SENTENZA CORTE DI APPELLO DI CAGLIARI N. 171 2025 – N. R.G. 00000093 2024 DEPOSITO MINUTA 07 10 2025 PUBBLICAZIONE 07 10 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI
SEZIONE CIVILE
In funzione di Giudice del Lavoro, composta dai magistrati
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
PRESIDENTE
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
CONSIGLIERA RELATRICE
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
CONSIGLIERE
in esito all’udienza del 11 giugno 2025, sostituita, ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c., dal deposito di note scritte, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa in materia di pubblico impiego iscritta al R.G. N. 93 dell’anno 2024, proposta da:
, elettivamente domiciliato in Salerno, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIOti AVV_NOTAIO, NOME COGNOME e NOME COGNOME,
giusta procura speciale come in atti
APPELLANTE
CONTRO
con sede in RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in RAGIONE_SOCIALE, presso il proprio ufficio legale, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, in virtù di procura speciale come in atti
APPELLATA
E CONTRO
con sede in RAGIONE_SOCIALE, in persona del
legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in RAGIONE_SOCIALE, presso il proprio ufficio legale, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, in virtù di procura speciale come in atti
APPELLATA
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, depositato il 16 marzo 2022, aveva impugnato, sia il provvedimento disciplinare emesso da il 15 ottobre 2021, con il quale era stata disposta, nei suoi confronti, ai sensi dell’art. 72, comma 8, lett. a) CCNL 19 dicembre 2019, la sospensione dal servizio, con privazione della retribuzione, per mesi tre, sia il provvedimento disciplinare emesso da il 5 novembre 2021, con il quale gli era stata irrogata, ai sensi dell’art. 72, comma 10, punto n. 1, lett. b) CCNL citato, la sanzione espulsiva del licenziamento con preavviso.
Quanto alla sanzione conservativa impugnata, il ricorrente, dopo avere premesso che gli aveva contestato l’omissione, a danno dell’utente di misure cautelari atte a prevenire rischi suicidari, l’insubordinazione scaturita dalle modalità e dal tipo di assistenza resa a favore della paziente nonché la violazione del principio di esclusività per avere NOME invitato tale ultima paziente a partecipare a delle sedute psico spirituali tenute presso il centro RAGIONE_SOCIALE, non abilitato a erogare prestazioni assistenziali per conto e in nome dell’ senza avere neanche domandato di essere autorizzato a dirigerlo, e dopo avere precisato che aveva specificato che la misura della sanzione disciplinare applicata era dipesa dalla natura recidiva delle conAVV_NOTAIOe da lui tenute, in virtù delle quali aveva continuato ad effettuare prestazioni lavorative difformi rispetto alle richieste dei superiori, senza che la reazione datoriale lo avesse dissuaso dal proseguirle, aveva, innanzitutto, sostenuto l’insussistenza delle conAVV_NOTAIOe descritte. Contr Contr
Infatti, aveva sostenuto , quanto alla prima conAVV_NOTAIOa, doveva escludersi che potesse essere a lui riconAVV_NOTAIOa qualsivoglia responsabilità in merito alla tragica circostanza del suicidio del
paziente visto che NOME si era limitato ad effettuare con il medesimo, giunto presso il CSM quando lui era di turno, un colloquio di intrattenimento, in attesa dell’arrivo del AVV_NOTAIO che ero lo psichiatra di riferimento del paziente, cosicché, a seguito dell’arrivo del collega, la gestione del colloquio e le decisioni successive erano state assunte e condivise anche dallo stesso, ferma restando, anche in astratto, come affermato da tutta la letteratura scientifica in materia, la concreta imprevedibilità delle conAVV_NOTAIOe suicidarie dei pazienti affetti da malattia mentale grave.
Quanto alla seconda, il ricorrente aveva precisato che il coinvolgimento della paziente nNOME incontri di psicoterapia meditativa, che si erano svolti in un RAGIONE_SOCIALE aperto e gratuito, era avvenuto dopo che alla medesima era stata assegnata apposita terapia farmacologica e con il benestare del marito, mentre in alcun modo i familiari della paziente erano stati coinvolti mediante incontri effettuati sui social.
D’altra parte, aveva chiarito anche con riferimento alla terza conAVV_NOTAIOa contestatagli, NOME non aveva eseguito in alcun modo prestazioni lavorative con il centro RAGIONE_SOCIALE in nome e per conto di avendo, invece, meramente invitato la paziente a partecipare alle sedute di terapia psico-spirituale presso il RAGIONE_SOCIALE indicato a titolo gratuito e solo dopo la conclusione del proprio turno di servizio. Contr
Quanto alla recidiva, aveva, infine, sul punto, aggiunto il ricorrente, uno dei procedimenti disciplinari avviati da nei suoi confronti era sospeso in ragione della pendenza, per i medesimi fatti, del procedimento penale n. 7457/2015, mentre quelli conclusisi con provvedimento del 9 settembre 2020 e del 9 ottobre 2020 erano al vaglio dell’autorità giudiziaria. Contr
Con riferimento alla sanzione espulsiva, aveva, invece, osservato quanto segue.
Il ricorrente aveva, innanzitutto, premesso che il licenziamento disciplinare irrogatogli era stato giustificato da con riferimento ad una asserita conAVV_NOTAIOa gravemente insubordinata da lui posta in essere, consistita nell’avere, nei giorni 23, 24, 25 e 28 giugno 2021, presentandosi Contr
egualmente al lavoro e svolgendo attività clinica in favore dell’utenza, disatteso il provvedimento del 18 giugno 2021, con il quale il datore di lavoro, dopo avergli contestato i fatti oggetto del provvedimento disciplinare di cui sopra, lo aveva sospeso cautelativamente dal servizio con decorrenza immediata.
Anche in tale ipotesi, aveva allegato , la conAVV_NOTAIOa contestata non era sussistita.
Infatti, aveva evidenziato il ricorrente, NOME aveva avuto conoscenza effettiva del provvedimento sospensivo solo il 28 giugno 2021, allorquando aveva ricevuto brevi manu il provvedimento medesimo e lo aveva potuto visionare.
D’altra parte, aveva aggiunto il ricorrente, nei giorni dal 23 al 28 giugno la sua presenza era stata mantenuta nella programmazione dei turni di lavoro, ciò che non lo aveva aiutato ad avere piena contezza del detto nuovo provvedimento di sospensione, il quale, tra l’altro, era giunto per lui inaspettato, proprio quando aveva ripreso a svolgere con serenità e continuità le proprie prestazioni professionali in favore del datore di lavoro.
Inoltre, aveva sostenuto , la contestazione relativa alla giornata del 23 giugno risultava del tutto generica, visto che NOME, in quella giornata, aveva potuto svolgere regolarmente la sua prestazione lavorativa senza che nulla ostasse in merito, mentre, quanto alla giornata del 24 giugno, solo a fine turno, il responsabile del servizio, AVV_NOTAIO gli aveva genericamente fatto richiesta di verificare eventuali e non mNOMEo specificate ricezioni di comunicazioni presso il suo indirizzo p.e.c.
Il ricorrente aveva, quindi, aggiunto di avere in ogni caso verificato la propria casella pec, la quale, peraltro, poiché presumibilmente non mantenuta in condizioni di piena efficienza, aveva indicato un ‘errore generico’ e aveva respinto l’accesso, cosicché NOME non aveva potuto prendere visione del provvedimento e il 25 giugno si era presentato al lavoro, svolgendo regolarmente la propria prestazione per la maggior parte del turno di servizio, che si era interrotto solo quando il AVV_NOTAIO gli aveva proposto la consegna brevi manu di un provvedimento di Poiché, peraltro, aveva proseguito , NOME aveva domandato che gli venisse consegnato in forma Contr
privata e in luogo riservato, il responsabile non aveva provveduto alla consegna e si era allontanato senza aggiungere nulla.
Nella giornata del 28 giugno, infine, aveva riferito , NOME si era presentato regolarmente in servizio e aveva svolto la sua prestazione sino a quando il Dirigente lo aveva informato che nella struttura era presente la forza pubblica, la quale gli aveva chiesto conto del perché NOME fosse presente in servizio malgrado fosse stato aAVV_NOTAIOato nei suoi confronti un provvedimento di sospensione.
Egli, aveva proseguito l’attuale appellante, aveva comunicato agli agenti della Polizia di Stato di non essere a conoscenza del provvedimento e, fortemente turbato dalla situazione, era stato colto da malore e si era allontanato dal servizio per farsi visitare dal proprio medico di fiducia.
Una volta ripresosi, aveva allegato , era tornato presso la struttura, dove gli agenti, dopo avere chiesto al AVV_NOTAIO qualche delucidazione, avevano invitato il medesimo a consegnargli una copia del documento.
Il AVV_NOTAIO aveva precisato il ricorrente, dopo essersi inizialmente opposto, ritenendo di non avere titolo per effettuare la consegna, su espresso suggerimento dNOME agenti gli aveva consegnato la nota di contestazione, letta e sottoscritta la quale per avvenuta consegna, NOME aveva immediatamente lasciato il posto di lavoro.
, dopo avere, altresì, aggiunto che non vi era alcuna prova che l’incresciosa vicenda avesse causato alcun concreto problema in ordine alla regolare erogazione del servizio di assistenza, tanto più comparando la situazione con la traumatica vicenda personale e professionale che si stava consumando a suo carico, aveva, altresì, contestato la presenza della recidiva contestatagli nella nota di contestazione dNOME addebiti che aveva preceduto il licenziamento, visto che, come sopra già riportato, tutti i procedimenti disciplinari avviati nei suoi confronti erano non definitivi e sottoposti al vaglio dell’autorità giudiziaria.
Nessuna conAVV_NOTAIOa oggettiva di insubordinazione, aveva, quindi, osservato l’attuale appellante, poteva ravvisarsi a suo carico, mentre le contestazioni formulate nei suoi confronti apparivano
pretestuose, come tali poste in essere in violazione dell’art. 2087 c.c.
In particolare, aveva chiarito il ricorrente, sussisteva il fondato sospetto che i reali motivi posti dall’amministrazione a sostegno delle sanzioni disciplinari impugnate, come anche delle sanzioni pregresse, andassero riconAVV_NOTAIOi al clima di latente conflittualità che si era instaurato con a cagione dell’adozione, da parte sua, di un legittimo metodo terapeutico di natura psico -spirituale, che veniva da lui applicato ai pazienti per integrare quello meramente farmacologico, che non era mai stato trascurato. Contr
Il predetto metodo terapeutico, aveva aggiunto , non era mai stato espressamente vietato da parte dell’Amministrazione, ma era stato oggetto di non unanime condivisione all’interno della struttura sanitaria, determinando da parte dei responsabili della stessa l’adozione di un atteggiamento di chiusura e di larvata ostilità, che era stato tale da condurli a mettere in discussione addirittura la stessa sua idoneità al servizio.
Con una rappresentazione sviata della realtà, aveva proseguito il ricorrente, la sua personalità era stata considerata come strutturata in senso decisamente negativo, in quanto connotata da una spiccata e quasi patologica inclinazione religiosa, che, secondo il datore di lavoro, lo aveva portato a sottostimare l’importanza dei doveri inerenti al suo ruolo professionale, che erano stati scientemente trascurati a favore di altre pratiche, che aveva erroneamente considerato come non terapeutiche. Contr
L’ escalation che aveva poi portato all’implosione della sua vicenda professionale, aveva osservato l’attuale appellante, aveva, a ben vedere, avuto origine da un insufficiente confronto tra professionisti medici psichiatri sul diverso orientamento metodologico nell’approccio alla cura del paziente affetto da patologie psichiatriche, insufficiente confronto che aveva ingenerato un pernicioso antagonismo tra professionisti in cui, anche a causa della diversa posizione gerarchica, NOME aveva finito per doversi sottomettere e per soccombere dopo un travagliato iter di vicende processuali di carattere penale e disciplinare, con l’epilogo finale del provvedimento espulsivo.
Laddove un serio dibattito sulla efficacia o meno del trattamento da lui utilizzato vi fosse stato, aveva asserito , sarebbe emerso come un ampio corpo di ricerche sul campo aveva mostrato, ad oggi, come la vita spirituale e religiosa incida sulla salute e sul funzionamento mentale, e come sia sempre più riconosciuto che la spiritualità è particolarmente importante per i pazienti che necessitano dei servizi per la cura delle malattie mentali.
L’Amministrazione, quindi, aveva sostenuto il ricorrente, con il complesso dei comportamenti aAVV_NOTAIOati aveva finito per sminuire la sua professionalità e per logorare la sua personalità, minando la fiducia che NOME aveva in sé stesso e ponendolo in una condizione psicologica di grave debolezza e vulnerabilità, anche e non solo economica, sino al drammatico episodio finale con l’intervento della forza pubblica.
La conAVV_NOTAIOa tenuta nei suoi confronti, aveva, dunque, affermato l’attuale appellante, era stata di natura discriminatoria, ispirata da ragioni attinenti alla compressione delle convinzioni personali attinenti alle sue scelte professionali, come tale idonea a violare la sua dignità personale, in uno strisciante clima di ostilità, fortemente intimidatorio, degradante ed umiliante, nel quale la tutela della sua salute, sicurezza, libertà e dignità umana era stata messa in grave pericolo mediante una vera e propria strategia RAGIONE_SOCIALEle diretta ad isolarlo e colpirlo per ridimensionarne il ruolo e costringerlo all’emarginazione, per poi sanzionarlo con il provvedimento espulsivo.
Dopo avere aggiunto che, nonostante il mancato gradimento, nei suoi confronti, da parte dei vertici RAGIONE_SOCIALEli, NOME era stato sottoposto a carichi di lavoro ben più gravosi di quelli medi attribuiti ai suoi colleghi della struttura operativa, pur trovandosi addirittura ingiustamente accusato di avere, in alcune occasioni, falsamente attestato la sua presenza in servizio maturando indebitamente la relativa retribuzione, e dopo avere precisato di avere anche esperito concreti tentativi di prevenire ulteriori contrasti con l’Amministrazione presentando, nel gennaio 2017, domanda di trasferimento dal servizio, aveva anche lamentato che la sua immagine e la sua reputazione personale e professionale fossero state fatte oggetto, da parte dell’Amministrazione di appartenenza, di una rappresentazione al pubblico distorta, soprattutto
in occasione delle vicende processuali che lo avevano interessato, come risultava da alcuni resoconti della stampa locale che lo avevano interessato.
Tutto ciò premesso, il ricorrente aveva, pertanto, concluso domandando, in via principale, che fosse accertata e dichiarata l’illegittimità della sanzione disciplinare conservativa impugnata, con conseguente annullamento della stessa, e che fosse, altresì, accertata e dichiarata l’illegittimità e/o la nullità del licenziamento impugnato, con conseguente applicazione della tutela reintegratoria prevista dall’art. 18, legge 300/1970 e con la condanna del datore di lavoro al pagamento di un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, oltre che al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti per legge.
Inoltre, sempre in via principale, aveva domandato che il datore di lavoro fosse condannato, ai sensi dell’art.1, L. n. 300/1970 e dNOME artt. 2043 e 2087 c.c., al risarcimento dei danni ulteriori da lui sofferti per l’avvenuta lesione dell’integrità psicofisica e della personalità morale, da liquidarsi anche con valutazione equitativa.
Infine, in via subordinata, il ricorrente aveva domandato che fosse condannata al pagamento di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva, determinata tra un minimo di dodici ed un massimo di ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, in relazione alla propria anzianità e agli altri parametri di cui all’art. 18, comma 5, legge 300/1970. Contr
Contr
In considerazione dell’avvenuto discioglimento di il ricorso era stato notificato ad , la quale si era costituita in giudizio e aveva eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE della disciolta essendo la stessa, in virtù della legge regionale 17/2022, subentrata in tutti i rapporti attivi e passivi, nel patrimonio e nelle funzioni di e delle incorporate Contr Parte
Anche la RAGIONE_SOCIALE sopra menzionata si era costituita in giudizio
e aveva resistito, preliminarmente eccependo il difetto di legittimazione passiva di e domandando, altresì, che il contraddittorio fosse integrato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, in quel momento datore di lavoro del ricorrente.
Quanto al merito della vicenda, l’ente resistente, dopo avere ripercorso le precedenti vicende disciplinari che avevano interessato il ricorrente, aveva confermato la legittimità della sanzione disciplinare conservativa allo stesso irrogata con provvedimento del 15 ottobre 2021, considerata la sussistenza delle conAVV_NOTAIOe contestate, la non scarsa rilevanza delle stesse e la presenza di precedenti contestazioni per gravi conAVV_NOTAIOe di insubordinazione.
Con riferimento alla sanzione espulsiva irrogata al ricorrente il 5 novembre 2021, la RAGIONE_SOCIALE aveva confermato che, nella vicenda, aveva tenuto un comportamento oltremodo insubordinato, rifiutandosi di ricevere la comunicazione di sospensione dal lavoro proveniente dal datore di lavoro e di dare alla stessa esecuzione, così esponendo l’ al rischio di possibili gravi danni nei confronti di utenti fragili, in quanto assistiti da un sanitario non legittimato a svolgere l’attività professionale.
Non risultava, infatti, rispondente al vero, aveva osservato l’ente resistente, il fatto che avesse avuto conoscenza del provvedimento sospensivo solo il 28 giugno 2021, visto che l’asserito malfunzionamento della casella PEC doveva ritenersi a lui unicamente imputabile, non avendo assolto agli oneri di diligenza nella verifica della regolare funzionalità della medesima, né essendosi attivato per risolvere il problema.
Il datore di lavoro, invece, aveva proseguito la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, aveva assolto al proprio obbligo di consegna, in conformità alle disposizioni di cui all’art. 55 -bis, comma 5 D.lgs 165/2001, come comprovato dalla ricevuta di avvenuta consegna in atti.
Non risultava, altresì, vero, aveva proseguito l’ente, che l’intervento della forza pubblica fosse stato utilizzato come pretesto per l’irrogazione del provvedimento espulsivo, visto che il datore di lavoro aveva tentato in tutti i modi di consegnare il provvedimento sospensivo nel rispetto della privacy del lavoratore, mentre era stato quest’ultimo a non accettare la consegna, cosicché
l’Azienda era stata costretta, al fine di tutelare principalmente gli interessi assistenziali, visto che l’attività che aveva voluto forzatamente prestare era attività non autorizzata, a chiedere l’intervento dNOME agenti.
La sanzione espulsiva, quindi, aveva osservato la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, era stata aAVV_NOTAIOata in ragione dei fatti descritti, tenendo conto della gravità dei comportamenti e delle precedenti sanzioni disciplinari applicate al dipendente, relative anche a conAVV_NOTAIOe di insubordinazione, tutte circostanze idonee a far venire meno l’affidamento, nei confronti del ricorrente, in ordine all’esatto adempimento della prestazione, con conseguente irreparabile lesione del vincolo fiduciario.
Nessuna rilevanza, quindi, ha sostenuto l’ente resistente, aveva avuto nell’adozione del licenziamento impugnato, il metodo terapeutico integrativo utilizzato dal ricorrente, né aveva alcun fondamento la tesi secondo la quale l’irrogazione della sanzione espulsiva era stata animata da un intento discriminatorio ed aveva avuto la reale funzione di punirlo per l’utilizzo del metodo appena citato.
Piuttosto, aveva proseguito la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, dai procedimenti disciplinari attivati nei confronti di emergeva come NOME, non curante delle disposizioni impartite dai suoi superiori, avesse più volte messo a rischio l’incolumità dei pazienti a lui affidati.
Doveva, altresì, escludersi, aveva, inoltre, affermato l’ente, sia che le contestazioni disciplinari comunicate al ricorrente fossero, come dallo stesso sostenuto, generiche e non debitamente motivate, visto che l’ aveva sempre descritto ogni addebito con chiarezza e ricchezza di dettagli, rispettando appieno i criteri della motivazione, della intellegibilità delle contestazioni e della proporzionalità della sanzione, sia che l’Azienda avesse mostrato nei suoi confronti un atteggiamento di sfavore, sottoponendolo a reiterati procedimenti disciplinari anche di sospensione dal servizio e dalla retribuzione, visto che, pur a fronte di conAVV_NOTAIOe che avrebbero legittimato l’applicazione di una sanzione espulsiva, aveva, invece, sempre optato per l’irrogazione di sanzioni conservative e di durata contenuta. Cont
Ciò premesso, la RAGIONE_SOCIALE aveva, quindi, concluso per il rigetto delle domande proposte dal ricorrente, compresa la domanda di risarcimento dei danni per lesione dell’integrità psicofisica e della personalità morale, rimasta sfornita di adeguato supporto probatorio, domandando che, in caso di annullamento del licenziamento, l’indennità risarcitoria fosse rideterminata alla stregua dell’indennità alimentare percepita dal ricorrente.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, nell’udienza del 20 maggio 2022, prendendo atto delle difese della RAGIONE_SOCIALE di aveva disposto la chiamata in causa della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE. Contr
La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE si era costituita in giudizio e aveva resistito.
In via preliminare, aveva eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva rispetto alle domande risarcitorie formulate dal ricorrente.
Inoltre, aveva eccepito l’improcedibilità della domanda di reintegrazione, che era stata estesa nei suoi confronti a seguito dell’ordine di integrazione del contraddittorio pronunciato dal Tribunale, visto che non poteva ritenersi che i poteri d’ufficio del Tribunale potessero spingersi sino a colmare le lacune del ricorrente, a fronte delle quali, in difetto di integrazione del contraddittorio, la domanda sarebbe stata dichiarata improcedibile.
Quanto al merito, l’RAGIONE_SOCIALE si era associata alle difese della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, stante la palese infondatezza delle ragioni dell’impugnazione proposta, e aveva domandato il rigetto di tutte le domande proposte.
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Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza n. 1319/2023 del 19 ottobre 2023, aveva rigettato le domande proposte dal ricorrente e aveva condannato quest’ultimo alla rifusione delle spese di lite in favore della RAGIONE_SOCIALE, compensandole, invece, nei rapporti tra il ricorrente e gli altri soggetti costituiti.
Il primo giudice, in particolare, aveva preliminarmente esaminato l’impugnazione del
licenziamento irrogato a , visto che l’eventuale accertamento della legittimità del provvedimento espulsivo avrebbe reso superflua qualsiasi indagine sulla fondatezza dell’addebito posto a base della sanzione conservativa, i cui effetti giuridici non si erano mai concretamente proAVV_NOTAIOi sul rapporto di lavoro, in quanto alla data di applicazione della sanzione conservativa (15 ottobre 2021), e fino al recesso del datore di lavoro (5 novembre 2021), erano ancora vigenti gli effetti della delibera assunta da in data 6 agosto 2021, mai impugnata, con cui era stata applicata al ricorrente la sospensione cautelare dal servizio per tre anni. Contr
Il Tribunale, in particolare, richiamati gli esiti della prova testimoniale espletata e i contenuti della documentazione in atti, aveva accertato l’effettiva sussistenza della conAVV_NOTAIOa gravemente insubordinata che era stata contestata al ricorrente.
Innanzitutto, aveva accertato il primo giudice, era stato dimostrato che una copia del provvedimento cautelare era stata trasmessa al ricorrente, già in data 18 giugno 2021, attraverso il mezzo della posta elettronica certificata, previsto dal legislatore, nell’art. 55 bis, co. 5, d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, ove il dipendente disponga di idonea casella di posta, quale modalità principale di comunicazione dNOME atti del procedimento disciplinare.
La presenza in atti della ricevuta di avvenuta consegna, aveva proseguito il Tribunale, determinava, d’altra parte, ai sensi dell’art. 1335 c.c., l’insorgenza di una presunzione di conoscenza da parte del destinatario, per superare la quale quest’ultimo avrebbe dovuto comprovare di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di avere notizia del documento, ciò che nella fattispecie non era avvenuto.
Inoltre, ha osservato il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, era emerso che, in plurime occasioni, specificamente nelle giornate del 24 e del 25 giugno 2021, il direttore del RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO, presso cui il operava, avesse personalmente descritto a quest’ultimo il contenuto del provvedimento di sospensione e che il ricorrente avesse respinto i tentativi di consegna a mani proprie di una copia fisica del documento, senza contare che nella giornata di lunedì 28 giugno 2021 si era reso necessario un duplice intervento dNOME agenti della
Polizia di Stato presso il RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO per ottenere l’esecuzione da parte del lavoratore del provvedimento sospensivo.
Tutti gli elementi indicati, aveva, quindi, affermato il primo giudice, rendevano evidente che il ricorrente, messo personalmente a conoscenza del contenuto del provvedimento di sospensione fin dal 24 giugno 2021, avesse deliberatamente assunto, malgrado la diligenza adoperata da nell’assicurarsi l’effettiva conoscenza, da parte del medesimo, del provvedimento aAVV_NOTAIOato, la decisione di non ottemperare all’ordine datoriale, seguitando a presentarsi al lavoro nelle giornate successive. Contr
La conAVV_NOTAIOa tenuta da , aveva, quindi, osservato il Tribunale, aveva integrato gli estremi di una grave insubordinazione volontaria agli ordini del datore di lavoro, che era stata reiterata nelle giornate del 24, del 25 e del 28 giugno 2021 e aveva, altresì, proAVV_NOTAIOo conseguenze dannose sullo svolgimento dell’attività lavorativa presso la sede in cui operava il ricorrente, visto che era risultato comprovato che nella giornata del 28 giugno 2021 il direttore del RAGIONE_SOCIALE, era stato impegnato per tutto il corso della mattinata nel tentativo di allontanare dalla sede di lavoro di INDIRIZZO, che il medesimo aveva dovuto rinviare una visita domiciliare programmata e non aveva potuto presiedere la riunione del personale fissata quel giorno, la quale non si era tenuta, e che l’attività in generale dell’intero RAGIONE_SOCIALE di Viale Bonaria era rimasta sospesa al momento del ritorno delle forze dell’ordine.
Le azioni poste in essere da in spregio dNOME ordini del datore di lavoro, aveva, quindi, evidenziato il giudice di prime cure, avevano turbato la regolarità di un servizio pubblico, dando luogo ad una conAVV_NOTAIOa astrattamente sussumibile nella fattispecie di reato della ‘ interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità ‘ ex art. 340 c.p.,
Non vi erano dubbi, aveva, dunque, concluso sul punto, il Tribunale, che la conAVV_NOTAIOa posta in essere dal ricorrente fosse stata di gravità tale, tanto sul piano oggettivo che su quello della partecipazione psicologica, da integrare la nozione di giusta causa di licenziamento, attesa l’idoneità della medesima ad incidere in modo irreversibile sul vincolo fiduciario e a non
consentire, per l’effetto, la prosecuzione, neppure provvisoria, del rapporto di lavoro.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, quindi, dopo avere rigettato la domanda di accertamento della nullità del licenziamento perché determinato da motivo illecito, visto che, in ogni caso, quest’ultimo, ai sensi dell’art. 1345 c.c., per essere rilevante, avrebbe dovuto costituire l’unica effettiva ragione di recesso, aveva, altresì, rigettato la domanda di accertamento della natura discriminatoria del licenziamento, considerato che parte ricorrente non aveva offerto al riguardo alcuna prova, nemmeno presuntiva, né al fine di consentire l’individuazione del fattore di rischio da prendere in considerazione, né al fine di consentire l’individuazione della disparità di trattamento che si sarebbe consumata con il licenziamento, che era, invece, stato aAVV_NOTAIOato a fronte della specifica conAVV_NOTAIOa insubordinata descritta.
Dopo avere, infine, ribadito la superfluità dell’esame della sanzione conservativa impugnata, non avendo la stessa proAVV_NOTAIOo alcun effetto sul rapporto di lavoro, e dopo avere ritenuto fondata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla convenuta il primo giudice aveva, quindi, definito il giudizio come sopra riportato.
Avverso la sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello . La RAGIONE_SOCIALE di e la RAGIONE_SOCIALE hanno resistito. Contr
La causa è stata decisa dal Collegio sulle seguenti
CONCLUSIONI
Nell’interesse dell’appellante:
All’Ecc.ma Corte adita, valutati i presenti motivi di appello e con contrariis reiectis:
Si chiede ‘ In via principale:
Accertare e dichiarare l’illegittimità del provvedimento disciplinare del 15.10.2021 emesso da , RAGIONE_SOCIALE Sud con il quale è stata disposta la sospensione dal servizio del Dott. per mesi tre, ex art, 72, comma 8 Lett. A) CCNL del 19.12.2019; con conseguente annullamento e/o disapplicazione dello stesso e di ogni atto
presupposto e conseguente.
Accertare e dichiarare l’illegittimità e/o nullità del provvedimento disciplinare del 05.011.2021 emesso da RAGIONE_SOCIALE Sud, con il quale è stata disposta, nei confronti del Dott. , la sanzione espulsiva del licenziamento, con preavviso, ex art. 72, comma 10, punto Nr.1 Lett. B) CCNL del 19.12.2019; con conseguente annullamento e/o disapplicazione dello stesso e di ogni atto presupposto e conseguente. Cont
Conseguentemente ex art. 18 L. Nr. 300/1970 ordinare all’
di provvedere all’immediata reintegra del Dott. nel posto di lavoro con onere di porre in essere tutti i conseguenziali relativi adempimenti;
Condannare altresì il datore di lavoro al risarcimento del danno per il licenziamento illegittimo, stabilendo un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, deAVV_NOTAIOo quanto eventualmente percepito nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative; in misura comunque non inferiore a 5 mensilità della retribuzione globale di fatto.
Condannare altresì il datore di lavoro, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti per legge.
Condannare il datore di lavoro ai sensi dell’art. 1, L.300/1970 e art. 2043 e 2087 Cc, al risarcimento dei danni ulteriori per la sofferta lesione dell’integrità psicofisica e della personalità morale del lavoratore, che il Giudice vorrà liquidare anche con valutazione equitativa
In via subordinata:
Condannare l’ATS al pagamento di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva, determinata tra un minimo di 12 ed un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all’anzianità del lavoratore e dNOME altri parametri di cui all’art. 18 Co. 5 della L. Nr. 300/1970.
In ogni caso con vittoria di compensi professionali e spese del procedimento, da liquidarsi
secondo i parametri di legge.’
Nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE:
‘Voglia l’Ill.mo Signor Giudice, contrariis reiectis,
-rigettare l’appello con integrale conferma della sentenza n. 1319/2023 pronunciata dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, Sezione del Lavoro, in data 19/10/2023.
-con vittoria di spese e competenze professionali come dovuti in favore dell’Avvocatura pubblica (oneri riflessi al 24,305% di cui CPDEL 23,80% e 0,505% in luogo di IVA e CPA) per il presente grado del giudizio.’
‘ Voglia l’Ill.mo Signor Giudice
-Respingere integralmente l’atto di appello proposto dal Dott. con il ricorso in quanto infondato in fatto e diritto;
Confermare la sentenza n. 1319/2023 pronunciata dal Tribunale Ordinario di RAGIONE_SOCIALE nell’ambito del procedimento n. 688/2022;
con ogni consequenziale pronuncia in ordine alle spese di giudizio ‘.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Erronea valutazione del compendio probatorio in atti
Con un primo motivo di appello, ha censurato la sentenza di primo grado per avere il Tribunale, nel decidere sull’impugnazione del licenziamento, erroneamente valutato il compendio probatorio in atti.
In particolare, ha osservato l’appellante, nel corso del primo grado di giudizio le testimonianze rese dal Direttore del e dalla AVV_NOTAIOssa avevano assunto un valore probatorio determinate ai fini della decisione, senza che il giudice debitamente considerasse, nel valutarne l’attendibilità, la ‘ connessione istituzionale ‘ che lega il (di cui è il direttore) e le odierne parti appellate. Part Part
Tra l’altro, ha aggiunto , il AVV_NOTAIO anche il soggetto che aveva eseguito la segnalazione
disciplinare da cui era derivato il provvedimento di sospensione cautelare ritenuto violato.
Il motivo di appello è infondato.
Come è noto, ‘ la valutazione sull’attendibilità di un testimone ha ad oggetto il contenuto della dichiarazione resa e non può essere aprioristica e per categorie di soggetti ‘ (così, tra le altre, Cass. 33536/2022).
Al fine di contestare efficacemente l’attendibilità dei testi escussi in primo grado, dunque, l’appellante non si sarebbe dovuto limitare ad enunciarne la categoria di appartenenza, ma avrebbe dovuto specificamente indicare quali dichiarazioni rese dai testi apparivano non veridiche e sulla base di quali ragioni.
Con riferimento, poi, alla segnalazione disciplinare effettuata da è sufficiente notare come la stessa non abbia diretta attinenza con il licenziamento irrogato all’appellante, visto che il procedimento disciplinare che aveva preso avvio dalla indicata segnalazione aveva costituito il mero presupposto del provvedimento di sospensione, a sua volta mero antecedente logico delle conAVV_NOTAIOe, del tutto differenti da quelle oggetto di quel procedimento disciplinare, che avevano conAVV_NOTAIOo al licenziamento.
2) La mancata conoscenza del provvedimento di sospensione da parte del AVV_NOTAIO . -La questione giuridica della presunzione legale di conoscenza dNOME atti notificati a mezzo pec ed i dubbi interpretativi della giurisprudenza di legittimità.
Con un secondo motivo di appello, ha lamentato che il primo giudice avesse applicato la presunzione legale di conoscenza dNOME atti notificati a mezzo pec per dimostrare che NOME, al momento dell’infrazione disciplinare, era a conoscenza dell’ordine impartito dal datore di lavoro.
Infatti, ha osservato l’appellante, secondo la deposizione della AVV_NOTAIOssa NOME durante il primo incontro tenutosi il 24 giugno 2021, era apparso ‘ meravigliato dalla notizia ‘, datagli verbalmente dal AVV_NOTAIO circa la sospensione dal servizio.
La dichiarazione in esame, ha proseguito , dimostrava come NOME, in realtà, in coerenza con quanto allegato in primo grado, non avesse effettivamente preso visione del provvedimento di sospensione tramesso a mezzo pec in data 18 giugno 2021.
D’altra parte, ha evidenziato , lo stesso AVV_NOTAIO doveva avere valutato che lui non fosse venuto a conoscenza della pec in questione, visto che, diversamente, non sarebbe possibile comprendere quale finalità avessero avuto gli svariati ‘ tentativi di consegna ‘ del provvedimento di sospensione dallo stesso posti in essere sino al 28 giugno 2021.
Peraltro, ha aggiunto l’appellante, il dato fenomenico rilevante doveva considerarsi quello consistente nell’avere una casella pec malfunzionante, attribuibile o meno che fosse ad un difetto di manutenzione da parte del suo titolare, elemento che avrebbe dovuto rilevare oggettivamente, essendo idoneo a rendere impossibile la conoscenza del contenuto della comunicazione informatica e quindi non perfezionata la notifica.
D’altronde, ha aggiunto l’appellante, nessun valore giuridico poteva essere attribuito alla generica comunicazione verbale del provvedimento di sospensione effettuata il 23 giugno 2021, essendo noto che i provvedimenti disciplinari sono validi solo se resi in forma scritta, cosicché doveva ritenersi che sino al 24 giugno 2021 NOME non avesse avuto conoscenza del provvedimento di sospensione per mancata presa visione del provvedimento trasmesso a mezzo EMAIL.
Inoltre, ha osservato l’appellante, la piena conoscenza, da parte sua, del provvedimento di sospensione era stata irrimediabilmente compromessa ovvero impedita da una serie di circostanze già emerse nel corso del giudizio di primo grado.
In primo luogo, dal fatto che il , nonostante il provvedimento di sospensione, non avesse ritenuto di modificare il programma dei turni di lavoro, che, dunque, per i giorni dal 23 al 28 giugno, aveva continuato a prevedere la sua presenza in servizio. Part
In secondo luogo, dal fatto che, come dallo stesso dichiarato apertamente, il AVV_NOTAIO in data 24 giugno 2021, dopo il colloquio nel corso del quale gli aveva comunicato verbalmente la sospensione aAVV_NOTAIOata, non si era opposto alla sua partecipazione ad una riunione del personale, a
dire dello stesso per ‘ non ledere la riservatezza del collega e non turbare la serenità del servizio ‘.
Quindi, ha proseguito l’appellante, aveva confessato apertamente la violazione del principio dell’immediatezza della contestazione disciplinare, oltre che mantenere un atteggiamento ambiguo, invitandolo prima ad uniformarsi al provvedimento di sospensione per poi consentirgli, pochi minuti dopo, di partecipare alla riunione del personale, nonché mostrandosi dapprima particolarmente attento al suo diritto alla privacy , per poi decidere di comunicare il provvedimento di sospensione facendosi accompagnare appositamente da soggetti assolutamente estranei alla vicenda, quali la AVV_NOTAIO e l’infermiera
D’altra parte, ha aggiunto , visto che solo il 25 giugno 2021 era munito del provvedimento in forma scritta, la richiesta di riservatezza da lui avanzata nell’immediatezza dei fatti non aveva assunto i caratteri dell’evidente infondatezza o pretestuosità, né erano emerse ragioni che avrebbero impedito a di assecondare le sue comprensibili richieste procedendo ad una consegna del provvedimento disciplinare nel rispetto del diritto alla riservatezza e reputazione.
In quest’ottica, ha sostenuto , anche l’intervento delle forze dell’ordine, chiamate da sua insaputa, non rappresentava altro che il tentativo di esasperare ulteriormente la vicenda, considerato soprattutto che gli agenti erano intervenuti per obbligarlo alla ricezione del provvedimento di disciplinare e che quest’ultimo ben avrebbe potuto essere trasmesso anche attraverso un semplice messaggio WhatsApp.
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Anche il secondo motivo di appello è infondato.
Ritiene, innanzitutto, il Collegio che il primo giudice abbia correttamente fatto uso della presunzione legale di conoscenza dNOME atti notificati via pec.
Come è noto, infatti, ai sensi dell’art. 1335 c.c., tale presunzione può essere superata solo se il destinatario prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di avere notizia della
comunicazione a lui diretta.
Nella fattispecie, l’appellante, il quale, fin dal primo grado di giudizio ha allegato l’esistenza di un non mNOMEo precisato malfunzionamento della casella pec, non ha in alcun modo dato prova, non soltanto della causa del detto malfunzionamento e della non imputabilità a lui del medesimo, ma della stessa esistenza del malfunzionamento, il quale, anzi, alla stregua dNOME esiti evidenziati dalla ricevuta di avvenuta consegna in atti, con la quale il server ‘Aruba’ aveva attestato che ‘ il giorno 18/06/2021 alle ore 11:16:44 … il messaggio ‘Procedimento disciplinare E.L.’ proveniente da ed indirizzato a è
stato consegnato nella casella di destinazione ‘, deve, in realtà, ritenersi insussistente.
Poiché, d’altra parte, in presenza della indicata ricevuta di avvenuta consegna e della ricevuta di accettazione, con la quale il server ‘Aruba’ aveva attestato che il predetto messaggio, alle ore 11:16:39, era stato accettato dal sistema ed inoltrato, la comunicazione in discussione deve considerarsi fosse stata regolarmente spedita dal mittente e ricevuta dal destinatario, e fosse, quindi, esistente come comunicazione scritta, nessun rilievo potrebbe essere attribuito nella fattispecie neanche al fatto che , come dallo stesso sostenuto, non ne avesse, per ipotesi, preso visione.
Infatti, come risulta dalle dichiarazioni rese dai testi e in primo grado e come appare confermato dallo stesso , il giorno 24 giugno 2021, comunque, il Responsabile del CSM, AVV_NOTAIO lo aveva verbalmente avvertito della presenza, nella sua casella di posta elettronica, del messaggio pec contenente un provvedimento di sospensione dal lavoro.
I testi indicati avevano anche riferito che l’appellante era stato invitato ad informarsi, leggere il documento e prendere atto del provvedimento.
aveva, altresì, riferito di avere precisato a che ‘ in quella situazione non poteva restare in servizio ‘.
La comunicazione di del 24 giugno 2021 non era stata, quindi, come sostenuto dall’appellante, un provvedimento verbale privo di valore giuridico, ma una comunicazione
collaborativa e cortese attraverso la quale , anche laddove in buona fede non avesse avuto visione della comunicazione scritta ricevuta via pec, era stato posto a conoscenza dell’esistenza della medesima.
Da quel momento, quindi, anche a non volere dare credito al suo superiore gerarchico, sarebbe stato, in ogni caso, specifico dovere di attivarsi immediatamente per poter visionare la comunicazione in discussione e darvi immediata attuazione, risolvendo gli eventuali problemi del suo sistema di posta elettronica ovvero anche semplicemente domandando a ai vertici RAGIONE_SOCIALEli di poter visionare una copia del provvedimento.
La conAVV_NOTAIOa tenuta, invece, da , il quale, non solo in quella giornata non si era attivato in alcun modo per cercare di visionare la comunicazione, ma era rimasto in servizio partecipando all’attività assistenziale come se nulla fosse accaduto, recandosi, poi, regolarmente al lavoro anche il giorno seguente e il successivo 28 giugno, rifiutando la consegna a mani del provvedimento e convincendosi a prendere atto del provvedimento e a lasciare il servizio solo dopo un duplice intervento della forza pubblica, dimostra, come correttamente sostenuto dal primo giudice, che aveva agito con la precisa volontà di sottrarsi all’esecuzione dell’ordine di sospensione datoriale.
In questo contesto, appare evidente che i tentativi di consegna effettuati da nei giorni successivi al 24 giugno, non erano stati, come sostenuto dall’appellante, il frutto della consapevolezza, da parte del medesimo, della insufficienza o inesistenza della comunicazione scritta inviata via pec o della mancata conoscenza di quest’ultima da parte del destinatario, ma, piuttosto, reazioni al comportamento ostruzionistico serbato da , animate dall’intento di indurre quest’ultimo a prendere inequivocamente visione e atto del provvedimento, così da eliminare la possibilità dello stesso di crearsi alibi attraverso i quali giustificare la perdurante mancata esecuzione del provvedimento medesimo.
D’altra parte, sia la circostanza che il 24 giugno, dopo averlo informato dell’esistenza del provvedimento di sospensione, avesse consentito a di partecipare alla consueta riunione del
giovedì, sia la mantenuta presenza di nei turni di servizio programmati, non avevano costituito, da parte di forme ambigue di comportamento, dal momento che si era trattato evidentemente, come anche precisato dallo stesso di modalità prescelte al fine di evitare di rendere di fatto la notizia della sospensione di pubblico dominio (come riferito dalla teste ancora alla data del 24 giugno 2021, ‘ nessun altro collega era a conoscenza della situazione ‘), oltre che, quanto alla riunione, anche effetto della meraviglia provata (si veda sul punto quanto dichiarato dalla teste nel vedere l’appellante proseguire il servizio come se nulla gli fosse stato comunicato in ordine ai contenuti del provvedimento aAVV_NOTAIOato.
3) L’illegittimità del licenziamento disciplinare per difetto di proporzionalità della sanzione.
Con un terzo motivo di appello, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale non aveva valutato che lui era stato inAVV_NOTAIOo alla commissione dell’infrazione disciplinare contestata, sia in quanto, come già osservato, in difetto di una comunicazione formale del provvedimento sospensivo, aveva riposto un legittimo affidamento circa la correttezza del programma dei turni, sia in quanto, in occasione del tentativo di notifica a mani del provvedimento disciplinare del 25 giugno 2021, NOME aveva semplicemente rivendicato il proprio diritto alla riservatezza che era stato ingiustamente derubricato dal primo giudice a mero pretesto, senza valutare che NOME, avendo già subito senza battere ciglio, ed in diverse riprese, più di mille giorni di sospensione, non poteva certo illudersi che la sospensione, laddove esistente, potesse essere evitata sfuggendo alla notifica della stessa.
In realtà, ha sostenuto l’appellante, il ritardo nell’esecuzione del provvedimento di sospensione era stato determinato, oltre che dalla mancata conoscenza della comunicazione a mezzo pec, sia dal tentativo del datore di lavoro di mortificarlo, esasperando la situazione ed ingigantendola proprio per arrivare ad un esito disciplinare più significativo, sia dalla condizione psicologica di ‘braccato’ ed ‘accerchiato’ che nNOME anni era stata costruita a suo carico.
Inoltre,
ha, altresì, evidenziato come il datore di lavoro, consentendogli di
partecipare il 24 giugno 2021 alla riunione dei medici, avesse violato il suo diritto all’immediata contestazione dell’infrazione disciplinare.
Mancava, quindi, ha sostenuto , qualunque proporzionalità tra il fatto contestato, il ritardo nella ricezione del provvedimento di sospensione dal servizio e la sanzione irrogata, avendo l’amministrazione esageratamente enfatizzato la valenza offensiva della sua conAVV_NOTAIOa, omettendo, invece, di considerare l’effettivo impatto psicologico che quell”ennesimo’ provvedimento sospensivo dal servizio aveva proAVV_NOTAIOo nella sua personalità e gli effetti di frustrazione esistenziale e professionale dallo stesso proAVV_NOTAIOi.
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Anche il motivo di appello in esame è infondato.
Ritiene il Collegio che, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, non fosse stato il datore di lavoro ad enfatizzare la valenza offensiva della conAVV_NOTAIOa da lui tenuta.
Era stato piuttosto lo stesso , ben consapevole, con certezza perlomeno dal 24 giugno 2021, a partire dalla comunicazione verbale di dell’esistenza del provvedimento di sospensione, a rendere sempre più grave la propria conAVV_NOTAIOa insubordinata, arrivando a costringere il datore di lavoro a ricorrere alla forza pubblica per riuscire a fargli prendere atto del provvedimento aAVV_NOTAIOato ed ottenerne l’esecuzione.
D’altra parte, non è assolutamente verosimile che fosse stato inAVV_NOTAIOo in errore dalla programmazione dei turni, visto che, come detto, con certezza a decorrere dal 24 giugno, il suo superiore gerarchico, ponendo in essere un comportamento del tutto inequivoco, lo aveva informato dell’esistenza del provvedimento sospensivo, mentre, quanto alla privacy , se la vera e sola ragione del rifiuto della consegna a mani fosse stata quella, si sarebbe attivato per prendere visione del provvedimento con altre modalità, innanzitutto, risolvendo gli asseriti problemi di lettura della propria casella di posta elettronica, nella quale, come già sopra osservato, la comunicazione era già stata, fin dal 18 giugno 2021, regolarmente spedita e ricevuta.
La circostanza da ultimo evidenziata, valutata unitamente alla già descritta conAVV_NOTAIOa volutamente ostruzionistica tenuta da nei giorni 24, 25 e 28 giugno 2021 risulta, d’altronde, sufficiente ad escludere, altresì, e pur a prescindere da qualunque considerazione che potrebbe farsi in ordine alla natura del provvedimento di sospensione, che nella fattispecie, avesse violato il suo diritto ‘ all’immediata contestazione dell’infrazione disciplinare ‘. Contr
Deve, quindi, condividersi quanto accertato dal Tribunale in ordine alla gravità della conAVV_NOTAIOa tenuta da , il quale, con certezza a decorrere dal 24 giugno 2021, aveva continuato a prestare servizio nonostante fosse stato messo a conoscenza del provvedimento di sospensione dal lavoro aAVV_NOTAIOato nei suoi confronti, determinando così, come correttamente accertato dal primo giudice, anche il prodursi di rilevanti conseguenze dannose sullo svolgimento dell’attività lavorativa del e turbando la regolarità del servizio. Part
La gravità oggettiva e soggettiva della conAVV_NOTAIOa posta in essere dall’appellante, consistita nella preordinata adozione di una serie comportamenti sistematicamente finalizzati ad eludere l’esecuzione del provvedimento datoriale di sospensione dal servizio, accompagnati dalla consapevolezza della gravità dei rischi cui la struttura sanitaria di appartenenza risultava esposta a causa della partecipazione all’attività assistenziale di un medico non autorizzato all’espletamento del servizio, risulta certamente idonea a determinare la lesione definitiva, tra le parti, del vincolo fiduciario, per il venir meno della fiducia che il datore di lavoro deve possedere in ordine alla capacità del lavoratore di adempiere correttamente ai propri obblighi futuri.
Come correttamente evidenziato dal Tribunale, nella fattispecie si era anche aggiunta l’irregolarità del servizio, determinata, soprattutto nella giornata del 28 giugno 2021, dalla conAVV_NOTAIOa del , la quale, come più volte ribadito, aveva finito per costringere RAGIONE_SOCIALE, al fine di ottenere da parte sua la presa d’atto e l’esecuzione dell’ordine di sospensione, a domandare l’intervento della forza pubblica, intervento che era stato duplice, causa il malore che aveva colpito dopo il primo accesso dNOME agenti, e che aveva, nel contesto della situazione complessiva, per un verso, impegnato personalmente il Responsabile del RAGIONE_SOCIALE, il quale aveva
dovuto rinviare una visita domiciliare programmata e disdire la riunione del personale convocata per quel giorno, per altro verso, paralizzato, nel momento del secondo accesso dNOME agenti, tutta l’attività del , esponendo, tra l’altro, quest’ultimo anche ad un grave danno d’immagine. Part
4) Illegittimità del licenziamento disciplinare per motivo illecito ritorsivo.
Con un quarto motivo d’appello, l’appellante ha ribadito che il licenziamento subito era illegittimo in quanto determinato da motivi discriminatori ovvero ritorsivi.
Era, infatti, innegabile, ha osservato l’appellante, che nel caso di specie fossero riconoscibili tensioni ed ostilità nel suo rapporto con la direzione sanitaria, come deponevano i numerosi procedimenti disciplinari da lui subiti.
Inoltre, ha aggiunto , a riprova della natura ritorsiva e dunque pretestuosa del licenziamento disciplinare doveva evidenziarsi che, già nel 2019, l’RAGIONE_SOCIALE sanitaria fosse arrivata a dubitare della sua idoneità allo svolgimento della professione, ciò che induceva a ritenere che NOME fosse effettivamente inviso alla Direzione sanitaria.
Senza contare, ha osservato l’appellante, che, non a caso, sullo sfondo di tutti i procedimenti disciplinari subiti vi era sempre stata l’attività svolta nell’ambito del RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE e che anche le modalità di consegna del provvedimento di sospensione confermavano il clima di ostilità da lui vissuto e la finalità ritorsiva del licenziamento, visto che il comune senso dell’esperienza insegna come nelle relazioni caratterizzate da un certo grado di ostilità è interesse di ciascuna delle parti provocare e/o indisporre il proprio antagonista allo scopo di determinare una reazione da strumentalizzare ai suoi danni.
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Il motivo di appello è infondato.
L’appellante, pur avendo ribadito anche in questa fase che il licenziamento irrogatogli era illegittimo in quanto determinato da motivi discriminatori, non ha specificamente censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui il Tribunale aveva escluso che NOME avesse comprovato la natura discriminatoria del recesso datoriale, non avendo individuato né il fattore di rischio da
prendere in considerazione, né la disparità di trattamento subita.
La decisione sul punto deve, quindi, essere confermata.
Quanto agli allegati motivi ritorsivi, come è noto, ‘ in tema di licenziamento nullo perché ritorsivo, il motivo illecito adAVV_NOTAIOo ex art. 1345 c.c. deve essere determinante, cioè, costituire l’unica effettiva ragione di recesso, ed esclusivo, nel senso che il motivo lecito formalmente adAVV_NOTAIOo risulti insussistente nel riscontro giudiziale’, con la conseguenza che ‘la verifica dei fatti allegati dal lavoratore, ai fini all’applicazione della tutela prevista dall’art. 18, comma 1, st. lav. novellato, richiede il previo accertamento della insussistenza della causale posta a fondamento del licenziamento ‘ (così Cass. 9468/2019).
Nella fattispecie, quindi, nella quale la sussistenza del motivo lecito formalmente adAVV_NOTAIOo è stata accertata, le eventuali ragioni di ritorsione, anche laddove sussistenti, rimarrebbero, comunque, prive di rilievo.
5) L’illegittimità del provvedimento disciplinare del 15.10.2021.
Con un quinto motivo di appello, ha, infine, ribadito le ragioni di impugnazione della sanzione disciplinare conservativa della sospensione dal lavoro con privazione della retribuzione irrogatagli il 15 ottobre 2021.
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Il quinto motivo di appello rimane assorbito dall’accertata legittimità del licenziamento impugnato, visto che, come correttamente accertato dal primo giudice, il provvedimento disciplinare, aAVV_NOTAIOato il 15 ottobre 2021 (sospensione per mesi tre dal lavoro, con privazione della retribuzione), alla data del recesso datoriale non aveva ancora avuto alcuna concreta conseguenza sul rapporto di lavoro, in quanto l’appellante, in virtù della delibera aAVV_NOTAIOata da il 6 agosto 2021 (doc. 11 fascicolo primo grado RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE), era già sospeso dal lavoro, con privazione della retribuzione, per tre anni. Contr
*
Sulla base di tutte le motivazioni svolte, l’appello proposto da deve, quindi, essere
rigettato e la sentenza impugnata deve, pertanto, essere confermata.
Le spese processuali seguono la soccombenza e, liquidate, in favore di entrambi gli enti appellati, come da dispositivo, ai sensi del D.M. 55/14 e del D.M. 147/22, secondo i valori minimi previsti per ciascuna fase (con esclusione di quella istruttoria non svoltasi) nello scaglione di valore indeterminabile basso della tabella relativa ai giudizi innanzi alla Corte D’Appello, devono essere poste a carico dell’appellante.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento, da parte dell’appellante, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, secondo quanto previsto dall’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, come modificato dall’art. 1, comma 17, l. 228 -2012.
P.Q.M.
La Corte D’Appello, definitivamente pronunciando:
rigetta l’appello proposto da ;
condanna l’appellante al rimborso, in favore di ciascuno dNOME enti appellati, delle spese del giudizio, che liquida per ciascuno in complessivi €. 3.473,00, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori previsti per legge.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento, da parte dell’appellante, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, secondo quanto previsto dall’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, come modificato dall’art. 1, comma 17, l. 228 -2012.
RAGIONE_SOCIALE, 7 ottobre 2025.
L’estensore……………… ………………………………….La Presidente
AVV_NOTAIO NOME COGNOME…………………………………………AVV_NOTAIO. NOME COGNOME