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Mansioni superiori: retribuzione per non dirigenti

Una recente ordinanza della Cassazione chiarisce il diritto alla retribuzione per mansioni superiori nel pubblico impiego. Un dipendente non dirigente, che di fatto svolgeva compiti manageriali, ha visto riconosciuto il proprio diritto al trattamento economico superiore. La Corte ha stabilito che le norme restrittive previste per le sostituzioni tra dirigenti non si applicano quando è un funzionario non qualificato come tale a svolgere le funzioni più elevate, applicandosi invece l’art. 52 del D.Lgs. 165/2001.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Mansioni Superiori: Diritto alla Retribuzione Anche Senza la Qualifica di Dirigente

Il riconoscimento delle mansioni superiori nel pubblico impiego rappresenta un tema complesso e dibattuto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto un chiarimento cruciale, stabilendo un principio fondamentale a tutela dei dipendenti che, pur non avendo la qualifica formale, si trovano a svolgere di fatto compiti dirigenziali. Questo provvedimento distingue nettamente la posizione di un funzionario da quella di un dirigente che sostituisce un collega, con importanti implicazioni sul diritto alla retribuzione.

I fatti di causa

Il caso esaminato riguarda una dipendente di un ente sanitario pubblico, inquadrata come collaboratore amministrativo. Per un lungo periodo, dal 2007 al 2010, la lavoratrice aveva svolto le funzioni di responsabile dell’area gestione risorse umane, in sostituzione del dirigente titolare e fino alla copertura definitiva del posto. Si trattava, a tutti gli effetti, di compiti di natura dirigenziale, ben al di sopra del suo livello di inquadramento contrattuale. Per questo motivo, la dipendente aveva richiesto il riconoscimento delle differenze retributive corrispondenti alle mansioni superiori effettivamente svolte.

La decisione della Corte d’Appello

In un primo momento, la Corte d’Appello aveva respinto la domanda della lavoratrice. Secondo i giudici di secondo grado, al caso non si potevano applicare le norme generali sulle mansioni superiori (come l’art. 52 del D.Lgs. 165/2001), bensì una specifica norma del contratto collettivo della dirigenza sanitaria. Tale norma prevede che le sostituzioni nell’ambito del ruolo unico dirigenziale non configurano mansioni superiori, ma danno diritto a una speciale indennità. In sostanza, la Corte territoriale aveva equiparato la situazione della funzionaria a quella di un dirigente che sostituisce un altro dirigente di pari livello.

Le motivazioni della Cassazione sul riconoscimento delle mansioni superiori

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente questa interpretazione, accogliendo il ricorso della dipendente. Il ragionamento dei giudici supremi è limpido e si fonda su una distinzione essenziale:

La differenza tra sostituzione interna alla dirigenza e svolgimento di compiti dirigenziali da parte di un non-dirigente

Il principio secondo cui la sostituzione non dà luogo a mansioni superiori è valido solo quando avviene all’interno del “ruolo unico” della dirigenza. In altre parole, si applica quando un dirigente sostituisce un altro dirigente. Questo perché si presume che entrambi operino già al medesimo livello di responsabilità generale.

La situazione è radicalmente diversa quando a svolgere le funzioni dirigenziali è un dipendente che non possiede tale qualifica, come un funzionario o un collaboratore di categoria D. In questo caso, il salto di responsabilità e complessità dei compiti è evidente. Pertanto, si configura a tutti gli effetti un’ipotesi di svolgimento di mansioni superiori regolata dall’art. 52 del D.Lgs. 165/2001.

L’irrilevanza delle procedure formali

La Cassazione ha inoltre ribadito un principio consolidato: il diritto al trattamento economico superiore non è subordinato all’espletamento di una procedura concorsuale, alla presenza di un atto formale di incarico o alla previa fissazione di obiettivi. Questi elementi formali sono necessari per l’inquadramento definitivo nel ruolo dirigenziale, ma la loro assenza non può vanificare il diritto del lavoratore a essere retribuito in modo proporzionato alla quantità e qualità del lavoro effettivamente prestato, come garantito dall’articolo 36 della Costituzione. L’eventuale mancanza di questi requisiti procedurali può incidere, al massimo, sul diritto a percepire la retribuzione di risultato, ma non sulla retribuzione base legata alla posizione ricoperta.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso, ha cassato la sentenza d’appello e rinviato la causa a un nuovo giudice per la decisione nel merito, che dovrà attenersi al principio enunciato. La decisione stabilisce con chiarezza che un funzionario pubblico che svolge di fatto mansioni dirigenziali ha diritto al corrispondente trattamento economico superiore, in applicazione dell’art. 52 del Testo Unico sul Pubblico Impiego. Questa pronuncia rafforza la tutela dei lavoratori del settore pubblico, garantendo che la retribuzione sia sempre adeguata alle responsabilità effettivamente assunte, al di là delle qualifiche formali.

Un dipendente pubblico non dirigente che svolge di fatto compiti da dirigente ha diritto a una retribuzione maggiore?
Sì, secondo l’ordinanza, l’assegnazione di fatto a una posizione dirigenziale costituisce espletamento di mansioni superiori e dà diritto al trattamento economico corrispondente, ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. n. 165/2001.

L’assenza di una procedura concorsuale o di un atto formale di nomina impedisce il riconoscimento delle mansioni superiori?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che l’applicazione dell’art. 52 non è impedita dal mancato espletamento della procedura concorsuale o dall’assenza di un atto formale. Questi aspetti non negano il diritto alla retribuzione legata ai compiti svolti.

Qual è la differenza tra la sostituzione di un dirigente da parte di un altro dirigente e quella da parte di un funzionario non dirigente?
La sostituzione tra dirigenti avviene nell’ambito del medesimo ruolo e livello unico, e quindi non si configura come svolgimento di mansioni superiori. Quando, invece, un funzionario privo della qualifica dirigenziale svolge tali compiti, si verifica un effettivo svolgimento di mansioni superiori, con il conseguente diritto alla retribuzione più elevata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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