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Limite 24 mesi somministrazione: sì alla conversione

Un lavoratore impiegato tramite agenzia per oltre 37 mesi presso la stessa azienda ha chiesto la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. La Corte di Cassazione ha confermato che il limite 24 mesi somministrazione si applica. Il superamento di tale soglia comporta la nullità dei contratti e conferisce al lavoratore il diritto di essere assunto a tempo indeterminato dall’azienda utilizzatrice, e non solo dall’agenzia.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Limite 24 Mesi Somministrazione: La Cassazione Conferma la Conversione con l’Utilizzatore

Il lavoro in somministrazione rappresenta uno strumento flessibile per le aziende, ma è soggetto a precise regole per tutelare i lavoratori. Una delle questioni più dibattute riguarda la durata massima delle missioni. Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale sul limite 24 mesi somministrazione, stabilendo che il suo superamento comporta la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato direttamente con l’azienda utilizzatrice.

I Fatti del Caso: Oltre Tre Anni di Missioni a Termine

Il caso esaminato riguarda un lavoratore che, assunto da un’agenzia per il lavoro, ha prestato la sua attività presso la stessa azienda utilizzatrice per un periodo complessivo di 37 mesi e due giorni, attraverso una successione di 47 contratti a termine. Ritenendo che tale durata eccedesse i limiti legali, il lavoratore si è rivolto al giudice per chiedere il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato direttamente con l’azienda presso cui aveva di fatto lavorato.

La Corte d’Appello aveva dato ragione al lavoratore, dichiarando costituito il rapporto a tempo indeterminato con l’utilizzatrice. Quest’ultima ha quindi proposto ricorso per cassazione, sostenendo che il limite di 24 mesi non si applicasse alla somministrazione o che, in ogni caso, la sanzione dovesse essere la conversione del rapporto con l’agenzia e non con l’utilizzatore.

La Decisione della Corte di Cassazione e il limite 24 mesi somministrazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando la decisione dei giudici d’appello. Il principio di diritto affermato è chiaro: la reiterazione di missioni a termine dello stesso lavoratore, per lo svolgimento delle medesime mansioni presso il medesimo utilizzatore, è soggetta al limite temporale complessivo di 24 mesi. Il superamento di questo limite determina la nullità dei contratti e legittima il lavoratore a chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro alle dirette dipendenze dell’utilizzatore.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha basato la sua decisione su un’interpretazione sistematica della normativa, in particolare del D.Lgs. 81/2015 come modificato dal cosiddetto “Decreto Dignità” (D.L. 87/2018).

L’Estensione del Limite di Durata alla Somministrazione

Il punto di partenza è l’art. 34 del D.Lgs. 81/2015, che estende al rapporto di lavoro tra agenzia e lavoratore la disciplina del contratto a tempo determinato (Capo III), incluso l’art. 19 che fissa il limite massimo di 24 mesi. Secondo la Corte, questa estensione non può essere interpretata in modo restrittivo, limitandola al solo rapporto formale tra agenzia e dipendente.

Il Collegamento Negoziale e la Tutela del Lavoratore

La Corte sottolinea l’esistenza di un “collegamento negoziale” tra il contratto commerciale di somministrazione (tra agenzia e utilizzatore) e il contratto di lavoro (tra agenzia e lavoratore). Entrambi concorrono a un unico scopo: fornire forza lavoro flessibile all’utilizzatore. Proprio per questo collegamento, un limite imposto a uno dei rapporti si propaga necessariamente all’altro. Se l’agenzia non può impiegare un lavoratore a termine per più di 24 mesi per missioni presso lo stesso utilizzatore, di conseguenza l’utilizzatore non può legittimamente ricevere la prestazione di quel lavoratore oltre tale soglia.

Somministrazione Irregolare e la Sanzione della Conversione

Il superamento del limite temporale configura una forma di “somministrazione irregolare”. Anche se l’art. 38 del D.Lgs. 81/2015 non elenca esplicitamente questa violazione, la Corte ritiene che la sanzione della conversione del rapporto in capo all’utilizzatore sia una conseguenza connaturale al sistema. Si tratta di un’applicazione del principio generale che vieta l’interposizione illecita di manodopera: quando si fuoriesce dai limiti legali della somministrazione, riemerge la regola secondo cui il vero datore di lavoro è colui che di fatto utilizza e dirige la prestazione lavorativa.

Conformità con il Diritto Europeo

Infine, questa interpretazione è considerata la più conforme alla Direttiva europea 2008/104/CE, che mira a garantire la natura genuinamente temporanea del lavoro tramite agenzia e a prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti a termine.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Aziende e Lavoratori

La sentenza consolida un importante principio di tutela per i lavoratori in somministrazione. Le aziende utilizzatrici devono essere consapevoli che non possono impiegare lo stesso lavoratore somministrato, per le stesse mansioni, per un periodo superiore a 24 mesi, pena il rischio di vedersi riconosciuto un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Per i lavoratori, questa decisione rafforza la possibilità di ottenere una stabilità occupazionale quando l’utilizzo della somministrazione perde il suo carattere di temporaneità e diventa uno strumento per coprire esigenze strutturali e permanenti.

Qual è il limite massimo di durata per un lavoratore in somministrazione presso la stessa azienda utilizzatrice?
Secondo la sentenza, il limite temporale massimo per le missioni dello stesso lavoratore presso la medesima azienda utilizzatrice, anche se realizzate tramite una successione di contratti, è di 24 mesi, in applicazione delle norme previste per i contratti a tempo determinato.

Cosa succede se un lavoratore supera i 24 mesi di missione presso la stessa azienda?
Se il limite complessivo di 24 mesi viene superato, i contratti che eccedono tale durata sono considerati nulli. Di conseguenza, il lavoratore ha il diritto di chiedere al giudice la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato direttamente con l’azienda utilizzatrice, non solo con l’agenzia di somministrazione.

I contratti precedenti per cui è scaduto il termine per l’impugnazione (decadenza) vengono contati nel calcolo dei 24 mesi?
Sì. La Corte, richiamando un suo precedente orientamento, stabilisce che ai fini del calcolo della durata complessiva di 24 mesi si deve tener conto di tutti i periodi di lavoro svolti, inclusi quelli relativi a contratti per i quali sia già intervenuta la decadenza dal diritto di impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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