Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8857 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8857 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20303/2023 r.g., proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to presso la Cancelleria di questa Corte, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
ricorrente
contro
Giudice NOME , elett. dom.to in INDIRIZZO Roma, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME.
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 778/2023 pubblicata in data 08/08/2023, n.r.g. 605/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 18/02/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.NOME COGNOME aveva lavorato alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE fino al 22/12/2020, quando era stato licenziato per giusta causa, consistente nell’aver deposto il fa l so all’udienza del 13/10/2020 dinanzi al Tribunale di Agrigento in una causa -analoga a quella da lui intentata presso il Tribunale di Gela, terminata con la declaratoria di
OGGETTO:
licenziamento disciplinare -carattere ritorsivo -accertamento in concreto accertamento giudiziale della natura subordinata del rapporto di lavoro -conseguenze sul trattamento retributivo
sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze della società ai sensi dell’art. 61 d.lgs. n. 276/2003, confermata dalla Corte d’Appello di Caltanissetta promossa dal collega NOME COGNOME in particolare sulle modalità di svolgimento del rapporto di agenzia di quest’ultimo.
Impugnato il licenziamento, adìva il Tribunale di Milano per ottenere l’accertamento della sua ritorsività e la conseguente declaratoria di nullità, con la conseguente tutela c.d. reale.
2.Costituitosi il contraddittorio, all’esito della fase c.d. sommaria introdotta dalla legge n. 92/2012 il Tribunale accoglieva le domande e poi, con sentenza, respingeva l’opposizione proposta dalla società.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello, in parziale accoglimento del gravame interposto dalla società, dato atto dell’intervenuto esercizio dell’opzione ad agosto 2022, determinava l’ aliunde perceptum nella somma di euro 42.587,52.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
in punto di fatto il Giudice aveva sottoscritto con la società un contratto di agenzia, da cui quest’ultima era receduta nel giugno 2017;
nel corso del giudizio promosso dal Giudice dinanzi al Tribunale di Gela -conclusosi in senso favorevole al lavoratore e con la conseguente dichiarazione di illegittimità del recesso di giugno 2017, qualificato come licenziamento, e con ordine di reintegrazione nel posto di lavoro -la società aveva inviato lettera di contestazione disciplinare, per l’ipotesi, poi realizzatasi, di riqualificazione del rapporto di lavoro in termini di subordinazione e di condanna alla reintegrazione;
in tale lettera veniva contestato al lavoratore di aver dichiarato il falso all’udienza del 13/10/2020 dinanzi al Tribunale di Agrigento e sulle modalità di svolgimento del rapporto di lavoro del collega ex agente NOME COGNOME;
la ritorsività del licenziamento è ‘nei fatti’, posto che il lavoratore è stato licenziato per aver reso una testimonianza ritenuta dal datore di lavoro falsa in quanto contrastante con i propri assunti difensivi;
circa l’asserita falsità della deposizione, essa è stata esclusa dal giudice del lavoro avanti al quale quella testimonianza è stata resa, posto che quel giudice non ha ritenuto di inviare alcuna notitia criminis alla competente autorità inquirente; né la società ha sporto una denunzia in sede penale nei confronti del suo dipendente, a differenza del caso cui si riferisce il risalente precedente di legittimità da essa invocato, nel quale il procedimento penale era stato iniziato e poi si era concluso con declaratoria di estinzione per intervenuta amnistia;
ogni indagine istruttoria è quindi superflua;
circa l’individuazione della retribuzione parametro per la quantificazione dell’indennità risarcitoria, il Tribunale ha utilizzato quella applicata dal Tribunale di Gela nella controversia relativa all’accertamento della subordinazione e al primo licenziamento, ossia la media delle provvigioni dell’anno precedente il recesso, quindi da luglio 2016 a giugno 2017;
tale criterio è corretto, in quanto occorre considerare l’ultima retribuzione globale di fatto, ai sensi dell’art. 18, co. 1, L. n. 300/1970, ossia quella che il dipendente avrebbe percepito se avesse lavorato, atteso che la funzione dell’indennità è quella di ripristinare lo status quo ante al licenziamento illegittimo (Cass. n. 33344/2022);
quindi è estraneo alla materia del contendere il criterio dell’assorbimento, erroneamente invocato dalla società, secondo cui occorrerebbe prendere come riferimento la retribuzione tabellare della categoria B1 -funzione commerciale/marketing vendite, CCNL chimico farmaceutico, ossia quella spettante al lavoratore dopo l’accertamento del suo rapporto di lavoro come subordinato;
tale criterio opera infatti nel diverso caso in cui il lavoratore, riconosciuto come subordinato, avanzi pretese relative a differenze retributive, sicché la comparazione andrà in tal caso compiuta in senso globale, ossia tenendo conto di tutti gli importi ricevuti a titolo di compenso per il lavoro formalmente autonomo;
fondato è invece il motivo di reclamo sull’esatta determinazione dell’ aliunde perceptum , una volta considerato che l’esercizio
dell’opzione per l’indennità sostitutiva della reintegrazione estingue il rapporto di lavoro, a prescindere dal momento successivo in cui quell’indennità viene pagata dal datore di lavoro.
4.- Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
5.- Giudice NOME ha resistito con controricorso.
6.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 2697 e 1345 c.c., nonché 18 L. n. 30/1970 per avere la Corte territoriale ritenuto nullo il licenziamento in quanto comminato per motivo illecito.
Il motivo è infondato.
Contrariamente all’assunto della ricorrente, i giudici del reclamo hanno ritenuto ritorsivo il licenziamento non in via ‘presuntiva’, bensì a seguito della accertata e ritenuta insussistenza della giusta causa addotta, ossia della falsità della deposizione testimoniale resa dinanzi al Tribunale di Agrigento nella controversia promossa contro la stessa società dal altro ex agente (NOME COGNOME. E dunque, una volta esclusa la sussistenza di questa giusta causa, la Corte territoriale ha ravvisato ‘nei fatti’ il carattere ritorsivo del licenziamento, ritenuto intimato per reagire all’esito vittorioso conseguito da NOME COGNOME nel precedente giudizio dinanzi al Tribunale di Gela e alla Corte d’Appello di Caltanissetta.
L’art. 1345 c.c. risulta pertanto rispettato: il motivo illecito, secondo l’accertamento compiuto dalla Corte territoriale, risulta essere stato effettivamente unico, esclusivo e determinante.
La decisione impugnata è quindi conforme anche al principio di diritto più volte affermato da questa Corte, secondo cui la verifica dei fatti allegati dal lavoratore sul piano del motivo ritorsivo richiede il previo accertamento dell’insussistenza della causale posta a fondamento del licenziamento (Cass. n. 9468/2019, invocata dalla stessa ricorrente: v. ricorso per cassazione, p. 6 ss.).
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. la ricorrente denunzia la nullità della sentenza per motivazione
‘apparente’ e per l’impossibilità di ricavare il ragionamento del giudice, rimasto incomprensibile.
Il motivo è infondato.
Dalla motivazione della sentenza impugnata si evince chiaramente che la collocazione temporale del licenziamento oggetto di causa e la sua stretta connessione con le vicende del primo giudizio (volto all’accertamento della subordinazione ad onta del rapporto formalmente di agenzia e, quindi, alla declaratoria di illegittimità del primo recesso datoriale, nonché ad ottenere l’ordine di reintegrazione nel posto di lavoro) sono stati i dati di fatto utilizzati dai giudici di merito per ravvisare il carattere ritorsivo del secondo licenziamento. Tanto è conforme a quel ‘minimo costituzionale’ imposto da questa Corte in funzione nomofilattica (Cass. sez. un. n. 8053/2014) e rende chiaro ed evidente il percorso logico-giuridico seguito dai giudici del reclamo per pervenire alla decisione del gravame.
3.Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 36 Cost., 2099 c.c. e 18 L. n. 300/1970 per avere la Corte territoriale ritenuto che la retribuzioneparametro cui commisurare l’indennità risarcitoria fosse rappresentata dalla media delle provvigioni percepite nel periodo luglio 2016 -giugno 2017.
Il motivo è infondato.
La nozione di ‘retribuzione globale di fatto’ implica il necessario riferimento a ciò che ‘ di fatto ‘ il lavoratore percepiva al momento del licenziamento (Cass. ord. n. 33344/2022), sicché resta del tutto estraneo ciò che in astratto egli avrebbe dovuto e dovrebbe percepire a seguito dell’accertata natura subordinata del suo rapporto di lavoro.
4.Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in