Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2885 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 2885 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 19343/2020 proposto da:
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOME , rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO
-controricorrenti-
nonché
COGNOME NOME
-intimata- avverso la SENTENZA della Corte d’appello di Roma, n. 1129/2020, pubblicata il 19 maggio 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’8 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Tribunale di Roma NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno dedotto di essere stati adibiti all’Ufficio Stampa del Comune, con funzione di giornalisti iscritti al relativo Ordine, e hanno chiesto, quindi, il riconoscimento del loro diritto all’inquadramento nella categoria D, posizione D3, in cui era confluita l’VIII qualifica funzionale, con condanna della P.A. a pagare le differenze retributive.
Il Tribunale di Roma, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 1599/2017, ha accolto la domanda in parte, condannando il Comune di Roma a corrispondere a ciascun lavoratore la differenza fra il percepito e il dovuto dal 29 gennaio 2010.
Roma Capitale ha proposto appello che la Corte d’appello di Roma, nel contraddittorio delle parti (NOME COGNOME ha proposto appello incidentale in ordine alla decorrenza del debito della P.A.), con sentenza n. 1129/2020, ha in parte accolto, rideterminando la data fino alla quale le somme in questione erano dovute.
Inoltre , ha pure accolto l’appello incidentale di NOME COGNOME anticipando la decorrenza del suo credito.
Entrambe le decisioni sono state fondate dalle corti di merito principalmente sul riconoscimento dello stabile svolgimento di funzioni giornalistiche da parte dei lavoratori.
Roma Capitale ha proposto ricorso sulla base di due motivi.
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME
COGNOME e NOME COGNOME si sono difesi con controricorso.
NOME COGNOME non ha svolto difese.
I controricorrenti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo Roma capitale lamenta, con riferimento alla decisione del terzo motivo di appello, la violazione ed errata applicazione del d.P.R. n. 347
del 1983, allegato A, del d.P.R. n. 333 del 1990, tabella 1, degli artt. 3, 12, 13 e 15 CCNL Comparto Regioni e Autonomie locali del 31 marzo 1999, del CCNL Comparto Regioni e Autonomie locali del 5 ottobre 2001, dichiarazione congiunta n. 11.
Sostiene parte ricorrente che la corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che, all’interno della categoria D, alla quale appartenevano i lavoratori, i profili di cui all’allegato A del CCNL del 31 marzo 1999 si trovassero fra loro in una qualche grad uazione gerarchica o diversificazione funzionale e che, nell’ambito della categoria D, vi fosse una sub-categoria professionale autonoma, la categoria D3, caratterizzata non solo da un profilo economico a sé stante, ma anche da specifiche mansioni non esigibili dagli appartenenti alla categoria D1 e D2, con conseguente diritto al riconoscimento delle differenze retributive per l’eventuale svolgimento di mansioni superiori.
A suo avviso, solo i dipendenti che appartenevano – al momento del passaggio dal sistema delle qualifiche funzionali, caratterizzate da mansioni distinte, con possibilità di passaggio dall’una all’altra solo per concorso, a quello delle categorie, all’interno delle quali tutte le mansioni ascritte nelle de claratorie di cui all’Allegato A sono equivalenti e, quindi, esigibili -, all’VIII qualifica funzionale potevano vedersi riconosciuta, fin da subito, la categoria D, posizione economica D3.
Il giudice di appello avrebbe male interpretato la normativa in quanto avrebbe creato un’indebita differenziazione di mansioni all’interno della medesima categoria, creando una ulteriore categoria, la D3, che si sarebbe aggiunta alle quattro previste dalla contrattazione collettiva, ossia la A, la B, la C e la D.
Ciò anche alla luce del fatto che le controparti erano state inquadrate, da un certo momento in poi, nella categoria D, classe economica 1, a seguito di specifica procedura concorsuale.
Con il secondo motivo parte ricorrente lamenta, con riferimento al primo e al secondo motivo di appello, la violazione ed errata applicazione degli artt. 2697 c.c., 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 e 115 c.p.c.
Sostiene che la corte territoriale non avrebbe considerato che sarebbe stato onere dei lavoratori provare il contenuto delle mansioni effettivamente svolte e del profilo di riferimento.
In particolare, il giudice di appello avrebbe dovuto eseguire un accertamento trifasico, ossia stabilire l’attività in concreto svolta e individuare le qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e raffrontare i risultati delle due indagini.
Inoltre, non avrebbe potuto trovare applicazione il principio di non contestazione, in assenza di adeguata allegazione dei fatti rilevanti.
Peraltro, la mera iscrizione all’ordine e all’INPGI non avrebbe provato la prevalenza delle mansioni in questione, anche perché l’addetto all’ufficio stampa svolgeva un’attività non riconducibile a quella di un giornalista.
Le censure, che possono essere trattate insieme, stante la stretta connessione, meritano accoglimento nei termini che seguono.
Occorre, innanzitutto, esaminare la regolamentazione rilevante.
L’art. 3 del CCNL revisione sistema classificazione professionale Regioni e Autonomie locali, intitolato ‘Il sistema di classificazione del personale’, prescrive che:
‘1. Il sistema di classificazione è articolato in quattro categorie denominate, rispettivamente, A, B, C e D.
Per il personale della categoria D è prevista la istituzione di una area delle posizioni organizzative, secondo la disciplina degli artt. 8 e ss.
Ai sensi dell’art. 56 del D. Lgs. n. 29 del 1993, come modificato dal D. Lgs. n. 80 del 1998, tutte le mansioni ascrivibili a ciascuna categoria, in quanto professionalmente equivalenti, sono esigibili. L’assegnazione di mansioni equivalenti costituisce atto di esercizio del potere determinativo dell’oggetto del contratto di lavoro.
L’assegnazione temporanea di mansioni proprie della categoria immediatamente superiore costituisce il solo atto lecito di esercizio del potere modificativo. Essa, fino a diversa disciplina contrattuale, è regolata dai commi 24 dell’art. 56 del D. Lgs. n. 29 del 1993 come modificato dal D. Lgs. n. 80 del 1998.
Le categorie sono individuate mediante le declaratorie riportate nell’allegato A, che descrivono l’insieme dei requisiti professionali necessari per lo svolgimento delle mansioni pertinenti a ciascuna di esse.
I profili descrivono il contenuto professionale delle attribuzioni proprie della categoria. Nell’allegato A sono riportati, a titolo esemplificativo, alcuni profili relativi a ciascuna categoria.
Gli enti, in relazione al proprio modello organizzativo, identificano i profili professionali non individuati nell’allegato A o aventi contenuti professionali diversi rispetto ad essi e li collocano nelle corrispondenti categorie nel rispetto delle relative declaratorie, utilizzando in via analogica i contenuti delle mansioni dei profili indicati a titolo semplificativo nell’allegato A.
Nell’allegato A sono altresì indicati, per le categorie B e D, i criteri per la individuazione e collocazione, nelle posizioni economiche interne delle stesse categorie, del trattamento tabellare iniziale di particolari profili professionali ai fini di cui all’art. 13′.
L’art. 13 del medesimo CCNL dispone, poi, che:
Il trattamento tabellare iniziale del personale inserito nelle categorie A, B, C e D è indicato nella tabella allegato B. Esso corrisponde alla posizione economica iniziale di ogni categoria, salvo che per i profili delle categorie B e D di cui all’art. 3, comma 7, per i quali il trattamento tabellare iniziale corrisponde, rispettivamente, ai valori economici complessivi indicati nelle posizioni B3 e D3.
La progressione economica all’interno della categoria secondo la disciplina dell’art. 5 si sviluppa, partendo dal trattamento tabellare iniziale individuato nel comma 1, con l’acquisizione in sequenza degli incrementi corrispondenti alle posizioni succe ssive risultanti dalla tabella B’.
Nella declaratoria della categoria D contenuta nell’allegato A del menzionato CCNL è scritto, altresì, che:
‘Ai sensi dell’art. 3, comma 7, per i profili professionali che, secondo la disciplina del DPR 347/83 come integrato dal DPR 333/90, potevano essere ascritti alla VIII qualifica funzionale, il trattamento tabellare iniziale è fissato nella posizione econom ica D3’.
Inoltre, l’art. 12, comma 3, del CCNL in questione stabilisce, con una disposizione transitoria, che:
‘3. Fino al 31.12.2001, la progressione economica di cui all’art. 5 del personale dei profili con trattamento tabellare iniziale corrispondente alle posizioni economiche B1 e D1 delle relative categorie può svilupparsi fino all’acquisizione degli increment i retributivi corrispondenti, rispettivamente, ai valori B4 e D3’.
Infine, l’art. 52, comma 1, d.lgs. n. 165 del 2001, nelle sue varie versioni, afferma sempre, nella sostanza, che, il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale (o dell’area di inquadramento) prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito. L’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione; il successivo comma 5 chiarisce che ‘
Da quanto sopra esposto si evince che, una volta abolito il sistema delle qualifiche funzionali, i dipendenti pubblici del comparto in questione sono stati inseriti all’interno di apposite categorie, vale a dire A, B, C e D.
All’interno di ciascuna di queste categorie era possibile una progressione meramente economica.
Per l’esattezza, al momento del passaggio da un sistema all’altro, i dipendenti si sono visti riconoscere, in linea di principio, la posizione economica iniziale di ogni categoria, ossia A1, B1, C1 e D1, destinata, con il tempo e in presenza di date condizioni, a salire.
Tale ultima regola ha subito delle eccezioni.
Infatti, per ciò che qui rileva, è stato stabilito, per i profili professionali che, secondo la disciplina del DPR 347/83 come integrato dal DPR 333/90, potevano essere ascritti alla VIII qualifica funzionale, che il trattamento tabellare iniziale era fissato nella posizione economica D3.
Non è in questione che i giornalisti pubblicisti fossero in origine inquadrati nella ex VIII qualifica funzionale e che, quindi, ad essi sarebbe spettato il riconoscimento della categoria D, posizione inziale D3.
Le mansioni, comunque, all’interno della stessa categoria, erano da considerare tutte esigibili ed equivalenti.
In pratica, era possibile parlare di svolgimento di mansioni di fatto superiori esclusivamente qualora un lavoratore di una categoria inferiore avesse eseguito prestazioni proprie di una delle categorie superiori, senza che, da questo punto di vista, assumesse rilievo la posizione economica del dipendente. Analogamente, era prospettabile un demansionamento solo ove la prestazione resa rientrasse fra quelle ricondotte a una categoria inferiore a quella dell’interessato.
La giurisprudenza ha confermato questa lettura del nuovo meccanismo, affermando che, in tema di pubblico impiego privatizzato, l’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 assegna rilievo solo al criterio dell’equivalenza formale delle mansioni, con riferimento alla classificazione prevista in astratto dai contratti collettivi, indipendentemente dalla professionalità in concreto acquisita, senza che il giudice possa sindacare la natura equivalente della mansione, non potendosi avere riguardo alla norma generale di cui all’art. 2103 c.c. (Cass., Sez. L, n. 26084 del 4 ottobre 2024; Cass., Sez. L, n. 1665 del 16 gennaio 2024).
Per definire la lite, occorre considerare che, come accertato dalla Corte d’appello di Roma, i dipendenti hanno agito non rivendicando ‘l’inquadramento superiore in forza dell’erronea riclassificazione per effetto del passaggio
contrattuale dalle ex qualifiche funzionali alle 4 categorie; bensì in forza del concreto svolgimento delle mansioni superiori’.
Pertanto, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, avrebbe dovuto trovare applicazione il principio per il quale il procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento di un lavoratore subordinato si sviluppa in tre fasi successive, consistenti nell’accertamento in fatto delle attività lavorative concretamente svolte, nell’individuazione dell e qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e nel raffronto tra i risultati di tali due indagini. Ai fini del l’osservanza di tale procedimento, è necessario che, pur senza rigide formalizzazioni, ciascuno dei suddetti momenti di ricognizione e valutazione trovi ingresso nel ragionamento decisorio, configurandosi, in caso contrario, il vizio di cui all’art. 360 n. 3 c.p.c., per l’errata applicazione dell’art. 2103 c.c. ovvero, per il pubblico impiego contrattualizzato, dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 (Cass., Sez. L, n. 30580 del 22 novembre 2019).
Nella specie, in effetti, dalla lettura della sentenza impugnata non emerge che la Corte d’appello di Roma pure sollecitata dall’appellante – abbia eseguito (o dato conto dell’espletamento da parte del tribunale) del suddetto procedimento trifasico, accertando le effettive prestazioni eseguite e le qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo di categoria, indicando i profili caratterizzanti le mansioni di dette qualifiche e ponendole in raffronto con quelle superiori rivendicate.
Ciò rileva, soprattutto, in quanto, per la SRAGIONE_SOCIALE., l’ufficio stampa delle pubbliche amministrazioni (i dipendenti erano stati ad esso assegnati, nella specie, come indicato nella sentenza impugnata), disciplinato dalla legge n. 150 del 2000 e con riferimento al quale il legislatore ha richiesto il titolo dell’iscrizione all’albo professionale per i suoi addetti e previsto un’area speciale di contrattazione con la partecipazione delle oo.ss. dei giornalisti, ha certo natura giornalistica (Cass., SU, n. 21764 d el 29 luglio 2021), ma è pur sempre un’articolazione organizzativa finalizzata allo svolgimento di una attività informativa istituzionale, che si inserisce nella linea gerarchica degli enti attraverso la mediazione di un coordinatore-capo ufficio stampa e il cui personale, se non già incardinato nell’ufficio prima dell’entrata in vigore della suddetta legge, è da ricondurre,
anche mediante l’individuazione di profili professionali specifici in sede di contrattazione collettiva, alla posizione di ‘addetto all’ufficio stampa pubblico’, il quale, pur trovando nella previa necessaria iscrizione all’albo dei giornalisti un requisito fondante di professionalità, non può essere assimilato alla figura del giornalista di cui alla legge n. 69 del 1963, in quanto sottoposto a direttive e privo di quei tratti di spiccata autonomia nell’acquisizione delle notizie e nell’esercizio del diritto di critica che caratterizzano l’attività giornalistica (Cass., Sez. L, n. 11543 del 15 giugno 2020).
Il giudice del merito, allora, atteso che gli attuali intimati non avevano affermato di essere appartenenti all’ex VIII qualifica funzionale al momento del passaggio dal sistema precedente a quello di cui al CCNL del 31 marzo 1999, doveva accertare in concreto le mansioni svolte nel periodo rilevante dagli interessati.
Nel fare ciò, non poteva limitarsi a valutare lo svolgimento, da parte loro, di attività redazionale (come risultante dalla documentazione) e l’iscrizione degli stessi all’ordine professionale dei giornalisti.
Il giudice del merito, invece, doveva accertare che i dipendenti in questione svolgevano, attualmente, le prestazioni tipiche di un giornalista appartenente all’allora VIII qualifica funzionale, alla luce del fatto , però, che, comunque, gli addetti all’ufficio stampa di un ente locale, se non già incardinati nell’ufficio medesimo prima dell’entrata in vigore della detta legge n. 150 del 2000, sono da ricondurre, anche mediante l’individuazione di profili professionali specifici in sede di contrattazione collettiva, alla p osizione di ‘addetto all’ufficio stampa pubblico’, il quale, pur trovando nella previa necessaria iscrizione all’albo dei giornalisti un requisito fondante di professionalità, non può essere assimilato alla figura del giornalista di cui alla legge n. 69 del 1963.
Ovviamente, il giudice del merito doveva considerare che , in base all’art. 52, comma 3, d.lgs. n. 165 del 2001, lo svolgimento di mansioni superiori sussiste soltanto in presenza dell ‘ attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni.
Compiuta questa attività, la corte territoriale, poi, era tenuta a verificare se le mansioni in concreto svolte non rientrassero nella categoria di appartenenza
formale (A, B, C o D, da intendere a prescindere dalle posizioni economiche riconoscibili) degli interessati.
Nel caso i dipendenti fossero stati, nel periodo di tempo rilevante, assegnati a una categoria inferiore a quella D (quindi, A, B o C) essi avrebbero avuto diritto a percepire somme ulteriori.
Avrebbe trovato applicazione, allora, il principio enunciato dalla recente ordinanza di questa sezione n. 22958 del 20 agosto 2024, secondo la quale, nel pubblico impiego contrattualizzato, l’art. 52, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001 – in difetto di diverse disposizioni di legge o della contrattazione collettiva riferite a determinate categorie di lavoratori – deve interpretarsi nel senso che il lavoratore assegnato a mansioni appartenenti alla categoria superiore, ferma la nullità dell’assegnazione, ha diritto (per il periodo di svolgimento di tali mansioni in modo prevalente, ai sensi del comma 3 del medesimo art. 52) al pagamento della differenza tra il trattamento economico iniziale previsto per la categoria superiore cui corrispondono le mansioni espletate e quello iniziale della categoria di inquadramento, in aggiunta a quanto percepito per la posizione economica di appartenenza e, eventualmente, a titolo di retribuzione individuale di anzianità.
Essi avrebbero dovuto ottenere, quindi, un supplemento di retribuzione parametrato a quanto ricevuto da un dipendente di categoria D, posizione economica D1.
Qualora, al contrario, essi fossero appartenuti alla categoria D, allora nulla avrebbero potuto percepire in base all’azione esercitata.
La sentenza impugnata, però, non dà conto della verifica sopra descritta.
Il ricorso è accolto e la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che deciderà la causa nel merito, pure in ordine alle spese di legittimità, applicando i seguenti principi di diritto:
‘L’esecuzione di fatto e in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, da parte di dipendenti di un ente locale di prestazioni comunque riconducibili alla categoria D di cui alle declaratorie contenute nell’allegato A del CCNL del 31 marzo 1999 revisione sistema classificazione professionale del Comparto Regioni ed autonomie locali non comporta lo svolgimento di mansioni superiori rilevant i ai sensi dell’art. 52 d.lgs. n. 165 del
2001, qualora i detti dipendenti non appartengano formalmente a una categoria inferiore’;
‘L’ufficio stampa delle pubbliche amministrazioni disciplinato dalla legge n. 150 del 2000 e con riferimento al quale il legislatore ha richiesto il titolo dell’iscrizione all’albo professionale per i suoi addetti e previsto un’area speciale di contrattazione con la partecipazione delle oo.ss. dei giornalisti, ha natura giornalistica, ma è, altresì, un’articolazione organizzativa finalizzata allo svolgimento di una attività informativa istituzionale, che si inserisce nella linea gerarchica degli enti attraverso la mediazione di un coordinatore-capo ufficio stampa e il cui personale, se non già incardinato nell’ufficio prima dell’entrata in vigore della suddetta legge, è da ricondurre, anche mediante l’individuazione di profili professionali specifici in sede di contrattazione collettiva, alla posizione di addetto all’ufficio stampa pubblico, il quale, pur trovando nella previa necessaria iscrizione all’albo dei giornalisti un requisito fondante di professionalità, non può essere assimilato alla figura del giornalista di cui alla legge n. 69 del 1963, in quanto sottoposto a direttive e privo di quei tratti di spiccata autonomia nell’acquisizione delle notizie e nell’esercizio del diritto di critica che caratterizzano l’attività giornalistica’.
P.Q.M.
La Corte,
accoglie il ricorso;
-cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in