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Mansioni superiori: quando spetta la retribuzione?

Un funzionario pubblico ha svolto per anni le mansioni di un dirigente, pur senza averne la qualifica formale. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 27433/2024, ha confermato il suo diritto a ricevere le differenze retributive. Il caso chiarisce che per il riconoscimento delle mansioni superiori non è sempre determinante il possesso di poteri di spesa, se le altre attività svolte sono inequivocabilmente di livello dirigenziale.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Mansioni superiori: la retribuzione va adeguata anche senza potere di spesa

Un dipendente pubblico che svolge compiti di livello dirigenziale ha diritto alla corrispondente retribuzione, anche se non dispone di autonomo potere di spesa. È questo il principio fondamentale ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27433/2024, che ha respinto il ricorso di un ente pubblico di ricerca. La decisione fa luce su un aspetto cruciale del riconoscimento delle mansioni superiori nel pubblico impiego.

I fatti del caso: un funzionario alla guida di un ufficio

La vicenda riguarda un funzionario che, per circa quattro anni, ha di fatto ricoperto il ruolo di Coordinatore dell’Ufficio dirigenziale di Controllo di Gestione, posizione rimasta vacante a seguito dell’assenza di un dirigente formalmente nominato. Il dipendente ha sostenuto di aver svolto in modo continuativo e costante tutte le mansioni tipiche della qualifica dirigenziale, come definite dalla normativa di riferimento (art. 17 del D.Lgs. 165/2001).

Dopo una prima sentenza sfavorevole, la Corte d’Appello di Roma aveva accolto le sue richieste, condannando l’ente a corrispondergli una cospicua somma a titolo di differenze retributive. Secondo i giudici di secondo grado, le prove documentali dimostravano inequivocabilmente che il funzionario aveva sopperito alla vacanza del posto dirigenziale, svolgendo compiti che non potevano essere ricondotti alla sua qualifica di inquadramento.

Il ricorso in Cassazione e la questione delle mansioni superiori

L’Ente pubblico ha impugnato la decisione della Corte d’Appello dinanzi alla Cassazione, basando il proprio ricorso su tre motivi principali:
1. Travisamento delle prove: secondo l’ente, la Corte d’Appello non avrebbe considerato documenti che provavano come l’interim della direzione fosse stato assunto dal Direttore Generale.
2. Errata applicazione della legge: l’ente sosteneva che le mansioni svolte dal dipendente rientrassero in realtà nella declaratoria contrattuale del funzionario di V livello e non in quella dirigenziale.
3. Assenza di poteri di spesa: il punto cruciale del ricorso era la mancanza, in capo al dipendente, di poteri di spesa e di organizzazione delle risorse, elementi ritenuti essenziali per definire una funzione come dirigenziale.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo in parte inammissibile e in parte infondato.

Sul primo motivo, i giudici hanno ribadito che la Cassazione non può riesaminare nel merito le prove, compito che spetta esclusivamente ai giudici dei gradi precedenti. La Corte d’Appello aveva già valutato le prove e la sua conclusione era adeguatamente motivata.

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha confermato che la valutazione dei giudici d’appello era corretta: il confronto tra le attività concretamente svolte dal dipendente e le declaratorie contrattuali delle diverse qualifiche dimostrava che le sue mansioni eccedevano quelle di un funzionario per rientrare in quelle di un dirigente.

Infine, e questo è il punto di maggiore interesse, la Cassazione ha smontato l’argomento relativo all’assenza del potere di spesa. I giudici hanno chiarito che la Corte d’Appello non aveva attribuito all’ente l’onere di provare che il dipendente non avesse tale potere. Al contrario, aveva accolto la tesi del lavoratore stesso, il quale ammetteva di non avere potere di spesa, sostenendo però che ciò fosse ininfluente. La Corte ha concluso che l’assenza di potere di spesa diventa irrilevante ai fini del riconoscimento delle mansioni superiori nel momento in cui l’ente datore di lavoro non dimostra che quel potere era una prerogativa essenziale e intrinseca di quella specifica posizione dirigenziale. In assenza di tale prova, l’esercizio di tutte le altre funzioni manageriali è sufficiente a giustificare il diritto alla retribuzione superiore.

Le conclusioni: cosa insegna questa ordinanza

Questa ordinanza consolida un importante principio a tutela dei lavoratori del pubblico impiego. Il diritto alla retribuzione deve essere commisurato alla qualità e quantità del lavoro effettivamente prestato, secondo il dettato costituzionale. Lo svolgimento di mansioni superiori non può essere negato sulla base della sola assenza di alcune prerogative, come il potere di spesa, se il complesso delle attività svolte corrisponde in modo inequivocabile a una qualifica superiore. Per le amministrazioni pubbliche, emerge l’onere di definire chiaramente le competenze di ogni posizione dirigenziale e di non lasciare che vuoti organizzativi vengano colmati di fatto da personale di livello inferiore senza il corrispondente riconoscimento economico.

Svolgere mansioni superiori dà sempre diritto a una retribuzione maggiore?
Sì, in base al principio sancito dall’art. 52 del D.Lgs. 165/2001, il lavoratore che svolge mansioni superiori ha diritto al trattamento economico corrispondente per il periodo di effettivo svolgimento.

L’assenza di potere di spesa esclude il riconoscimento di mansioni superiori dirigenziali?
Non necessariamente. La Corte di Cassazione ha chiarito che, se non viene provato che il potere di spesa è una prerogativa essenziale e specifica di quella posizione dirigenziale, la sua assenza è irrilevante ai fini del riconoscimento del diritto alla retribuzione superiore, a fronte dello svolgimento di tutte le altre mansioni tipiche del ruolo.

Come si provano le mansioni superiori?
Si provano attraverso elementi concreti che dimostrino le attività effettivamente svolte. Nel caso esaminato, la prova è stata fornita tramite documentazione, come le Determine a firma del Direttore Generale, che attestavano l’attribuzione al dipendente del ruolo di coordinamento di un ufficio dirigenziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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