Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2998 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 2998 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 22786 anno 2023 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME in forza di procura in calce al ricorso per cassazione, presso il cui studio è domiciliato in Roma, INDIRIZZO
ricorrente
contro
NOME COGNOME in proprio e n.q di erede universale di COGNOME NOME, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO che lo rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 6011/2023 pubblicata il 21/09/2023 e notificata a mezzo pec. In data 28/09/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/11/2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con opposizione a precetto ai sensi dell’articolo 615 c.p.c. il signor NOME COGNOME contestava l’esecuzione promossa dal creditore signor NOME COGNOME succeduto al figlio NOME COGNOME per intervenuta cessione del credito, deducendo la insussistenza del titolo esecutivo (costituito da decreto ingiuntivo) per essere lo stesso stato azionato, nonostante il provvedimento di sospensione adottato dal Got di Orbetello in data 16/10/2010 e la pendenza presso il Tribunale di Grosseto del giudizio di merito avente ad oggetto l’opposizione al decreto ingiuntivo.
Il GE presso il Tribunale di Roma non sospendeva l’esecuzione, rilevando che la sospensione del decreto ingiuntivo, disposta con ordinanza nell’ambito del giudizio di opposizione proposto nei confronti del solo cedente, non avesse alcun effetto nei confronti del cessionario. In sede di reclamo, il Tribunale, viceversa, sospendeva l’efficacia esecutiva del titolo esecutivo costituito dal decreto ingiuntivo, ritenendo che la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo pronunciata dal giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo, diversamente da quanto ritenuto nel provvedimento reclamato, avesse effetto anche nei confronti del cessionario non costituito il quale, quindi, aveva intimato il pagamento del credito in difetto di esecutività del titolo posto alla base del precetto.
Il Tribunale di Roma, a definizione della fase di merito del giudizio di opposizione a precetto, dava atto che il giudice di Grosseto aveva definito il giudizio di opposizione tardiva ex art. 651 c.p.c. ed aveva revocato il decreto ingiuntivo, con ciò determinando la declaratoria di cessazione della materia del contendere con la necessità di regolare le spese di lite secondo
il criterio della soccombenza virtuale; al riguardo il Tribunale condannava il creditore intimante al pagamento delle spese di lite in favore dell’opponente signor COGNOME
Proponeva appello il signor COGNOME Mauro chiedendo la riforma integrale della sentenza di prime cure con tre motivi aventi tutti ad oggetto la pronuncia di liquidazione delle spese giudiziali.
Con sentenza numero 6011 del 21/09/2023 la Corte di appello di Roma respingeva l’appello e in parziale accoglimento dell’appello incidentale proposto dallo COGNOME liquidava le spese giudiziali del primo grado ai valori medi di tariffa, oltre alle spese della fase di reclamo; inoltre, liquidava a carico del signor NOME COGNOME le spese del giudizio di secondo grado liquidate per i due terzi in una somma pari ad euro 20.855,33, previa compensazione di un terzo delle stesse.
Il signor NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione assistito da tre motivi cui resisteva con controricorso il signor COGNOME
Entrambe le parti depositavano memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1.nn. 3 e 4 c.p.c., degli artt. 10, 14 e 91 c.p.c. e del DM n. 55/2014- erronea o insufficiente motivazione.
La Corte di appello avrebbe erroneamente liquidato le spese processuali facendo riferimento al valore della controversia oggetto di opposizione a precetto non tenendo conto che il giudizio di appello avesse ad oggetto la sola questione inerente alla liquidazione delle spese di lite adottate dal giudice di prime cure pari ad euro 20.227,00. Ad avviso del ricorrente il valore della controversia su cui parametrare le
spese del giudizio di secondo grado è solo quello costituito dalla liquidazione delle stesse da parte del giudice del Tribunale.
In altri termini, allorquando il giudizio di secondo grado abbia ad oggetto la valutazione della correttezza della decisione di condanna di una parte alle spese del giudizio di primo grado il valore della controversia ai predetti fini è dato dall’importo delle spese liquidate dal primo giudice costituendo tale somma il disputatum posto all’esame del giudice di appello.
Con il secondo motivo di censura si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.M. n. 55/2014 in relazione all’articolo 360, comma 1 n. 3 c.p.c., nella parte in cui la Corte di Appello ha liquidato le spese processuali del giudizio di primo grado facendo riferimento ad errati minimi tabellari, relativamente alla fase istruttoria/trattazione.
Con il terzo motivo ci si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in tema di condanna alle spese o in subordine di compensazione delle spese processuali-erronea motivazione della sentenza impugnata.
Ad avviso del ricorrente le spese del giudizio di Tribunale andavano poste a carico del debitore opponente o in via subordinata integralmente compensate tra le parti sia per la novità delle questioni trattate sia soprattutto per il diverso orientamento espresso nella stessa controversia da due distinti magistrati con due provvedimenti tra di loro antitetici. In particolare, il giudice dell’esecuzione in sede cautelare aveva respinto l’istanza di sospensione dell’esecuzione, mentre il giudice del reclamo aveva, viceversa, provveduto alla sospensione.
Con il quarto ed ultimo motivo si denuncia la violazione dell’articolo 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per motivazione
tautologica ed apparente adottata dalla Corte di appello in punto di spese processuali del giudizio di primo grado. Il ricorso va accolto parzialmente per i seguenti motivi.
Per quanto riguarda il primo motivo si osserva quanto segue.
La motivazione dell’impugnata sentenza risulta difforme dall’orientamento di legittimità , per cui ai fini della determinazione del valore della controversia, per la liquidazione degli onorari difensivi, occorre tener conto del principio secondo cui in caso di rigetto della domanda, nei giudizi per pagamento di somme o risarcimento di danni, il valore della controversia, ai fini della liquidazione degli onorari di avvocato a carico dell’attore soccombente, è quello corrispondente alla somma da quest’ultimo domandata, dovendosi seguire soltanto il criterio del disputatum , onde il valore della controversia è quello corrispondente alla somma domandata dall’attore.
Di recente questa Corte ha ribadito l’anzidetto principio ritenendo che ai fini della determinazione dello scaglione degli onorari di avvocato per la liquidazione delle spese di lite a carico della parte il valore della causa, va determinato in base al “disputatum” (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 10984 del 26/04/2021; ex plurimis Cass., 07/11/2018, n. 28417; Cass., 30/11/2011, n. 25553; Cass., 11/03/2006, n. 5381; Cass., 15/07/2004, n. 13113).
Ciò premesso, il disputatum del giudizio di appello ha avuto ad oggetto la sola questione della liquidazione delle spese giudiziali operata in prime cure con la condanna del Mezzetti al pagamento della complessiva somma pari ad € 20.277,00. Conseguentemente, le spese processuali andavano parametrate a tale valore della causa, piuttosto che al valore del contenzioso costituito dalla opposizione a precetto.
Anche il secondo motivo di censura è fondato. La corte territoriale, infatti, ha erroneamente liquidato la somma di € 15.249,00 per la fase istruttoria/trattazione del giudizio di primo grado, secondo i parametri minimi, piuttosto che quella corretta di € 11.436,00, come da DM n. 55/2014 successivamente aggiornato dal DM n. 147/2022.
In ordine al terzo motivo col quale il ricorrente lamenta la ripartizione delle spese e soprattutto la mancata compensazione delle stesse, stante l’evidente contrasto giurisprudenziale tra la decisione del GE e quello del Tribunale in sede di reclamo con riferimento alla sospensione dell’esecuzione non può che confermarsi la pronuncia impugnata.
La corte distrettuale ha correttamente ritenuto che l’intervento delle Sezioni Unite pochi giorni prima della spedizione a sentenza non costituisce un mutamento giurisprudenziale di un precedente univoco, ma una soluzione di un contrasto ermeneutico con consolidamento di una delle opzioni interpretative precedentemente seguite. Inoltre, non è ravvisabile il presupposto della assoluta novità della questione.
Cionondimeno, la corte di merito ha ritenuto irrilevante ai fini della compensazione delle spese il contrasto endoprocessuale fra decisioni, non costituendo lo stesso mutamento della giurisprudenza ai fini della compensazione.
Per quanto concerne la condanna alle spese, la corte ha correttamente confermato il giudizio di soccombenza virtuale nella misura in cui ha ritenuto che la sospensione dell’efficacia esecutiva del decreto ingiuntivo pronunciata in sede di opposizione ex art 645 c.p.c. sia opponibile a chiunque di tale decreto si avvalga ai sensi dell’art. 475, comma 2, c.p.c. nella
qualità di successore del credito da esso portato. La cessione del credito successiva all’emissione dell’ingiunzione , ma precedente all’opposizione è stata qualificata quale vicenda successoria in corso di causa con prosecuzione del giudizio nei confronti del cedente, ma con effetti sul cessionario non costituito che del titolo voglia avvalersi ex art 475, comma 2, c.p.c.. Pertanto, la sospensione e la successiva revoca del titolo esecutivo sono stati correttamente ritenute opponibili al cessionario che aveva notificato il precetto di pagamento al debitore.
Conseguentemente, è stato corretto l’operato della corte di merito in ordine alla condanna alle spese nei confronti del cessionario, signor COGNOME, odierno ricorrente.
Per quanto concerne il quarto motivo in cui ci si duole di motivazione apparente, è sufficiente rilevare la sussistenza di una motivazione in ordine alla regolamentazione delle spese nella misura in cui la corte ha affermato testualmente : ‘C iò in quanto la complessità e il numero delle questioni trattate, nonché il valore della causa, pur senza giustificare l’applicazione dei valori massimi, non giustificano lo scostamento dai valori medi, fatta eccezione per la fase istruttoria-trattazione che deve essere liquidata nei valori minimi, stante l’assenza di istruttoria orale e virgola quindi virgola di tutte le complesse attività difensive a questa connesse ‘.
Pertanto, la motivazione sul punto è presente e non sindacabile in sede di legittimità dovendo al riguardo tener presente l’orientamento di questa Corte secondo cui i n tema di liquidazione delle spese processuali ai sensi del d.m. n. 55 del 2014, l’esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo, non è soggetto a
sindacato di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo necessario, in tal caso, che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo. (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 19989 del 13/07/2021).
In conclusione, il ricorso va accolto nei limiti di ragione con cassazione e rinvio alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione anche sulle spese della presente fase.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso. Rigetta nel resto. Cassa e rinvia alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione anche per le spese della presente fase.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione Civile,