Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 32543 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 3 Num. 32543 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/12/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 4361/2023 R.G. proposto da:
COGNOME, domiciliato per legge in ROMA alla INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall ‘ avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE unitamente all ‘ avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), domiciliazione telematica in atti
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante in carica, domiciliato per legge in ROMA alla INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione rappresentato e difeso dall ‘ avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliazione telematica in atti
– controricorrente –
nonché contro
CONSORZIO DI RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante in carica, domiciliato per legge in ROMA alla INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di cassazione,
rappresentato e difeso dall ‘ avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliazione telematica in atti
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE d ‘ APPELLO di POTENZA n. 706/2022 depositata il 9/12/2022
Udito alla pubblica udienza del 15/10/2024 il Procuratore Generale, nella persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso per l ‘ accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti.
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 15/10/2024, dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME propose opposizione all ‘ esecuzione, avverso atto di pignoramento presso terzi, dinanzi al Tribunale di Potenza, convenendo in giudizio il Consorzio RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, quale soggetto al quale erano imputabili le ingiunzioni fiscali per i contributi dovuti al detto Consorzio.
Entrambi i convenuti si costituirono in giudizio, contestando la tempestività dell ‘ opposizione, in quanto da ritenersi formale, e comunque resistendo ad essa.
L ‘ opposizione, qualificata quale opposizione agli atti esecutivi, venne dichiarata improcedibile dal Tribunale di Potenza, con sentenza n. 13 del 3/01/2018.
NOME COGNOME propose appello.
Entrambe le parti appellate si costituirono in fase d ‘ impugnazione, reiterando le contestazioni.
La Corte d ‘ appello di Potenza ha, con la sentenza n. 706 del 9/12/2022, dopo avere riqualificato l ‘ azione proposta come rientrante nell ‘ ambito dell ‘ art. 615 c.p.c., rigettato l ‘ impugnazione.
Avverso la sentenza della Corte territoriale propone ricorso per cassazione NOME COGNOME con atto affidato a sei motivi di ricorso.
Rispondono, con separati controricorsi, la RAGIONE_SOCIALE e il Consorzio RAGIONE_SOCIALE d ‘ Apulia.
Il Procuratore Generale ha presentato conclusioni scritte per l ‘ accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti cinque.
Il ricorrente ha depositato memoria per l ‘ udienza del 15/10/2024, alla quale il ricorso, dopo la requisitoria del Procuratore Generale, che si è riportato allo scritto già depositato, e in assenza
dei difensori delle parti, non comparsi, sebbene ritualmente avvisati, è stato trattenuto per la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente propone i seguenti motivi d ‘ impugnazione:
I) violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 2, comma 1 e 2; art. 3 r.d. n. 639 del 14/09/1910, artt. 52 lett. b) e 53 d.lgs. n. 446 del 15/12/1997; art. 38 d.P.R. n. 639 del 26/10/1972; art. 14 preleggi c.c.; artt. 114 e 123 Costituzione; art. 2 d.lgs. n. 267 del 18/08/2000, art. 21 ultimo comma del r.d. n. 215 del 13/02/1933; art. 17 del d.lgs n. 46 del 26/02/1999; art. 156, comma 3 del d.lgs. n. 152 del 3/04/2006; art. 53 r.d. n. 215 del 13/02/1933; art. 2 d.lgs n. 267 del 2000; art. 1 d.lgs. n. 50 del 2016; art. 1, comma 161 e segg. della legge n. 296 del 2006 in relazione all ‘ art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c., per avere la Corte d ‘ Appello ritenuto il concessionario della riscossione legittimato a emanare ingiunzione di pagamento ex art 3 r.d. n. 639 del 1910;
II) violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 32 d.lgs n. 150 del 1/09/2011 e art 3 r.d. n. 639 del 1910, in relazione all ‘ art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c., per aver ritenuto la Corte d ‘ appello di Potenza che il termine per impugnare l ‘ ingiunzione fiscale fosse un termine perentorio;
III) violazione e falsa applicazione degli artt. 2953 c.c.; art 3 r.d. n. 639 del 1910; art. 32 d.lgs n. 150 del 2011; 474 c.p.c. e 615 c.p.c. in relazione all ‘ art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c., per aver ritenuto la Corte d ‘ appello che i crediti portati dalle ingiunzioni fossero definitivi;
IV) violazione e falsa applicazione degli artt. 43 c.c., 138; 139 e 159 cod. proc. civ. e 2697 c.c., in relazione all ‘ art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c. e per omesso esame di un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., per aver la Corte d ‘ appello erroneamente ritenuto non influente ai fini della decisione la notifica
R.g. n. 4361 del 2023 U.P. 15/10/2024; est. C. Valle
di atti prodromici e (o) interruttivi della prescrizione del credito oggetto del pignoramento presso terzi e la relativa e conseguenziale prova documentale da parte dell ‘ Ente Impositore e (o) del concessionario della riscossione;
V) violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 2697 cc in relazione all ‘ art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c., per aver la Corte d ‘ appello di Potenza disatteso il principio dell ‘ onere della prova in ambito tributario;
VI) violazione e falsa applicazione degli artt. 2948; 2953 e 2697 c.c.; 159 c.p.c.; artt. 2 e 3 r.d. n. 639 del 1910; art. 32 d.lgs n. 150 del 2011, in relazione all ‘ art. 360, comma primo, n. 3 cpc, per aver la Corte d ‘ appello erroneamente ritenuto che l ‘ ingiunzione equivalga ad accertamento, senza considerare che controparte non ha mai provato la notifica di atti prodromici e (o) interruttivi della prescrizione estintiva, antecedenti alla notifica delle ingiunzioni di pagamento e al pignoramento presso terzi, oltre a non considerare che il termine di cui all ‘ art. 3 r.d. n. 639 del 1910 è termine ordinatorio e non perentorio.
Non è necessario dare conto specificamente delle censure di cui ai motivi, giusta quanto in prosieguo deve affermarsi.
Il Collegio rileva che non risulta in alcun modo identificato il terzo pignorato e detta lacuna non può essere colmata mediante lo scrutinio degli atti delle fasi di merito, che non sono stati utilmente richiamati dagli atti del giudizio di legittimità.
Questa Corte ha affermato (Cass. che n. 26562 del 14/09/2023 Rv. 668669 – 01), in materia di opposizioni esecutive, che il ricorso per cassazione carente dell ‘ esatta indicazione dei litisconsorti necessari, quali i terzi pignorati, è inammissibile, ai sensi dell ‘ art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c. e che non è possibile, nonostante la violazione dell ‘ art. 102 c.p.c., rimettere l ‘ intera causa al giudice di primo grado al fine di procedere a contraddittorio integro a causa dell ‘ assoluta incertezza dell ‘ identità dei litisconsorti stessi,
trattandosi di requisito di contenuto-forma che deve essere assolto necessariamente con il ricorso e non può essere ricavato in altro modo (ossia aliunde ).
Il Collegio condivide detto orientamento e intende dare ad esso ulteriore seguito.
A tanto consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, per mancata identificazione dei litisconsorti necessari terzi pignorati e a prescindere dalla correttezza della riqualificazione dell ‘ opposizione esperita operata dalla Corte territoriale, che ha ritenuto, difformemente dal Tribunale, che lo COGNOME avesse proposto un ‘ opposizione all ‘ esecuzione, ossia di merito, non un ‘ opposizione agli atti esecutivi, ossia formale ed ha, quindi, conosciuto nel merito dell ‘ impugnazione. Infatti, se avesse tenuta ferma la decisione del primo giudice in ordine alla qualificazione dell ‘ opposizione avrebbe dovuto, correttamente, in quanto rileva la sola qualificazione data dal giudice il cui provvedimento viene impugnato (giurisprudenza costante a partire da Cass. n. 2253 del 06/08/1964 Rv. 303374 – 01), dichiarare inammissibile l ‘ appello, per essere le sentenze in materia di opposizione formale suscettibili, in forza del disposto dell ‘ art. 618, comma 2 c.p.c., come interpretato dalla giurisprudenza di questa, divenuta diritto vivente, di impugnazione soltanto in sede di legittimità (Cass. n. 568 del 14/03/1964 Rv. 300756 -01; Cass. n. 1457 del 12/06/1962 Rv. 252322 – 01).
L ‘ esito della presente causa, in carenza dell ‘ esatta identificazione dei terzi pignorati, sarebbe stato comunque quello dell ‘ inammissibilità del ricorso, risultando sul punto accomunate tutte le specie di opposizione, ossia quelle di merito di cui all ‘ art. 615 c.p.c., quelle formali di cui all ‘ art. 617 c.p.c. (Cass. n. 13533 del 18/05/2021 Rv. 661412 – 01) e quelle distributive di cui all ‘ art. 512 dello stesso codice di rito civile (Cass. n. 11268 del 12/06/2020 Rv.
658143 – 01).
Le spese di lite seguono la soccombenza del ricorrente e, tenuto conto dell ‘ attività processuale espletata, in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo, in favore di ciascuna delle due controricorrenti.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1, quater del d.P.R. n. 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, e in favore del competente Ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore delle pari controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida per ciascuna parte in Euro 2.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Corte di