Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15308 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 15308 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/06/2025
1.Il Tribunale di Bari ha rigettato le domande proposte da NOME COGNOME, dipendente a tempo indeterminato del Comune di Gravina in Puglia dal 2.1.1982 ed inquadrato nella categoria D e profilo professionale di Istruttore direttivoUfficiale di P.M., volte ad ottenere l’accertamento del suo diritto al pagamento delle differenze di retribuzione per le mansioni superiori svolte dal 1.5.2014 al 5.6.2014 e dal 5.7.2014 al 9.10.2015.
Il COGNOME aveva dedotto di avere presieduto commissioni di gara, di avere assunto la responsabilità delle procedure di appalto, di avere sottoscritto contratti, di avere prodotto atti di gestione finanziaria (compresa l’assunzione di spesa), di avere prodotto atti di gestione del personale assegnato alla struttura, di avere rilasciato provvedimenti di autorizzazione e concessioni (il cui rilascio presupponeva accertamenti e valutazioni di natura discrezionale), di avere rilasciato attestazioni, certificazioni, comunicazioni, diffide, verbali e autenticazioni, di avere sottoscritto gli atti delegati dal Sindaco, dall’Autorità Giudiziaria e dalla Prefettura, di avere partecipato a tutte le conferenze dei dirigenti, di avere assunto la diretta responsabilità, in relazione agli obiettivi dell’ente, della correttezza amministrativa, della efficienza e dei risultati di gestione; aveva inoltre dedotto di avere svolto funzioni dirigenziali per il Corpo della Polizia Municipale per un anno, 3 mesi e 8 giorni.
2.La Corte di Appello di Bari ha rigettato l’appello principale proposto avverso tale sentenza da NOME COGNOME ed ha accolto l’appello incidentale proposto dal Comune di Gravina di Puglia; in parziale modifica di tale pronuncia ha dunque condannato NOME COGNOME al pagamento delle spese del giudizio di primo grado.
La Corte territoriale, disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello , ha respinto anche l’eccezione di inammissibilità della documentazione prodotta dal Visci alle udienze del 23.7.2019 e del 23.10.2020 sollevate dal Comune appellato, nonché l’eccezione (sollevata dal Visci) di inammissibilità della documentazione prodotta dal Comune in data 26.4.2023 e nella memoria difensiva depositata in appello.
Ha escluso che la vacanza del posto in organico costituisca requisito per la parificazione stipendiale in caso di svolgimento di mansioni superiori in quanto riguarda solo la legittimità di detto conferimento; ha pertanto ritenuto che la retribuzione per lo svolgimento di mansioni superiori di tipo dirigenziale sia dovuta anche nel caso di assegnazione di fatto.
Il giudice di appello ha inoltre evidenziato che per il Corpo di Polizia Municipale, il ruolo apicale di Comandante a ppartiene all’Area dirigenziale se, in base all’organizzazione del personale del Comune rientra tra i posti c on funzione dirigenziale previsti in dotazione organica in base alle previsioni dello Statuto o dell’ente o del Regolamento del personale, nel rispetto delle disposizioni dei contratti collettivi.
Ha ritenuto dirimente la circostanza (risultante dalla documentazione prodotta con le note telematiche del 26.4.2023) che dal 22.11.2011, data di approvazione del nuovo Regolamento Comunale del Corpo di Polizia Municipale della città di Gravina di Puglia, il Comandante e il Responsabile del Servizio Autonomo di Polizia Municipale inquadrato in categoria D e non più con qualifica dirigenziale.
Ha in particolare rilevato che con la deliberazione n. 109 del Registro del 22.11.2011 era stato riscritto l’art. 6 del Regolamento e che l’organizzazione della pianta organica era stata ribadita con la delibera della Giunta Comunale n. 131 del 31.8 .2015, avente ad oggetto l”Approvazione nuova macrostruttura dell’ente Comune di Gravina di Puglia’, evidenziando che tali elementi istruttori convergevano con il contenuto degli altri documenti citati, tra cui il Regolamento comunale.
Ha comunque escluso che dagli elementi istruttori raccolti fosse emerso l’espletamento di prevalenti mansioni dirigenziali, essendo le mansioni descritte nel ricorso sovrapponibili a quelle indicate dall’art. 24 del ‘Regolamento sull’Ordinamento Generale degli Uffici e dei Servizi’ approvato con delibera n. 20 del 29.1.2003, con riferimento al ‘Responsabile dei Servizi Comunali’ pacificamente posseduto dal Visci e riconducibili a quelle previste dagli artt. 74 e 77 del medesimo Regolamento quanto al Responsabile dei Servizi.
Ha ritenuto la prova testimoniale inidonea a supportare la prospettazione attorea, essendo emerso che il COGNOME aveva svolto le funzioni di responsabile in turnazione con altri dipendenti di Servizio Corpo di Polizia Municipale di categoria D.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, illustrati da memoria.
Il Comune di Gravina di Puglia ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
DIRITTO
Con il primo motivo il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4 cod. proc. civ., nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 437, comma secondo, e 345, comma terzo, cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale disatteso l’eccezione di inammissibilità de lla delibera del Commissario Straordinario n. 109 del 22.11.2011.
Richiamata la giurisprudenza di legittimità, evidenzia che tale delibera, risultata poi decisiva, non era stata depositata unitamente all’atto di costituzione nel giudizio di appello, ma in prossimità dell’udienza finale di discussione.
Con il secondo motivo il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 nn. 3 e 4 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 437, secondo comma, e 345, terzo comma, cod. proc. civ., nonché degli artt. 50, 107, 109, 110 d.lgs. n. 267/2000 e dell’art. 52 d.lgs. n. 165/2001.
Insiste nel sostenere che la delibera del Commissario Straordinario n. 109 del 22.11.2011 è stata inammissibilmente prodotta in giudizio, precisando che non era dato sapere se tale delibera non era stata approvata in via definitiva.
Deduce che i decreti sindacali nn. 35 del 15.5.2014 e n. 62 del 15.7.2014 avevano ad oggetto il conferimento dell’incarico dirigenziale di Comandante Responsabile del Servizio Corpo di Polizia Municipale, precisando che in base alla delibera n. 25 del 9.2.2006, avente ad oggetto ‘modifiche al regolamento art. 7 della legge n. 65/86’, richiamata dal decreto n. 62/2014, il Comandante del Corpo di Polizia Municipale è un dirigente.
Aggiunge che solo la delibera della Giunta Comunale del 31.8.2015 aveva per la prima volta affermato che il Comandante di Polizia Municipale potesse non ricoprire un incarico dirigenziale; evidenzia che il decreto sindacale n. 35 del 15.5.2014 aveva già esaurito i suoi effetti nel periodo dal 1.5.2014 al 5.6.2014 e che riguardo all’incarico conferito con il decreto n. 62 del 15.7.2014, tale delibera aveva inciso solo sull’ultimo mese del rapporto.
Evidenzia che ai sensi dell’art. 50 del d.lgs. n. 267/2000 il Sindaco e il Presidente della Provincia nominano i responsabili degli uffici e dei servizi, attribuiscono e definiscono gli incarichi dirigenziali e quelli di collaborazione esterna secondo le modalità e i criteri stabiliti dagli artt. 109 e 110 d.lgs. n. 267/2000, nonché dai rispettivi statuti e regolamenti comunali e provinciali.
Critica la sentenza impugnata per avere erroneamente applicato il ‘Regolamento sull’Ordinamento Generale degli Uffici e dei Servizi’ approvato con delibera n. 20 del 29.1.2003, mentre era applicabile ratione temporis l’estratto del verbale delle deliberazioni della giunta comunale n. 12 del 24.1.2013, incontestato, che aveva ad oggetto ‘l’approvazione della nuova macrostruttura e dotazione organica’ e per il Comando della Polizia Municipale prevedeva la figura del dirigente; evidenzia che tale estratto era stato richiamato anche dai nuovi artt. 23, 24 e 24 bis inseriti con la deliberazione della Giunta Comunale n. 96/2011 e dalla successiva deliberazione della Giunta Comunale n.153/2013.
Argomenta che le mansioni svolte dal COGNOME erano incontestate e che tutta la documentazione riporta la sottoscrizione del COGNOME come dirigente, come Responsabile e come Comandante del Corpo di Polizia Municipale.
Le censure, che per ragioni logiche vanno trattate congiuntamente, sono inammissibili.
La sentenza impugnata è conforme alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui nel rito del lavoro, dovendosi contemperare il principio dispositivo con quello della ricerca della verità, il giudice può ammettere il deposito di atti non prodotti tempestivamente, qualora li ritenga indispensabili per la decisione, anche in grado di appe llo, ricorrendo ai poteri officiosi di cui all’art. 437 cod. proc. civ. (v. Cass. n. 22907/2024 e la giurisprudenza ivi richiamata).
Inoltre la seconda censura sollecita un giudizio di merito attraverso la valorizzazione del principio di non contestazione e sollecita la rilettura di documenti, alcuni dei quali nemmeno menzionati dalla sentenza impugnata (l’estratto del verbale delle deliberazioni della giunta comunale n. 12 del 24.1.2013, la deliberazione della Giunta Comunale n. 96/2011 e la successiva deliberazione della Giunta Comunale n.153/2013).
Deve in proposito rammentarsi che spetta al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte» (Cass. n. 3680/2019 e negli stessi termini Cass. n. 27490/2019).
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, è comunque inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di norme di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio o di omessa pronuncia miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (vedi, per tutte: Cass. S.U. 27 dicembre 2019, n. 34476 e Cass. 14 aprile 2017, n. 8758).
Inoltre la censura non si confronta in alcun modo con la seconda ratio decidendi , secondo cui non era emersa la prova dell’effettivo espletamento di mansioni dirigenziali con carattere prevalente da parte del COGNOME, che aveva svolto funzioni di responsabile in turnazione con altri colleghi di pari qualifica.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte dichiara l’inammissibilità de l ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 2 .500,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge;
dà atto della sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della