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Mansioni superiori: quando scatta il diritto?

Una lavoratrice ha ottenuto il riconoscimento di mansioni superiori e il risarcimento del danno per mancato richiamo in servizio post-Covid. La sentenza del Tribunale del Lavoro ha condannato la società datrice di lavoro, rimasta contumace, al pagamento delle differenze retributive e delle retribuzioni non corrisposte. Il giudice ha valorizzato le testimonianze che provavano lo svolgimento di compiti gestionali e ha sanzionato la condotta processuale omissiva dell’azienda.

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Pubblicato il 1 gennaio 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Mansioni Superiori e Mancato Richiamo in Servizio: Analisi di una Sentenza

Il riconoscimento delle mansioni superiori rappresenta una delle questioni più dibattute nel diritto del lavoro. Un lavoratore che svolge compiti di livello più elevato rispetto al proprio inquadramento ha diritto a un adeguamento contrattuale e retributivo. Una recente sentenza del Tribunale del Lavoro di Ancona offre un’analisi dettagliata di un caso emblematico, riguardante una dipendente di una struttura alberghiera che, di fatto, ne era diventata la responsabile operativa senza averne il formale riconoscimento.

I Fatti: Dalla Reception alla Gestione di Fatto

La vicenda ha come protagonista una lavoratrice assunta inizialmente con contratto a tempo determinato come addetta alla reception (5° livello CCNL Turismo). Successivamente, il suo rapporto è stato trasformato a tempo indeterminato. Tuttavia, la lavoratrice ha sostenuto in giudizio di aver svolto, per un lungo periodo, compiti ben più complessi e di responsabilità, tipici di un livello superiore (2° o 3°). Le sue attività includevano:

* Gestione degli ordini ai fornitori.
* Coordinamento del personale delle pulizie e della cucina.
* Conduzione di colloqui di lavoro per l’assunzione di nuovo personale.

Il tutto avveniva in assenza di una figura direttiva formalmente incaricata. Con l’arrivo della pandemia e la chiusura dell’hotel, la lavoratrice è stata posta in Cassa Integrazione. Alla riapertura della struttura, però, non è stata richiamata in servizio, scoprendo che al suo posto erano stati assunti altri dipendenti con le sue stesse mansioni formali.

La Decisione del Giudice sulle mansioni superiori

Il Tribunale ha accolto integralmente le domande della lavoratrice. La società alberghiera, che ha scelto di non costituirsi in giudizio (rimanendo contumace), è stata condannata a:

1. Pagare le differenze retributive maturate per lo svolgimento delle mansioni superiori, riconoscendo l’inquadramento al 2° livello del CCNL Turismo.
2. Corrispondere le retribuzioni non pagate, inclusa la mensilità di febbraio 2020 e tutte quelle maturate dal momento della riapertura dell’hotel fino alla data del ricorso, detraendo unicamente gli importi percepiti a titolo di CIG.
3. Rifondere le spese legali sostenute dalla lavoratrice.

Le Motivazioni della Sentenza

La decisione del giudice si fonda su una valutazione attenta delle prove e sulla condotta processuale della parte datoriale.

La Prova delle Mansioni Superiori

Il Tribunale ha ritenuto provato lo svolgimento di compiti di livello superiore sulla base delle testimonianze raccolte. I testi hanno confermato che la lavoratrice si occupava di attività di coordinamento e gestione tipiche di una figura direttiva o di un’assistente di direzione. Un testimone, rappresentante di una nota catena alberghiera, ha riferito di aver interloquito quasi esclusivamente con lei per le pratiche di affiliazione, riconoscendola come punto di riferimento operativo dell’hotel.

La Condotta Processuale della Società

Un elemento decisivo è stata la contumacia della società. La mancata costituzione in giudizio e, soprattutto, la mancata ottemperanza all’ordine del giudice di esibire il libro unico del lavoro e le buste paga di tutti i dipendenti sono state interpretate come un comportamento processuale ostruzionistico. Ai sensi degli artt. 118 e 210 c.p.c., tale condotta può essere valutata dal giudice come un argomento di prova a favore della parte che ha richiesto l’esibizione, rafforzando la fondatezza delle sue pretese.

Il Mancato Richiamo in Servizio e il Diritto alla Retribuzione

Il giudice ha considerato del tutto ingiustificato il mancato richiamo in servizio della lavoratrice dopo la fine del lockdown. Il fatto che l’azienda avesse assunto nuovo personale per le stesse mansioni ha reso evidente la volontà di escludere la dipendente dal rapporto di lavoro. Di conseguenza, la lavoratrice ha diritto alla retribuzione piena per tutto il periodo in cui è stata illegittimamente tenuta lontana dal posto di lavoro, come se avesse regolarmente lavorato.

Conclusioni: Cosa Insegna Questa Sentenza?

La sentenza offre due importanti lezioni pratiche. Per i lavoratori, conferma che lo svolgimento continuativo di mansioni superiori fonda il diritto a un corretto inquadramento e a una retribuzione adeguata, e che tale diritto può essere fatto valere in giudizio anche attraverso prove testimoniali. Per i datori di lavoro, sottolinea i rischi di una condotta processuale passiva o ostruzionistica: la contumacia e la mancata collaborazione con il giudice possono trasformarsi in un potente argomento a favore della controparte, portando a una condanna basata sulle prove offerte da quest’ultima.

Quando un lavoratore ha diritto al riconoscimento di mansioni superiori?
Quando svolge in modo prevalente e continuativo compiti e responsabilità appartenenti a un livello di inquadramento superiore a quello formale, come il coordinamento del personale, la gestione dei fornitori e la conduzione di colloqui, specialmente in assenza di un’altra figura direttiva.

Cosa succede se il datore di lavoro non richiama in servizio un dipendente dopo la CIG, assumendo altre persone?
Il mancato richiamo è considerato ingiustificato. Il lavoratore ha diritto a percepire la piena retribuzione per tutto il periodo in cui non è stato fatto rientrare, come se avesse lavorato, al netto di eventuali importi già percepiti a titolo di ammortizzatori sociali come la CIG.

Quale valore ha la mancata presentazione in giudizio (contumacia) del datore di lavoro?
La contumacia, unita alla mancata esibizione di documenti cruciali richiesti dal giudice (come il libro unico del lavoro), può essere valutata dal tribunale come un argomento di prova a sfavore del datore di lavoro, rafforzando così le ragioni e le prove presentate dal lavoratore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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