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Mansioni superiori: no paga extra senza posto formale

Un dirigente sanitario ha svolto per anni mansioni superiori a quelle della sua qualifica, richiedendo le differenze retributive. I tribunali di merito gli hanno dato ragione, ma la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione. Con l’ordinanza n. 26259/2024, la Suprema Corte ha stabilito che per il riconoscimento economico delle mansioni superiori nel settore sanitario pubblico, non è sufficiente lo svolgimento di fatto dei compiti, ma è indispensabile che la posizione dirigenziale sia formalmente prevista nell’atto aziendale e l’incarico ufficialmente conferito. Di conseguenza, nessuna retribuzione di posizione aggiuntiva è dovuta.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Mansioni superiori: la retribuzione extra è legata al posto formale

Nel contesto del pubblico impiego, e in particolare nel settore sanitario, la questione delle mansioni superiori è spesso fonte di contenzioso. Un dipendente che di fatto svolge compiti di maggiore responsabilità ha diritto alla retribuzione corrispondente, anche se non ha mai ricevuto un incarico formale? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 26259 del 2024, ha fornito una risposta chiara, sottolineando il principio di formalità che governa l’organizzazione della Pubblica Amministrazione.

I Fatti del Caso: La Richiesta del Dirigente Sanitario

Un dirigente di un’Azienda Sanitaria Locale si era rivolto al Tribunale sostenendo di aver svolto, per circa quattro anni, l’incarico di responsabile di una ‘struttura semplice’, ovvero mansioni superiori rispetto al suo inquadramento formale. Nonostante l’assenza di un provvedimento di nomina, egli esercitava di fatto funzioni dirigenziali con autonomia gestionale e di spesa. Per questo motivo, aveva richiesto il pagamento delle differenze retributive, inclusa la cosiddetta ‘retribuzione di posizione’, e il ricalcolo della sua indennità di buonuscita.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano accolto le sue richieste, ritenendo provato lo svolgimento di fatto delle mansioni superiori. Secondo i giudici di merito, le caratteristiche dell’unità operativa in cui il dirigente lavorava la rendevano a tutti gli effetti una ‘struttura semplice’, dando così diritto al trattamento economico superiore. L’Azienda Sanitaria, tuttavia, ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sulle mansioni superiori

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Azienda Sanitaria, cassando con rinvio la sentenza della Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno ribaltato la prospettiva, affermando che il mero svolgimento di fatto di compiti più elevati non è sufficiente per ottenere il riconoscimento economico nel pubblico impiego contrattualizzato.

Le Motivazioni: Il Principio della Formalità e l’Atto Aziendale

La motivazione della Corte si fonda su un principio cardine: la retribuzione ‘di posizione’ è strettamente collegata al conferimento formale di un incarico dirigenziale. Questo, a sua volta, presuppone che la posizione esista formalmente all’interno dell’organizzazione dell’ente.

Nel settore sanitario, l’istituzione e la graduazione delle funzioni dirigenziali sono disciplinate dall’atto aziendale. Si tratta di un provvedimento con cui la Pubblica Amministrazione esercita il suo potere discrezionale di organizzare uffici, risorse umane e finanziarie. Un giudice non può sostituirsi all’amministrazione e qualificare una certa unità operativa come ‘struttura semplice’ sulla base di testimonianze o altre valutazioni fattuali, se manca un atto formale che la definisca come tale.

In assenza di una posizione dirigenziale formalmente istituita nella pianta organica, l’espletamento di fatto di mansioni superiori non può dare diritto alla corrispondente retribuzione di posizione. Secondo la Corte, consentire il contrario significherebbe aggirare le norme che regolano l’organizzazione pubblica e il conferimento degli incarichi.

Di riflesso, anche la richiesta di ricalcolo della buonuscita è stata respinta. La base retributiva per calcolare tale indennità, infatti, deve essere quella corrispondente alla qualifica di appartenenza formale del lavoratore, e non quella, mai riconosciuta, legata a mansioni più elevate svolte solo di fatto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale per chi lavora nel pubblico impiego: la forma è sostanza. Per ottenere il riconoscimento economico legato a mansioni superiori, non basta dimostrare di averle svolte. È necessario che la posizione sia prevista nell’organigramma ufficiale dell’ente e che l’incarico sia stato conferito attraverso un atto formale. La decisione protegge la discrezionalità organizzativa della Pubblica Amministrazione e pone un chiaro limite alle richieste basate esclusivamente sull’esercizio di fatto di determinate funzioni, garantendo trasparenza e rispetto delle procedure formali nell’attribuzione di ruoli e retribuzioni.

Svolgere mansioni superiori in un’azienda sanitaria pubblica dà automaticamente diritto alla retribuzione corrispondente?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che per ottenere la relativa retribuzione di posizione è necessaria la preventiva e formale istituzione del posto dirigenziale nell’atto aziendale dell’ente e un successivo e formale conferimento dell’incarico.

La testimonianza di colleghi può bastare a provare l’esistenza di una ‘struttura semplice’ e quindi il diritto alla paga superiore?
No, la Corte ha chiarito che la qualificazione di una struttura organizzativa non può basarsi su mere valutazioni fattuali o testimonianze. Deve necessariamente derivare da un atto formale e discrezionale dell’amministrazione che ne definisce l’esistenza e le caratteristiche.

Se un dipendente svolge di fatto mansioni superiori, l’indennità di buonuscita viene calcolata sulla retribuzione più alta?
No, la base di calcolo per la buonuscita resta quella corrispondente alla qualifica di appartenenza formale del lavoratore. L’esercizio di fatto di mansioni più elevate non incide su tale calcolo, poiché non determina un inquadramento nella qualifica superiore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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