Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21099 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 21099 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 6795-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME, domiciliato in INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 11/2023 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 24/02/2023 R.G.N. 320/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/06/2024 dal AVV_NOTAIO. COGNOME.
Oggetto
Licenziamento disciplinare –
dirigente
–
rapporto privato
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 04/06/2024
CC
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Potenza, in riforma di sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva respinto le originarie domande, dichiarava l’illegittimità del licenziamento per giusta causa intimato con lettera del 6.3.2019 dalla società RAGIONE_SOCIALE al dirigente NOME COGNOME e la condannava al pagamento in suo favore della complessiva somma lorda di € 280.470 (indennità supplementare di cui all’art. 19, comma 5, CCNL Dirigenti Aziende Industriali nella misura di 18 mensilità, pari a € 168.282, e indennità di mancato preavviso di cui all’art. 23 del medesimo CCNL nella misura di 12 mensilità, pari a € 122.188), oltre accessori, nonché alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio;
la Corte di merito ha osservato, in particolare, che all’originario ricorrente (dirigente dello stabilimento di Viggiano dall’1.10.2013, nonché, con incarico ad interim dall’1.6.2017, responsabile della produzione dello stabilimento dell’Aquila) era stato addebitato (con prima contestazione del 7.2.2019 seguita da contestazione integrativa del 26.2.2019) di non aver garantito un sufficiente presidio della seconda funzione affidatagli con una permanenza di due settimane al mese (come concordato tra le parti), e di aver lasciato in condizioni di grave trascuratezza l’attività dei reparti produttivi e la situazione generale dello stabilimento dell’Aquila, ritenute insufficienti le giustificazioni presentate; ha ritenuto insussistente la giusta causa, per violazione del principio di immediatezza, posto che la contestazione di insufficienti trasferte all’Aquila si era protratta per oltre un anno e mezzo a fronte di trasmissione mensile alla società delle fatture delle trasferte, ed essendo conosciuta o conoscibile la situazione dello stabilimento abruzzese; ha ritenuto altresì che, non essendo stato interrotto
il rapporto di lavoro per tutto il periodo, doveva ritenersi che il dirigente avesse fatto affidamento sull’approvazione o quantomeno non disapprovazione della sua condotta da parte della società, con conseguente non giustificatezza del recesso;
avverso la sentenza della Corte d’Appello propone ricorso per cassazione la società con due motivi; resiste con controricorso il dirigente; entrambe le parti hanno comunicato memorie; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo, la società ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.), violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c., contestando l’interpretazione della Corte di merito circa il requisito della tempestività della contestazione;
con il secondo motivo deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.), violazione e falsa applicazione dell’art. 19 CCNL Dirigenti Aziende Industria, censurando la ritenuta sovrapposizione tra le nozioni di giusta causa e di giustificatezza del licenziamento del dirigente;
il primo motivo è infondato;
è stato precisato da questa Corte che l’attività di integrazione del precetto normativo di cui all’art. 2119 c.c. (norma cd. elastica), compiuta dal giudice di merito ai fini dell’individuazione della giusta causa di licenziamento non può essere censurata in sede di legittimità, se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza del giudizio di sussunzione del fatto concreto, siccome accertato, nella norma generale, ed in virtù di una specifica denuncia di non coerenza del predetto giudizio rispetto agli standard, conformi ai valori dell’ordinamento, esistenti nella realtà sociale (Cass.
n.13534/2019; cfr. anche Cass. n. 985/2017, n. 14777/2021, n. 88/2023);
segnatamente, costituisce valutazione riservata al giudice del merito l’apprezzamento in concreto del rispetto del principio dell’immediatezza (o tempestività) della contestazione, principio da intendersi in senso relativo, dovendosi dare conto delle ragioni che possono cagionare il ritardo, quali il tempo necessario per l’accertamento dei fatti o la complessità della struttura organizzativa dell’impresa (v. Cass. n. 281/2016, n. 16841/2018, n. 29332/2022, n.398/2023, n. 30663/2023);
in questo ambito, la sentenza gravata ha spiegato l’incompatibilità tra la nozione di causa che non consente la prosecuzione nemmeno provvisoria del rapporto (giusta causa) e la fattispecie concreta, collegata a contestata condotta omissiva protrattasi per oltre un anno e mezzo, a fronte di presumibile conoscenza o comunque piena conoscibilità (nel senso di possibile costante verifica da parte del datore di lavoro della gestione dello stabilimento affidata al dirigente) in un arco di tempo alquanto dilatato, con una valutazione in fatto incensurabile in sede di legittimità, dalla quale sono state tratte conseguenze conformi a diritto;
7. neppure è fondato il secondo motivo;
come è noto, in materia di rapporto di lavoro dirigenziale, ferma l’insussistenza di una piena coincidenza tra le ragioni di licenziamento di un dirigente e di un licenziamento disciplinare, per la peculiare posizione del predetto e il relativo vincolo fiduciario, le garanzie procedimentali dettate dall’art. 7, commi 2 e 3, della legge n. 300 del 1970, in quanto espressione di un principio di generale garanzia fondamentale, a tutela di tutte le ipotesi di licenziamento disciplinare, trovano applicazione anche nell’ipotesi del licenziamento di un dirigente, a prescindere dalla sua specifica collocazione nell’impresa, qualora il datore di
lavoro gli addebiti un comportamento negligente, o colpevole in senso lato, ovvero se a base del recesso siano poste condotte comunque suscettibili di pregiudicare il rapporto di fiducia tra le parti, sicché la loro violazione preclude le possibilità di valutare le condotte causative del recesso (Cass. n. 269/2024, n. 2553/2015, S.U. n. 7880/2007);
atteso che il potere disciplinare è un diritto potestativo contrattuale del datore di lavoro, e che l’esercizio di tale potere, che lo pone in una posizione non paritetica rispetto al lavoratore, deve essere improntato ai canoni di correttezza e buona fede, ciò significa anche che esso va esercitato nel rispetto di alcuni presupposti imprescindibili che lo legittimano, quali appunto l’immutabilità della contestazione e la sua tempestività;
il requisito dell’immediatezza della contestazione è posto a tutela del lavoratore e ha la finalità di consentire una difesa adeguata in relazione agli addebiti contestati e altresì di tutelare il legittimo affidamento del medesimo dipendente, in presenza di un ritardo nella contestazione, sulla mancanza di rilievo disciplinare attribuito dal datore alla condotta inadempiente (cfr. Cass. n. 29627/2018, n. 13167/2009);
se ne ricava che il principio di tempestività della contestazione è riconducibile all’area delle garanzie procedimentali prescritte dall’art. 7 legge n. 300/1970 per i casi di licenziamento ontologicamente disciplinare, anche di dirigente;
tale essendo l’oggetto del processo, la Corte di merito ha valutato le condotte contestate inidonee a integrare (oltre che giusta causa, anche) giustificatezza del recesso;
peraltro, alla luce di quanto sopra espresso, la ritenuta violazione del principio di tempestività della contestazione degli addebiti disciplinari determina la ‘non valutabilità delle condotte causative del recesso’ come da giurisprudenza su richiamata
(cr. § 8), con l’ul teriore conseguenza che devono essere riconosciute al dirigente le tutele previste dalla RAGIONE_SOCIALE per il licenziamento privo di giustificazione;
in questo senso, il dispositivo della sentenza impugnata risulta conforme a diritto;
il ricorso deve pertanto essere respinto;
non vi è luogo a provvedere sulle spese del grado, in quanto il controricorso, pur regolarmente notificato, è stato depositato tardivamente, in violazione dell’art. 370 c.p.c., con conseguente inammissibilità del controricorso tardivo e delle memorie depositate dalla parte intimata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.; infatti, divenuta la regola la trattazione camerale e quella in udienza pubblica l’eccezione, deve trovare comunque applicazione la preclusione dell’art. 370 c.p.c., norma che, ai fini della tempestività del controricorso, prevede il rispetto del duplice termine di legge per la notifica (comma 1) e per il deposito dell’atto notificato (comma 3); rimangono a carico della parte inosservante delle regole del rito le conseguenze pregiudizievoli, salvo il parziale recupero delle difese orali nel caso in cui sia fissata udienza di discussione, con la conseguenza che, venuta a mancare tale udienza, alcuna attività difensiva è più consentita (cfr. Cass. n. 23921/2020, n. 13799/2024);
al rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 4 giugno 2024.