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Liquidazione spese consulente: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25636/2025, ha stabilito l’inammissibilità dell’opposizione a un decreto di liquidazione spese consulente tecnico quando la contestazione riguarda l’individuazione del soggetto tenuto al pagamento. La Corte ha chiarito che il decreto di liquidazione ha natura provvisoria e serve solo a quantificare il compenso del consulente, mentre la decisione su chi debba sostenere definitivamente la spesa è demandata alla sentenza che conclude il giudizio. L’opposizione è stata quindi dichiarata inammissibile per carenza di interesse ad agire.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Liquidazione spese consulente tecnico: quando l’opposizione è inammissibile

La gestione dei costi in un processo è un aspetto cruciale. In particolare, la liquidazione spese consulente tecnico rappresenta spesso un punto di frizione tra le parti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale sui limiti dell’opposizione al decreto che stabilisce tali compensi, delineando una netta distinzione tra la quantificazione del compenso e l’individuazione del soggetto che dovrà farsene carico.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dall’opposizione presentata da alcuni imputati in un procedimento penale avverso un provvedimento del pubblico ministero. Quest’ultimo aveva liquidato i compensi a un consulente tecnico per l’attività svolta nella fase delle indagini preliminari, imputando le relative spese anche a soggetti che, avendo optato per il rito abbreviato, non erano stati direttamente interessati da quella consulenza.

Gli opponenti lamentavano due aspetti principali: l’illegittimità dell’imputazione delle spese a loro carico e la carenza di motivazione sui criteri di quantificazione degli importi, in particolare per le spese di noleggio di un laboratorio.

Il Tribunale adito aveva parzialmente accolto l’opposizione, dichiarando inefficace il decreto di liquidazione solo nei confronti di quattro opponenti (quelli giudicati con rito abbreviato), ma rigettando le censure sulla quantificazione. La questione è così giunta dinanzi alla Corte di Cassazione, sia tramite ricorso principale degli opponenti, sia tramite un ricorso incidentale del Ministero della Giustizia.

La distinzione tra Liquidazione e Ripartizione nella liquidazione spese consulente tecnico

Il Ministero, con il suo ricorso incidentale, ha centrato il punto nevralgico della questione, sostenendo che il Tribunale avesse errato nel merito della decisione. Secondo il Ministero, l’opposizione era inammissibile in partenza perché il decreto di liquidazione ex art. 168 d.p.r. 115/2002 ha un carattere meramente provvisorio.

La Corte di Cassazione ha accolto questa tesi, ritenendola fondata e decisiva. Gli Ermellini hanno chiarito che nella gestione delle spese di consulenza tecnica occorre distinguere tre fasi:

1. Anticipazione: Somme erogate per garantire all’ausiliario i mezzi per svolgere l’incarico.
2. Liquidazione: Il decreto con cui il magistrato determina l’ammontare del compenso dovuto al consulente. Questo atto crea un’obbligazione solidale di tutte le parti processuali nei confronti del consulente, il quale può richiederne il pagamento a una qualsiasi di esse.
3. Ripartizione: La decisione finale, contenuta nella sentenza che definisce il giudizio, su quale parte debba sopportare in via definitiva l’onere economico della consulenza, secondo il principio della soccombenza.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha specificato che il decreto di liquidazione spese consulente tecnico ha l’unica funzione di determinare l’entità del compenso e di fornire al consulente un titolo per ottenerne il pagamento. Non incide, tuttavia, sui rapporti interni tra le parti del processo, né stabilisce chi, alla fine, dovrà pagare. Quella statuizione ha carattere interinale e provvisorio, destinata a essere superata dalla sentenza conclusiva.

Di conseguenza, le ragioni che attengono all’individuazione del soggetto che dovrà sopportare l’onere della spesa non possono essere fatte valere in sede di opposizione al decreto di liquidazione. Gli opponenti, contestando di essere i soggetti tenuti al pagamento, hanno sollevato una questione relativa alla ripartizione finale delle spese, materia estranea a quella fase processuale.

Per questo motivo, la loro opposizione avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile sin dall’inizio per carenza di interesse ad agire. Accogliendo il ricorso incidentale del Ministero, la Cassazione ha cassato senza rinvio l’ordinanza del Tribunale e ha dichiarato inammissibile l’originaria opposizione. La Corte ha inoltre ritenuto inammissibile la censura sui criteri di liquidazione, poiché basata sulla presunta violazione di una circolare interna della Procura, un atto amministrativo non vincolante.

Le Conclusioni

La pronuncia in esame offre un’indicazione pratica di grande rilevanza: l’opposizione al decreto di liquidazione del compenso del consulente tecnico (ex art. 170 d.p.r. 115/2002) può avere ad oggetto unicamente la correttezza della quantificazione del compenso stesso (il quantum debeatur), ma non la questione relativa a chi sia il soggetto tenuto al pagamento (l’an debeatur nei rapporti tra le parti). Quest’ultima è una decisione riservata esclusivamente alla sentenza che definisce il giudizio. Le parti che si ritengono ingiustamente gravate da tale costo dovranno attendere la conclusione del processo per far valere le proprie ragioni.

È possibile opporsi a un decreto di liquidazione delle spese di un consulente tecnico sostenendo di non essere il soggetto tenuto a pagarle?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che il decreto di liquidazione ha natura provvisoria e non stabilisce la ripartizione definitiva delle spese tra le parti. L’opposizione basata su tale motivo è inammissibile per carenza di interesse ad agire, poiché la questione di chi debba pagare è decisa solo con la sentenza finale.

Qual è la differenza tra liquidazione e ripartizione delle spese di consulenza?
La liquidazione è l’atto con cui il giudice determina l’importo totale del compenso dovuto al consulente, creando un’obbligazione solidale delle parti verso di lui. La ripartizione, invece, è la decisione contenuta nella sentenza finale che stabilisce quale parte del processo dovrà sostenere definitivamente tale costo, di solito in base al principio della soccombenza.

Una circolare interna della Procura può essere usata per contestare i criteri di liquidazione delle spese?
No, la Corte ha ribadito che una circolare interna è un atto amministrativo privo di valore normativo e non vincolante. Pertanto, la sua presunta violazione non può essere invocata come motivo di illegittimità di un provvedimento giurisdizionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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