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Mansioni superiori: quando la sostituzione diventa abuso

Una lavoratrice ha sostituito per anni un superiore in aspettativa. La Corte di Cassazione ha stabilito che una sostituzione così prolungata può configurare un abuso da parte del datore di lavoro, annullando la decisione precedente e ordinando un nuovo esame del caso per verificare se le mansioni superiori svolte di fatto debbano portare a un inquadramento definitivo.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Mansioni Superiori: La Cassazione Interviene contro gli Abusi nella Sostituzione

Il tema delle mansioni superiori è cruciale nel diritto del lavoro, poiché tocca direttamente la carriera e la retribuzione dei dipendenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito i confini tra una legittima sostituzione temporanea e un abuso del diritto da parte del datore di lavoro, specialmente quando la sostituzione si protrae per un periodo anomalo. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Una lavoratrice si trovava a sostituire il proprio capo ufficio, collocato in aspettativa. Questa sostituzione, tuttavia, non è stata un evento di breve durata, ma si è protratta per un periodo eccezionalmente lungo, circa quattro anni. Durante tutto questo tempo, la dipendente ha svolto le mansioni corrispondenti a un livello di inquadramento superiore senza però ottenerne il riconoscimento definitivo. La lavoratrice ha quindi agito in giudizio per richiedere l’inquadramento nel livello superiore e le relative differenze retributive, sostenendo che il superamento del periodo di tre mesi previsto dal CCNL di settore le desse diritto alla promozione automatica.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello aveva respinto la richiesta della lavoratrice. I giudici di secondo grado avevano interpretato la normativa (art. 2103 del Codice Civile, nella versione antecedente alla riforma del 2015) in modo restrittivo, affermando che il diritto alla promozione definitiva non scatta quando le mansioni superiori sono svolte per sostituire un altro lavoratore con diritto alla conservazione del posto. Secondo la Corte territoriale, questa eccezione si applicava al caso di specie, indipendentemente dalla durata della sostituzione.

La Sentenza sulle Mansioni Superiori e l’Abuso del Diritto

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente questa visione, accogliendo i motivi principali del ricorso della lavoratrice. I giudici supremi hanno sottolineato che la regola generale prevede la promozione automatica dopo un certo periodo di svolgimento di mansioni superiori. La sostituzione di un collega assente con diritto alla conservazione del posto rappresenta un’eccezione a questa regola.

Tuttavia, un’eccezione non può essere utilizzata per creare un abuso. Un periodo di sostituzione di quattro anni è stato ritenuto ‘del tutto anomalo e sproporzionato’ rispetto al consueto periodo trimestrale. Una durata così estesa, senza che il lavoratore sostituito sia mai rientrato in servizio, finisce per aggirare la norma e si risolve in un abuso dell’utilizzo di un dipendente con inquadramento inferiore.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha stabilito che, per escludere il diritto all’inquadramento superiore, non basta invocare genericamente la ‘sostituzione’. È necessario un accertamento concreto che dimostri un effettivo collegamento tra l’assenza del sostituito e l’assegnazione delle mansioni al sostituto. Quando la sostituzione diventa di così lunga durata, quasi quadriennale, e si trasforma in un utilizzo permanente o semipermanente del lavoratore in un ruolo superiore, l’eccezione non è più giustificabile. Il rischio è quello di utilizzare un dipendente per coprire una posizione vacante di fatto, risparmiando sulla retribuzione e negando un diritto fondamentale. La Cassazione ha quindi annullato la sentenza d’appello, rinviando il caso a un’altra sezione della stessa Corte per un nuovo esame che tenga conto del principio di diritto enunciato: la necessità di tutelare la professionalità del lavoratore contro possibili abusi, valutando tutte le circostanze del caso concreto, inclusa la sproporzionata durata della sostituzione.

Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta un importante monito per i datori di lavoro e una fondamentale garanzia per i lavoratori. La sostituzione di un collega assente è legittima, ma non può diventare uno strumento per mascherare un’esigenza strutturale dell’azienda e privare un dipendente del diritto a un corretto inquadramento. La durata della sostituzione è un elemento chiave: quando diventa eccessivamente lunga, l’onere di dimostrare l’assenza di abuso ricade sul datore di lavoro. I lavoratori che si trovano in situazioni simili sono ora più tutelati e possono far valere il loro diritto a veder riconosciuta la professionalità acquisita sul campo.

Quando lo svolgimento di mansioni superiori in sostituzione di un collega dà diritto alla promozione definitiva?
Di norma, la sostituzione di un lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto è un’eccezione alla regola della promozione automatica. Tuttavia, secondo la Corte, se la sostituzione si protrae per un periodo di tempo anomalo e sproporzionato (nel caso di specie, quattro anni), si può configurare un abuso. In tal caso, il giudice deve verificare se l’eccezione sia stata usata per aggirare il diritto del lavoratore all’inquadramento superiore definitivo.

Cosa deve dimostrare il datore di lavoro per giustificare una sostituzione molto lunga?
Il datore di lavoro deve dimostrare l’effettivo e persistente collegamento tra l’assegnazione delle mansioni superiori e l’assenza del lavoratore sostituito. Non è sufficiente una mera dichiarazione formale. Deve provare che non si tratta di un utilizzo permanente o semipermanente del sostituto per coprire di fatto una posizione vacante, evitando così di concedere la promozione.

Qual è il principio di diritto stabilito dalla Corte di Cassazione in questo caso?
Il principio stabilito è che, in materia di sostituzione, la professionalità del lavoratore deve essere tutelata contro possibili abusi del datore di lavoro. A tal fine, è necessario considerare tutte le circostanze concrete del caso, inclusa la durata della sostituzione, per escludere il diritto del sostituto all’assegnazione definitiva delle mansioni superiori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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