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Mansioni superiori prevalenza: quando non spetta paga

Un dipendente pubblico ha richiesto il pagamento di differenze retributive per aver svolto mansioni di categoria superiore. Il Tribunale ha respinto la domanda, sottolineando che, per ottenere il riconoscimento, le mansioni superiori devono essere svolte con carattere di prevalenza. Nel caso specifico, le prove hanno dimostrato che tali compiti erano solo occasionali e residuali, non integrando il requisito di mansioni superiori prevalenza richiesto dalla legge.

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Pubblicato il 5 febbraio 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Mansioni Superiori e Prevalenza: Non Basta Svolgere Compiti Complessi per Avere una Paga Maggiore

Nel mondo del pubblico impiego, la questione delle mansioni superiori e del relativo diritto a una retribuzione più elevata è un tema ricorrente e complesso. Una recente sentenza del Tribunale di Pescara, in funzione di Giudice del Lavoro, offre un’importante lezione: non è sufficiente svolgere compiti appartenenti a una categoria superiore per vedersi riconosciute le differenze retributive. Il fattore determinante è la mansioni superiori prevalenza, ovvero la prova che tali compiti costituiscano l’attività principale e non meramente occasionale del lavoratore.

I Fatti del Caso: La Richiesta del Dipendente Pubblico

Il caso ha origine dal ricorso di un dipendente di un’amministrazione pubblica. Inquadrato formalmente in una categoria (prima A1 e poi A2) che prevede compiti prevalentemente esecutivi e ausiliari, il lavoratore sosteneva di aver svolto, sin dall’inizio del rapporto, mansioni riconducibili alla categoria superiore B1. Quest’ultima, secondo le declaratorie del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL), implica una maggiore complessità, responsabilità di risultati parziali e l’utilizzo di software specifici per la redazione di atti e provvedimenti.

Le attività contestate come ‘superiori’ includevano, in particolare, l’inserimento di delibere e determine nel sistema informatico regionale e la gestione del protocollo digitale, compiti che richiedevano l’uso di una password personale. Le mansioni ordinarie, invece, riguardavano la gestione della cancelleria e dei cartellini di presenza.

Il Criterio Decisivo delle Mansioni Superiori e della Prevalenza

Il cuore della questione giuridica risiede nell’interpretazione dell’art. 52 del D.Lgs. 165/2001, che disciplina le mansioni nel pubblico impiego. La norma stabilisce che si considera ‘svolgimento di mansioni superiori’ solo l’attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni.

Questo significa che il giudice deve effettuare una valutazione trifasica, verificando:

1. Profilo Quantitativo: La quantità di tempo dedicata alle mansioni superiori rispetto a quelle ordinarie.
2. Profilo Temporale: La continuità e la durata nel tempo dello svolgimento di tali compiti.
3. Profilo Qualitativo: L’importanza e la complessità delle mansioni superiori nell’economia complessiva del lavoro svolto.

Solo se le mansioni superiori risultano predominanti sotto tutti e tre questi aspetti, il lavoratore ha diritto al trattamento economico corrispondente. La giurisprudenza della Corte di Cassazione, richiamata ampiamente in sentenza, è costante nel ribadire questo principio.

Le motivazioni della Decisione del Tribunale

Il Tribunale ha rigettato il ricorso del dipendente proprio per la mancata dimostrazione del requisito della prevalenza. Sebbene le prove testimoniali avessero confermato che il lavoratore svolgeva effettivamente i compiti di inserimento dati nel sistema informatico, è emerso un dettaglio decisivo.

Un testimone chiave, collega di stanza del ricorrente, ha chiarito che tali mansioni venivano svolte solo in via residuale ed esclusivamente in sua sostituzione o in assenza di un altro collega specificamente addetto. In altre parole, non si trattava di un compito assegnato stabilmente e in via principale al ricorrente, ma di un’attività di supporto svolta ‘al bisogno’.

Questa testimonianza è stata ritenuta decisiva per escludere la prevalenza, sia quantitativa che qualitativa. Le mansioni superiori, pur esistenti, erano di fatto occasionali e non costituivano il nucleo centrale dell’attività lavorativa del dipendente. Di conseguenza, il presupposto fondamentale richiesto dalla legge per il riconoscimento del diritto alla retribuzione superiore non era soddisfatto.

Le conclusioni: Implicazioni per i Lavoratori del Pubblico Impiego

La sentenza offre una chiara indicazione per tutti i lavoratori del settore pubblico: per fondare una richiesta di differenze retributive non è sufficiente dimostrare di aver ‘messo le mani’ su compiti più complessi. È indispensabile provare, con elementi concreti e attendibili, che tali compiti hanno assorbito la maggior parte del proprio tempo e impegno lavorativo, diventando l’attività principale.

L’onere della prova grava interamente sul lavoratore, che deve essere in grado di dimostrare non solo cosa ha fatto, ma anche quanto e come lo ha fatto. In mancanza di una prova solida sulla prevalenza, anche lo svolgimento di mansioni oggettivamente superiori rischia di non avere alcuna rilevanza economica. Un aspetto interessante è che il giudice ha comunque deciso di compensare le spese legali, riconoscendo che l’aver adibito il lavoratore, seppur occasionalmente, a tali mansioni, possa aver ingenerato in lui un’aspettativa di diritto, pur se infondata.

Svolgere occasionalmente compiti di una categoria superiore dà diritto a una retribuzione maggiore nel pubblico impiego?
No, la sentenza chiarisce che per ottenere una retribuzione superiore è necessario che le mansioni superiori siano svolte in modo prevalente sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale. Lo svolgimento occasionale o residuale non è sufficiente.

Come si dimostra la prevalenza delle mansioni superiori?
La prevalenza deve essere provata dal lavoratore, ad esempio tramite prove testimoniali. Dalla sentenza emerge che è fondamentale dimostrare che tali compiti costituiscono l’attività principale e non un’attività svolta solo in sostituzione di colleghi assenti o in via eccezionale.

Cosa si intende per ‘prevalenza’ secondo la legge (art. 52 del D.Lgs. 165/2001)?
Si intende l’attribuzione dei compiti superiori in modo predominante non solo per il tempo dedicato (aspetto quantitativo e temporale), ma anche per l’importanza e la complessità delle mansioni rispetto al totale delle attività svolte (aspetto qualitativo).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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