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Licenziamento senza motivi: nullo con reintegra

La sentenza analizza un caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in cui la lettera di recesso era totalmente priva di motivazione. Il Tribunale ha dichiarato il licenziamento nullo, e non solo inefficace, a causa della totale assenza delle ragioni fondanti la scelta espulsiva. Di conseguenza, ha ordinato la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, la corresponsione di un’indennità risarcitoria pari alle retribuzioni perse e il pagamento delle somme dovute ma non corrisposte, data anche la contumacia dell’azienda.

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Pubblicato il 13 luglio 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Licenziamento senza motivi: la comunicazione è nulla e scatta la reintegra

Un licenziamento senza motivi espliciti nella lettera di comunicazione è un atto radicalmente nullo che comporta la piena tutela reintegratoria per il lavoratore. Non si tratta di un semplice vizio formale, ma di una violazione sostanziale che rende il recesso datoriale privo di qualsiasi effetto. Una recente sentenza del Tribunale di Bergamo ha ribadito con forza questo principio, condannando un’azienda non solo al pagamento di un’indennità, ma alla reintegrazione del dipendente nel suo posto di lavoro.

I fatti di causa

Un lavoratore, assunto a tempo indeterminato come operaio, si vedeva recapitare una lettera di licenziamento per giustificato motivo oggettivo. La comunicazione, tuttavia, era estremamente laconica e si limitava a informare della cessazione del rapporto di lavoro a far data dalla fine del mese, senza fornire alcuna spiegazione sulle ragioni aziendali che avevano portato a tale drastica decisione.

Il lavoratore ha impugnato il licenziamento, sostenendo la sua illegittimità per assenza totale di motivazione, violazione dei criteri di correttezza e buona fede e mancato rispetto dell’obbligo di repêchage. Oltre all’illegittimità del recesso, il dipendente lamentava anche il mancato pagamento della retribuzione relativa all’ultimo mese di lavoro.

La società datrice di lavoro, nonostante la regolare notifica degli atti, sceglieva di non costituirsi in giudizio, rimanendo contumace.

La nullità del licenziamento senza motivi oggettivi

Il Tribunale ha accolto integralmente il ricorso del lavoratore. La decisione si fonda su un punto cruciale: la distinzione tra un licenziamento con una motivazione insufficiente o generica e un licenziamento senza motivi dichiarati, come nel caso di specie.

La legge (art. 2, L. 604/1966) impone che la comunicazione del licenziamento contenga la specificazione dei motivi. La giurisprudenza, richiamata ampiamente in sentenza, è costante nell’affermare che l’onere di provare la sussistenza del giustificato motivo oggettivo, e l’impossibilità di adibire il lavoratore ad altre mansioni (c.d. obbligo di repêchage), grava interamente sul datore di lavoro. L’assenza in giudizio dell’azienda (contumacia) ha impedito di fornire tale prova, ma il vizio, secondo il giudice, era ancora più profondo e originario.

Le motivazioni

Il giudice ha stabilito che la totale assenza di motivazione nella lettera di recesso non costituisce una mera violazione formale sanabile con un’indennità (come previsto dall’art. 4 del D.Lgs. 23/2015), bensì una nullità sostanziale del licenziamento stesso. La mancanza delle ragioni che hanno determinato il recesso rende l’atto radicalmente inefficace, portando all’applicazione della tutela più forte prevista dal Jobs Act, ossia la reintegrazione nel posto di lavoro (art. 2, D.Lgs. 23/2015).

In sostanza, il Tribunale ha chiarito che un conto è una motivazione esistente ma poco chiara (vizio procedurale), un altro è una motivazione del tutto assente (vizio sostanziale che rende l’atto nullo). Per quanto riguarda le spettanze retributive, il giudice ha ritenuto provato il diritto del lavoratore sulla base del cedolino paga prodotto in atti, che ha valore di confessione stragiudiziale da parte del datore di lavoro.

Le conclusioni

Alla luce di queste considerazioni, il Tribunale ha condannato la società a:
1. Reintegrare il lavoratore nel suo posto di lavoro.
2. Corrispondere un’indennità risarcitoria pari a tutte le retribuzioni maturate dal giorno del licenziamento fino all’effettiva reintegrazione (con un minimo garantito di cinque mensilità).
3. Versare i contributi previdenziali e assistenziali per il medesimo periodo.
4. Pagare la retribuzione di ottobre non corrisposta, oltre accessori e rivalutazione.
5. Rifondere le spese legali del giudizio.

Questa sentenza riafferma un caposaldo del diritto del lavoro: la motivazione non è un optional, ma un requisito essenziale di legittimità del licenziamento. Un atto di recesso immotivato è un atto nullo, con conseguenze economiche e giuridiche molto pesanti per l’azienda.

Cosa succede se una lettera di licenziamento per giustificato motivo oggettivo non specifica le ragioni?
Secondo la sentenza, un licenziamento comunicato senza alcuna specificazione dei motivi è radicalmente nullo. Non si tratta di un semplice vizio formale, ma di una violazione sostanziale che comporta la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e il risarcimento del danno.

Su chi ricade l’onere di provare la legittimità del licenziamento?
L’onere della prova in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo ricade interamente e inequivocabilmente sul datore di lavoro. Egli deve dimostrare sia la sussistenza delle ragioni aziendali che hanno portato al recesso, sia l’impossibilità di ricollocare il lavoratore in altre mansioni (obbligo di repêchage).

Quali sono le conseguenze per il datore di lavoro che non si presenta in giudizio (contumacia)?
La contumacia non determina un’automatica vittoria per il lavoratore, ma impedisce al datore di lavoro di fornire le prove a sostegno della legittimità del proprio operato. In questo caso, non avendo il datore di lavoro assolto al proprio onere probatorio e avendo presentato una lettera di licenziamento nulla, è stato condannato alla reintegra e al pagamento di tutte le spettanze richieste.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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