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Malattia professionale: risarcimento anche non tabellata

Un lavoratore ha citato in giudizio un ente previdenziale dopo il rigetto della sua richiesta di indennizzo per una malattia professionale non tabellata (ernia discale). Il Tribunale, basandosi su una perizia tecnica che ha confermato il nesso causale tra la patologia e l’attività lavorativa, ha accolto la domanda del lavoratore. L’ente è stato condannato al pagamento delle prestazioni, degli interessi e delle spese legali.

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Pubblicato il 28 gennaio 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Malattia Professionale non Tabellata: Il Diritto al Risarcimento quando c’è Nesso Causale

Il riconoscimento di una malattia professionale è un pilastro della tutela del lavoratore. Ma cosa succede quando la patologia non rientra negli elenchi ufficiali? Una recente sentenza del Tribunale del Lavoro ha ribadito un principio fondamentale: se si dimostra il nesso causale tra lavoro e malattia, il diritto all’indennizzo sussiste. Analizziamo il caso di un lavoratore affetto da ernia discale che ha ottenuto giustizia.

I Fatti di Causa

Un lavoratore, affetto da ernia discale in L4-L5 e L5-S1 e da discoartrosi cervico lombare, presentava domanda a un ente previdenziale per ottenere il riconoscimento della malattia professionale e il relativo indennizzo. Sosteneva che tale patologia fosse stata contratta a causa della sua abituale attività lavorativa.

L’ente respingeva la richiesta in sede amministrativa. Di conseguenza, il lavoratore si vedeva costretto a ricorrere al Tribunale per veder accertato in giudizio il proprio diritto. L’ente convenuto si difendeva sostenendo che mancasse il requisito dell’esposizione a un rischio specifico, dato che la patologia denunciata non era ‘tabellata’.

La Prova del Nesso Causale nella Malattia Professionale

Il fulcro della questione risiede nella distinzione tra malattie professionali ‘tabellate’ e ‘non tabellate’. Per le prime, il nesso causale è presunto dalla legge. Per le seconde, invece, l’onere della prova ricade interamente sul lavoratore, che deve dimostrare in modo concreto che la patologia è conseguenza diretta della sua attività lavorativa.

Questo principio è stato sancito dalla storica sentenza della Corte Costituzionale n. 179/1988, che ha esteso la tutela assicurativa a tutte le malattie di origine lavorativa, purché ne sia provato il legame con il lavoro. Nel caso di specie, il Giudice ha disposto una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) per accertare tale legame.

La Decisione del Tribunale del Lavoro

Il Tribunale, dopo aver ascoltato i testimoni e acquisito la relazione del perito, ha accolto la domanda del lavoratore. La decisione si è fondata interamente sulle conclusioni della CTU, ritenute dal Giudice ampiamente e adeguatamente motivate.

Le Motivazioni della Sentenza

Il Giudice ha evidenziato come il Consulente Tecnico, basandosi sulla documentazione medica e su accertamenti diretti, avesse concluso che la rachipatia del ricorrente era effettivamente determinata da fattori legati all’esercizio dell’attività lavorativa. La perizia ha quantificato l’incidenza invalidante della tecnopatia nel 6%. Questo dato, unificato con precedenti patologie professionali già riconosciute, ha portato il grado di inabilità complessiva del lavoratore all’11%.

Il Tribunale ha ritenuto provato il nesso causale, superando così l’obiezione dell’ente convenuto sulla natura non tabellata della malattia. Di conseguenza, ha riconosciuto il diritto del lavoratore a ricevere le prestazioni previste dalla legge.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La sentenza emessa condanna l’ente previdenziale a corrispondere al lavoratore le prestazioni di legge, oltre agli interessi e alla svalutazione monetaria sui ratei arretrati. Inoltre, in applicazione del principio della soccombenza, l’ente è stato condannato a rimborsare integralmente le spese legali sostenute dal lavoratore e a farsi carico dei costi della CTU. Questa decisione rafforza la tutela dei lavoratori, confermando che il diritto all’indennizzo per malattia professionale non è limitato a un elenco predefinito, ma si estende a qualsiasi patologia per cui si riesca a dimostrare l’origine lavorativa. Sottolinea inoltre il ruolo cruciale della prova tecnica e della CTU nei contenziosi di questo tipo.

È possibile ottenere un indennizzo per una malattia professionale non inclusa nelle tabelle ufficiali?
Sì, la sentenza conferma che è possibile, a condizione che il lavoratore dimostri il nesso causale, ovvero che la malattia è stata causata specificamente dall’attività lavorativa svolta.

Qual è il ruolo della Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) in questi casi?
La CTU è fondamentale. In questo caso, la perizia del consulente tecnico ha accertato sia la patologia sia il suo legame con il lavoro, risultando decisiva per la vittoria del lavoratore.

Cosa succede se un lavoratore ha già altre patologie riconosciute?
La nuova percentuale di inabilità (in questo caso il 6%) viene unificata con le patologie preesistenti, portando a un grado complessivo di inabilità superiore (qui l’11%) che determina l’entità delle prestazioni economiche.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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