Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 751 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 751 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 616-2022 proposto da:
COGNOME domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1179/2021 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 29/10/2021 R.G.N. 584/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
20/11/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Licenziamento
ex lege n. 92 del 2012
R.G.N. 616/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 20/11/2024
CC
RILEVATO CHE
In data 20.5.2019 Poste Italiane spa intimava alla dipendente NOME COGNOME assunta il 14.6.2000 con contratto a tempo indeterminato full time e con mansioni di operatore di sportello, il licenziamento per giusta causa, senza preavviso, per avere: a) effettuato fraudolenti rimborsi fiscali c/o l’Ufficio Postale di Palermo Sperone, per un importo complessivo di euro 8.048,15; b) effettuato indebi ti prelievi sul libretto di tale Vinci presso l’Ufficio Postale di Palermo Sperone per complessivi euro 76.501,00; c) distrutto due assegni già in precedenza da lei negoziati rendendo una falsa dichiarazione di ‘annullo’; d) avere procurato un ammanco di cassa pari ad euro 605,77, sempre presso l’Ufficio Postale di Palermo Sperone.
Impugnato il recesso il Tribunale di Palermo, sia in fase sommaria che in sede di opposizione ex lege n. 92 del 2012, annullava il licenziamento.
La Corte di appello di Palermo, con la sentenza n. 1179/021, in riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava legittimo il recesso perché sussistente il giustificato motivo soggettivo; rigettava la domanda di reintegra nel posto di lavoro e condannava la società al pagamento dell’indennità di mancato preavviso.
I giudici di seconde cure, in sintesi, consideravano dimostrate: i) le condotte relative alla esistenza di n. 8 operazioni di rimborso fiscale, indebitamente effettuate, senza la necessaria accortezza nell’adempimento del servizio; ii) le condotte concernenti l’esecuzione di undici indebiti prelievi sul libretto postale n. 36920353 con palesi e gravi irregolarità nelle procedure di incasso attesa la presenza di elementi di sospetto; iii) la condotta relativa alla falsa dichiarazione di ‘annullo’ di n. 2 as segni, per evitare le eventuali conseguenze della mancanza di provvista al momento della reale negoziazione dei titoli (entrambi invece esistenti); iv) l’ammanco di cassa accertato il 14.11.2008 per euro 605,77.
I suddetti giudici ritenevano che le fattispecie concrete fossero disciplinate dall’art. 54 co. V lett. g) del CCNL che sanziona con il
licenziamento con preavviso ‘la comprovata incapacità o persistente insufficiente rendimento, ovvero per qualsiasi fatto che dimostri piena incapacità ad adempiere adeguatamente agli obblighi di servizio’ .
Avverso la sentenza di secondo grado NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione affidato ad un unico articolato motivo cui resisteva con controricorso Poste RAGIONE_SOCIALE
Il Collegio si riservava il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico articolato motivo si denuncia ‘la violazione e falsa applicazione della normativa contrattuale applicata al rapporto di lavoro e, specificamente, dell’art. 54 del CCNL per il personale non dirigente di Poste Italiane e la violazione delle regole ermeneutiche d’interpretazione letterale e sistematica dei contratti collettivi, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 5 cpc; la violazione e falsa applicazione della legge n. 300 del 1970, art. 18 commi 4 e 5, come modificato dalla legge n, 92 del 2012, i n relazione all’art. 360 n. 3 cpc, per avere la Corte di appello di Palermo ritenuto la condotta della lavoratrice non integrante una violazione punibile con sanzione conservativa, bensì sussumibile nelle previsioni astratte di licenziamento per giustifica to motivo soggettivo di cui all’art. 54 co. V lett. g) del CCNL, applicando erroneamente la tutela indennitaria’. In particolare, si deduce che la Corte territoriale aveva operato una valutazione di gravità della condotta della lavoratrice in contrasto con i principi dell’ordinamento e in una situazione di eccessiva e palese sproporzione tra inadempienze addebitate e la sanzione irrogata; si obietta che non era stata commessa alcuna condotta che legittimasse il provvedimento espulsivo non sussistendo l’elem ento del dolo diretto e che era errato l’accertamento circa la grave irregolarità contabile delle realizzate operazioni; si sottolinea, infine, che i fatti contestati, a differenza di quanto opinato dalla Corte di merito, erano inquadrabili nella fattispec ie di cui all’art. 54 co. IV lett. j del CCNL di categoria ( abituale negligenza oppure abituale inosservanza di leggi regolamenti o degli obblighi di servizio nell’adempimento della
prestazione di lavoro ) che prevedeva, per siffatte violazioni, una sanzione conservativa.
Il motivo non è meritevole di accoglimento presentando profili di inammissibilità e di infondatezza.
E’ opportuno precisare l’iter logico -giuridico seguito dalla Corte territoriale e posto a fondamento della propria decisione.
I giudici di seconde cure, nel rispetto del principio di immodificabilità della contestazione, hanno ritenuto che la addebitata condotta inadempiente, anche volendo aderire alla ricostruzione dei fatti prospettata dalla stessa dipendente nella nota di giustificazioni del 7.5.2019, se non era sussumibile nelle fattispecie disciplinate dall’art. 54 VI lett. a), c) e k), come opinato dalla società, perché non era ravvisabile l’elemento soggettivo del dolo, tuttavia non era inquadrabile neanche in quella regol ata dall’art. 54 IV lett. j) e n), che prevedono una sanzione conservativa, perché i comportamenti della lavoratrice erano caratterizzati da una ‘particolare gravità’ che doveva invece essere valutata in relazione al numero, alla varietà e alla reiterazione di negligenti comportamenti idonei a consentire la commissione di gravi reati in un limitato arco temporale e determinanti un grave danno patrimoniale. Da qui, atteso il venire meno del vincolo fiduciario che la società deve riporre nei confronti di una addetta allo sportello, impegnata di regola nella effettuazione di operazioni comportanti maneggio di denaro e titoli, gli stessi giudici hanno considerato i comportamenti come riconosciuti dalla stessa dipendente inquadrabili nella previsione di cui all’art. 54 V lett. g) del CCNL secondo il quale si applica la sanzione del licenziamento con preavviso, avendo la Mancino manifestato una tendenza a svolgere il proprio servizio con notevole disattenzione e superficialità, denotante l’incapacità a svolgere il proprio compito.
Ciò premesso, tutte le doglianze riguardanti la ricostruzione dei fatti sono inammissibili perché, oltre a costituire un accertamento di fatto adeguatamente motivato e, pertanto, insindacabile in sede di legittimità, la Corte territoriale ha considerato come presupposto della propria decisione proprio quella delineata dalla dipendente nella nota
di giustificazioni del 7.5.2019, oltre naturalmente all’episodio della scopertura di cassa e all’annullamento dei titoli già negoziati.
Quanto, invece, alle censure in ordine al procedimento di sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta prevista dalla contrattazione collettiva, deve osservarsi che le conclusioni della Corte di appello si rivelano corrette e condivisibili sia in relazione alla mancanza del dolo (elemento necessario per il licenziamento senza preavviso) sia per la gravità dei fatti oggetto dell’incolpazione che rende applicabile la sanzione espulsiva con il preavviso.
E’ opportuno ribadire che, i n tema di licenziamento per giusta causa, l’accertamento dei fatti ed il successivo giudizio in ordine alla gravità e proporzione della sanzione espulsiva adottata sono demandati all’apprezzamento del giudice di merito, che – anche qualora riscontri l’astratta corrispondenza dell’infrazione contestata alla fattispecie tipizzata contrattualmente -è tenuto a valutare la legittimità e congruità della sanzione inflitta, tenendo conto di ogni aspetto concreto della vicenda, con giudizio che, se sorretto da adeguata e logica motivazione, è incensurabile in sede di legittimità (Cass. n. 26010/2018).
In ordine, infine, alle critiche riguardanti la asserita tutela riconosciuta, va sottolineato che la Corte territoriale non ha riconosciuto alcuna tutela indennitaria stante la ritenuta legittimità del licenziamento: ciò che è stata ammessa, con relativa condanna della Società, è unicamente l’indennità di mancato preavviso essendo stata ritenuta corretta, in relazione ai fatti dimostrati, la irrogazione della sanzione del licenziamento con preavviso e non quella del licenziamento senza preavviso. Le obiezioni non sono, pertanto, conferenti al dictum della gravata sentenza.
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 novembre 2024