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Mansioni superiori pubblico impiego: quando spetta?

Una professionista legale impiegata presso un’azienda sanitaria pubblica ha svolto di fatto mansioni dirigenziali senza un incarico formale. La Corte di Cassazione ha confermato il suo diritto a ricevere le differenze retributive, stabilendo un principio chiave per le mansioni superiori pubblico impiego: è decisivo che la posizione esista nella pianta organica dell’ente e che le mansioni siano state effettivamente svolte, a prescindere dalla formalità dell’assegnazione.

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Pubblicato il 17 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Mansioni superiori pubblico impiego: il diritto alla retribuzione prevale sulla forma

Il riconoscimento delle mansioni superiori pubblico impiego è un tema di costante attualità, che bilancia le esigenze organizzative della Pubblica Amministrazione con il diritto del lavoratore a una retribuzione proporzionata alla qualità e quantità del suo lavoro. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 14293/2024, ribadisce un principio fondamentale: per ottenere le differenze retributive, ciò che conta è lo svolgimento effettivo delle mansioni, a condizione che il posto sia previsto in pianta organica, anche in assenza di un incarico formale.

I fatti di causa

Una professionista legale, dipendente di un’Azienda Sanitaria Locale (ASL), chiedeva il riconoscimento del suo diritto a percepire la retribuzione corrispondente alle mansioni di ‘dirigente avvocato’ per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2001 e il 31 agosto 2004. Inizialmente assunta come collaboratore amministrativo, la lavoratrice aveva di fatto svolto continuativamente attività di rappresentanza e difesa legale per l’ente.

La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, accoglieva la domanda, condannando l’ASL al pagamento di oltre 113.000 euro a titolo di differenze retributive. Il giudice di secondo grado aveva accertato che l’ente, con una propria delibera, aveva istituito nella sua pianta organica la figura del dirigente avvocato, riconoscendo così formalmente l’esistenza di tale posizione.

Il ricorso in Cassazione e la difesa dell’ente

L’Azienda Sanitaria ricorreva in Cassazione, sostenendo l’illegittimità della decisione della Corte d’Appello. Le principali argomentazioni si basavano sull’assenza di un atto formale di conferimento dell’incarico dirigenziale e sulla mancata prova, da parte della professionista, di aver svolto compiti con il grado di autonomia e responsabilità tipici del ruolo dirigenziale. Secondo l’ente, le assegnazioni precedenti erano state temporanee o annullate, rendendo illegittima qualsiasi pretesa. La questione centrale sollevata riguardava quindi i presupposti per il riconoscimento delle mansioni superiori pubblico impiego.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’ASL, confermando la decisione d’appello e consolidando importanti principi in materia.

La Corte ha innanzitutto richiamato il consolidato orientamento secondo cui il diritto del lavoratore alla retribuzione per le mansioni superiori effettivamente svolte, come previsto dall’art. 52 del D.Lgs. 165/2001, non è subordinato alla legittimità o alla formalità dell’assegnazione. Questo principio tutela il lavoratore e garantisce l’applicazione dell’art. 36 della Costituzione, che sancisce il diritto a una retribuzione proporzionata.

Il punto dirimente, evidenziato dai giudici, è un altro: è necessario e sufficiente che la posizione superiore sia prevista nella pianta organica dell’ente. L’aver istituito formalmente il ruolo di ‘dirigente avvocato’ rappresentava l’atto organizzativo presupposto che rendeva possibile il riconoscimento delle mansioni. Senza questa previsione, la domanda della lavoratrice non avrebbe potuto trovare accoglimento.

Inoltre, la Corte ha specificato che, per figure professionali come quella dell’avvocato, la qualifica dirigenziale non implica necessariamente la responsabilità di una struttura complessa o un ‘quid pluris’ gestionale. Le mansioni dirigenziali possono coincidere con le attività tipiche della professione, svolte con autonomia tecnico-professionale. Nel caso di specie, l’aver costantemente assicurato la difesa e la rappresentanza dell’ente in innumerevoli giudizi è stato ritenuto prova sufficiente dello svolgimento delle mansioni superiori.

Conclusioni: implicazioni pratiche della decisione

L’ordinanza in esame offre un chiaro vademecum per i lavoratori del settore pubblico. Per ottenere il riconoscimento economico delle mansioni superiori pubblico impiego, il dipendente deve dimostrare due elementi fondamentali:

1. L’esistenza della posizione nella pianta organica dell’amministrazione: è il presupposto indefettibile. Se il ruolo non è previsto, non può esserci alcun riconoscimento.
2. L’effettivo e continuativo svolgimento dei compiti associati a tale posizione: la prova verte sulla sostanza del lavoro prestato, non sulla forma dell’incarico.

La decisione ribadisce che la Pubblica Amministrazione non può beneficiare di una prestazione lavorativa di livello superiore senza corrispondere la giusta retribuzione, trincerandosi dietro la mancanza di un atto formale di nomina, a patto che abbia essa stessa previsto e istituito quel ruolo nella propria organizzazione.

È necessario un atto formale di nomina per ottenere la retribuzione per mansioni superiori nel pubblico impiego?
No. Secondo la Corte di Cassazione, ai fini del riconoscimento del diritto alla retribuzione superiore, è dirimente l’effettivo svolgimento delle mansioni e non la legittimità o la formalità dell’atto di assegnazione.

Qual è il presupposto indispensabile per poter chiedere il pagamento delle mansioni superiori?
Il presupposto essenziale e imprescindibile è che la posizione dirigenziale o superiore sia formalmente prevista nella pianta organica dell’ente pubblico. Senza l’istituzione di tale posizione, la richiesta non può essere accolta.

Per un professionista, come un avvocato, cosa si intende per ‘mansioni dirigenziali’?
La Corte ha chiarito che la qualifica dirigenziale per un professionista può essere di tipo puramente professionale. Ciò significa che le mansioni superiori possono coincidere con le attività tipiche della professione, senza che sia richiesta la responsabilità di una struttura organizzativa o lo svolgimento di compiti gestionali aggiuntivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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