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Malattia professionale: indennizzo per muratore

Un lavoratore, dopo oltre 25 anni di attività come muratore, ha citato in giudizio l’ente assicuratore per ottenere un indennizzo per malattia professionale legata a patologie delle spalle e dei gomiti. Inizialmente la domanda è stata respinta, ma la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione. Sulla base di una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU), i giudici hanno riconosciuto il nesso causale tra il lavoro usurante e le malattie, liquidando un indennizzo pari al 10% di danno biologico e correggendo il calcolo del perito sul punto dell’arrotondamento finale.

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Pubblicato il 16 aprile 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Malattia Professionale Riconosciuta: La Vittoria di un Muratore in Appello

Il riconoscimento di una malattia professionale può trasformarsi in un percorso a ostacoli per molti lavoratori. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Cagliari ha riaffermato un principio cruciale: un lungo periodo di attività lavorativa usurante può essere di per sé sufficiente a dimostrare l’origine professionale di una patologia. Questo caso, che ha visto protagonista un muratore con oltre 25 anni di servizio, ribalta una decisione di primo grado e chiarisce importanti aspetti sul ruolo della consulenza tecnica e sul calcolo del danno biologico.

I Fatti di Causa: Dal Rigetto alla Riforma

Un lavoratore, affetto da “tendinopatia calcifica bilaterale della cuffia dei rotatori” ed “epicondilite bilaterale”, aveva richiesto all’ente assicurativo il giusto indennizzo, sostenendo che tali patologie fossero una diretta conseguenza della sua lunga carriera come muratore. Il Tribunale, in prima istanza, aveva rigettato la domanda, ritenendo non sufficientemente provato che l’attività lavorativa svolta avesse causato le malattie.

Insoddisfatto della decisione, il lavoratore ha presentato appello, lamentando come il primo giudice non avesse disposto una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) per accertare il nesso causale, un passaggio fondamentale in casi di questo tipo.

La Svolta in Appello e la Prova della Malattia Professionale

La Corte d’Appello ha adottato un approccio differente. I giudici hanno ritenuto che un’attività lavorativa di oltre 25 anni, caratterizzata da mansioni pesanti come quelle del muratore, costituisse un presupposto più che sufficiente per giustificare l’insorgere delle patologie denunciate. Di conseguenza, è stata nominata una CTU per fare luce sulla questione.

Il Ruolo Decisivo della Consulenza Tecnica

L’esperto nominato dal tribunale ha confermato le tesi del lavoratore. Nella sua relazione, il consulente ha concluso che le lesioni degenerative e le rotture tendinee delle spalle erano state causate, o quantomeno concausate, dal “sovraccarico funzionale” sopportato durante la lunga vita lavorativa. Anche la patologia ai gomiti (epicondilite) è stata collegata all’attività manuale e di forza svolta per decenni.

La Valutazione e il Calcolo del Danno Biologico

Il CTU ha quantificato il danno biologico come segue:
* Danno alla spalla destra: 5%
* Danno alla spalla sinistra: 4%
* Danno da epicondilite bilaterale: 2%

Utilizzando una formula di calcolo consolidata, il perito aveva stimato un danno complessivo del 10,91%, arrotondandolo poi all’11%. La Corte d’Appello, pur condividendo le valutazioni mediche sul nesso causale e sulle singole percentuali di danno (9% totale per le spalle e 2% per i gomiti), ha corretto l’arrotondamento finale. I giudici hanno specificato che, secondo la giurisprudenza consolidata, l’indennizzo si calcola per punti interi e non è possibile arrotondare per eccesso le frazioni di punto. Pertanto, il danno definitivo indennizzabile è stato fissato nella misura del 10%.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che l’errore del primo giudice era stato non ammettere la CTU, nonostante la presenza di elementi sufficienti (i 25 anni di lavoro usurante) per indagare sulla natura professionale della malattia. Le conclusioni del CTU sono state ritenute solide e ben argomentate, basate su nozioni di scienza medica e medicina del lavoro. La Corte ha quindi riformato integralmente la sentenza precedente, accogliendo l’appello e condannando l’ente assicuratore a corrispondere l’indennizzo dovuto, oltre al pagamento delle spese legali di entrambi i gradi di giudizio.

Conclusioni: Cosa Insegna Questa Sentenza

Questa pronuncia offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, conferma che la durata e la natura dell’attività lavorativa sono elementi probatori fondamentali per il riconoscimento di una malattia professionale. In secondo luogo, evidenzia l’importanza cruciale della Consulenza Tecnica d’Ufficio come strumento indispensabile per l’accertamento del nesso causale in materie così complesse. Infine, la sentenza fa chiarezza sulle modalità di calcolo del danno biologico, ribadendo che la liquidazione deve attenersi a criteri rigorosi, senza arrotondamenti arbitrari, garantendo così un indennizzo giusto ed equo per il lavoratore.

Un lungo periodo di lavoro usurante è sufficiente per dimostrare l’origine di una malattia professionale?
Sì, la Corte d’Appello ha stabilito che un’attività lavorativa di oltre 25 anni come muratore è di per sé un elemento sufficiente a giustificare l’insorgenza delle patologie e a richiedere un approfondimento tecnico (CTU) per confermare il nesso causale.

Come viene calcolato il danno biologico complessivo quando un lavoratore ha più patologie riconosciute?
Le singole percentuali di danno vengono aggregate secondo formule medico-legali specifiche. La Corte ha chiarito che il risultato finale deve essere espresso in punti interi. Nel caso specifico, partendo da un 9% per le spalle e un 2% per i gomiti, il danno complessivo indennizzabile è stato determinato nel 10%.

È possibile arrotondare per eccesso la percentuale di danno biologico calcolata dal perito?
No. La Corte ha specificato che, in base alla giurisprudenza consolidata, non è consentito arrotondare per eccesso le frazioni di punto. Il diritto all’indennizzo è riconosciuto e calcolato sulla base di punti interi, quindi il valore finale è stato conglobato nel 10% e non nell’11% come inizialmente proposto dal CTU.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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