Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12600 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12600 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 12/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17417/2024 R.G. proposto da :
FERROVIE DEL SUD RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rapp. p.t., rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE),
-ricorrente-
contro
COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE ,
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 587/2024 depositata il 29/01/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 587/2024, pubblicata il 29/1/2024, ha dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta da RAGIONE_SOCIALE avverso il lodo arbitrale sottoscritto in data 30 maggio 2018, « non definitivo », con il quale si è ritenuto il Collegio arbitrale ritualmente e legittimamente costituito in base alla clausola compromissoria, si è respinta l’eccezione di incompetenza del costituito Collegio Arbitrale per carenza di imparzialità e indipendenza a decidere della controversia ad esso sottoposta, fissando l’udienza per la prosecuzione del giudizio e riservando al lodo definitivo la determinazione sulle spese, competenze e onorari del giudizio.
in particolare, il Collegio Arbitrale aveva ritenuto « di dovere prioritariamente esaminare la questione pregiudiziale, proposta da entrambe le parti e riguardante la validità e/o nullità della clausola compromissoria, con la eventuale conseguenza, ove ritenuta nulla la clausola, della incompetenza e della carenza di potere di codesto Collegio Arbitrale, la cui costituzione è prevista dal contratto intercorso tra FSE e l’Ing. COGNOME in data 16.12.2013 e la cui nomina ha avuto luogo ai sensi del Regolamento della Camera internazionale dell’Arbitrato della Mediazione e della Conciliazione » e quindi ritenuto che la questione dovesse essere oggetto di « lodo non definitivo data la rilevanza che essa assume per il prosieguo del presente giudizio », concludendo per il suo rigetto.
La Corte d’appello, richiamati i sette motivi di impugnazione per nullità del lodo, qualificato dalla ricorrente in premessa come « parziale » e quindi suscettibile di immediata impugnazione ai sensi dell’art. 827 cod. proc. civ., per essere la decis ione fondata sull’erronea qualificazione giuridica di FSE e del rapporto inter partes e, conseguentemente, sulla erronea tesi di inapplicabilità della normativa dell’evidenza pubblica al contratto in esame, con conseguente erronea qualificazione da parte del Collegio arbitrale come pregiudiziale di una questione di merito, ha ritenuto
inammissibile l’impugnazione.
La Corte territoriale ha osservato che il Collegio arbitrale ha esaminato, nel lodo impugnato, una prima questione pregiudiziale, « se la clausola compromissoria debba ritenersi o meno nulla ex art. 1418 c.c. nella misura in cui il contratto inter partes del 16.12.13, che la contiene, è stato stipulato in mancanza (del rispetto) della procedura di evidenza pubblica e che, in ogni caso, la clausola non reca, così come richiesto dall’art. 241 comma 1 d.lgs. n. 163/2006 nonché dall’art. 1 comma 20 della L. 190/2012, la preventiva autorizzazione da parte del competente organo amministrativo », e una ulteriore questione, sempre, in via pregiudiziale, posta da FSE in via di merito e riguardante la incompetenza del costituito Collegio in considerazione del fatto che esso sarebbe privo dei requisito di imparzialità e indipendenza, così come richiesto per ogni giudice.
La Corte d’appello ha quindi rilevato che, ai sensi dell’art. 827, terzo comma, c.p.c., – secondo cui « Il lodo che decide parzialmente il merito della controversia è immediatamente impugnabile, ma il lodo che risolve alcune questioni insorte senza definire il giudizio arbitrale è impugnabile solo unitamente al lodo definitivo » -occorre distinguere l’impugnativa del lodo parziale, immediata, con sospensione dell’esecuzione, e quella del lodo non definitivo, solo unitamente al definitivo. Le Sezioni Unite della Corte di cassazione, nella sentenza n. 16963/2014, hanno innanzitutto escluso che la nozione di lodo parziale autonomamente impugnabile, stabilita dal citato art. 827, coincida esattamente con quella di sentenza non definitiva di cui all’art. 279 secondo comma cod. proc. civ., la quale, a differenza del lodo arbitrale, può essere oggetto di impugnazione immediata (ai sensi del comma quarto della stessa norma) non solo nel caso previsto al n. 2 in cui la sentenza definisca il giudizio, decidendo questioni pregiudiziali attinenti al processo o questioni preliminari di merito, ma anche nel caso di cui
n. 4), allorquando il giudice, con sentenza, risolva questioni pregiudiziali o preliminari di merito, senza, tuttavia, definire il giudizio, chiarendo che, con riferimento al lodo parziale, la scelta del legislatore è stata quella di limitare l’autonoma impugnazione ai soli lodi che « in concreto hanno definito il giudizio quantomeno relativamente ad una o più domande », nella ragionevole esigenza di evitare la proliferazione di giudizi di impugnazione che potrebbero rivelarsi del tutto inutili, in contrasto con la ratio deflattiva dell’arbitrato, mentre l’immediata impugnabilità deve essere esclusa quando il lodo abbia deciso questioni insorte nel procedimento arbitrale, ma senza definire il giudizio.
In conclusione, poiché, al fine dell’autonoma impugnabilità del lodo parziale, « l’unico parametro da osservare è la verifica che quel lodo abbia definito in tutto o in parte il giudizio, indipendentemente dalla natura di rito o di merito delle questioni trattate (peraltro le Sezioni Unite di questa Corte, nella sentenza n. 24153/2013 hanno statuito – diversamente da quanto osservato dalla ricorrente – che l’eccezione di compromesso deve ricomprendersi, a pieno titolo, nel novero di quelle di rito, in considerazione della natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario da attribuirsi all’arbitrato rituale in conseguenza delle disciplina complessivamente ricavabile dalla legge 5 gennaio 1994, n. 5 e dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40) », nel caso in esame, « in sintonia con l’espressa qualificazione di lodo «non definitivo» attribuita alla decisione in esame dal Collegio arbitrale », mancavano anche gli indici formali del lodo parziale quali la separazione delle domande e la condanna alle spese.
Avverso la suddetta pronuncia, la RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, notificato il 25/7/2024, affidato a due motivi, nei confronti di NOME COGNOMEche resiste con controricorso).
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 827, comma 3, c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 3), in quanto, senza svolgere alcuna specifica disamina circa la natura ed il contenuto del Lodo oggetto di impugnazione dinanzi alla Corte di Appello (circostanza che determina di per sé anche un vizio di motivazione denunciabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., cfr. infra par. III.2.), ha dichiarato la inammissibilità dell’appello proposto da FSE ritenendo che il Lodo fosse qualificabile come « non definitivo » e quindi non immediatamente impugnabile ai sensi dell’art. 827 c.p.c. con ciò incorrendo nel vizio di violazione e/o falsa applicazione della medesima norma ai sensi dell’art. 360, comma 1, c. 3 c.p.c..
Con un secondo motivo, si denuncia la nullità della Sentenza e/o del procedimento ex art. 360, comma 1, n. 4, per violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 111, comma 6, Cost., in quanto la sentenza sarebbe anche sotto il profilo della omessa o apparente motivazione, avendo la Corte di Appello mancato totalmente di indicare i concreti elementi da cui abbia tratto le proprie valutazioni in ordine alla qualificazione del Lodo come « lodo non definitivo » escludendone la immediata impugnabilità con ciò incorrendo nel vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c..
Nei motivi, si deduce che il Collegio arbitrale, nell’esaminare la questione pregiudiziale inerente all’eccepita nullità della clausola compromissoria per essere stato stipulato il contratto del 16/12/2013 che la conteneva in assenza della procedura di evidenza pubblica e per difettare la clausola stessa della indicazione, nel bando o nell’avviso di gara, della preventiva autorizzazione dell’organo amministrativo e alla conseguente illegittima e irregolare costituzione del Collegio arbitrale per incompetenza della Camera Internazionale dell’Arbitrato della
Mediazione e della Conciliazione ad amministrare la procedura di arbitrato, spettando l’amministrazione della stessa alla Camera Arbitrale istituita presso l’ANAC, ha dovuto qualificare la stessa come non autonoma rispetto al contratto e ha dovuto esaminare l’intero contratto, tra FSE e l’Ing. COGNOME avente ad oggetto l’incarico di compiere una verifica e regolarizzazione catastale e urbanistica degli immobili di proprietà di FSE che la conteneva nel suo complesso, sul piano soggettivo e oggettivo.
Si rileva che, da un lato, dall’esame delle domande espressamente sottoposte da entrambe le parti al Collegio arbitrale risulterebbe evidente « come la delibazione in ordine alla nullità del Contratto sia stata elevata, per esplicita richiesta dei contraddittori, da mera questione pregiudiziale al rango di vera e propria domanda da decidere con efficacia di giudicato ex art. 34 c.p.c. » e, dall’altro lato, che il Collegio arbitrale, nel pronunciare il lodo in esame, ha dichiarato di non applicare il principio di autonomia della clausola compromissoria di cui all’art. 808 cpv. c.p.c. e, pertanto, « ha assunto ad oggetto del proprio esame non esclusivamente la convenzione di arbitrato, ma il contratto nel suo complesso ritenendo che il vizio denunciato ‘sarebbe tale per la sua rilevanza da estendersi automaticamente anche alla clausola compromissoria che da esso direttamente deriva e che ne è il risultato’ ».
Il Collegio arbitrale, quindi, non ha esaminato soltanto la questione della validità della clausola compromissoria ma anche il merito, con una pronuncia parziale, della domanda svolta in via principale da FSE di nullità del contratto, esaurendo così il potere di accertamento della nullità del contratto, essendo impraticabile l’ipotesi che il giudizio di merito potesse ancora essere definito con l’accoglimento della domanda svolta in via principale da FSE e con il conseguente accertamento della rilevata invalidità, implicando ciò la negazione, postuma, della competenza arbitrale originariamente dichiarata.
Inoltre, la Corte d’appello dando rilievo alla qualificazione espressa del lodo come «non definitivo», ha violato il consolidato principio di « prevalenza della sostanza sulla forma » in virtù del quale « al fine di stabilire se un provvedimento abbia natura di sentenza o di ordinanza è decisiva non già la forma adottata ma il suo contenuto, al fine di stabilire se lo stesso abbia o meno carattere sostanzialmente decisorio » (Cassazione civile sez. II, 28/01/2022, n.2685).
Con il secondo motivo, si lamenta, inoltre, la motivazione apparente o perplessa e obiettivamente incomprensibile, in quanto la Corte territoriale, dopo l’enunciazione dei criteri generali cui attenersi nella qualificazione del Lodo, non ha compiuto alcuna valutazione in ordine all’effettivo contenuto del provvedimento oggetto di impugnazione né in relazione alle domande svolte dalle parti.
Il controricorrente, in punto di fatto, dà atto di alcune circostanze, precisando che: a) prima di adire « con comparsa in riassunzione, istanza di arbitrato e nomina di arbitro per la costituzione del collegio arbitrale », la Camera Internazionale dell’Arbitrato, della Mediazione e della Conciliazione (di seguito, AMC), lo stesso aveva convenuto in giudizio, con citazione del luglio 2016, la FSA, per sentirla condannare al pagamento della soma di Euro 1.853.334,80 oltre interessi di mora, dinanzi al Tribunale ordinario di Roma, ma, a fronte di eccezione pregiudiziale della FSE di « difetto di competenza dell’Ill.mo Tribunale adito a favore del collegio arbitrale come previsto dalla clausola ‘Controversie’ di cui al contratto del 16.12.2013 fra RAGIONE_SOCIALE ed il signor NOME COGNOME, arbitrato da tenersi innanzi alla Camera Arbitrale RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, INDIRIZZO, il Tribunale di Roma, con provvedimento del 19/4/2017, si era dichiarato incompetente « attesa la competenza arbitrale prevista dal
contratto inter partes in data 16.12.13 », disponendo la riassunzione del giudizio nel termine di mesi tre, e la cancellazione della causa dal ruolo e spese compensate; b) FSE, dopo essersi costituta regolarmente nel giudizio arbitrale incardinato dall’Ing. COGNOME nominando il proprio Arbitro di fiducia e formulando i relativi quesiti da sottoporre al Collegio, senza nulla sollevare circa la competenza arbitrale, in data 14 settembre 2017, aveva sollevato per la prima volta la questione della competenza della Camera arbitrale adita, invitando il Presidente dell’AMC a « declinare qualunque istanza di nomina del terzo arbitro eventualmente proveniente dalla Controparte», avendo provveduto «a richiedere alla Autorità Nazionale Anticorruzione ANAC di amministrare la procedura di arbitrato fra FSE e l’Ing. COGNOME »; c) la AMC, con nota del 03.10.2017, prendeva posizione circa le richieste di FSE, ritenendole sostanzialmente infondate e/o comunque irrituali, e, non essendosi presentata la FSE all’incontro fissato, si era proceduto alla designazione del terzo arbitro quale Presidente del Collegio, nonché alla sostituzione dell’arbitro nominato da FSE (per sua indisponibilità), su ricorso ex art.810 c.p.c. del COGNOME al Presidente del Tribunale di Roma, che, in data 1° marzo 2018, disponeva con ordinanza la nomina del prof. NOME COGNOME quale arbitro di designazione FSE presso AMC, integrando il collegio arbitrale avanti AMC poiché precedentemente instaurato, respingendo di conseguenza l’istanza di nomina di arbitro per parte COGNOME in riferimento all’arbitrato dinanzi all’ANAC.
Il controricorrente rileva che la controparte non avrebbe comunque interesse ad impugnare il lodo emesso sul presupposto della nullità della clausola compromissoria, in quanto la mancata impugnazione del provvedimento del Tribunale di Roma, l’ordinanza resa in udienza in data 19.04.17 nel termine di tre mesi, adottata peraltro « dietro espressa eccezione della stessa
FSE », ha comportato all’evidenza un giudicato interno e/o implicito, con le preclusioni conseguenti, anche e soprattutto con il radicamento della competenza ai sensi e per gli effetti dell’art. 38 c.p.c.; in altre parole, il giudicato formatosi sulla competenza arbitrale assorbe ogni eccezione relativa alla esistenza e validità della clausola stessa.
La ricorrente, oltre ad eccepire l’inammissibilità dell’eccezione per mancata proposizione di un ricorso incidentale, ne deduce l’infondatezza, in quanto la declinatoria di competenza del Tribunale di Roma del 2017 ha dato origine ad un giudicato solo formale (Cass. 8050/2022) e comunque, nel corso del giudizio arbitrale e nel giudizio dinanzi alla Corte d’appello, FSE aveva dedotto uno specifico profilo di invalidità della clausola compromissoria, (in relazione alla contestata attribuzione ad AMC, in luogo della Camera arbitrale per i contratti pubblici presso ANAC, del potere di amministrare e decidere la controversia arbitrale).
Il controricorrente eccepisce poi l’accettazione per fatti concludenti da parte di FSE della competenza arbitrale.
Invero, « a fronte della notifica della comparsa in riassunzione e nomina d’arbitro da parte dell’Ing. COGNOME FSE – senza nulla contestare in ordine alla presunta nullità della clausola compromissoria – anziché denegare la competenza del Collegio Arbitrale ha provveduto alla nomina del proprio arbitro nella persona del Prof. NOME COGNOME (cfr. all.9) » e poi, con successiva comparsa di risposta, « FSE – ancora una volta senza nulla eccepire circa la pretesa incompetenza e la legittimità e/o la validità e/o la efficacia della clausola compromissoria – ha confermato la nomina dell’arbitro ed ha proposto al Collegio Arbitrale le proprie domande in via riconvenzionale .
La ricorrente, in memoria, replica di avere tempestivamente sollevato la questione della competenza della Camera Arbitrale Anac, sin dal settembre 2017, e che nell’ottobre 2017 il Consiglio
della Camera Internazionale ANAC si era dichiarato competente riguardo al procedimento arbitrale instaurato dall’Ing. COGNOME dinanzi alla Camera arbitrale AMC, ma poi il procedimento di nomina del terzo arbitro per il completamento della terna arbitrale dinanzi alla Camera Internazionale AMC era proseguito in forza del criterio della prevenzione.
In ogni caso, FSE, in data 18/4/2018, nella prima udienza del procedimento arbitrale presso la Camera internazionale AMC, aveva eccepito l’incompetenza e l’irregolare e illegittima costituzione del Collegio arbitrale.
La ricorrente, in memoria, eccepisce che il procedimento promosso dal COGNOME dinanzi al Tar Lazio, al fine di ottenere l’annullamento del provvedimento con cui ANAC aveva dichiarato la propria competenza riguardo al procedimento arbitrale instaurato dal COGNOME, è stato dichiarato perento, con decreto comunicato l’11 maggio 2023 (non avendo il ricorrente chiesto la fissazione dell’udienza), con conseguente illegittima e irregolare costituzione del Collegio arbitrale presso AMC, stante la definitività delle statuizioni assunte da ANAC circa la competenza della Camera Arbitrale preso ANAC.
Le censure da trattare unitariamente in quanto connesse sono inammissibili.
5.1. L’art. 827 comma 3 c.p.c. distingue tra:
il lodo che decide parzialmente il merito della controversia, il quale è immediatamente impugnabile (c.d. lodo parziale);
ii) il lodo che risolve alcune delle questioni insorte senza definire il giudizio arbitrale, il quale è impugnabile solo unitamente al lodo definitivo (c.d. lodo non definitivo).
Si ha un lodo parziale quando gli arbitri decidono solo una parte delle domande proposte, non esaurendo il mandato a decidere l’intera controversia, mentre si ha un lodo non definitivo quando esso risolve una questione preliminare di merito o pregiudiziale di
rito.
La distinzione assume rilevanza fondamentale poiché determina l’immediata impugnabilità (lodo parziale) o meno (lodo non definitivo) della statuizione degli arbitri. Il lodo parziale produce effetti nella sfera giuridica sostanziale delle parti, dal momento che con esso si decide su un diritto e genera, pertanto, una soccombenza immediata ed effettiva. Il lodo non definitivo, invece, ha il solo effetto di esaurire il potere decisorio dell’arbitro su una determinata questione, pregiudiziale di rito o preliminari di merito, quali, a mero titolo esemplificativo, la competenza, la giurisdizione o la prescrizione.
5.2. Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 23463 del 18.11.2016 (in conformità Cass. 18507/2020), hanno affermato che non è immediatamente impugnabile il lodo che decide: 1) una questione preliminare di merito (ad esempio, di prescrizione) o pregiudiziale di rito (ad esempio, la competenza, giurisdizione etc.), senza decidere alcuna delle domande di merito proposte (« Il lodo che decide parzialmente il merito della controversia, immediatamente impugnabile a norma dell’art. 827 comma 3 c.p.c., è sia quello di condanna generica ex art. 278 c.p.c., sia quello che decide una o alcune delle domande proposte senza definire l’intero giudizio, non essendo immediatamente impugnabili i lodi che decidono questioni pregiudiziali o preliminari »); 2) sull’esistenza o validità della clausola compromissoria, poiché la questione ha natura pregiudiziale di rito in quanto funzionale all’accertamento della potestas iudicandi degli arbitri (« Nel giudizio arbitrale, la questione concernente l’esistenza o la validità della convenzione giustificativa della potestas iudicandi degli arbitri ha natura pregiudiziale di rito, in quanto funzionale all’accertamento di un error in procedendo che vizia una decisione giurisdizionale, e può essere oggetto di lodo non definitivo, come tale non immediatamente impugnabile ») e quindi, poiché l’arbitrato svolge una funzione sostitutiva del giudizio
davanti al giudice togato, laddove gli arbitri affermino la propria competenza, in forza della ritenuta validità della clausola arbitrale o perché la controversia rientri nei limiti oggettivi dell’accordo arbitrale, la questione risolta nel lodo non definitivo non attiene al merito della controversia ma riveste natura processuale, trattandosi di comprendere su quella controversia sia devoluta alla decisione di arbitri o dell’autorità giudiziale. In ordine a tale secondo profilo, già con la sentenza n. 24153/2013, si era affermato che l’eccezione di compromesso deve ricomprendersi, a pieno titolo, nel novero di quelle di rito, in considerazione della natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario da attribuirsi all’arbitrato rituale in conseguenza della disciplina complessivamente ricavabile dalla legge 5 gennaio 1994, n. 5 e dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40.
Inoltre, già con la sentenza n. 16963/2014, le Sezioni Unite avevano chiarito che la nozione di lodo parziale autonomamente impugnabile, stabilita dal citato art. 827 c.p.c., non coincide esattamente con quella di sentenza non definitiva di cui all’art. 279 secondo comma c.p.c., la quale, a differenza del lodo arbitrale, può essere oggetto di impugnazione immediata (ai sensi del comma quarto della stessa norma) non solo nel caso previsto al n. 2) in cui la sentenza definisca il giudizio, decidendo questioni pregiudiziali attinenti al processo o questioni preliminari di merito, ma anche nel caso di cui al n. 4), allorquando il giudice, con sentenza, risolva questioni pregiudiziali o preliminari di merito, senza, tuttavia, definire il giudizio. Questa Corte a S.U. ha inoltre chiarito che, con riferimento al lodo parziale, la scelta del legislatore è stata quella di limitare l’autonoma impugnazione ai soli lodi che in concreto hanno definito il giudizio quantomeno relativamente ad una o più domande e risponde alla ragionevole esigenza di evitare la proliferazione di giudizi di impugnazione che potrebbero rivelarsi del tutto inutili, in contrasto con la ratio deflattiva dell’arbitrato,
dandosi continuità a detto orientamento, secondo cui il lodo parziale è immediatamente impugnabile, ai sensi dell’art. 827, terzo comma, c.p.c., solo nel caso in cui, decidendo su una o più domande, abbia definito il giudizio relativamente ad esse, attesa l’esecutività che il lodo stesso può assumere in questa ipotesi, mentre l’immediata impugnabilità deve essere esclusa quando il lodo abbia deciso questioni insorte nel procedi-mento arbitrale, ma senza definire il giudizio
Sempre questa Corte (Cass. 8457/2014) ha chiarito, in motivazione, che il dictum arbitrale, pur relativo a una questione relativa alla validità della clausola compromissoria e alla competenza degli arbitri, incide parzialmente sul merito (cfr., Cass., 19 agosto 2004, n. 16205, in motivazione), laddove, avendo escluso il potere di decidere degli arbitri in relazione a una specifica domanda, pronunci in maniera definitiva su tale domanda, di talché non può dubitarsi della sua immediata impugnabilità.
5.3. Deve quindi darsi continuit à all’orientamento inaugurato dalla citata Cass. n. 16963/2014 secondo cui il lodo parziale è immediatamente impugnabile, ai sensi dell’art. 827, terzo comma, cod. proc. civ., solo nel caso in cui, decidendo su una o pi ù domande, abbia definito il giudizio relativamente ad esse, attesa l’esecutivit à che il lodo stesso pu ò assumere in questa ipotesi, mentre l’immediata impugnabilit à deve essere esclusa quando il lodo abbia deciso questioni insorte nel procedimento arbitrale, ma senza definire il giudizio ( Cass. 28190/2020).
Dunque, al fine dell’autonoma impugnabilit à del lodo parziale, l’unico parametro da osservare è la verifica che quel lodo abbia definito in tutto o in parte il giudizio, indipendentemente dalla natura di rito o di merito delle questioni trattate.
Il lodo parziale è immediatamente impugnabile, ai sensi dell’art. 827, comma 3, c.p.c., solo nel caso in cui, decidendo su una o più domande, abbia definito il giudizio relativamente ad esse, attesa
l’esecutività che lo stesso può assumere in questa ipotesi, mentre l’immediata impugnabilità deve essere esclusa quando il lodo abbia deciso questioni pregiudiziali o preliminari di merito senza definire il giudizio (Cass. 28190/2020; Cass. 16963/2014). Inoltre, nel giudizio arbitrale, la questione concernente l’esistenza o la validità della convenzione giustificativa della « potestas iudicandi » degli arbitri ha natura pregiudiziale di rito, in quanto funzionale all’accertamento di un « error in procedendo » che vizia una decisione giurisdizionale, quale è il lodo (Cass.S.U. 23463/2016).
5.4. Orbene, nella specie, il Collegio arbitrale non si è pronunciato su temi afferenti al merito della vicenda, ma unicamente sulla validità o meno della clausola compromissoria che rientra tra le questioni pregiudiziali di rito che sono decise con un lodo non definitivo.
Quanto al merito, le domande svolte in via principale attengono esclusivamente all’accertamento dell’inadempimento di FSE agli obblighi previsti nel contratto stipulato in data 16.12.2013 e sulla condanna della società al pagamento all’Ing. COGNOME del compenso pattuito.
Il mancato rispetto della procedura dell’evidenza pubblica non riguarda il merito della vicenda, ma è una questione sollevata da FSE al fine di far dichiarare, in via pregiudiziale di rito, la nullità della clausola compromissoria e, di conseguenza, la carenza di potere ed incompetenza degli Arbitri a conoscere la controversia: « I) in via pregiudiziale di rito, previo rilievo della nullità della clausola compromissoria di cui al Contratto (nullità per violazione della normativa in materia di evidenza pubblica, n.d.r.), accertare la pro-pria carenza di potere e/o incompetenza a conoscere la presente controversia con con-seguente declaratoria di competenza del Giudice Ordinario ».
L’unica decisione adottata dagli arbitri, nel caso di specie, ha riguardato la validità della clausola compromissoria, trattandosi di
una decisione su questione pregiudiziale di rito, che non dà luogo ad impugnabilità immediata del lodo.
La valutazione espressa dal Collegio Arbitrale circa la validità del contratto sottoscritto fra le parti attiene solo a una questione incidentale, necessaria per poter accertare la validità della clausola compromissoria; accertamento della validità della clausola compromissoria che rientra tra le questioni pregiudiziali di rito che vengono decise con un lodo non definitivo.
Nella specie, quindi, la Corte territoriale si è conformata a tali principi, avendo rilevato che il Collegio arbitrale si era limitato a pronunziare solo sulle questioni pregiudiziali o preliminari, senza dunque chiudere n é in tutto n é in parte il giudizio dinanzi a s é , con conseguente esatta applicazione dell’articolo 827, terzo comma, c.p.c..
Si trattava dunque di lodo cd. interlocutorio, impugnabile solo unitamente al lodo definitivo, che non aveva deciso una o più domande cumulate o parte di un’unica domanda, se frazionabile, statuendo con effetti vincolanti, ma che aveva risolto alcune questioni insorte nel corso del giudizio senza definirlo, affermando e non escludendo la competenza arbitrale.
La prima doglianza è quindi inammissibile ex art.360 bis n. 1 c.p.c. 5.5. Anche la seconda censura è inammissibile, in quanto nessuna contraddittorietà o carenza si riviene nelle motivazioni della sentenza impugnata.
La sentenza oggetto di impugnazione è stata congruamente motivata e la decisione della Corte di Appello risulta conforme alle innumerevoli pronunce della Cassazione sopra richiamate; si richiama quanto chiarito dalle Sezioni Unite nella pronuncia n. 22232/2016 sulla motivazione apparente.
Tale ragione più liquida giustifica la non necessità di esame delle eccezioni, sollevate dal COGNOME, sul giudicato interno intervenuto sulla questione della competenza del Collegio Arbitrale nominato
dalla Camera Internazionale AMC in quanto in realtà già decisa inter partes dalla ordinanza resa in udienza in data 19.04.17, con la quale il Tribunale di Roma, su eccezione di FSE, cui aveva aderito il COGNOME, ha definito il giudizio RG.n. 57387/2016 pendente tra FSE e l’Ing. COGNOME dichiarando « l’incompetenza del Tribunale di Roma, attesa la competenza arbitrale prevista dal contratto inter parte in data 16.12.2013 di-sponendo la riassunzione del giudizio nel termine di mesi tre e la cancellazione della causa dal ruolo », nonché sull’inammissibilità del ricorso per effetto dell’adesione, a seguito di riassunzione del giudizio in sede arbitrale, da parte di FSE, la quale, anziché denegare la competenza del Collegio Arbitrale ha provveduto alla nomina del proprio arbitro e con successiva comparsa di risposta FSE ha confermato la nomina dell’arbitro ed ha proposto al Collegio Arbitrale le proprie domande in via riconvenzionale.
In ogni caso, si tratta di doglianze estranee al tema oggetto del presente giudizio della impugnabilità del lodo in quanto, asseritamente, « parziale » e non « non definitivo ».
Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e vanno poste a favore del difensore qualificatosi antistatario.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, a favore del difensore del controricorrente, qualificatosi antistatario, liquidate in complessivi € 15.000,00, a titolo di compensi, oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato,
pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso, a Roma, nella camera di consiglio del 2 aprile 2025.