Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 30775 Anno 2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2330/2024 R.G. proposto da : NOME COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato NOME COGNOME domiciliazione telematica
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, difeso ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, domiciliazione telematica
Civile Ord. Sez. U Num. 30775 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/12/2024
-controricorrente
avverso SENTENZA di CONSIGLIO DI STATO ROMA n. 10248/2023 depositata il 29/11/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre, sulla base di tre articolate censure, per la cassazione della sentenza n. 10248 del 2023 del Consiglio di Stato, esponendo che:
-il 24 settembre 2019 gli era stata notificata una contestazione di addebito con cui lo si era informato dell’avvio di un’indagine disciplinare a suo carico, perché, quale ispettore della Guardia di Finanza, all’epoca dei fatti, «durante l’effettuazione di una verifica fiscale nei confronti della RAGIONE_SOCIALE aveva «dapprima accettato la promessa e poi ricevuto il versamento della somma di lire 40 milioni in contanti da NOME COGNOME, amministratore della predetta società, al fine di alterare favorevolmente a quest’ultima le giacenze di magazzino rilevate all’atto dell’accesso…il 30 ottobre 1998 e il 10 dicembre 1998»;
-nel 2003 era stato incardinato anche un procedimento penale con la speculare contestazione di cui all’art. 319, cod. pen., concluso con decreto di archiviazione per intervenuta prescrizione del 25 marzo 2019;
-il 4 marzo 2020 gli era stata notificata la determina di «perdita del grado per rimozione nei confronti di un militare del Corpo in congedo»;
-aveva proposto ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia che era stato rigettato, con pronuncia
confermata, con l’impugnata sentenza, dal Consiglio di Stato secondo cui:
-non vi era stata violazione dei termini di cui all’art. 1392, d.lgs. n. 66 del 2010, poiché il decreto di archiviazione era stato acquisito dall’amministrazione il 28 giugno 2019, e quest’ultima aveva proceduto a contestare l’illecito il 24 settembre 2019, nei previsti 90 giorni;
-non erano risultate carenze o erroneità istruttorie poiché l’amministrazione, nel contraddittorio con il deducente, aveva autonomamente valutato, come legittimo in sede disciplinare, le risultanze del distinto procedimento penale, concluso, quest’ultimo, ritenendo maturata la prescrizione, non rinunciata come pure possibile dall’incolpato, all’esito, pertanto, di un implicito vaglio d’insussistenza di elementi per il proscioglimento nel merito, secondo quanto previsto dall’art. 129, cod. proc. pen.;
2, resiste con controricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza;
la Prima Presidente ha proposto la definizione anticipata del giudizio a norma dell’art. 380 -bis , cod. proc. civ., per inammissibilità del gravame, osservando che il sindacato della Corte di cassazione sulle decisioni in grado di appello o in unico grado del giudice amministrativo è limitato alle sole ipotesi di difetto assoluto o relativo di giurisdizione e non si estende ad asserite violazioni di legge, sostanziale o processuale, concernenti il modo di esercizio della giurisdizione speciale, sicché non potevano avere consistenza le censure del ricorrente, con cui, nella sostanza, erano stati prospettati errori in iudicando o in procedendo in tesi addebitabili alla sentenza impugnata;
la proposta è stata oggetto di tempestiva e rituale istanza di decisione;
il Procuratore Generale ha concluso per la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4. Con un primo motivo si prospetta diffusamente la violazione e falsa applicazione dell’art. 111, Cost., poiché il Consiglio di Stato avrebbe errato mancando di considerare la violazione del diritto di difesa dell’incolpato, maturata già nel procedimento penale, cui le valutazioni formulate in quello disciplinare dall’amministrazione si erano acriticamente allineate, in uno alla plateale violazione della garanzia costituzionale di ragionevole durata del processo determinata dalla colpevole inerzia del Pubblico Ministero per oltre dieci anni dopo l’interrogatorio del deducente indagato, con conclusiva archiviazione pronunciata dal Giudice per le indagini preliminari dopo sei anni dalla richiesta, a distanza di complessivi ventuno anni dai fatti e sedici anni dall’applicazione della misura custodiale poi revocata;
5. con un secondo, ricostruibile motivo si prospetta la violazione della garanzia costituzionale del contraddittorio, poiché il Consiglio di Stato avrebbe errato mancando di considerare che nessuna prova si era propriamente formata nel processo penale, definito con il suddetto decreto di archiviazione e pertanto senza contraddittorio dibattimentale, sicché l’amministrazione aveva deciso la sanzione in mancanza di ogni legittimo supporto istruttorio;
6. con un terzo e conclusivo motivo si prospetta l’erroneità della decisione del Consiglio di Stato che, limitandosi, a sua volta, a un
mero recepimento della decisione di prime cure, aveva statuito apoditticamente e senza una propria motivazione, sicché per un verso non vi era stato un autonomo accertamento disciplinare amministrativo, per altro verso era mancato un effettivo quanto motivato vaglio giurisdizionale sullo stesso;
il ricorso, le cui diffuse censure sono da esaminare congiuntamente per connessione, è inammissibile;
come già osservato nella proposta di definizione anticipata opposta dall’istante, secondo la consolidata giurisprudenza di queste Sezioni Unite, il sindacato della Suprema Corte di cassazione sulle decisioni dei giudici amministrativi è limitato alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione (che si verifica quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa, cosiddetto sconfinamento, ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale, cosiddetto arretramento), nonché di difetto relativo di giurisdizione (riscontrabile quando detto giudice abbia violato i c.d. limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero negandola sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici) e non si estende ad asserite violazioni di legge, sostanziale o processuale, concernenti il modo di esercizio della giurisdizione speciale stessa, sicché non integra la violazione dei limiti esterni della giurisdizione, e pertanto non può costituire motivo di ammissibile ricorso per cassazione, la denuncia di un error in procedendo o di un error in iudicando (v., tra le molte, Cass., Sez. U., 04/06/2021, n. 15573, in tema di pronunce della Corte dei Conti);
non sono quindi deducibili vizi di violazione del diritto di difesa, d’illegittima formazione non in contraddittorio di una ritenuta prova vagliata, al contempo e comunque, in modo asseritamente erroneo
dal giudice a quo , rispetto alla normativa di riferimento, al pari di quelli, del tutto differenti, dell’allegata durata irragionevole del distinto, anche se connesso, processo penale (cfr. anche Cass., Sez. U., 26/11/2021, n. 36899, nella quale è stato sottolineato ulteriormente che il sindacato in parola, da parte di questa Corte, è inammissibile anche quando il giudice della diversa giurisdizione -quale, nell’ipotesi, il Consiglio di Stato nello svolgimento della sua attività d’interpretazione della disciplina abbia dato luogo a un provvedimento abnorme o anomalo, ovvero abbia determinato uno stravolgimento delle norme di riferimento, atteso che neppure in questi casi può profilarsi una violazione dei limiti esterni della giurisdizione speciale ma, se del caso, e appunto, un error in iudicando ; conf., ancora, ad esempio, Cass., Sez. U., 18/01/2022, n. 1454, Cass., Sez. U., 07/12/2022, n. 36044, Cass., 02/05/2023, n. 11444 e Cass., Sez. U., 28/08/2024, n. 23236);
10. per le stesse ragioni è inammissibile il ricorso che si fondi sull’assenza di motivazione della sentenza impugnata per mancata individuazione degli elementi fondativi della responsabilità amministrativa e per la violazione delle regole del giusto processo, trattandosi di vizi che riguardano esclusivamente il sindacato sui limiti interni della giurisdizione (v., a risalire nel tempo, sempre esemplificativamente, Cass., Sez. U., 21/09/2020, n. 19675, Cass., 25/07/2011, n. 16165);
11. le spese debbono seguire la soccombenza così come le previste statuizioni ex art. 96, terzo e quarto comma, cod. proc. civ., di cui sussistono i presupposti in ragione delle riassunte evidenze (cfr., Cass., Sez. U., 13/10/2023, n. 38540, Cass., Sez. U., 27/12/2023, n. 36069).
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di parte controricorrente liquidate in euro 6.000,00, oltre a spese prenotate a debito. Condanna altresì parte ricorrente al pagamento della somma di euro 4.000,00 in favore di parte controricorrente, e al pagamento dell’ulteriore somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 08/10/2024.