Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25640 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25640 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11983/2023 R.G. proposto da : PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI e REGIONE CAMPANIA, difese da AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
-ricorrenti-
contro
NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo STUDIO LEGALE COGNOME, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME e COGNOME
-controricorrenti-
nonché
RAGIONE_SOCIALE difesa dagli avvocati NOME COGNOME e COGNOME
-controricorrente-
nonché
NOME RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE IMPRESA DI RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE;
-intimati-
avverso DECRETO di TRIBUNALE NAPOLI n. 1508/2010 depositato il 08/03/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Impugnato in cassazione è un provvedimento di liquidazione di una c.t.u. svolta in una controversia introdotta dinanzi al Tribunale di Napoli, definita con sentenza del 2018, in seguito parzialmente riformata dalla Corte di appello nel 2022. La consulenza tecnica d’ufficio era stata affidata al dott. NOME COGNOME il quale, per gli aspetti ingegneristici, si era avvalso della collaborazione dell’ing. NOME COGNOME e del dott. NOME COGNOME previa autorizzazione del giudice. Nel corso del giudizio, con decreti del 2012, il Tribunale liquidò a COGNOME € 130.000, 00, a Gallipoli € 10.00 0,00 e a COGNOME € 65.569,56. La Presidenza del Consiglio dei Ministri propose opposizione ex art. 195 c.p.c. e art. 92 disp. att. c.p.c., ottenendo nel 2014 l’annullamento dei decreti di liquidazione a favore di Gallipoli e COGNOME e la rideterminazione del compenso dovuto al c.t.u. COGNOME in € 15.372,64.
Il Tribunale affermò che gli ausiliari del c.t.u. non avevano legittimazione autonoma a chiedere il loro compenso, il quale andava richiesto dal c.t.u. all’atto della propria istanza di liquidazione, trattandosi di spesa da ricomprendersi nel compenso del consulente, ai sensi degli artt. 49, 50 e 56 co. 3 d.p.r. n. 115/2002. Poiché il dott. COGNOME non aveva formulato tale richiesta nella propria istanza, non era possibile procedere in quella sede alla liquidazione in favore di detti ausiliari. Successivamente, nel 2015, il Tribunale dispose la rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio, affidandola all’ing.
NOME COGNOME che fu retribuito con decreto del 2017 per complessivi € 18.500 ,00.
A giudizio definitivamente concluso, nel 2022, il dott. COGNOME depositò istanza per ottenere la liquidazione del compenso a favore dell’ing. COGNOME quale suo ausiliario, allegando la nota professionale di quest’ultimo. Il Tribunale di Napoli, con il provvedimento in epigrafe (vergato a mano), ha liquidato al c.t.u. l’importo «come richiesto in favore dell’ausiliario».
Avverso tale provvedimento ricorrono in cassazione con quattro motivi la Regione Campania e -per quanto possa occorrere – la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Resistono NOME COGNOME e NOME COGNOME con controricorso e memoria. Propone distinto «controricorso» e deposita memoria la RAGIONE_SOCIALE, parte del giudizio di merito presupposto.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 49, 50, 51, 52, 56 e 83 d.p.r. n. 115/2002, dell’art. 91 c.p.c. e dell’art. 52 disp. att. c.p.c., per avere il Tribunale provveduto alla liquidazione del compenso in favore dell’ausiliario del c.t.u. con decreto emesso dopo la definizione del giudizio. Si deduce che, una volta chiuso il giudizio e regolato con sentenza l’onere delle spese, il giudice di quel giudizio perde il potere di liquidare il compenso al consulente tecnico d’ufficio o al suo collaboratore, tanto più se la richiesta non è stata formulata all’interno dell’istanza originaria del c.t.u. L’art. 83 del d.p.r. n. 115/2002 prevede che la liquidazione avvenga al termine del giudizio. In mancanza di domanda tempestiva, il compenso può essere richiesto con ordinario procedimento monitorio, ma non con decreto emesso d’ufficio in carenza di potere.
Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 111 Cost., degli artt. 52 e 53 disp. att. c.p.c., dell’art. 168 d.p.r. n. 115/2002, per l’assenza degli elementi essenziali del provvedimento di liquidazione. Si censura il decreto per essere privo di dispositivo chiaro, in quanto
la determinazione del compenso è rinviata in modo ancipite sia all’istanza del c.t.u. del 2022 sia al precedente decreto del 2012 poi annullato. Manca altresì la motivazione, sia sotto il profilo grafico sia sotto il profilo logico-giuridico, in violazione degli obblighi di cui agli artt. 168 d.p.r. n. 115/2002 e 53 disp. att. c.p.c., i quali impongono che il decreto sia motivato e indichi la parte tenuta al pagamento. La mancanza di tali elementi essenziali rende il provvedimento nullo in quanto non consen te di comprendere né l’importo liquidato, né i criteri adottati, né il soggetto passivo dell’obbligazione.
Il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 39 c.p.c., 2909 c.c., 324 c.p.c., nonché degli artt. 49 e 56 d.p.r. n. 115/2002, per avere il giudice nuovamente liquidato somme già oggetto di precedente provvedimento definitorio passato in giudicato, con conseguente violazione del principio del ne bis in idem e dell’unitarietà della liquidazione. Si afferma che il provvedimento del 2023 costituisce una nuova liquidazione di un credito già azionato e respinto con l’ordinanza del 2014, sulla base di una nuova istanza. Poiché il c.t.u. non aveva domandato originariamente la liquidazione per il suo ausiliario e la richiesta è stata respinta con provvedimento passato in giudicato, la successiva domanda è da ritenersi inammissibile. Inoltre, l’attività dell’ausili ario, essendo parte integrante di quella del c.t.u., non può essere oggetto di liquidazione autonoma.
Il quarto motivo denuncia violazione delle tabelle allegate al d.m. del 30/05/2002, in particolare degli artt. 11 e 12, e dei criteri di liquidazione del d.p.r. n. 115/2002, in particolare dell’art. 52, per manifesta illegittimità e irragionevolezza dell’importo liquidato. Si contesta la quantificazione del compenso, che risulta sproporzionata rispetto all’attività svolta, come emerge dalla parcella allegata all’ista nza, la quale si fonda su un improprio frazionamento per singolo quesito e sull’applicazione dell’art. 11 anziché dell’art. 12, che sarebbe la norma specifica per gli accertamenti di tipo tecnicocontabile. Si osserva che il compenso richiesto si fonda su criteri
astratti e su una duplicazione delle voci già valutate e respinte nel 2014, e risulta altresì irragionevole se confrontato con il successivo incarico conferito all’ing. COGNOME. Infine, si contesta il riconoscimento della maggiorazione ex art. 52, ritenuta indebita per l’assenza di prestazioni di eccezionale difficoltà e complessità.
2. -La difesa di COGNOME e COGNOME replica che la controversia attuale si riduce alla sola questione della legittimazione del consulente tecnico d’ufficio a richiedere la liquidazione del compenso dovuto al proprio collaboratore, essendo la determinazione dei criteri e degli importi già stata definita con ordinanza del Tribunale di Napoli nel 2014, passata in giudicato. Si osserva che i motivi del ricorso mirano a rimettere in discussione tale decisione, in violazione del giudicato. Inoltre, si fa presente che il decreto di liquidazione in epigrafe è stato già oggetto di opposizione ex art. 170 d.p.r. n. 115/2002 promossa dalla medesima Avvocatura, con procedimento pendente dinanzi al Tribunale di Napoli. Da ciò si deduce che il ricorso per cassazione è strumentalmente diretto a perseguire più vie processuali contro il medesimo provvedimento. Tale condotta viene segnalata come processualmente scorretta, ai fini dell’applicazione degli artt. 91, 92 e 96 c.p.c. Nel merito, si nega che il decreto impugnato sia abnorme o viziato da carenza di potere giurisdizionale. Si evidenzia che, secondo l’ordinanza del 2014, l’ausiliario non ha legittimazione a richiedere direttamente il proprio compenso e che la liquidazione deve avvenire a favore del c.t.u., previa richies ta dello stesso. L’istanza presentata dal dott. COGNOME si limita a dare esecuzione al provvedimento giurisdizionale già adottato, specificando il soggetto che ha diritto al compenso, senza integrare una nuova decisione. Il decreto del 2023 si configura pertanto come atto di attuazione o integrazione, assimilabile a un procedimento di correzione di errore materiale, privo di carattere decisorio e, quindi, non impugnabile con ricorso straordinario per cassazione. In conclusione, si chiede dichiararsi l’inammi ssibilità del
ricorso per difetto del carattere decisorio del provvedimento impugnato e, in subordine, il suo rigetto per infondatezza. Si insiste, inoltre, per la condanna della controparte ai sensi degli artt. 91, 92 e 96 c.p.c.
3. -Il primo motivo è fondato.
Questa Corte ha stabilito che il giudice, una volta definito il giudizio e regolato con sentenza l’onere delle spese processuali, non ha più il potere di provvedere alla liquidazione dei compensi in favore del consulente tecnico d’ufficio e, pertanto, ove emesso, tale provvedimento risulta abnorme. Trattandosi di atto reso in carenza di potere ed idoneo ad incidere in modo definitivo su posizioni di diritto soggettivo, contro il decreto è ammissibile il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. (in questo senso, tra le altre, Cass. n. 37480/2021).
I tratti particolari dello svolgimento del caso di specie non lo sottraggono a tale consolidato paradigma, ma semmai accentuano il carattere abnorme della vicenda (in considerazione anche delle modalità -illustrate nell’esposizione del secondo motivo, con le quali il provvedimento impugnato è stato rilasciato).
A diversa conclusione non inducono le considerazioni difensive dei controricorrenti, a partire dall’argomento cardine del giudicato (rectius, semmai: efficacia panprocessuale) del provvedimento del 2014. Non entra infatti in gioco una tale efficacia di preclusione esterna, laddove la cornice normativa e giurisprudenziale concernente il procedimento di liquidazione del c.t.u. inquadra un’alternativa secca: liquidazione nell’ambito del processo nel quale il c.t.u. ha prestato la propria opera oppure liquidazione a seguito di autonoma iniziativa processuale (cfr., tra le altre, Cass n. 20478 del 2017). Quest ‘ ultimo potere continua a rimanere a disposizione anche nel caso di specie, in cui si tratta del diritto al compenso dell’ ausiliario del c.t.u., salva la verifica dell’esistenza in concreto dei fatti costitutivi di tale diritto.
Il primo motivo è accolto, con conseguente assorbimento dei restanti motivi.
-La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa senza rinvio il provvedimento impugnato non potendo il giudice adito pronunciare sulla richiesta di liquidazione dopo l’emissione del provvedimento conclusivo del giudizio in cui era stata svolta la consulenza tecnica.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi; cassa senza rinvio il provvedimento impugnato e condanna NOME COGNOME e NOME COGNOME in via solidale, al pagamento delle spese di legittimità che liquida per la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Regione Campania in € 3.500 ,00 oltre alle spese prenotate a debito , per la SACE BT € 5.000 ,00 oltre a € 200,00 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi, e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il 15/04/2025.
La Presidente
NOME COGNOME