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Mansioni superiori PA: diritto alla retribuzione

Un collaboratore di un ente locale, pur assunto in una categoria inferiore, ha svolto per anni compiti di livello superiore. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha confermato il suo diritto a ricevere le differenze retributive. Il principio chiave è che lo svolgimento di fatto di mansioni superiori PA fonda il diritto alla retribuzione corrispondente, a prescindere dalla nullità dell’assegnazione, dalla mancanza di un nuovo contratto scritto per le proroghe e persino dall’assenza del titolo di studio richiesto, purché la prestazione sia stata effettivamente resa.

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Pubblicato il 5 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Mansioni superiori PA: Sì alla Retribuzione Anche Senza Titolo e con Contratto Nullo

Nel complesso mondo del pubblico impiego, una questione ricorrente riguarda il diritto alla retribuzione per lo svolgimento di mansioni superiori PA. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito principi fondamentali a tutela del lavoratore, anche in presenza di irregolarità formali nel rapporto di lavoro. La sentenza chiarisce che la prestazione lavorativa effettivamente resa deve essere remunerata in modo proporzionato, a prescindere dalla validità dell’assegnazione o dalla mancanza di requisiti formali come il titolo di studio.

I Fatti del Caso: Un Collaboratore e le Sue Reali Attività

Un Comune aveva assunto un collaboratore esterno con un contratto a tempo determinato, inquadrandolo nella categoria economica C1. Tuttavia, per il periodo dal 2008 al 2011, il lavoratore aveva di fatto svolto compiti e assunto responsabilità riconducibili alla categoria superiore D1. Al termine del rapporto, il lavoratore ha richiesto il pagamento delle differenze retributive, ottenendo un decreto ingiuntivo. L’ente locale si è opposto, sostenendo l’illegittimità della richiesta e avanzando a sua volta una domanda per la restituzione di somme che riteneva versate in eccesso.

La Controversia Legale: Contratto, Proroghe e Qualifiche

La difesa del Comune si basava su diversi punti:
1. Validità del contratto: Solo il primo contratto del 2008 era stato stipulato per iscritto. Le prosecuzioni del rapporto negli anni successivi erano avvenute tramite semplici proroghe, senza la stipula di nuovi contratti formali. Secondo l’ente, questo rendeva il rapporto nullo per gli anni successivi al primo.
2. Mancanza del titolo di studio: Il lavoratore era privo del titolo di studio necessario per l’inquadramento nella categoria D, requisito che, a dire del Comune, impediva il riconoscimento di qualsiasi differenza retributiva.
3. Violazione delle norme: L’assegnazione a mansioni superiori violava diverse normative, tra cui il Testo Unico degli Enti Locali (TUEL) e le disposizioni sull’ordinamento degli uffici.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione al lavoratore, portando così il Comune a ricorrere in Cassazione.

Le Motivazioni della Cassazione sul Diritto alla Retribuzione per mansioni superiori PA

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Comune, consolidando principi giurisprudenziali di grande importanza. Il nucleo della decisione si fonda sull’articolo 52 del D.Lgs. 165/2001, che regola lo svolgimento di mansioni superiori nel pubblico impiego.

La Corte ha stabilito che, sebbene l’assegnazione a mansioni superiori possa essere nulla, il lavoratore ha comunque diritto a percepire la differenza tra il trattamento economico della categoria superiore e quello della sua categoria di inquadramento. Questo diritto ha natura retributiva e non risarcitoria, poiché compensa il valore e la qualità del lavoro effettivamente prestato, in ossequio all’articolo 36 della Costituzione.

Irrilevanza delle Irregolarità Formali

I giudici hanno chiarito diversi aspetti cruciali:
* Forma delle proroghe: La Corte ha ritenuto che, essendo presente un contratto scritto iniziale (quello del 2008), la validità delle successive proroghe, disposte con delibere della giunta, non inficia il diritto alla retribuzione. Trattandosi di un unico rapporto di lavoro proseguito nel tempo, e data la natura fiduciaria degli incarichi di staff ex art. 90 TUEL, non era necessaria la stipula di nuovi contratti scritti.
* Mancanza del titolo di studio: La Cassazione ha affermato un principio fondamentale: il diritto alla retribuzione per le mansioni di fatto svolte non può essere negato solo perché il lavoratore è privo del titolo di studio previsto per quella qualifica. Negare la retribuzione equivarrebbe a consentire un arricchimento ingiustificato per la Pubblica Amministrazione, che ha comunque beneficiato di una prestazione lavorativa di maggior valore. L’unico limite a questo diritto si ha in casi di illiceità della prestazione (ad esempio, l’esercizio di una professione sanitaria senza abilitazione), circostanza non presente in questo caso.
* Prova delle attività: La Corte territoriale aveva accertato, con una valutazione di merito non sindacabile in sede di legittimità, che il lavoratore aveva effettivamente svolto le mansioni superiori. Pertanto, la contestazione del Comune su questo punto è stata respinta.

Le Conclusioni: Principi Consolidati e Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame rafforza la tutela del lavoratore pubblico, affermando che il principio di proporzionalità della retribuzione alla quantità e qualità del lavoro prevale sui vizi formali dell’atto di assegnazione. La Pubblica Amministrazione che si avvale di una prestazione lavorativa superiore a quella contrattualizzata è tenuta a corrisponderne il giusto compenso. Questa decisione rappresenta un importante monito per gli enti pubblici a gestire correttamente l’inquadramento e le mansioni del personale, evitando situazioni di irregolarità che, sebbene non creino un diritto all’inquadramento superiore, fondano comunque un indiscutibile diritto alla retribuzione per il lavoro effettivamente svolto.

Un dipendente pubblico che svolge mansioni superiori ha diritto alla maggiore retribuzione anche se l’assegnazione è nulla?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che, ferma restando la nullità dell’assegnazione, il lavoratore ha diritto al pagamento della differenza tra il trattamento economico previsto per la categoria superiore e quello della sua categoria di inquadramento, in base all’art. 52 del D.Lgs. 165/2001.

La proroga di un contratto a tempo determinato con un ente locale necessita sempre di un nuovo atto scritto?
No, non necessariamente. Per gli incarichi di staff ex art. 90 TUEL, che hanno natura fiduciaria e durata legata al mandato politico, la Corte ha stabilito che la proroga non impone la stipula di un nuovo contratto scritto, specialmente se la volontà dell’ente è manifestata tramite atti come le delibere di giunta.

Il diritto alla retribuzione per mansioni superiori è escluso se il lavoratore non possiede il titolo di studio richiesto per quella qualifica?
No, il diritto non viene meno. La Corte ha chiarito che tale diritto non può essere negato solo perché il lavoratore è privo di un particolare titolo di studio, a meno che la prestazione non sia radicalmente vietata dall’ordinamento (es. professioni che richiedono un’abilitazione specifica).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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