LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Mansioni superiori: quando la qualifica non spetta

Un lavoratore ha richiesto il riconoscimento di mansioni superiori e il relativo adeguamento retributivo, sostenendo di svolgere compiti di un livello più alto. La Corte d’Appello ha respinto la richiesta, confermando la decisione di primo grado. La sentenza chiarisce che, per ottenere la qualifica superiore, non è sufficiente l’esperienza o lo svolgimento di attività complesse. È indispensabile dimostrare di possedere autonomia decisionale, responsabilità diretta e potere di gestione, elementi che nel caso specifico mancavano, poiché ogni atto del lavoratore necessitava dell’approvazione finale di un superiore.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 8 ottobre 2024 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Mansioni Superiori: Non Basta Saper Fare, Serve il Potere di Decidere

Molti lavoratori si trovano a svolgere compiti che vanno oltre la propria qualifica formale, maturando esperienza e assumendosi responsabilità di fatto. Sorge spontaneo chiedersi se questo dia diritto a un riconoscimento ufficiale e a uno stipendio più alto. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Trieste ci offre una risposta chiara: per ottenere il riconoscimento di mansioni superiori non è sufficiente la competenza tecnica, ma è necessario dimostrare di possedere un’effettiva autonomia decisionale. Analizziamo insieme il caso.

Il Caso: La Richiesta di Riconoscimento delle Mansioni Superiori

Un dipendente, impiegato come “Assistente di nucleo” (livello B), ha citato in giudizio la propria azienda sostenendo di aver svolto per anni compiti riconducibili alla qualifica superiore di “Tecnico Specializzato” nell’Area Quadri (livello A1). In particolare, il lavoratore affermava di aver gestito in autonomia le pratiche, coordinato una squadra, tenuto rapporti con soggetti esterni e assunto responsabilità dirette, chiedendo quindi la riqualificazione e il pagamento delle differenze retributive.

Il Tribunale di primo grado aveva già respinto la sua domanda. Il lavoratore ha quindi presentato appello, insistendo sul fatto che le prove raccolte dimostravano la sua autonomia operativa e il ruolo centrale che ricopriva.

L’Analisi della Corte: I Criteri per le Mansioni Superiori

La Corte d’Appello ha esaminato nel dettaglio le declaratorie contrattuali del CCNL applicabile, che definiscono i requisiti per l’inquadramento nell’Area Quadri. L’analisi si è concentrata sulla differenza sostanziale tra le mansioni svolte dal lavoratore e quelle previste per il livello superiore rivendicato.

Autonomia Decisionale e Responsabilità

Il punto cruciale della decisione riguarda l’autonomia. La Corte ha osservato che, sebbene il lavoratore istruisse le pratiche e predisponesse pareri tecnici, i suoi atti non erano mai definitivi. Essi richiedevano sempre e necessariamente la revisione e l’approvazione finale da parte di un superiore gerarchico (il Capo Nucleo o il Capo Centro). L’attività del dipendente, per quanto diligente e competente, si esauriva in una fase preparatoria e istruttoria. Mancava il quid pluris della responsabilità diretta e dell’autonomia decisionale, ovvero la capacità di emanare atti che producono effetti giuridici esterni senza un’ulteriore approvazione.

Complessità delle Attività e Gestione Esterna

La Corte ha inoltre sottolineato che le mansioni superiori richiedono la gestione di materie di “significativa complessità” e la “gestione di rapporti aventi rilevanza esterna”. Nel caso di specie, è emerso che il lavoratore si occupava prevalentemente di pratiche seriali e ripetitive. La sua occasionale partecipazione a riunioni esterne non configurava una “gestione”, ma piuttosto un ruolo di “nuncius” (messaggero), che riferiva posizioni già concordate e decise dai suoi superiori.

Coordinamento del Personale

Infine, anche la presunta attività di coordinamento di una squadra non è stata ritenuta sufficiente. Per rientrare nella qualifica di Quadro, il CCNL richiede la guida e il controllo di un “significativo gruppo di risorse umane”, un requisito che non è stato riscontrato nel piccolo gruppo di lavoro a cui apparteneva il ricorrente.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte d’Appello si fondano su un principio cardine del diritto del lavoro: la distinzione tra l’esecuzione di un compito e l’assunzione della responsabilità decisionale che esso comporta. La Corte ha concluso che l’intero impianto probatorio, comprese le testimonianze, ha confermato che il lavoratore operava sempre sotto la direzione e il controllo dei superiori. L’intervento di questi ultimi non era una mera formalità, ma un passaggio giuridicamente necessario e sostanziale che completava la procedura. L’esperienza e la professionalità dimostrate dal lavoratore, pur essendo qualità personali lodevoli, non possono da sole colmare l’assenza dei requisiti di autonomia, potere direttivo e responsabilità economica richiesti dalla declaratoria contrattuale per le mansioni superiori.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre un’importante lezione pratica sia per i lavoratori che per le aziende. Per un dipendente che aspira al riconoscimento di mansioni superiori, non è sufficiente dimostrare di “saper fare” o di “fare molto”. È fondamentale provare di aver agito con un grado di autonomia e potere decisionale tale da impegnare l’azienda, assumendosene le relative responsabilità. Per le aziende, la sentenza ribadisce l’importanza di definire chiaramente le gerarchie, i flussi di approvazione e le responsabilità, per evitare ambiguità che possono generare contenziosi.

Svolgere compiti complessi e avere molta esperienza è sufficiente per ottenere il riconoscimento di mansioni superiori?
No, la sentenza chiarisce che l’esperienza e la capacità di svolgere compiti complessi non sono sufficienti. È necessario dimostrare di possedere anche l’autonomia decisionale e la responsabilità diretta tipiche del livello superiore, senza la necessità di un’approvazione sostanziale da parte di un superiore.

Se un superiore si limita a un controllo formale, si può parlare di autonomia decisionale del dipendente?
No. La Corte ha stabilito che ciò che conta è che l’intervento del superiore sia giuridicamente necessario per concludere la procedura. Anche se, di fatto, il superiore si fida della competenza del dipendente e si limita a un controllo esteriore, la procedura non si esaurisce senza il suo atto di approvazione finale, pertanto l’attività del dipendente rimane preparatoria.

La partecipazione a riunioni esterne per conto dell’azienda configura la gestione di rapporti con rilevanza esterna?
Non necessariamente. Nel caso esaminato, la Corte ha ritenuto che la partecipazione del lavoratore a riunioni fosse quella di un “nuncius”, ovvero di un portavoce di decisioni già concordate con i superiori. Questo non equivale alla “gestione” di rapporti, che implica un potere decisionale e la capacità di impegnare l’azienda autonomamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati