Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18076 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 18076 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/07/2025
SENTENZA
sul ricorso 11050-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 10/2021 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 11/01/2021 R.G.N. 339/2019; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
Oggetto
R.G.N. 11050/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 11/06/2025
PU
udito l’avvocato NOME COGNOME udito l’avvocato NOME COGNOME
Fatti di causa
La Corte d’appello di Ancona, con l’impugnata sentenza, accogliendo parzialmente il gravame proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza di primo grado ha confermato il rigetto delle domande svolte relative al superiore inquadramento, ma ha dichiarato il diritto dello stesso COGNOME a percepire la maggiorazione del 10% sugli elementi della retribuzione di cui al punto 3 dell’art. 24 del CCNL di settore per coordinamento di squadra, condannando la società appellata RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al relativo pagamento, maggiorato degli accessori di legge, con decorrenza dal 7 dicembre 2012 fino al giugno 2016.
A fondamento della pronuncia la Corte d’appello ha sostenuto che le prove raccolte consentivano di valorizzare alcune caratteristiche dell’attività svolta dall’appellante come caposquadra senza essere però di conforto alla domanda di riconoscimento delle rivendicate mansioni superiori. Ha quindi rilevato che l’organizzazione contemplasse la possibilità di formare squadre di lavoro in numero variabile da un minimo di tre fino ad un massimo di dieci operai; e che a partire dal 22 maggio 2012 e fino al giugno 2016, i testi escussi avevano dichiarato che Marra coordinasse gli operai nella sua più estesa formazione e che talvolta seguiva più squadre formate da un minor numero di operai e che avendo svolto sistematicamente mansioni di preposto ad un gruppo di lavoro ossia di caposquadra, gli spettava la maggiorazione del 10% sugli elementi della retribuzione di cui al punto 3 dell’articolo 24 del CCNL di settore per il periodo indicato.
La contrattazione collettiva di riferimento ricollegava alla
figura professionale del vice capocantiere o dell’assistente capocantiere il ruolo di caposquadra espressamente svincolato da un determinato inquadramento professionale.
Si poteva pertanto affermare che il ricorrente avesse sistematicamente svolto mansioni di preposto ad un gruppo di lavoro ossia caposquadra, al quale spettava la maggiorazione del 10% sugli elementi della retribuzione di cui al punto 3 dell’articolo 24 del CCNL di settore nei limiti del quinquennio anteriore alla data di notifica del ricorso di primo grado.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE con un motivo di ricorso cui ha resistito NOME COGNOME con controricorso. Le parti ed il PG hanno depositato memorie prima dell’udienza.
Ragioni della decisione
1.- Con l’unico motivo di ricorso si deduce, ex articolo 360, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 77, ultima parte, del CCNL per i dipendenti da imprese edili e affini, stipulato il 19 aprile 2010 tra Ance e Feneal-Uil, Filca-Cisl, Fillea-Cgil, in riferimento agli artt. 1362, c.c. e 12 preleggi, posto che la Corte di appello aveva riconosciuto al lavoratore l’indennità prevista dalla norma collettiva sulla base dello svolgimento del mero ruolo di caposquadra.
2.- Il motivo di ricorso è inammissibile.
La norma contrattuale citata prevede la corresponsione in favore del lavoratore preposto a sorvegliare e guidare l’attività esecutiva di un gruppo di cinque e più operai, che partecipi egli stesso direttamente all’esecuzione dei lavori, la maggiorazione del 10% sulla retribuzione, in relazione allo svolgimento di tale particolare incarico e limitatamente alla durata dello stesso.
3.La sentenza ha accertato che l’organizzazione del lavoro
presso la datrice di lavoro contemplava la possibilità di formare squadre di lavoro in numero variabile da un minimo di tre fino ad un massimo di dieci operai; e che a partire dal 22 maggio 2012 fino al giugno 2016 i testi escussi hanno dichiarato che il Marra coordinava gli operai nella sua più estesa formazione e che talvolta egli seguiva più squadre formate da un minor numero di operai e che, avendo svolto sistematicamente mansioni di preposto ad un gruppo di lavoro ossia di caposquadra, gli spettava la maggiorazione del 10% sugli elementi della retribuzione di cui al punto 3 dell’articolo 24 del CCNL di settore per il periodo indicato.
4.- Sulla scorta di tali premesse di fatto il motivo deve ritenersi inammissibile, atteso che la Corte territoriale ha accertato in punto di fatto l’esistenza di tutti i presupposti previsti dal CCNL per il riconoscimento della maggiorazione in discorso, non avendo affatto ricollegato il riconoscimento dell’indennità contrattuale al mero ruolo di caposquadra.
5.- La norma in effetti restringe l’ambito di operatività della maggiorazione retributiva in oggetto al lavoratore preposto dall’impresa a sorvegliare e a guidare l’attività esecutiva di un gruppo di cinque o più operai per il particolare incarico e limitatamente alla durata dello stesso; essa pertanto restringe la spettanza dell’indennità al periodo in cui il lavoratore è stato proposto al governo del lavoro di un gruppo di operai composto da cinque o più unità ed inoltre partecipi personalmente al lavoro. E allo scopo non basta certamente l’attribuzione sistematica della generica qualifica di capo cantiere o di vice capo cantiere: occorre invece che il lavoratore abbia concretamente assolto il compito di sorvegliare e guidare un gruppo di lavoro di almeno cinque operai e nei limiti dell’effettivo svolgimento di tale compito.
6. Ma, dalla complessiva lettura della pronuncia impugnata, risulta che la Corte di appello, lungi dal fornire un’errata
interpretazione della clausola del contrato collettivo, ha accertato in punto di fatto che la specifica organizzazione aziendale contemplava la possibilità di formare squadre di lavoro in numero variabile da un minimo di tre fino ad un massimo di dieci operai; ha altresì accertato che il Marra coordinava sempre gli operai nella sua più estesa formazione (ossia di dieci operai) e talvolta seguiva più squadre formate da un minor numero di operai (ovvero più squadre di tre operai); pertanto in entrambi i casi coordinava un numero di operai superiore a cinque.
Deve pertanto affermarsi che non esista né la violazione della norma contrattuale e nemmeno una sua falsa applicazione; dovendo richiamarsi il consolidato orientamento secondo cui ‘in tema di ricorso per cassazione, la deduzione del vizio di violazione di legge consistente nella erronea riconduzione del fatto materiale nella fattispecie legale deputata a dettarne la disciplina (cd. vizio di sussunzione) postula che l’accertamento in fatto operato dal giudice di merito sia considerato fermo ed indiscusso, sicché è estranea alla denuncia del vizio di sussunzione ogni critica che investa la ricostruzione del fatto materiale, esclusivamente riservata al potere del giudice di merito» (Cass., n. 6035 del 13/03/2018); ed inoltre «in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura é possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione» ( ex multis Cass., n. 26110 del 2015).
6. Per i motivi esposti il ricorso deve essere quindi dichiarato inammissibile non solo perché, in sostanza, esso si risolve in una diversa ricostruzione in punto di fatto delle risultanze istruttorie, il che non è consentito in sede di legittimità, ma anche perché attribuisce alla Corte territoriale un’errata interpretazione del c.c.n.l. che, in realtà, essa non ha mai operato.
Le spese processuali seguono il regime della soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo in favore della parte controricorrente; segue altresì il raddoppio del contributo unificato ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M .
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 2500,00 per compensi e 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente di un ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, alla pubblica udienza dell’11 giugno 2025.
Il Giudice estensore Il Presidente
Dott. NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME