sentenza n. 995/2023, pronunciata tra le stesse parti, rendendo, così, sul punto, una motivazione che, sebbene graficamente esistente in forza del richiamo al citato precedente, risulta del tutto
apparente per difetto di individuazione della ratio decidendi posta a base della decisione. Ciò soprattutto stante l’asserita « non pertinenza del precedente richiamato rispetto alla fattispecie concreta che, con la sentenza impugnata, la Corte d’Appello è stata chiamata ad esaminare »;
II) «(Ex art. 360, primo comma, n. 3 ovvero n. 4, c.p.c.). Violazione e falsa applicazione di legge, in relazione all’art. 12, comma 1, lettera e), in combinato disposto con l’art. 25 lett. a), c.p.i., nonché in relazione ai criteri di matrice giurisprudenziale e dottrinale che disciplinano il giudizio di interferenza fra marchi con riferimento alla prova della sussistenza del presupposto di tutela del marchio rinomato consistente nell’indebito vantaggio conseguito dal titolare del marchio successivo dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio anteriore, ovvero motivazione solo apparente del capo della sentenza relativo all’accertamento della sussistenza dell’indebito vantaggio per RAGIONE_SOCIALE conseguente all’uso dei marchi contestati ». La censura riproduce l’analogo motivo già formulato dalla odierna ricorrente nell’impugnare, innanzi a questa Corte (giudizio n.r.g. 23758/2023), il richiamato precedente della Corte di appello di Genova costituito dalla sentenza n. 995/23;
III) «(Ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.). Violazione di legge per aver la Corte d’Appello illegittimamente escluso l’operatività della scriminante del giusto motivo prevista dall’art. 12, comma 1, lett. e), sulla base della pretesa intenzione di RAGIONE_SOCIALE di trarr e vantaggio dall’immagine del marchio RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE dando in tal modo errata applicazione alla suddetta norma ». Si contesta il capo della sentenza impugnata che ha escluso che la storicità dell’attività imprenditoriale legata all’antico RAGIONE_SOCIALE con sede a Zara, in Dalmazia, di cui COGNOME ha raccolto l’eredità, costituisca un giusto motivo di utilizzo di detto marchio da parte della odierna ricorrente, sia per pasta, sia per prodotti e servizi che costituiscono la naturale espansione dell’attività imprenditoriale dell’esponente. In particolare, si imputa alla corte genovese di avere « del tutto inopinatamente escluso la sussistenza del giusto motivo sulla base del preteso e indimostrato stato soggettivo di COGNOME legato alla volontà di trarre vantaggio dall’immagine del
marchio Zara di RAGIONE_SOCIALE per espandere la propria attività commerciale in settori diversi da quello della produzione e del commercio di pasta alimentare »;
IV) «(Ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.). Violazione degli artt. 2909 c.c., 324, 327 e 329, secondo comma, c.p.c., per aver la Corte d’Appello escluso che la statuizione relativa alla sussistenza di un giusto motivo ai sensi dell’art. 12, lett. e), c.p.i., con tenuta nella sentenza del Tribunale, avesse carattere di accertamento idoneo al giudicato »;
V) «(Ex art. 360, primo comma n. 3 c.p.c. ovvero n. 4 c.p.c.). Violazione e falsa applicazione di legge, in relazione all’art. 124 c.p.i., per aver la Corte d’Appello disposto l’inibitoria all’utilizzo dei marchi di RAGIONE_SOCIALE in assenza dei presupposti di legge ovvero motivazione assente in relazione al ragionamento che ha condotto la Corte d’Appello a disporre l’inibitoria all’uso dei marchi di RAGIONE_SOCIALE ». Si deduce che l’inibitoria disposta dalla corte distrettuale, alla quale la parte motiva della sentenza nemmeno fa cenno per illustrare le ragioni per le quali è stata concessa, « è censurabile, tra l’altro, anche in quanto basata sull’accoglimento di una domanda avversaria del tutto indeterminata e priva di fondamento in fatto e in diritto, oltre che sfornita di qualsivoglia allegazione. La Corte d’Appello è quindi incorsa in errore disponendo la misura richiesta da RAGIONE_SOCIALE in assenza del presupposto di concessione dell’inibitoria rappresentato, come è noto, dall’uso del marchio del quale viene dichiarata la nullità. Infatti, non può considerarsi sussistente alcuna consequenzialità o accessorietà tra la domanda di accertamento della nullità e quella di inibitoria all’uso del marchio dichiarato nullo, potendosi rilevare tale nesso esclusivamente con la domanda di co ntraffazione che, come è noto, presuppone l’uso del marchio contestato ».
Allo scrutinio delle descritte doglianze è opportuno anteporre alcune considerazioni di carattere generale.
2.1. Innanzitutto, è doveroso ricordare che, come sottolineato già nella premessa generale all’esame dei motivi del ricorso promosso da Ffauf contro la sentenza della Corte di appello di Genova n. 995/2023 (ricorso n.r.g. 23758/23), richiamandosi le corrispondenti conclusioni scritte ivi rassegnate
dal Pubblico Ministero, il marchio notorio è un segno che, come rivela la stessa definizione, ha raggiunto, in uno specifico settore, un significativo grado di conoscenza tra il pubblico e, quindi, è idoneo a contraddistinguere un produttore che si è distinto in un determinato ambito a tal punto da renderlo universalmente conosciuto per le sue realizzazioni. Appartengono, dunque, al novero dei marchi notori i segni che contraddistinguono grandi catene di distribuzione dei prodotti a livello internazionale così come produttori più di nicchia, ma la cui qualità di produzione li rende capofila nel settore di appartenenza. Il comune denominatore di tutti i marchi che compongono il novero dei marchi ‘notori’ o ‘rinomati’ è , per l’appunto, la fama, cioè l’appartenere ad un gruppo di marchi conosciuti dai consumatori indipendentemente dall’uso che questi facciano dei prodotti. Si tratta, cioè, di segni che hanno una potenzialità intrinseca ultramerceologica, in quanto conosciuti dalla totalità dei consumatori e, quindi, immediatamente riconoscibili anche quando applicati su prodotti non tipici nella categoria merceologica originaria. In virtù di tale caratteristica, godono, a livello europeo, di una protezione supplementare non immediatamente vincolata ad un giudizio di confondibilità.
2.2. In secondo luogo, deve osservarsi che la Corte d’appello di Genova, mediante il richiamo al proprio precedente costituito dalla sentenza n. 995/2023, ha individuato, sostanzialmente, nell’indebito vantaggio per RAGIONE_SOCIALE la ragione della tutela ultramerceologica del marchio rinomato ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, di titolarità di RAGIONE_SOCIALE, altresì evidenziando un profilo di pregiudizio per quest’ultima nella misura in cui la stessa risultava aver già sondato la possibilità di espandersi anche nello specifico settore nella distribuzione dei cibi e della ristorazione così come avevano effettuato, in precedenza, altre società detentrici di marchi altrettanto notori.
2.3. Da ultimo, occorre rimarcare che il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. (specificamente invocato dalla ricorrente in tutte le prospettate censure) può rivestire la forma della violazione di legge (intesa come errata negazione o affermazione dell’esistenza o inesistenza di una norma, ovvero attribuzione alla stessa di un significato inappropriato) e della
falsa applicazione di norme di diritto (intesa come sussunzione della fattispecie concreta in una disposizione non pertinente perché, ove propriamente individuata ed interpretata, riferita ad altro, ovvero deduzione da una norma di conseguenze giuridiche che, in relazione alla fattispecie concreta, contraddicono la sua, pur corretta, interpretazione. Cfr ., tra le più recenti, Cass. nn. 27328, 19423, 16448 e 5436 del 2024; Cass. n. 1015 del 2023; Cass. nn. 5490, 3246 e 596 del 2022; Cass. nn. 40495, 28462, 25343, 4226 e 395 del 2021). È opportuno evidenziare, inoltre, che questa Corte, ancora recentemente ( cfr ., pure nelle rispettive motivazioni, oltre alle pronunce appena citate, Cass. n. 35041 del 2022, Cass. n. 33961 del 2022 e Cass. n. 13408 del 2022), ha chiarito, tra l’altro, che: a ) non integra violazione, né falsa applicazione di norme di diritto, la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poiché essa si colloca al di fuori dell’ambito interpretative ed applicativo della norma di legge; b ) il discrimine tra violazione di legge in senso proprio (per erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa) ed erronea applicazione della legge (in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, diversamente dalla prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa ( cfr . Cass. n. 10313 del 2006; Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2015; Cass. n. 8315 del 2013; Cass. n. 16698 del 2010; Cass. n. 7394 del 2010); c ) le doglianze attinenti non già all’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito ( cfr . Cass. n. 13238 del 2017; Cass. n. 26110 del 2015).
Fermo, dunque, tutto quanto precede, il primo motivo di ricorso si rivela complessivamente infondato.
3.1. Invero, per motivare in riferimento ai precedenti conformi, è sufficiente indicare, se non soltanto gli estremi -autorità, data di pubblicazione e numero di registro generale – della pronuncia richiamata, sempre se essa sia agevolmente reperibile, certamente la massima o i
passaggi essenziali in diritto esposti nel precedente: dopo di che, non è richiesto al giudice pure di ribadire gli argomenti con proprie parole o di esternare le proprie ragioni, tali che lo abbiano condotto a condividere quelle conclusioni. Nel richiamo di un precedente conforme, peraltro, non va sottovalutato il fatto, nel senso che la sua somiglianza è il presupposto indispensabile della legittimità del rinvio. Onde scongiurare il rischio di una motivazione apparente, dunque, non è sufficiente richiamare un generico orientamento giurisprudenziale, ma occorre che ne sia chiaro il contenuto.
3.2. Tanto premesso, la corte genovese, laddove ha fatto riferimento ad un proprio precedente (la sentenza n. 995/2023, pronunciata in data 14 giugno/14 settembre 2023), peraltro intervenuto tra le stesse parti ed esaustivamente indicato, ha adottato una tecnica di motivazione che è entrata a fare parte dell’ordinamento positivo a seguito della modifica del comma 1 dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. disposta dall’art. 52, comma 5, della legge n. 69 del 2009, a decorrere dal 4 luglio ( cfr . Cass. n. 14786 del 2016). Sul punto del richiamo ai precedenti, di cui all’ultima parte dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., la qui condivisa giurisprudenza di legittimità ( cfr . Cass. n. 17640 del 2016 e Cass. n. 29017 del 2021), afferma che: « La sentenza di merito può essere motivata mediante rinvio ad altro precedente dello stesso ufficio, in quanto il riferimento ai “precedenti conformi” contenuto nell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. non deve intendersi limitato ai precedenti di legittimità, ma si estende anche a quelli di merito, ricercandosi per tale via il beneficio di schemi decisionali già compiuti per casi identici o per la risoluzione di identiche questioni, nell’ambito di un più ampio disegno di riduzione dei tempi del processo civile; in tal caso, la motivazione del precedente costituisce parte integrante della decisione, sicché la parte che intenda impugnarla ha l’onere di compiere una precisa analisi anche delle argomentazioni che vi sono inserite mediante l’operazione inclusiva del precedente, alla stregua dei requisiti di specificità propri di ciascun modello di gravame, previo esame preliminare della sovrapponibilità del caso richiamato alla fattispecie in discussione ».
3.3. Nella specie, la corte distrettuale ha identificato le due registrazioni di marchio anteriori azionate nel giudizio di merito da RAGIONE_SOCIALE ( cfr . pag. 4 della sentenza impugnata), specificando, con riferimento al marchio internazionale, esteso all’Italia, ” RAGIONE_SOCIALE ” n. 752502 della odierna controricorrente, le classi di prodotto e servizio da esso rivendicati (25, 35) e precisando che detto marchio internazionale risulta “sostanzialmente replicato” nel secondo marchio azionato da RAGIONE_SOCIALE, ovvero il marchio dell’Unione Europea n. 8929952 ” RAGIONE_SOCIALE “. Tale ultimo marchio rivendica un catalogo molto più ampio di classi di prodotti e servizi, fra cui, appunto, le classi 25 (moda) e 35 (servizi di vendita), ovvero esattamente le classi rivendicate dal marchio internazionale e per le quali il marchio RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE deve ritenersi notorio.
3.4. È palese, dunque, che quella corte ha identificato dettagliatamente il marchio anteriore ed i prodotti e servizi rivendicati da cui scaturiscono le prerogative di protezione riconosciute ai marchi notori ed ha richiamato (comunque in maniera più che sufficiente) anche l’altro marchio RAGIONE_SOCIALE dell’Unione Europea (n. NUMERO_DOCUMENTO) che di fatto replica il precedente, pur aggiungendo una serie ulteriori di classi. Essa, inoltre, ha ritenuto nulli i marchi successivi della ricorrente a componente Zara non già sulla base della loro confondibilità, bensì della rinomanza di quelli della controricorrente, sicché non è censurabile la modalità con la quale essa ha identificato le anteriorità invalidanti di Inditex.
3.5. Nemmeno persuade, poi, l’assunto della ricorrente secondo cui la corte d’appello avrebbe erroneamente applicato la tecnica redazionale per relationem richiamando il proprio precedente, senza considerare che le due fattispecie avrebbero ” presupposti di fatto e di diritto” diversi .
3.5.1. Infatti, il richiamo al proprio precedente come effettuato da quella corte ha inteso riguardare le ragioni per cui, anche in quella sede, la stessa corte valutò la rinomanza del marchio RAGIONE_SOCIALE , con riferimento alle classi 25 e 35, rispetto ad una marchio successivo di RAGIONE_SOCIALE includente la parola Zara ed a prescindere dalla registrazione anteriore richiamata (nell’ambito di un portafoglio marchi di RAGIONE_SOCIALE sul segno Zara che conta decine di
registrazioni), e la sussistenza delle condizioni di protezione di detto marchio notorio secondo i criteri dell’art. 12, comma 1, lett. e ), c.p.i. È palese, in altri termini, che, a prescindere dalla diversità (meramente amministrativa) delle registrazioni sul marchio notorio RAGIONE_SOCIALE rispettivamente azionate in giudizio da RAGIONE_SOCIALE e dall’ovvia circostanza che, in ciascuno dei due procedimenti, RAGIONE_SOCIALE ha tacciato di nullità diverse registrazioni di marchio in titolarità di RAGIONE_SOCIALE accumunate dal fatto di possedere al proprio interno una componente verbale Zara , la questione giuridica in essi affrontata (tutela rafforzata del marchio rinomato e suoi presupposti) sia la stessa. Da tanto consegue che la corte territoriale, affatto legittimamente, si è avvalsa del rinvio al proprio menzionato precedente avendo in esso rintracciato una regula iuris da questo estrapolabile (segnatamente in punto di notorietà del marchio registrato RAGIONE_SOCIALE e di sussistenza dei presupposti di applicazione della tutela ultramerceologica, con corretto ridimensionamento del rapporto di alternanza fra indebito vantaggio ed ingiusto danno); una regula iuris perfettamente suscettibile di applicazione ad altra fattispecie di interferenza fra marchi RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, da un lato, e marchi a componente verbale Zara di Ffauf, dall’altro, posto che la medesima corte, come si è anticipato, ha fatto precedere comunque l’applicazione di tale regula iuris da un effettivo inquadramento delle diverse questioni di fatto oggetto del giudizio in decisione.
Il secondo motivo di ricorso -assolutamente analogo al primo motivo del ricorso n. 23758-2023 -si rivela complessivamente inammissibile.
4.1. Invero, ribadito che il marchio notorio è tale in quanto conosciuto dalla generalità del pubblico e non è necessariamente legato alla distribuzione di prodotti di lusso o dai connotati di esclusività e raffinatezza, l a motivazione della corte d’appello, tutt’altro che apparente (ben comprendendosene l’ iter logico), risulta conforme ai principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità in casi analoghi e si fonda su di un ragionamento lineare nel quale richiama quanto già affermato nella sua precedente decisione, n. 995/2023, teso a dimostrare come il comportamento della società RAGIONE_SOCIALE fosse inquadrabile nell’ambito una tattica di agganciamento
( freeriding ) finalizzata a rendere affini, se non sovrapponibili, il proprio marchio con quello della nota catena di distribuzione di abbigliamento spagnola. Questa strategia appare delineata anche nei motivi di merito alla base della sentenza della Corte territoriale nel presente procedimento e si basa su un apprezzamento globale del marchio della società controricorrente.
4.2. Del tutto ultronea, invece, appare, in questa sede, la questione dell’inammissibilit à di documenti asseritamente depositati tardivamente, posto che nulla si rinviene, sul punto, nella sentenza impugnata.
4.3. Pienamente condivisibili, poi, sono le argomentazioni del Pubblico Ministero, rinvenibili nelle sue conclusioni scritte ( cfr . pag. 3 e ss.), laddove si è escluso che fosse conferente, nella odierna vicenda, il richiamo effettuato dalla ricorrente alla violazione dei criteri probatori dettati dalla sentenza Corte di Giustizia Intel/CPM (C-257/02).
4.3.1. Giova ricordare, peraltro, che pure la Corte di Giustizia, nell’affermare che il titolare del marchio anteriore è tenuto a dimostrare l’esistenza di una violazione effettiva e d attuale del suo marchio ai sensi dell’art. 4, n. 4, lett. a ), della direttiva, o di un rischio serio che una tale violazione si produca in futuro, ha puntualizzato che, allorquando è prevedibile che dall’uso che il titolare del marchio posteriore ha fatto del proprio marchio deriverà una tale violazione, il titolare del marchio anteriore non deve essere obbligato ad attendere che questa si avveri per poter far vietare detto uso. Egli, dunque, deve/dovrà dimostrare l’esistenza di elementi che permettano di concludere per un rischio serio che la violazione abbia luogo in futuro. Pertanto, i canoni su cui si è fondata la decisione della corte d’appello appaiono essere conformi a tali principi.
4.4. Quanto, poi, alla sussistenza, nella vicenda in esame, di un indebito vantaggio per Ffauf, la corte, mediante il richiamo al proprio menzionato precedente (sent. n. 995/2023) e tenuto conto degli elementi probatori forniti da RAGIONE_SOCIALE, ha inteso compiere una valutazione di tipo sia soggettivo che oggettivo, in applicazione dell’univoca giurisprudenza comunitaria in materia secondo cui occorre effettuare una valutazione globale, tenendo
conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie. Tra i quali figurano, in particolare, l’intensità delle notorietà ed il grado del carattere distintivo del marchio, il grado di somiglianza tra i marchi in conflitto, nonché la natura ed il grado di prossimità dei prodotti o dei servizi interessati, nella prospettiva di determinare -come, in effetti, la sentenza ha determinato -se, nelle condizioni oggettive date, risultasse, o meno, probabile che, nel corso normale degli eventi, COGNOME traesse o potesse trarre un ingiusto vantaggio dalla notorietà e dal carattere distintivo del marchio RAGIONE_SOCIALE della odierna controricorrente, attraverso un uso del termine Zara oggetto della registrazione di marchio in causa esteso oltre al mercato della pasta.
4.5. In definitiva, l’odierna doglianza si rivela sostanzialmente volta ad ottenere un riesame delle conclusioni cui è giunta la corte distrettuale sulla base degli accertamenti, di natura chiaramente fattuale, da essa svolti, così dimenticando che: i ) il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. deve essere dedotto, a pena di inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4, cod. proc. civ., non solo con la indicazione delle norme assertivamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendosi alla Corte regolatrice di adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione ( cfr . tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass., SU, n. 34782 del 2024; Cass. nn. 33909, 27328, 16448 e 15033 del 2024; Cass. nn. 13408 e 9014 del 2023; Cass. n. 31071 del 2022. Si veda pure Cass., SU, n. 23745 del 2020, a tenore della quale, « in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di
raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni -la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa »); ii ) spetta al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le risultanze processuali, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliendo, tra le stesse, quelle ritenute più idonee a dimostrare i fatti in discussione e, quindi, a fondare la decisione; iii ) il giudizio legittimità non può essere trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative ( cfr . Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass. n. 8758 del 2017; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. nn. 32026 e 40493 del 2021; Cass. nn. 30435, 35041 e 35870 del 2022; Cass. nn. 27522, 30878 e 35782 del 2023; Cass. nn. 10712, 19423, 25495 e 33909 del 2024).
Il terzo motivo di ricorso è parimenti inammissibile.
5.1. Infatti, la corte distrettuale ha compiuto una valutazione complessiva del comportamento della società ricorrente, basandosi su una serie di considerazioni puntuali che, nell’insieme, danno esaustivamente conto del convincimento della medesima corte circa la configurabilità di finalità di agganciamento da parte di COGNOME.
5.2. In definitiva, anche questa doglianza si risolve, sostanzialmente, in una richiesta di rivisitazione del merito, sicché possono qui richiamarsi i principi tutti esposti alla fine del precedente motivo.
Il quarto motivo è complessivamente infondato.
6.1. Invero, la corte d’appello ha ritenuto che il capo della sentenza di prime cure investito dalla odierna censura non contenesse alcun tipo di accertamento sul quale potesse essersi formato il giudicato in assenza di specifica impugnazione in sede di appello. Ha rilevato, altresì, che l’inciso
della sentenza in discussione, esaurite le argomentazioni in tema di indebito vantaggio, esprimesse una mera ipotesi in ordine alla sussistenza di un giustificato motivo d’uso dei marchi contestati: ipotesi, comunque, da considerarsi condizionata alla circostanza -esclusa dalla corte genovese con statuizione ormai definitiva, atteso quanto si è detto disattendendosi i motivi precedenti -che non fosse stato travalicato il confine dell’uso lecito del successivo marchio, attraverso sconfinamenti di campo volti ad approfittare delle prerogative di rinomanza e legittima aspettativa in termini di espansione merceologica dell’altrui marchio o comunque in qualunque modo idonei a ledere il valore attrattivo del marchio noto.
6.2. Si tratta di valutazione assolutamente coerente con l’inciso suddetto, sicché da essa consegue che così da conseguirne che, nella misura in cui, per le ragioni già esposte, è stato accertato che detto travalicamento è avvenuto per il tramite della registrazione dei marchi in disputa, è venuto meno il presupposto stesso dell’esimente ancora oggi invocato dalla ricorrente.
6.3. A tanto deve aggiungersi che, giusta la recente Cass. n. 27246 del 2024, ‘ In tema di appello, la mancata impugnazione di una o più affermazioni contenute nella sentenza può dare luogo alla formazione del giudicato interno soltanto se le stesse siano configurabili come capi completamente autonomi, risolutivi di questioni controverse che, dotate di propria individualità ed autonomia, integrino una decisione del tutto indipendente, e non anche quando si tratti di mere argomentazioni, oppure della valutazione di presupposti necessari di fatto che, unitamente agli altri, concorrano a formare un capo unico della decisione ‘ (conf. Cass. n. 20951 del 2022 e Cass. n. 40276 del 2021).
Il quinto motivo di ricorso, infine, non merita accoglimento.
7.1. È sicuramente vero che nessuna motivazione si rinviene nella sentenza impugnata relativamente all’inibitoria pronunciata nel suo dispositivo.
7.2. Occorre tuttavia, da un lato, valorizzare la circostanza che, al punto II delle conclusioni rassegnate in appello da Inditex, così come riportate
nell’epigrafe della sentenza predetta, è riportata una puntuale richiesta di inibitoria sostenuta da un provvedimento ai sensi dell’articolo 124 c.p.i.; dall’altro, considerare che, come condivisibilmente sostenuto dalla difesa della controricorrente, in una causa di nullità di marchio per interferenza non in forma di confondibilità con marchi ordinari, bensì in forma di lesione o approfittamento delle prerogative e del valore attrattivo accresciuto del marchio anteriore rinomato, laddove si evidenza, peraltro, una situazione di pericolo il più delle volte potenziale o futura, la misura dell’inibitoria risulta, oltre che conforme al dettato normativo, del tutto doverosa: ciò sia in ragione, appunto, del suo carattere preventivo alla luce del concreto pericolo della commissione del comportamento da inibire, sia per intuibili esigenze di certezza del diritto ai fini di un ‘ efficace protezione del diritto di esclusiva.
8. In conclusione, dunque, il ricorso di RAGIONE_SOCIALE deve essere respinto, restando a suo carico le spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitasi controricorrente, altresì dandosi atto, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/02, i presupposti processuali per il versamento, da parte della menzionata ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il suo ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso di RAGIONE_SOCIALE e la condanna al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitasi controricorrente, liquidate in complessivi € 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della medesima ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile