Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9264 Anno 2019
Civile Ord. Sez. L Num. 9264 Anno 2019
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/04/2019
ORDINANZA
sul ricorso 3562-2015 proposto da: COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso la SEGRETERIA RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME giusta delega in atti; da : N . 221 , COGNOME ,
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE. P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME dell’AREA RAGIONE_SOCIALE, 2018 1377 del 10 AREA
rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME giusta delega in atti; COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5670/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 15/07/2014 R.G.N. 7524/2012. APPELLO
RILEVATO
che, con sentenza depositata in data 15.7.2014, la Corte di Appello di Roma ha respinto il gravame interposto da NOME COGNOME ed NOME COGNOME avverso la pronunzia del Tribunale della stessa sede, con la quale erano state rigettate le domande dei medesimi dirette ad ottenere la dichiarazione di nullità del termine apposto ai contratti stipulati con Poste Italiane S.p.A., ai sensi dell’art. 2, comma 1-bis, del D.Igs n. 368 del 2001, così come modificato dalla legge n. 266 del 2005, relativamente al periodo 7.2.2007-31.3.2007, nonché la riassunzione in servizio ed il diritto al risarcimento del danno pari alle retribuzioni medio tempore maturate;
che avverso tale decisione i lavoratori hanno proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo contenente due censure; che Poste Italiane S.p.A. ha resistito con controricorso;
che il P.G. non ha formulato richieste
CONSIDERATO
che con il ricorso per cassazione si censura, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 1-bis, del D.Igs. n. 368 del 2001, e si lamenta che la Corte di merito avrebbe erroneamente ritenuto che la verifica del rispetto della percentuale del 15% delle assunzioni con contratto a termine, da parte della società datrice di lavoro, andasse effettuata con riguardo all’intero organico aziendale e, quindi, su base nazionale, anziché con riferimento al personale in servizio presso la provincia di appartenenza della sede lavorativa degli assunti a termine; dalla qual cosa, sarebbe derivata, a parere dei ricorrenti, l’erroneo assunto dei giudici di merito che il testo dell’art. 2, comma 1-bis, del D.Igs. n. 368 del 2001 non contenga alcuna indicazione in senso limitativo e che, anzi, l’ipotesi aggiunta dal comma 1-bis dell’art. 1, comma 558, della I. n. 266 del 2005, relativa alle imprese concessionarie del servizio postale, concorra proprio ad affermare che vada preso come parametro l’intero
organico aziendale, e non solo gli addetti al servizio postale in senso stretto, apparendo intenzione del legislatore quella di facilitare l’attività delle imprese concessionarie del servizio postale nel loro complessivo funzionamento; i ricorrenti deducono, inoltre, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, perché i giudici di seconda istanza avrebbero omesso di pronunciarsi sulla contestazione dei lavoratori relativa al fatto che «l’ambito territoriale cui fare riferimento per il calcolo della percentuale doveva essere quello provinciale e non quello nazionale>>, ed avrebbero erroneamente affermato che «i ricorrenti hanno GLYPH lamentato GLYPH il GLYPH mancato GLYPH rispetto GLYPH della GLYPH clausola GLYPH di contingentamento, stante la necessità di prendere in considerazione ai fini del computo dell’organico aziendale soltanto i dipendenti addetti al servizio postale e secondo il criterio del Full Time Equivalent»;
che il motivo non è fondato: è assorbente, al riguardo, il richiamo a Cass. n. 13609/2015 (v., pure, in termini, Cass. n. 6765/2017), per la quale «in tema di contratto di lavoro a tempo determinato, il D.Igs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1-bis, fa riferimento esclusivamente alla tipologia di imprese presso cui avviene l’assunzione – quelle concessionarie di servizi e settori delle poste e non anche alle mansioni del lavoratore assunto, in coerenza con la ratio della disposizione, ritenuta legittima dalla Corte costituzionale con sentenza n. 214 del 2009, individuata nella possibilità di assicurare al meglio lo svolgimento del c.d. servizio universale postale, ai sensi del D.Igs. n. 261 del 1999, art. 1, comma 1, di attuazione della direttiva 1997/67/CE, mediante il riconoscimento di una certa flessibilità nel ricorso allo strumento del contratto a tempo determinato, pur sempre nel rispetto delle condizioni inderogabilmente fissate dal legislatore. Ne consegue che, al fine di fissare la legittimità del termine apposto alla prestazione di lavoro, si deve tenere conto unicamente dei profili temporali e percentuali (sull’organico aziendale) previsti dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1-bis», trattandosi, appunto, di ambito nel quale la valutazione della sussistenza della giustificazione è stata operata ex ante direttamente dal legislatore (v. Cass., S.U., n. 11374/2016);
che la sentenza oggetto del presente giudizio risulta del tutto in linea con l’esplicitato orientamento, ormai consolidato e del tutto condiviso da questo Collegio, poiché la norma impone il rispetto «della percentuale non superiore al 1 5 % dell’organico aziendale, riferito gennaio dell’anno cui le assunzioni si riferiscono», senza alcuna distinzione per area di applicazione o di suddivisione per settore di occupazione;
che tale circostanza è particolarmente significativa, poiché, nello stesso articolo, per quanto invece attiene al trasporto aereo, si specifica che la percentuale vada riferita solo al personale addetto a servizi specifici: e, dunque, il fatto che una precisazione analoga, o altra limitazione, non sia stata introdotta per Poste Italiane S.p.A. dimostra, all’evidenza, l’intento del legislatore di considerare l’organico postale in modo unitario;
che, pertanto, non appare corretta ogni altra interpretazione che miri a ridurre la base di computo della percentuale di cui si tratta;
che, per quanto attiene al dedotto vizio di motivazione, premesso che il motivo presenta profili di inammissibilità per la formulazione non più consona con le modifiche introdotte al n. 5 del primo comma dell’art. 360 c.p.c. dall’art. 54, comma 1, lett. b), del D.L. 22/6/2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7/8/2012, n. 134, applicabile al caso di specie, ratione temporis, poiché la sentenza oggetto del giudizio di legittimità è stata pubblicata, come innanzi riferito, il 15.7.2014, va ancora sottolineato che, correttamente, la Corte di merito ha affermato che il limite percentuale non superiore al 15%, individuato dall’art. 2, comma 1-bis, del D.Igs. n. 368 del 2001, fosse da calcolare sull’intero organico aziendale, con riferimento, quindi all’intera impresa, anziché soltanto al settore postale oggetto della concessione; e ciò, in considerazione <<degli elementi di natura sistematica e ricostruttiva e della finalità della norma antiabusiva del 2005 che ha stabilito il limite percentuale del 15%» (cfr., ex multis, Cass. nn. 753/2018; 6765/2017; 3031/2014);
che va, altresì, sottolineato, che i giudici di secondo grado, ricavando la delibazione del rispetto del limite percentuale dalle produzioni effettuate dalla società, hanno accertato che quest'ultima avesse
fornito adeguata prova del rispetto, nell'anno 2007, del limite percentuale del 15% (anche applicando il criterio del full time equivalent: v. pag. 3 della sentenza impugnata), previa verifica della ritualità della produzione documentale e della pertinenza rispetto alla questione da decidere;
che, pertanto, il ricorso va respinto;
che le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza; che, avuto riguardo all'esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti di cui all'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate complessivamente in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso nella Adunanza camerale del 29 marzo 2018