LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Mansioni giornalistiche: non basta leggere le notizie

Una dipendente di una società televisiva, con il ruolo di programmista regista addetta a un servizio di infomobilità, ha richiesto il riconoscimento delle mansioni giornalistiche superiori di redattore. La Corte di Cassazione ha respinto definitivamente il ricorso, stabilendo che la semplice raccolta e diffusione di notizie pre-validate, senza un significativo apporto creativo, critico e autonomo, non integra l’attività giornalistica. La natura complementare e di breve durata degli approfondimenti non è stata ritenuta sufficiente a modificare la qualifica del rapporto di lavoro.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 4 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Mansioni Giornalistiche: Quando la Semplice Diffusione di Notizie non Basta

Il riconoscimento delle mansioni giornalistiche superiori è un tema ricorrente e complesso nel diritto del lavoro, specialmente nel settore dei media. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti essenziali sui criteri per distinguere l’attività di un programmista regista da quella di un redattore, stabilendo che la mera diffusione di informazioni non è sufficiente a qualificare un’attività come giornalistica. Analizziamo insieme questo importante caso.

I Fatti del Caso

Una lavoratrice, dipendente di una nota società radiotelevisiva dal 1997 e inquadrata dal 2001 come programmista regista, svolgeva la sua attività presso il centro di coordinamento informazioni sulla sicurezza stradale. La dipendente, giornalista professionista dal 2004, sosteneva di aver sempre svolto mansioni tipicamente giornalistiche, proprie della qualifica di redattore ordinario, fin dal 2000.

Per questo motivo, si era rivolta al Tribunale per ottenere l’accertamento della natura giornalistica delle sue mansioni, il conseguente inquadramento come redattore ordinario e il pagamento delle differenze retributive previste dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro dei Giornalisti (CCNLG).

L’Iter Giudiziario e le Decisioni dei Giudici

Il percorso legale è stato lungo e articolato. Inizialmente, sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto le domande della lavoratrice. Successivamente, la Corte di Cassazione, con una prima sentenza, aveva accolto il ricorso, cassando la decisione d’appello e rinviando la causa a un’altra sezione della stessa Corte. In quella sede, la Cassazione aveva stabilito un principio fondamentale: l’attività giornalistica può sussistere anche al di fuori delle testate tradizionali, purché sia caratterizzata da elaborazione autonoma delle notizie e da un apporto soggettivo e creativo.

Tuttavia, la Corte d’Appello, in sede di rinvio e dopo aver ascoltato i testimoni, ha nuovamente respinto le richieste della dipendente. Questa decisione è stata infine impugnata davanti alla Corte di Cassazione, che ha emesso l’ordinanza in esame, confermando il verdetto d’appello e mettendo la parola fine alla controversia.

Le Motivazioni: L’Assenza di Apporto Creativo nelle Mansioni Giornalistiche

Il cuore della decisione finale della Cassazione risiede nelle motivazioni con cui ha ritenuto infondate le pretese della lavoratrice. La Corte ha stabilito che, per configurare delle mansioni giornalistiche, non è sufficiente raccogliere e diffondere notizie, ma è indispensabile un’attività di “intermediazione critica” tra il fatto e i destinatari dell’informazione.

Secondo i giudici, l’attività della dipendente consisteva principalmente nel fornire notizie di infomobilità che pervenivano già “validate” da una centrale operativa esterna. Il suo ruolo era quello di diffondere queste informazioni in modo “secco”, senza possibilità di commento o di rielaborazione personale. Gli stessi approfondimenti e collegamenti, pur presenti, sono stati giudicati di durata e frequenza talmente limitate (pochi minuti e occasionali) da essere considerati meramente “complementari e di corredo” al compito principale, e non tali da modificare la natura della prestazione lavorativa.

La Corte ha sottolineato la mancanza di due elementi chiave:

1. Un apporto soggettivo e creativo: mancava quel contributo personale che trasforma una semplice notizia in un messaggio giornalistico, attraverso l’analisi, la valutazione della rilevanza e l’interpretazione del fatto.
2. Un’attività di informazione critica: il lavoro era incentrato sulla comunicazione di dati e segnalazioni, non sull’informazione critica di fatti di attualità.

In sostanza, le prestazioni della lavoratrice sono state ricondotte a quelle proprie della sua qualifica di programmista regista, che includono l’ideazione e la preparazione di programmi radiofonici, la redazione di testi e scalette e le prestazioni al microfono, ma senza quel quid pluris di autonomia e creatività che caratterizza la professione giornalistica.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale per chi opera nel mondo dell’informazione. Per ottenere il riconoscimento di mansioni giornalistiche superiori, non è sufficiente essere iscritti all’albo o lavorare a contatto con le notizie. È cruciale dimostrare in giudizio di svolgere un’attività caratterizzata da autonomia, spirito critico e rielaborazione creativa del materiale informativo.

L’onere della prova ricade interamente sul lavoratore, che deve essere in grado di dimostrare, attraverso testimonianze e documenti, che il proprio contributo va oltre la mera esecuzione di direttive o la semplice lettura di notiziari pre-confezionati. La decisione evidenzia come i giudici di merito debbano valutare in concreto la natura delle mansioni, guardando alla sostanza dell’attività svolta piuttosto che alla forma o al contesto in cui essa viene prestata.

Svolgere mansioni informative in un programma televisivo è sufficiente per essere inquadrati come giornalista?
No. Secondo la Corte, non è sufficiente. È necessario dimostrare un apporto soggettivo e creativo nell’elaborazione delle notizie e un’autonomia decisionale, elementi che vanno oltre la mera raccolta e diffusione di informazioni, anche se svolte in diretta.

L’iscrizione all’albo dei giornalisti garantisce il riconoscimento delle mansioni giornalistiche?
No. L’iscrizione all’albo è un requisito, ma la Corte ha chiarito che il fattore determinante è la natura effettiva delle mansioni svolte. Il giudice deve accertare in concreto la sussistenza dei requisiti di creatività e autonomia tipici della professione giornalistica.

Qual è la differenza tra un errore di valutazione e un travisamento della prova?
La sentenza chiarisce che l’errore di valutazione riguarda il peso o il significato che il giudice attribuisce a una prova (es. dare più importanza a un testimone rispetto a un altro), ed è una valutazione di merito non sindacabile in Cassazione. Il travisamento della prova è un errore di percezione, in cui il giudice legge o comprende male il contenuto oggettivo di una prova, ed è un vizio che può essere denunciato in Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati