Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9138 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 9138 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 19740-2021 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende;
Oggetto
LICENZIAMENTO DISCPLINARE
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 28/11/2023
CC
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2043/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 15/04/2021 R.G.N. 2406/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/11/2023 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Roma respin geva il reclamo proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza di primo grado di rigetto (in sede di opposizione, a sua volta con conferma dell’ordinanza resa in esito alla fase sommaria ai sensi dell’art. 1, co. 48 ss., legge n. 92/2012) dell’impugnativa del licenziamento irrogato con lettera 30.4.2019 dalla RAGIONE_SOCIALE, di cui era dipendente dal 1998, da ultimo quale Funzionario Area D con mansioni di responsabile dell’Ufficio recupero crediti autoriali della sede interregionale di Roma, in esito a 4 contestazioni disciplinari (del 14.2, 19.3, 29.3, 8.4.2019);
per quanto qui rileva, in sintesi, la Corte distrettuale:
-riteneva la fondatezza degli addebiti oggetto delle contestazioni disciplinari del 14.2 e 29.3.2019;
-valutava le motivazioni a base del licenziamento impugnato sufficientemente evincibili dalla parte motiva dell’atto di recesso, che esponeva in maniera dettagliata e analitica i fatti oggetto di addebito, idonei a costituire giusta causa di licenziamento;
-confermava il rilievo disciplinare di quanto addebitato con la contestazione del 19.3.2019, relativa a rifiuto di ottemperare alla richiesta del dirigente di comunicare
entrate o uscite in ritardo o in anticipo rispetto all’orario di apertura dell’ufficio, quale condotta contraria a correttezza e buona fede nei 4 giorni specificati, in quanto, pur attribuendo la contrattazione collettiva ai lavoratori inquadrati nella categoria D margini di elasticità e flessibilità nella presenza in ufficio, è imposto comunque l’obbligo di una proficua collaborazione all’attività dell’ufficio, obbligo illegittimamente disatteso dal reclamante con condotta qualificabile in sostanza come insubordinazione;
-confermava la fondatezza dell’addebito oggetto della contestazione del 29.3.2019, consistito nell’aver comunicato ad un giornalista della testata ‘RAGIONE_SOCIALE‘, o comunque nell’ averlo messo in condizione di conoscere, i contenuti di una denuncia effettuata dal lavoratore medesimo all’RAGIONE_SOCIALE in qualità di whistleblower , divulgandoli con modalità eccedenti rispetto alle finalità della legge n.179/2017; attribuiva al reclamante la responsabilità di aver trasmesso la denuncia al giornalista sulla base della vicinanza temporale tra la denuncia all’RAGIONE_SOCIALE e la pubblicazione degli articoli, escludendo altre fughe di notizie;
-escludeva che potesse essere invocato il diritto di critica anche sindacale, ovvero la tutela prevista dall’art. 54-bis d. lgs. n 165/2001 e dalla legge n. 179/2017;
-valutava non utile il richiamo alle disposizioni in materia di accesso civico di cui al d. lgs. n. 33/2013;
-riteneva assorbito l’esame dell’addebito di cui alla contestazione del 14.2.2019 e non più in discussione l’infondatezza di quello di cui alla contestazione
dell’8.4.2019 (circostanza accertata nel grado precedente e non contestata in fase di reclamo);
-riteneva che, nel caso di specie, la violazione da parte del dipendente dell’obbligo di fedeltà tramite la diffusione di notizie costituenti segreto aziendale, anche in ragione delle modalità di realizzazione, anonime e a mezzo stampa, tanto più se considerata congiuntamente al rifiuto di adempiere all’ordine di un superiore, risultava suscettibile, in ragione della gravità della violazione sotto più profili, di determinare il venir meno del rapporto fiduciario e tale da giustificare il recesso per giusta causa;
3. per la cassazione della predetta sentenza ricorre il dottCOGNOME COGNOME con 6 motivi, illustrati da memoria; resiste l’ente con controricorso; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo, parte ricorrente deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 5 della legge n. 604/1966, 2697 c.c., 2727, 2729 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.; sostiene che, nel caso in esame, a fronte di assenza di prova circa il fatto contestato al lavoratore (l’aver inviato alla stampa la denuncia presentata all’RAGIONE_SOCIALE) e, quindi, del fatto costitutivo del licenziamento, la Corte d’Appello ha erroneamente ritenuto che incombesse sul lavoratore fornire la prova di fatti estintivi, impeditivi o modificativi di tale condotta;
2. con il secondo motivo, deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 54 -bis d. lgs. n. 165/2001 e degli artt. 1, 3 legge n. 179/2017, letti di conserva con la direttiva UE
2019/1937, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.; sostiene che, vigendo la regolamentazione di cui all’art. 54 -bis d. lgs. n. 165/2001 e al D. Lgs. n. 179/2017, in assenza di una organica disciplina del whistleblowing (avvenuta, come precisato in memoria, solo ad opera del d. lgs. n. 24/2023, che ha recepito la suddetta direttiva) comunque rientrava nella tutela per il whistleblower il caso di una prima segnalazione attraverso il canale dell’RAGIONE_SOCIALE, seguita da una successiva segnalazione pubblica;
3. con il terzo motivo deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 3, 5, 5-bis d. lgs. n. 33/2013, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in materia di
4. violazione o falsa applicazione dell’art. 54 -bis del d. lgs n. 165/2001, degli artt. 1, 2 e 3 d. lgs. n. 179/2017, dell’art. 1345 c.c., dell’art. 5 della legge n. 604/1966, letti di conserva con la direttiva UE 2019/1937, degli artt. 2727 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.; sostiene l’erroneità dell’esclusione della natura ritorsiva del licenziamento (anche alla luce, come precisato in memoria, del divieto di ritorsione di cui all’art. 1, comma 2, d. l gs. n. 24/2023);
5. con il quinto motivo, deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 21 e 24 Cost., 2105 c.c., 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.; assume che, anche ritenuta provata la messa a disposizione della stampa della denuncia presenta ta all’RAGIONE_SOCIALE, tale condotta sotto il profilo della sua rilevanza disciplinare doveva
essere operata di conserva con la particolare figura e disciplina del whistleblower e con i principi in tema di diritto di critica;
6. con il sesto motivo, deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 82 del c.c.n.l. del personale non dirigente della RAGIONE_SOCIALE, degli artt. 7 e 18 della legge n. 300/70, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in quanto il comportamento oggetto della contestazione disciplinare del 19/3/2019 era assoggettabile a sanzione conservativa (tra il rimprovero verbale e la multa di quattro ore di retribuzione) quale ‘ inosservanza delle disposizioni di servizio, anche in tema di assenze per malattia, nonché d ell’orario di lavoro ‘;
7. il primo motivo è inammissibile;
8. la Corte distrettuale non ha invertito l’onere della prova, ma operato un ragionamento presuntivo, censurabile in sede di legittimità solo allorché ricorra il cd. vizio di sussunzione, ovvero quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti, li ritenga, però, inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso; infatti, spetta al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso a presunzioni, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità; pertanto, ove non emerga l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di
assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo criterio di normalità, visto che la deduzione logica è una valutazione che, in quanto tale, deve essere probabilmente convincente, non oggettivamente inconfutabile (cfr. Cass. n. 3541/2020, n. 5279/2020, n. 15276/2021, n. 22366/2021, n. 17711/2022);
il secondo e il quinto motivo, da trattare congiuntamente in quanto riferiti alla disciplina di tutela delle persone che segnalano illeciti di cui vengano a conoscenza per ragioni professionali in una serie di settori specificati nella Direttiva UE 2019/1937 (informatori -whistleblowers ) e, in generale, al diritto di critica, non sono fondati;
10. in primo luogo, deve rilevarsi che tanto la direttiva riguardante la ‘ protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione ‘, adottata il 23 ottobre 2019, quanto la normativa italiana di attuazione (
in secondo luogo, osserva il Collegio che, con accertamento in fatto spiegato con motivazione congrua e logica, la Corte di merito ha chiarito che, nel caso in esame,
la comunicazione a organi di stampa della denuncia all’RAGIONE_SOCIALE (ossia di notizie e documenti comunicati all’organo deputato a riceverli, oggetto di segreto aziendale, professionale o d’ufficio) era avvenuta con modalità eccedenti rispetto alle finalità dell’eliminazione dell’illecito, proprio per la rivelazione al di fuori del canale di comunicazione specificamente predisposto a tal fine; ha ritenuto, cioè, tale diffusione rientrante nell’espressa previsione di cui all’ultimo periodo dell’art. 3, comma 3, legge n. 179/2017, quale modalità eccedente che porta all’esclusione del diritto alla protezione dell’informatore, in base alla normativa applicabile ratione temporis , secondo un bilanciamento di interessi in concreto, connesso anche alla sequenza tra denuncia e diffusione, espressamente da operare anche in riferimento al diritto alla libertà di espressione di cui all’art. 10 della Convenzione EDU e al diritto di critica in generale;
il terzo motivo non è fondato;
il richiamo alla normativa (d. lgs. n. 33/2013) in materia
secondo la giurisprudenza
di questa Corte, in tema di licenziamento ritorsivo, il motivo illecito, determinante ed esclusivo, richiede il previo accertamento dell’insussistenza della causale posta a fondamento del licenziamento (cfr. Cass. n. 9468/2019, n. 6838/2023);
15. non è meritevole di accoglimento il sesto motivo;
16. in tema di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, quando vengano contestati al dipendente diversi episodi rilevanti sul piano disciplinare, il giudice di merito non deve esaminarli atomisticamente, riconducendoli alle singole fattispecie previste da clausole contrattuali, ma deve valutare complessivamente la loro incidenza sul rapporto di lavoro (in termini, Cass. n. 1890/2009); e la Corte di merito si è espressamente conformata all’orientamento di questa Corte secondo il quale, qualora il licenziamento sia intimato per giusta causa e siano stati contestati al dipendente diversi episodi rilevanti sul piano disciplinare, ciascuno di essi autonomamente considerato costituisce base idonea per giustificare la sanzione, sicché non è il datore di lavoro a dover provare di aver licenziato solo per il complesso delle condotte addebitate, bensì la parte che ne ha interesse, ossia il lavoratore, a dover provare che solo presi in considerazione congiuntamente, per la loro gravità complessiva, i singoli episodi fossero tali da non consentire
la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro (Cass. n. 18836/2017);
17. va inoltre ribadito che il giudizio di proporzionalità tra licenziamento disciplinare e addebito contestato è devoluto al giudice di merito, la cui valutazione non è censurabile in sede di legittimità, ove sorretta da motivazione sufficiente e non contraddittoria (Cass. n. 8293/2018, n. 26010/2018);
il ricorso deve pertanto essere respinto nel suo complesso;
parte ricorrente deve essere condannata alla rifusione in favore di parte controricorrente delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, secondo la regola della soccombenza;
al rigetto del ricorso consegue la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per l’impugnazione ;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 4.500 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto
per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’Adunanza camerale del 28