Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23368 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23368 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21512/2021 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
ASL BA, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOMEcontroricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BARI n. 228/2021 depositata il 12/2/2021, NRG 655/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ha agito nei confronti della ASL di Bari, di cui era stato dipendente, per l’accertamento del diritto alle retribuzioni superiori per lo svolgimento di fatto di mansioni dirigenziali, tra il 1996 ed il 2008, nonostante il proprio inquadramento come funzionario in categoria D, poi livello DS; la Corte d’Appello di Bari, riformando la sentenza di accoglimento del Tribunale della stessa città, ha rigettato la domanda, ritenendo
che:
-vi era difetto di giurisdizione per il periodo dal 1996 al 1997, in cui il ricorrente aveva svolto incarico di preposto alla U.O. di ‘Gestione Amministrativa del Personale Convenzionato’, perché si trattava di periodo definito, interamente svolto anteriormente ai mutamenti normativi in punto di giurisdizione e cessato nel maggio 1997, senza alcun collegamento con il differente incarico successivamente conferitogli di responsabile dell’U.O. ‘Assunzione concorsi e gestione del ruolo’;
-il richiamo in alcuni atti al COGNOME come ‘dirigente’ dell’unità operativa dei concorsi e gestione del ruolo era da intendere nel generico senso di una preposizione del ricorrente, quale direttore responsabile, a detta Unità;
-il Regolamento aziendale applicato nel caso di specie prevedeva ‘Aree’, con preposto un dirigente ed ‘Unità operative’ come quelle cui era stato preposto il ricorrente per le quali non era specificata l’esistenza di un dirigente;
-non risultava che l’atto aziendale individuasse quelle ‘Unità operative’ come centri autonomi sul piano gestionale o tecnico;
-le mansioni svolte rientravano nel livello DS formalmente ricoperto dal ricorrente, tanto più che vi era stata anche l’attribuzione di un’autonoma posizione organizzativa;
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, resistiti da controricorso della ASL; è in atti memoria del ricorrente;
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. con il primo motivo il ricorrente adduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 69, co. 7, del d. lgs. n. 165 del 2001 per erroneità della declaratoria di difetto di giurisdizione quanto al periodo dal 20.10.1996 al 29.5.1997, assumendo che l’inadempimento dedotto fosse unitario, per avere egli conservato continuativamente, dal maggio 1997 al dicembre 2006, le superiori funzioni dirigenziali, sicché doveva trovare applicazione l’insegnamento delle Sezioni Unite in ordine alla eccezionalità della sopravvivenza della giurisdizione amministrativa per le pretese riguardanti una situazione sviluppatasi in condizioni c.d. ‘a cavallo’;
in via preliminare, va rilevato che il Collegio è delegato a trattare la questione di giurisdizione -posta nel motivo di ricorso – in virtù del decreto del Primo Presidente in data 10 settembre 2018, in quanto essa rientra, nell’ambito delle materie di competenza della Sezione lavoro, tra i temi indicati nel richiamato decreto sulle quali si è consolidata la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte;
1.1. ciò posto, il motivo è infondato;
la Corte territoriale ha ben evidenziato come il primo degli incarichi che, secondo il ricorrente, avrebbe comportato lo svolgimento di mansioni superiori fosse delimitato nella sua durata e riguardasse posizioni diverse da quelle poi assunte nei successivi incarichi;
in particolare, tale incarico era cessato il 29.5.1997 ed esso -dice la Corte d’Appello – « non si ricollega in alcun modo con il differente incarico successivamente conferitogli »;
su tali presupposti, non si può parlare di inadempimento unitario, nei termini di cui a Cass., S.U., 1 marzo 2012, n. 3183 e conforme giurisprudenza sul tema;
infatti, se anche il successivo incarico è iniziato immediatamente dopo, il ragionamento della Corte territoriale è corretto, perché ciascun incarico, data la sua autonomia e diversificazione delle Unità di adibizione, individua un autonomo illecito contrattuale e diverse situazioni giuridiche soggettive;
trattandosi quindi del succedersi di autonomi inadempimenti, vale il principio per cui l’esaurirsi dell’asserito illecito negoziale in data anteriore al 30.6.1998, ha radicato, per quel periodo e per le corrispondenti rivendicazioni, la giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 69, co. 7, del d. lgs. n. 165 del 2001 (Cass., S.U., 29 novembre 2006, n. 25264);
2. il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 416 e 436 c.p.c., per avere la sentenza di appello fatto erronea applicazione del principio di non contestazione e del regime delle preclusioni, là dove ha escluso l’esistenza di un posto di qualifica dirigenziale presso la U.O. ‘Assunzione, concorsi e gestione del ruolo’;
da altro punto di vista, il motivo adduce che la Legge Regionale (art. 14 e 15 della L.R. Puglia n. 36 del 1994) qualificava le unità operative come centri di attività e costo e sostiene che la responsabilità delle Unità operative poteva essere affidata solo a figure dirigenziali;
2.1
il motivo è infondato in entrambe le sue articolazioni;
2.2 va premesso che la non contestazione può riguardare solo fatti storici e non l’assetto giuridico che da tali fatti deriva (tra le molte,
Cass. 30 gennaio 2024, n. 2844; Cass. 5 marzo 2020, n. 6172);
ciò significa che, in una causa riguardante lo svolgimento di mansioni superiori di rango dirigenziale, il fatto storico è lo svolgimento di certe attività nella veste di preposto ad un certo ufficio, mentre la natura dirigenziale o meno di quell’ufficio è oggetto di un giudizio che deriva dal risultare esso denominato o configurabile in tal senso sulla base degli atti organizzativi che sono a tal fine necessari (Cass. 7 novembre 2018, n. 28451; Cass. 10 gennaio 2018, n. 350; Cass. 14 marzo 2008, n. 6986);
ne deriva che l’avere la Corte territoriale scrutinato l’assetto delle ‘Strutture’ ed ‘Unità operative’, da questo punto di vista, non viola il principio di non contestazione, perché appunto riguarda l’assetto giuridico della controversia da dirimere;
d’altra parte, la reale natura dirigenziale della posizione ricoperta individua un fatto costitutivo della domanda, sicché, l’essersi la Corte territoriale spinta all’analisi di essa sulla scorta delle ragioni di gravame quali riepilogate a pag. 2 della sentenza impugnata non esprime alcuna valutazione soggetta a preclusioni (v. Cass. 28 maggio 2019, n. 14515; Cass. 1° ottobre 2018, n. 23796);
2.3
quanto all’assetto organizzativo della ASL, la Corte d’Appello ha precisato che il Regolamento sulla cui base era stato conferito l’incarico di direzione della U.O. ‘Assunzione, concorsi e gestione del ruolo’, prevedeva ‘Aree’, con preposto un dirigente, articolate in ‘Unità’, tra cui quelle alle quali nel tempo è stato preposto il ricorrente;
ciò è coerente con gli artt. 14 e 15 della L. Regionale cit., perché in essi si parla appunto di ‘ S trutture’ ed ‘Unità operative’, con autonomie gestionali e di attività, ma solo rispetto alle ‘Strutture’ (o Aree) si fa riferimento ad una posizione dirigenziale (art. 14, lett. c; art. 15, co. 5), evidentemente comunque sovraordinata a tutte le altre posizioni ed unica responsabile ultima per il « raggiungimento degli obiettivi » e per il « rispetto del budget » e
sempre l’art. 15, co. 5 cit. è chiaro nel fare riferimento alle Unità Operative come componente in cui « si articola » la dimensione superiore di ‘Aree’ e ‘Strutture’ ;
ciò è altresì coerente con l’ulteriore osservazione della Corte territoriale in ordine alla mancanza di un atto aziendale che individuasse in quelle unità Strutture semplici e complesse ai sensi dell’art. 3, co. 1 -bis del d. lgs. n. 502 del 1992 (per mero errore materiale nella sentenza di appello indicato come riguardante il d. lgs. n. 165 del 2001) , quale richiamato dall’art. 27 del CCNL 8.6.2000, perché appunto le responsabilità ultime, gestionali, tecnico-professionali e contabili secondo quanto sopra detto facevano capo ai dirigenti preposti alle Strutture ed alle Aree;
infine, non essendo qui possibile indagare in fatto le ragioni per cui il riferimento della Corte territoriale sia andato ad un Regolamento dell’Azienda Policlinico, datato 16.2.1996 e recante il n. 229, è comunque certo che l’assetto così delineato fosse del tutto in linea con la normativa primaria, sicché non si vede su quale base se ne potrebbe ritenere l’invalidità;
3. il terzo motivo afferma la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 Cost., 52 d. lgs. n. 165 del 2001, art. 15 del d. lgs. n. 502 del 1992, art. 27 CCNL 19982001 dell’area della dirigenza sanitaria professionale tecnica e amministrativa del S.S.N. ed ancora degli artt. 14 e 15 della Legge Regione Puglia n. 36 del 28.12.1994;
esso è sviluppato sostenendo che la Corte territoriale avrebbe erroneamente ricercato l’esistenza di una struttura di rango dirigenziale a cui il ricorrente fosse stato preposto, in quanto secondo l’art. 27 del CCNL di area, l’incarico poteva anche essere ‘di tipo professionale’;
anche tale motivo va disatteso sia perché, parlandosi di preposizione ad ‘Unità’ giustamente la Corte territoriale ha approfondito il tema su quel versante giuridico, ma anche perché il
conferimento di un incarico professionale dirigenziale postula pur sempre -per i principi già sopra richiamati – una qualificazione in tal senso ad opera dell’ente datore di lavoro e non la mera affermazione della parte interessata;
dalla sentenza impugnata l’istituzione di un tale posto dirigenziale non risulta e un ipotetico accertamento rispetto ad esso postula verifiche in fatto rispetto alle quali il giudizio di cassazione è sede impropria;
mancano dunque i presupposti minimi perché si possa ragionare -come è nel motivo -in termini di violazione di legge;
4. il quarto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione delle stesse norme del secondo motivo, richiamando tuttavia l’art. 360 n. 5 c.p.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo, oltre all’omessa
applicazione del c.d. criterio trifasico;
il motivo è argomentato sostenendo che la Corte d’Appello, nel ritenere che le mansioni svolte rientrassero nella posizione DS del CCNL, non aveva appunto sviluppato il necessario giudizio trifasico ed aveva valorizzato il conferimento di posizione organizzativa, sebbene quest’ultimo fosse avvenuto solo dal 1.1.2004 in avanti e dunque non valesse per il periodo precedente;
4.1 il motivo è infondato;
4.2
l’esclusione dell’esistenza di una posizione dirigenziale rispetto alla quale si possa ragionare in termini di mansioni superiori, perché mai istituita dall’Azienda come tale, esclude che abbia rilievo il ragionamento, svolto ad abundantiam dalla Corte territoriale, in ordine al rientrare delle mansioni nella categoria DS;
se, infatti, non si trattava di dirigenza, non si poteva che fare riferimento al livello più alto del personale del comparto, ovverossia quello DS, in cui però il ricorrente era già formalmente inquadrato;
del tutto ininfluente è anche il tema della posizione organizzativa, la quale, tra l’altro, non è rilevante se non quando sia in concreto istituita, non potendosi altrimenti, rispetto alle corrispondenti attività, ragionare in termini di mansioni superiori (Cass. 15 ottobre 2013, n. 23366; Cass. 18 dicembre 2015, n. 25550; Cass. 18 maggio 2017, n. 12556, nonché, per i principi, v. Cass. 3 aprile 2018, n. 8141);
5.
al rigetto del ricorso per cassazione segue la regolazione secondo soccombenza delle spese del grado;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di cassazione che liquida in euro 4.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 -bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 16/04/2025.